Titolo: The Way We Get By (Come tiriamo avanti)
Autrice: Maya
(Mistful)
Traduttrice: Vale
Capitolo due
La
ricompensa di Draco per aver preservato la sua purezza maschile arrivò proprio
il giorno dopo. Però prima dovette farsi prendere a botte.
Aveva promesso a Potter una sessione di allenamento, quel mattino, a condizione
che lui finisse i rapporti, e i rapporti – nell’illeggibile calligrafia di
Potter – erano stati finiti. Per cui gli era sembrato giusto e basta.
Mentre entravano in palestra Draco notò, passando di fianco ai colleghi in
pausa sulle panche o intenti a sollevare pesi, che i materassini per
l’allenamento si sgombravano man mano che loro si avvicinavano. Lui e Potter si
stavano già girando attorno, zigzagando tra le panche e gli attrezzi, con gli
occhi incatenati in attesa di quello che sarebbe venuto.
“Sai che ti dico, Malfoy?” cominciò Potter, la voce che si avvolgeva attorno
all’aria nello stesso modo in cui la sua mano si era avvolta attorno all’elsa
della spada di fuoco. “Puoi fare la prima mossa.”
In un angolo remoto della sua mente, Draco sapeva che non era molto furbo
continuare a combattere con qualcuno che lo massacrava tutti i giorni e la cui
idea di divertimento era uccidere orde di mangiacadaveri. Di sicuro a lui non
gli piacevano i lividi, e non era mai stato il tipo da iniziare una zuffa, ma
una volta che erano cominciate non si tirava certo indietro.
“Che gentile,” strascicò, e colpì Potter con un pugno deciso, sorprendendolo
con la guardia abbassata e spendendolo all’indietro contro una panca, che finì
per fracassarsi sotto il suo peso. “Oh, scusa,” ironizzò quando Potter lo
guardò dal basso con gli occhi verdi spalancati ed emise un ringhio incoerente.
“Non eri pronto?”
Stava migliorando, però, ogni giorno. Ed era una sfida, pensò Draco mentre
guardava Potter rialzarsi e avanzare verso di lui, indietreggiando
deliberatamente per raggiungere i materassini, dove sarebbe stato più morbido
atterrare. Potter era veramente bravo, e Draco si sarebbe dannato piuttosto che
permettergli di condurre il combattimento solo a modo suo.
Potter lo colpì, abbastanza piano all’inizio, e Draco cadde. Nelle settimane
precedenti aveva imparato a cadere, così adesso lo fece nel modo giusto.
Atterrò con scioltezza e rotolò di lato, afferrando le gambe di Potter per
sbilanciarlo prima che potesse rendersi conto che Draco si era lasciato mettere
a tappeto intenzionalmente. Una volta che Potter fu a terra tentò di rifilargli
un calcio nello stomaco, ma lo mancò e lo colpì alle costole.
Era quasi come il Quidditch, il Quidditch come avrebbe dovuto essere: niente
orribile ansia da pubblico, col rischio di deludere la propria squadra, che
guarda caso aveva manici di scopa professionali a scuola: solo sangue che
scorreva rapido nelle vene, uno contro uno, per vedere chi fosse
veramente il migliore.
“Stai
migliorando,” disse Potter a bassa voce, probabilmente perché aveva
appena ricevuto un calcio sul costato.
Draco si rimise in piedi. “Lo so,” rispose, e poi Potter strisciò come un
serpente e gli falciò le gambe, e quando la sua schiena colpì il materassino
Draco si rese conto che non avrebbe dovuto rialzarsi mentre era ancora entro il
raggio d’azione di Potter.
Potter gli fu addosso in un secondo, un ginocchio sul petto e una mano che gli
inchiodava la spalla al suolo, mentre l’altra era piantata di fianco alla sua
testa per permettergli di puntellarsi sopra di lui. Potter gli rivolse un largo
ghigno. “Ma non sei bravo abbastanza,” mormorò. “Non ancora. Ti arrendi?”
“Non credo proprio,” rispose Draco, e morse con forza il polso di
fianco alla sua testa.
Stupido Grifondoro: continuava a dimenticare che Draco non aveva alcuno
scrupolo di mordere. E di tirare i capelli.
Potter gridò, e Draco gli diede una gomitata nella gola. Stavolta si ricordò
della lezione sul rotolare fuori portata e solo a quel punto si rialzò di
nuovo, sentendo il sapore del sangue in bocca. Questa volta fu lui a
sogghignare.
Dopo un momento Potter, rannicchiato a terra e apparentemente pronto a scattare
in qualunque direzione, ricambiò il ghigno. Si mise a sedere in attesa della
mossa di Draco, che ovviamente non arrivò.
“Posso star qui ad aspettare per tutto il giorno,” disse. “Si sta proprio bene,
qui. È tranquillo. Non c’è nessuno che mi colpisce.”
“Le cose cambiano, Malfoy,” ribatté Potter, e balzò verso di lui.
Draco fece appena in tempo a schivare il colpo, poi cercò di sbilanciarlo di
nuovo con un calcio, e a quel punto Potter gli afferrò il braccio, quasi
strappandogli la spalla dall’orbita, e Draco finì a terra col braccio storto
all’indietro e un ginocchio di Potter sulla schiena.
“Mmmpf,”
protestò sul materassino.
“Beh, se tu vuoi mordere,” sottolineò Potter, “qui c’è qualcuno che
sanguina.”
Draco sollevò il viso dal materassino per di una cruciale frazione di
millimetro. “E qui c’è qualcuno che non respira,” ansimò, testando la
forza della presa di Potter. Era piuttosto solida.
Potter si chinò sul suo orecchio e disse: “Allora arrenditi.”
“Oh, e va bene,” concesse Draco. “Per questa volta. Fammi alzare.”
Potter lo fece, e Draco si trascinò in piedi e sentì ogni muscolo urlargli dei
rimproveri disperati. Potter si stava curando il polso sanguinante.
“Bel combattimento,” disse, proprio come la prima volta.
Draco inarcò le sopracciglia. “Il prossimo sarà ancora meglio.”
Potter si mise a ridere, una specie di verso gutturale e un po’ senza fiato, e
aggiunse: “Non vedo l’ora.”
*
La ricompensa arrivò subito dopo.
Stava archiviando le cartelle dei suoi casi e di quelli di Potter – visto che
sospettava che archiviare fosse un’altra di quelle cose che andavano oltre le
possibilità estremamente limitate di Potter – quando entrò Katie. Quando lo
vide gli sorrise, e lui avrebbe voluto poter prendere il suo sorriso e
tenerselo in tasca per tutto il giorno.
“Ciao,” lo salutò lei. “Non ti ho visto molto in giro, ultimamente.”
“La mia devozione è inalterata e inalterabile,” dichiarò Draco, e rise come se
non ci credesse veramente. Sapeva bene che la risata non era troppo
convincente.
Rise anche lei, in modo un po’ impacciato, come se si fosse unita a lui per
educazione.
“Io – state andando davvero bene,” disse con la sua voce dolce. “Tu e Harry. Ho
saputo del mostro marino e della confisca della droga.”
“Lui è un peso per me, ma tengo duro,” le rispose Draco.
“Potresti prendermi quella cartella?” gli chiese lei, avvicinandosi e
fermandosi di fianco a lui. Indicò un punto in alto e lui sentì il profumo dei
suoi capelli, quell’aroma floreale che era contemporaneamente dolcissimo e
languido, come le estati passate da tanto tempo.
Si rese conto che si stava comportando come un ragazzino di dodici anni alla
sua prima cotta. (A dir la verità quando aveva dodici anni non aveva mai avuto
una cotta, se si escludeva la foto di una Firebolt che aveva attaccato sopra al
suo letto e che aveva bruciato l’anno dopo.)
Si allungò e le tirò giù la cartella. Abbastanza stranamente, quell’atto di
galanteria non la fece gettare ai suoi piedi a promettergli di essere sua per
sempre.
Lei inclinò il viso per dargli un’occhiata che lui non riuscì assolutamente ad
interpretare, e disse: “Hai fatto allenamento?”
“Ah,” rispose Draco. “Sì?”
Katie gli diede un colpetto sul braccio. “Si vede.”
“Vuoi venire al cinema con me?” chiese Draco.
“Certo,” rispose lei, e per un momento Draco pensò che non avrebbe aggiunto
quello che aggiungeva sempre, ma lei lo fece. “Ma solo come amici, Draco.”
Qualche volta, nelle fredde ore della notte, quando pensava a cose come te
lo meriti , si ripeteva che Katie aveva sempre e solo provato pietà per
lui, e avrebbe potuto odiarla per questo, ma lei era sempre così gentile e
aveva già fatto tanto per lui, al punto che non avrebbe mai potuto ricambiarla
nemmeno per metà.
“Vivo nella speranza,” le disse Draco.
Lei inarcò le sopracciglia, e quello sguardo che lui proprio non riusciva a
capire le guizzò di nuovo sul viso. “Non sembra che tu ti stia esattamente
struggendo di desiderio,” disse, e visto che stava sorridendo lui capì che era
un complimento. “Grazie per la cartella, Draco,” aggiunse, e se ne andò.
Non aveva mai pensato che allenarsi avrebbe potuto essere un passo avanti sulla
strada che conduceva a Katie. Aveva sempre creduto in cose come dimostrarle il
suo amore puro e la sua scintillante virtù, ma in quel momento gli tornò in
mente che l’unica volta che Katie aveva accennato a qualcuno che le piaceva si
era trattato di Oliver Baston.
Draco si fermò per fare pensieri cattivi su Oliver Baston, un essere umano
completamente inutile, che aveva tanto cervello quanto un Bolide e anche,
dovette ammettere a malincuore, un fisico grandioso.
Evidentemente,
però, una parte fondamentale del far innamorare qualcuno di sé consisteva nel
suscitargli una passione sfrenata. Draco si congratulò con se stesso per i suoi
progressi e considerò se fosse il caso di tagliarsi i capelli come Oliver
Baston.
Visto
che in effetti era merito di Potter se adesso pareva essere in possesso di un
fisico che aveva riscosso un certo favore presso Katie Bell, e visto che era
comunque in cucina a farsi la nona tazza di caffè, di cui aveva urgentissima
necessità, preparò anche una tazza di tè per Potter. E gli sorrise mentre
gliela allungava.
Potter inarcò un sopracciglio, ma ricambiò il sorriso. “Sei di buon umore.”
“Non è permesso qui?” domandò Draco. “Stiamo entrando nel territorio di Potter,
gente. Assumere sguardi arcigni! Squadrare le mascelle! Eroeggiare è una
cosa seria.”
Potter rise e cercò di nasconderlo, senza molto successo. Draco gli rubò il
rapporto che stava tentando di scrivere e lo corresse. Si prospettava una buona
giornata.
Finché Potter non chiese all’improvviso: “Possiamo uscire a prendere un caffè o
qualcosa del genere?”
“Sì,” rispose Draco automaticamente, perché Potter aveva pronunciato la parola
caffè, ma poi mentre lo seguiva verso il bar registrò sul serio quello che
aveva detto e cominciò a preoccuparsi. Potter non avrebbe potuto sul serio
scaricarlo come compagno, perché Shacklebolt aveva messo in chiaro che se la
cosa non avesse funzionato sarebbero stati licenziati entrambi.
Forse Potter stava per dirgli che avrebbe abbandonato gli Auror. No, pensò
Draco, ordinando svariati caffè per alleviare la sua angoscia, non poteva
essere. Potter non aveva mai abbandonato qualcosa.
Cercò di trovare qualche indizio sul suo volto, ma era piuttosto difficile
vederlo, visto che erano seduti vicino alla vetrata e il sole trasformava il
loro tavolino bianco in un disco di luce accecante. Riusciva solo a capire che
Potter era accigliato.
“Se fai il bastardo su questa cosa,” lo informò Potter, “ti uccido.”
Allora era un complicato piano omicida secondo il quale Potter progettava di
versare del veleno nel suo caffè. No, di certo nemmeno Potter sarebbe stato
tanto scemo da confessare le sue intenzioni alla vittima predestinata. Forse
sì, però. Faceva davvero schifo nelle operazioni sotto copertura.
Potter si incurvò in modo strano e si schiarì la gola. Draco lo scrutò
sospettosamente per un momento, e poi contro ogni buon senso fece una specie di
vago gesto di incoraggiamento.
“Mi piacciono gli uomini,” sputò fuori Potter come se fosse una maledizione.
Per un minuto il cervello di Draco non elaborò quello che aveva appena sentito.
Tutto quello che fece fu mettersi comodo e offrire a Draco suggerimenti scemi
del tipo ‘Li collezioni?’ o ‘Da mangiare?’.
Disse: “Uh?”
Per un angoscioso momento gli venne in mente che potesse essere una proposta.
Poi si ricordò che si erano sempre odiati l’un l’altro e anche che se Potter
gli stava dicendo quello che Draco pensava gli stesse dicendo - e Draco era
ancora aperto alla possibilità che potesse essere tutto un terribile equivoco –
probabilmente Potter avrebbe fatto prima ad andare a far sesso con Oliver
Baston.
“Ti ricordi quel compagno che avevo un po’ di tempo fa, come si chiamava,
Grant,” continuò Potter.
“Vuoi dire Gillam?” chiese Draco. Sentì puzza di pettegolezzo, dimenticò la
confusione e afferrò il bordo del tavolo. “Aspetta, quello che hai quasi
mandato all’ospedale? Oh mio Dio, avevi una relazione illecita con lui, era un battibecco
amoroso?”
“No!” scattò Potter. “È solo che l’ha scoperto e ha fatto il bastardo, va bene?
È per questo che l’ho preso a pugni,” aggiunse. “Quindi pensavo che avrei
dovuto dirtelo e levarmi dai piedi il problema.”
Scoccò a Draco un’occhiataccia. Draco mescolò il suo caffè con un cucchiaino e
cercò di elaborare le informazioni. Si sentiva più che altro disorientato: il
mondo aveva meno senso se Potter non si intratteneva in orge segrete con le
gemelle Patil.
“Beh?” lo sfidò Potter.
“Uh?” disse di nuovo Draco. Non aveva risposte rassicuranti per ragazzi
irrequieti che uscivano allo scoperto. Quando Tiger e Goyle gliel’avevano detto
si era messo a urlare cose sull’abbandono e aveva tenuto il broncio per tre
settimane di fila, ma loro avevano capito che si era comportato così perché era
affezionato a loro. “Ok,” tentò. “Non mi importa.”
Potter sembrò estremamente sorpreso. Draco cercò di ricordargli ehi, hai
presente Tiger e Goyle, ma a quanto pareva Potter non sapeva di loro
più di quanto sapesse di Justine Finch-Fletchley.
Draco gli fece pagare il caffè, visto che Potter gli aveva fatto pensare che
stesse progettando di avvelenarlo e tutto il resto.
Mentre guardava Potter pagare, a Draco venne in mente che forse questo
avrebbe potuto essere un modo per far fruttare il sistema dei punti, ma poi si
ricordò che si sarebbe mangiato le mani piuttosto che passare del tempo con
Potter in un contesto sociale, fine della storia.
Sulla strada verso l’ufficio Draco realizzò che c’era ancora un margine di
pettegolezzo su cui lavorare, e chiese con interesse: “Allora, hai un ragazzo?”
Potter sembrava intensamente a disagio all’idea di parlare di un argomento del
genere lungo la strada, cosa che divertì alquanto Draco. “No,” brontolò in tono
burbero.
Ovviamente, pensò Draco. Certo, Draco aveva sempre avuto ragione, se non per
alcuni piccoli dettagli che non avrebbe mai potuto immaginare neppure con tutta
la sua sfrenata fantasia. Chiaramente Potter si intratteneva in orge con – gli
equivalenti maschili delle gemelle Patil.
Sfortunatamente a quel punto la mente di Draco, alla ricerca di gemelli maschi,
gli presentò l’idea dei gemelli Weasley. Quell’immagine mentale lo sconvolse
troppo per continuare con quel genere di domande.
*
Non appena arrivò a casa, gridò in direzione della cucina: “Indovinate chi è
omosessuale!”
Dal vano della porta spuntò Tiger, che stava mangiando uno dei primi involtini
primavera di Goyle. “Giusto, l’abbiamo sentito anche noi,” disse, e Draco lo
fissò con scandalizzata incredulità.
“Chi ve l’ha detto?”
“Ce l’ha detto lui stesso,” urlò Goyle dalla cucina.
“Cosa?” domandò Draco. “Non mi ero accorto che foste in qualche genere
di contatto con lui!”
Tiger gli rivolse un’occhiata di rimprovero. “I Serpeverde devono rimanere
uniti, Malfoy.”
“Stai delirando, Tiger,” dichiarò Draco. “Dimmi che stai delirando. Hai preso
un colpo di sole?”
“Abbiamo promesso di sostenerlo,” raccontò Goyle. “Di portarlo in un locale
gay. Dovresti venire anche tu.”
Draco era troppo atterrito da questa improvvisa virata dei suoi migliori amici
verso il lato oscuro per parlare, quando Goyle aggiunse: “Poverino,” e Draco si
rifiutò categoricamente di credere che qualcuno, in qualsiasi circostanza, si
potesse riferire a Harry Potter in quel modo.
“Di chi stiamo parlando?” chiese in tono desolato.
“Di Malcolm Baddock, ovviamente,” rispose Tiger.
“Oh, Baddock,” ripeté Draco, decisamente sollevato.
Si ricordò di un ragazzino minuto con i capelli biondi e ricci che si era messo
a piangere perché i gemelli Weasley lo avevano preso in giro durante lo
Smistamento, e che seguiva un sacco i ragazzi Serpeverde più grandi.
“Beh, la cosa ha un senso,” disse Draco dopo un momento di pausa. “Suppongo.”
“Ha un padre Babbano che non gradisce questo genere di cose,” spiegò Tiger in
tono un po’ tetro.
“Poverino,” convenne Draco. “Ero il suo prefetto, sapete. Dopo averlo fatto
piangere un paio di volte, era diventato bravissimo a fare i compiti,” aggiunse
in tono evocativo. “Dovremmo portarlo nel vostro pub preferito e farlo
ubriacare.”
Goyle emerse dalla cucina, pulendosi le mani con uno strofinaccio. “Aspetta,”
intervenne. “Tu di chi stavi parlando?”
Draco tornò immediatamente giulivo. “Non indovinerete mai,” disse. “Dai.
Provate a indovinare.”
Tiger corrugò le sopracciglia e provò: “Non è Potter, vero?”
“…beh, sì,” rispose Draco in tono piuttosto piatto.
“Huh,” disse Tiger. “Allora Cho Chang aveva ragione.”
“Cho Chang? Scusa, questa voce è in giro da cinque anni e io sono l’unico ad
averla sentita adesso? Che razza di amici siete, perché non me l’avete detto?”
“Beh, il fatto è che,” ammise Goyle, con un’aria piuttosto imbarazzata. “Il
fatto è che eravamo abbastanza sicuri che avresti subito fondato qualcosa tipo
– un club omofobo. Che noi non volevamo per ovvie ragioni.”
“Non l’avrei mai fatto!” protestò energicamente Draco.
“Malfoy, l’avresti fatto eccome,” esclamò Tiger. “Abbiamo dovuto tutti
indossare delle spille che inneggiavano a unTassorosso per colpa della
tua epica ostilità. Un Tassorosso.”
“Cedric Diggory era l’unico vero campione di Hogwarts,” borbottò Draco in tono
riottoso.
“In più eri razzista, a scuola,” aggiunse Tiger.
“Eravamo tutti razzisti a scuola,” strillò Draco. “Era la nostra
caratteristica.”
“Non tutti usavamo quella parola che inizia per M,” dichiarò Goyle in tono
compassato. “Mia madre dice che è volgare.”
“Specialmente da quando hai iniziato a usarla per cercare di far incazzare gli
amici di Potter,” aggiunse Tiger.
“Questa è una calunnia oltraggiosa,” bofonchiò Draco. “Sono oltraggiato dalla
vostra calunnia. Perché è oltraggiosa.”
“Allora, Potter ha un ragazzo?” chiese Goyle con interesse.
“Dice di no,” rispose Draco. “Scommetto che organizza delle orge. Con dei
gemelli. Ma non con dei gemelli che conoscevamo a scuola,” si affrettò ad
aggiungere, e andò a cambiarsi per uscire.
Incontrarono Malcolm Baddock fuori da Rick, il pub preferito di Tiger e Goyle.
Piaceva abbastanza anche a Draco. Visto che la sua devozione per Katie era
inalterabile non andava nei locali per rimorchiare, e da Rick aveva sempre
compagnia e il bar era tranquillo persino se il locale al piano di sotto era
strapieno.
Il piccolo Malcolm portava dell’ombretto luccicante, notò Draco. Se Potter si
fosse preso la briga di mettersi dell’ombretto luccicante, probabilmente Draco
avrebbe scoperto prima il suo sinistro segreto. E l’avrebbe anche trovato
divertentissimo.
Sorrise senza volerlo e Baddock ricambiò timidamente il sorriso.
“Ciao Malfoy,” lo salutò. “Sei stato carino a venire anche tu.”
“Figurati,” gli rispose Draco dandosi un’aria importante. “Ho profondamente a
cuore il benessere di tutti i miei ex-nanerottoli.”
“Mi ero preso una cotta terribile per te a scuola,” continuò Baddock,
arrossendo.
“Davvero?” chiese Draco, deliziato. E la gente diceva che non era
stato un buon prefetto! Nessuno si era mai preso una cotta per Weasley, ci
avrebbe scommesso.
Tiger gli diede un colpetto sulla schiena. “Malfoy.”
“Oh certo, naturalmente. La mia devozione per Katie Bell è inalterabile,”
dichiarò Draco. “Mi dispiace.”
“Ma è una Grifondoro,” sottolineò Baddock in tono leggermente
inorridito. “E una ragazza,” aggiunse quasi con lo stesso tono.
“A me piacciono le ragazze,” spiegò Draco. “Ammetto che il suo essere
Grifondoro è un lato negativo, ma non ci si può fare niente.”
“Ma non hai pomiciato con Blaize Zabini, una volta?” cinguettò Baddock.
“Beh, sì,” ammise Draco. “Ma era Blaise Zabini, aveva dei folli poteri
Veela, nessuno può ritenermi responsabile.”
“Viene anche Zabini stasera?” chiese Baddock con uno sguardo speranzoso.
“È a Milano con i suoi amanti,” rispose Tiger.
“Cosa?” intervenne Goyle. “Tutti quanti?”
A dispetto della mancanza di Blaise Zabini sul menu del pub, Tiger e Goyle
riuscirono nell’impresa di rendere totalmente felice il piccolo Baddock. Lo
lasciarono a parlare con un gay dall’aria benevola vestito di pelle, a
raccontare con gli occhi spalancati quanto gli piacevano gli uomini autoritari.
“Guarda come l’hanno segnato i tuoi modi da prefetto,” disse Goyle.
“I bambini hanno bisogno di una mano ferma,” li informò Draco. “Io credo nei
miei metodi. Ciao, Rick,” aggiunse rivolto al barista. “Tre vodka con lime.”
Passarono un paio d’ore piacevoli appoggiati al bancone del bar a guardare con
una certa dose di soggezione il piccolo Baddock che si faceva largo nel locale
come un mulinello d’aria scintillante.
Poi Tiger e Goyle andarono a ballare e, visto che stare appoggiati al bancone
del bar da soli quando non si voleva essere rimorchiati era una mossa poco
saggia, Draco uscì a prendere una boccata d’aria. Varcò la porta sul retro,
scese esattamente due gradini verso un vicolo buio e poi si rese esattamente
conto di quanto era stato stupido quando qualcuno gli afferrò il polso con
intenti più violenti che sessuali, torcendogli il braccio dietro alla schiena.
Ebbe il pensiero fugace eppure familiare che l’universo era ingiusto, visto che
nessuno aveva mai aggredito Tiger e Goyle in un modo del genere. Ma forse era
perché erano entrambi delle dimensioni di due piccoli stati.
Mentre era ancora immerso nei suoi pensieri su Tiger e Goyle, il suo corpo si
mosse con agilità senza il suo permesso, in maniera del tutto automatica, in un
modo che gli era diventato familiare. Indietreggiò di un passo nella stretta
dello sconosciuto, lo colpì per sbilanciarlo, si chinò di scatto e gli fece
perdere l’equilibrio con un calcio alle gambe, poi lo scagliò oltre la sua
spalla contro un muro di mattoni.
Quindi rimase in attesa che Potter si rialzasse e si gettasse su di lui, solo
che ovviamente quello non era Potter, era un completo estraneo, ed era
accasciato a terra senza vita.
Draco rimase in piedi a guardarlo per qualche minuto. Era davvero
immobile: Draco stava cominciando a farsi prendere dal panico.
Ritornò in fretta dentro al pub e sgomitò attraverso la folla per trovare Tiger
e Goyle, che stavano ballando romanticamente un lento.
“Ok, non agitatevi,” disse Draco. “Ma penso di aver ucciso un uomo.”
“Oh mio Dio, sapevo che saresti diventato un omofobo!” strillò Goyle.
Draco emise un verso esausto. Lui e Goyle si trascinarono dietro a Tiger
parlando l’uno sull’altro a voce alta, e poi Tiger gli comunicò che l’uomo
aveva solo una commozione cerebrale.
“Non sapevo che fossi in grado di fare una cosa del genere,” aggiunse,
spostando confuso lo sguardo dal corpo accasciato a Draco.
Draco si ritrovò a guardare le sue mani come se l’avessero tradito. “Nemmeno
io.”
*
Non vedeva l’ora di raccontare a Potter della sua dimostrazione di stupefacenti
abilità di combattimento, ma quando arrivò al lavoro il giorno dopo erano tutti
in preda a un triplo attacco di cuore perché qualcuno aveva rapito i figli
della cugina della cognata di Scrimgeour e stava minacciando di sequestrare
altri bambini politicamente imparentati.
Potter stava camminando su e giù per la stanza come una tigre in gabbia, pronto
a ringhiare e a balzare se qualcuno si fosse avvicinato. Il modo cauto in cui
gli altri Auror continuavano a trattarlo stava cominciando ad assomigliare
molto più alla paura.
Quando trovarono una pista, Potter afferrò il suo mantello e si diresse alla
porta.
“Fermati,” gli ordinò Draco, e Potter lo ignorò. Draco si guardò attorno in
cerca di supporto e non ne trovò affatto, così si schiarì la gola e urlò. “Ehi,
idiota! Vuoi che quei bambini muoiano?”
Potter si voltò per fronteggiarlo. “Cos’hai detto?”
“Ho detto di non buttarti in una situazione incerta in cui sono coinvolti degli
ostaggi senza avere un piano,” spiegò Draco. “Idiota,” aggiunse, nel caso in
cui Potter non l’avesse recepito la prima volta.
“Non abbiamo tempo,” ringhiò Potter. “Ucciderà quei bambini.”
Probabilmente li aveva già uccisi, ma era evidente che Potter era nervoso e
Draco pensò che fosse meglio non menzionare la cosa.
“Ne
ucciderà altri,” cercò di farlo ragionare. “Dobbiamo sapere per chi sta
lavorando, come sono entrati nelle abitazioni e cos’hanno in programma. Adesso
siediti, perché non avrei nessun rimorso a lanciarti una maledizione alla
schiena. Ci serve un piano.”
Un muscolo nella mascella di Potter si contrasse. Crollò su una sedia lontana
da Draco, con gli occhi verdi improvvisamente felini stretti in due fessure e
fissi sul suo volto.
“Allora inventatene uno,” disse, con la voce che gli rimbombava nel petto come
quella di un gatto gigante.
A dire il vero Draco aveva pensato che tutto il dipartimento degli Auror si
sarebbe dovuto unire per mettere insieme un fantastico piano consistente, e che
lui ovviamente avrebbe contribuito con parti vitali e sarebbe stato elogiato
per la sua genialità, e non che avrebbe dovuto fare tutto da solo. Potter,
tuttavia, non sembrava disposto a discutere ragionevolmente, men che meno
sembrava conscio del fatto che esistessero altre persone al mondo.
“Oh, aiutami, allora,” sbottò Draco con un’irritazione tendente al panico, e
spinse tra le mani di Potter un’intera pila di appunti e mappe.
“Dovremmo guardare le foto della servitù,” disse all’improvviso Potter dopo una
mezz’ora di silenzio, con la voce roca come se avesse gridato per tutto il
tempo. “Kreacher,” aggiunse, che per Draco non aveva alcun senso, ma era una
buona idea, così cominciò a selezionare le foto della servitù. Non lo lasciò
fare a Potter, perché aveva una memoria schifosa per i nomi e le facce e
sarebbe stato inutile.
C’erano distinte somiglianze tra alcune delle facce. Si trattava chiaramente di
un affare di famiglia.
Una volta trovato il collegamento fu in grado di mandare Gufi con ordini di
arresto generalizzati, e a quel punto i bambini erano in salvo. Il più vicino
distaccamento di Auror fu mandato a casa della famiglia e anche l’ultimo dei
rapitori fu catturato. I bambini che erano stati rapiti erano già morti come
previsto, ma nel complesso Draco pensò che avessero agito piuttosto bene.
Finché Potter non lanciò una sedia contro al muro e cercò di dare un pugno a
Draco. Lui finì sul pavimento e rotolò fuori portata. Notò che i suoi colleghi
avevano vistosamente mancato di correre in suo aiuto.
Questo probabilmente perché erano tutti riuniti a spettegolare nella cucina.
Draco li trovò lì quando entrò con passo pesante per farsi la quindicesima
tazza di caffè e pensare a un modo per prendere Potter alla sprovvista e poi
strangolarlo.
“- Meglio rimanere semplicemente alla larga da lui,” disse Chrysanthemum con
aria saggia, solo perché così avrebbe di certo insegnato a Potter come
interagire normalmente con la società, non che i lupi solitari fossero quelli
pazzi o che altro.
“Ho
sentito che è stato l’orfanotrofio,” intervenne Dawlish sussurrando in tono
cospiratorio. “Quello in cui era stato allevato Voi-Sapete-Chi, era andato a
cercarlo e ho sentito che Potter è stato il primo ad arrivare sulla scena e a
vedere quello che aveva fatto -”
“Ho
sentito che ha ucciso Voi-Sapete-Chi subito dopo,” riferì qualcun altro.
Draco appoggiò la sua tazza di caffè, la spinse via quasi alla cieca e uscì
dalla cucina.
Aveva visto l’orfanotrofio. Era stato uno degli ultimi ad arrivare sulla scena,
solo per l’ultima ripulita e per prendere alcune parti dei corpi per le pozioni
di Piton. Gli veniva la nausea ancora adesso e c’erano volute settimane prima
che la smettesse di svegliarsi urlando a causa degli incubi.
A nessuno che avesse ancora dei genitori era stato permesso di entrare.
Vide che tutto l’ufficio era stato svuotato dalla forza imponente della pazzia
di Potter, e ne rimase un po’ impressionato.
Potter era seduto alla sua scrivania con la testa fra le braccia.
Draco raggiunse la scrivania, si fermò per un momento, ripensò al modo
selvaggio e furioso con cui Potter si era lanciato su di lui e si chiese cosa
diavolo potesse fare, e poi qualcosa nel modo in cui Potter stava seduto gli
ricordò il modo in cui si era seduto Tiger, con la testa fra le sue
braccia, dopo aver perso il primo paziente che avesse mai desiderato
ardentemente salvare.
Draco smise all’improvviso di pensare, allungò la mano e gli accarezzò i
capelli.
Potter non si stava muovendo prima e non si mosse in quel momento,
ciononostante raggelò. Tutta la stanza sembrò immobilizzarsi, come se quello
che Draco aveva erroneamente creduto un sicuro, normale pavimento fosse un
iceberg sul punto di ribaltarsi e gettarlo in mare.
Poco alla volta si rese conto, punto per punto, che a) Tiger era un suo caro
amico e di conseguenza certi gesti che erano appropriati con lui non erano
appropriati col proprio ex nemico di scuola psicopatico, b) Tiger non era pazzo
e irritabile e non aveva la tendenza a strappargli la testa con un colpo del
braccio e c) Goyle era arrivato subito dopo e aveva salvato Tiger e Draco dal
dover fare i conti con la loro umanità e sensibilità.
Goyle non era in procinto di arrivare, adesso.
Fu il ricordo di tutti quegli idioti stipati in cucina a salvare Draco: si
ricordò che loro avevano paura, ma lui no.
Si riprese dalla piccola pausa nei suoi movimenti e ricominciò a lisciare i
capelli di Potter, e continuò. Dovette lisciarli parecchio.
“Quei bambini erano morti prima che noi avessimo sentito una sola parola su
questo caso,” disse all’orecchio di Potter. “Non fare l’idiota.”
Potter deglutì a fatica. “Avrei dovuto fare qualcosa.”
“Cosa avresti potuto fare?” domandò Draco, e aggiunse: “Cretino,” solo perché
gli sembrava appropriato. “Non avresti potuto fare niente.”
“Avrei dovuto essere in grado di fare qualcosa!” ringhiò
Potter.
“L’hai fatto,” disse Draco. “Ti sei fermato e hai usato la testa. Sono rimasto
veramente impressionato. C’è la possibilità, Potter, che tu non sia così
stupido come ho sempre supposto. Sono un Auror: ho intenzione di fare ulteriori
indagini.”
Potter emise un suono strozzato a metà fra un ringhio e una risata.
Draco si sentì un po’ come se stesse cercando di portare un lupo inferocito a
fare un passeggiata. Il suo controllo della situazione era estremamente esile e
reggeva ancora soltanto perché Potter non stava cercando di romperlo.
L’impressione era aggravata anche dalla sensazione degli orrendi capelli di
Potter, fitti e indomabili, sotto la punta delle dita: temeva che fossero sul
punto di drizzarsi in ogni momento.
Non poté fare a meno di chiedersi se Potter conoscesse qualcuno di quei
bambini, per prendersela in quel modo, ma ovviamente non era così. Ovviamente
non era solo l’orfanotrofio – Draco sentì l’iceberg nella sua mente ribaltarsi
e cercò con tutte le sue forse di non pensarci, e invece si ritrovò a
galleggiare nella comprensione.
Potter aveva costruito tutta la sua vita assurda sulle fatidiche, terribili
responsabilità che il mondo aveva caricato sulle sue spalle, e sulla
convinzione che i bambini dovrebbero sopravvivere.
Non è giusto, pensò Draco, e il pensiero gli apparve chiaro, non complicato da
quei freddi dubbi che gli venivano sempre nel cuore della notte, quando pensava
sì, ma te lo sei meritato, e tuo padre se l’è meritato, tutti e due ve lo
meritavate, meritavate di peggio, perché questa volta era diverso. Potter
era un idiota, ma questo non significava che avesse meritato di venir
trasformato in un’arma per vincere una guerra per poi essere temuto perché era
diventato ciò che tutti avevano voluto che diventasse.
“Tranquillizzati un attimo,” gli ordinò Draco. “Vado a farti una delle tue
terribili tazze di tè, e poi abbiamo ancora i rapporti da scrivere. La giornata
non è finita solo perché lo vuoi tu, Potter. Smettila di fare lo
scansafatiche.”
“Non sono uno scansafatiche, Malfoy,” abbaiò Potter, ma tenne la testa
abbassata.
Draco si chiese perché fosse ancora così immobile, così evidentemente attento a
non spostarsi nemmeno di una frazione di millimetro, ma poi scrollò le spalle e
imputò la cosa alla follia generale.
“Sì che lo sei,” ribatté. “Sei un viziato totale e lo sei sempre stato, ma
scriverai quei rapporti.”
Tolse la mano dai capelli di Potter perché era ampiamente ora che lo facesse, e
se la mise in tasca così non avrebbe dovuto pensarci più. Potter si raddrizzò
sulla sedia ma Draco si era già voltato per tornare in cucina, dove recuperò il
suo caffè e fece quello stupido tè.
Quando ritornò e spinse il tè verso Potter, lo trovò che stava già osservando
la prima pagina del rapporto con aria disperata. Guardò di sbieco Draco che si
avvicinava.
“Così,” cominciò, un po’ in imbarazzo, e Draco pregò che il soffitto cadesse
così non avrebbero dovuto affrontare il momento emotivo. “Ehm,” continuò
Potter. “Esattamente quanti punti abbiamo guadagnato per questo caso?”
Nel giro di un istante Draco si ritrovò ad essere allo stesso tempo enormemente
sollevato e piuttosto impensierito. “Penso di aver vinto.”
“Dobbiamo classificare come si deve questa cosa dei punti,” disse Potter, sul
punto di sorridere. “Altrimenti barerai.”
“Non è barare,” ribatté Draco con severità. “È essere più furbo di
tutti gli altri.”
“Tutti gli altri pensano che sia barare.”
“Questo perché sono stupidi,” rispose Draco, e si rese conto che
Potter gli aveva messo la battuta in bocca. Lanciò un’occhiata oltre la
scrivania e Potter lo stava già guardando, con un vero e proprio sorriso, e
Draco alla fine accettò quello che in qualche modo aveva sempre saputo: le
ammiratrici di Potter non erano pazze. Beh, sì, lo erano, ma non erano cieche,
Potter era una specie di bellezza soprannaturale.
Leale
a Serpeverde fino alla fine, Draco assicurò a se stesso che Blaise Zabini aveva
ancora dei capelli infinitamente più belli. Diavolo, perfino Oliver Baston
aveva dei capelli più belli, e questo gli ricordò che aveva preso in
considerazione la possibilità di farsi un taglio alla Oliver Baston, e questo
lo fece riflettere sul perché.
Oh mio Dio, pensò con un’improvvisa, gelida paura, e se a Katie fosse piaciuto
Potter? Era del tutto possibile. Era persino probabile.
Fu con grande sollievo che si ricordò che Potter era gay.
*
Non tutti i loro casi erano i brillanti successi che avrebbero dovuto essere,
considerato il genio smisurato di Draco. Quella volta infamante in cui erano
stati entrambi catturati e totalmente sconfitti procurò loro zero punti
ciascuno.
Erano in missione di sorveglianza, nel tentativo di scoprire se l’amante di
Scrimgeour fosse solo la sua amante o una spia francese, e mademoiselle
Madeleine quella sera sarebbe dovuta uscire e invece era rimasta a casa con un
mal di testa. Aveva spento le luci e si era messa ad urlare, Potter era entrato
in modalità d’attacco, Draco si era ritrovato mezzo accecato e si era lanciato
su di lui, e lei in qualche modo era riuscita a spingerli in uno spazio chiuso,
a chiuderli dentro e presumibilmente a spedire un Gufo agli Auror.
“Perché
mi hai fermato?” gli aveva domandato Potter.
“Perché stavi per colpire l’amante del Ministro della Magia!” aveva sibilato
Draco. “Non puoi colpire l’amante del Ministro della Magia!”
“Ho colpito il Ministro della Magia,” aveva risposto Potter pensieroso.
“Non ho parole,” era sbottato Draco. “No, questa è una balla così -”
“Sapevo che era troppo bello per essere vero,” aveva detto Potter.
“Taci, Potter – dove siamo?”
Potter si era spostato, e aveva quasi soffocato Draco con una spalla. “Penso
che sia un armadio,” aveva risposto.
“Per favore, non muoverti,” aveva chiesto Draco con freddezza una volta che era
stato di nuovo in grado di parlare. “Sto terribilmente scomodo.”
“Ma davvero, stai scomodo? Perché io invece sto benissimo,” aveva ribattuto
Potter in tono irritato.
“Ok,” aveva detto Draco. “Non muoverti. Sono un investigatore professionista, e
quindi investigherò.”
“Cosa stai -” aveva cominciato Potter.
Draco l’aveva spinto contro il muro, che significava che a quel punto era una
frazione di millimetro più lontano. “Ho detto non muoverti,” gli aveva ripetuto
all’orecchio, poi aveva allungato l’altra mano e aveva tastato delle
mattonelle. “Questo non è un armadio,” aveva detto. “Gli armadi non hanno
piastrelle. Questa è la cabina di una doccia, e se riuscissi a trovare la porta
e magari arrivare alla mia bacchetta -”
“Malfoy,” aveva sibilato Potter con voce distorta.
“Sta fermo,” aveva ripetuto Draco con urgenza, e visto che Potter non
recepiva bene le direttive era scattato all’indietro come un cavallo
imbizzarrito, cosa che non si era rivelata una buona idea.
Aveva colpito con forza il muro opposto, e la doccia aveva cominciato a
scrosciare. Era ghiacciata.
Draco aveva imprecato al massimo della sua voce. “Ti avevo detto di stare
fermo!”
“Calmati, Malfoy,” gli aveva detto Potter, a quanto pareva molto più calmo ora
che Draco era furibondo e bagnato fradicio.
Draco lo aveva spintonato. Potter aveva ricambiato lo spintone. Erano caduti
entrambi fuori dalla doccia proprio nel momento in cui Kingsley Shacklebolt
aveva aperto la porta e li aveva guardati dall’alto in basso con una sorta di
sconfinata, solenne disperazione.
Era stato tutto orribilmente imbarazzante.
L’unica ragione per cui mademoiselle Madeleine non aveva sporto denuncia era
stata che Potter si era sfilato la maglietta e aveva cominciato a strizzarla,
mentre sbatteva le palpebre attraverso le ciocche nere e bagnate e si scusava
con estrema sincerità.
“…oh, è tutto a posto,” aveva detto Madeleine, cambiando tono di colpo. “Mi
sento così al sicuro, sapendo che degli ottimi Auror tutti d’un pezzo come voi
stanno… mmmh… tenendo le strade pulite. Se il mio Rufy avesse mai bisogno di
guardie del corpo, so a chi cedere. Ehm, chiedere.”
“Fiuuu,” aveva esclamato Potter subito dopo, mentre stavano sguazzando verso la
macchina. “Per fortuna era una brava cittadina.”
“Ahaha,” aveva detto Draco. “Certo.”
Potter gli aveva lanciato un’occhiata che suggeriva che lo trovava
incomprensibile, e Draco gli aveva rivolto solo un sorriso triste. Se avesse
potuto ipnotizzare le donne togliendosi la camicia, aveva pensato, a quel punto
avrebbe già trovato un modo per dominare il mondo.
“Hai mai pensato alla possibilità di dominare il mondo?” aveva chiesto.
“Ehm,” aveva risposto Potter, continuando a guardarlo come se stesse parlando
una lingua straniera, ma sorridendo. “No. Ma immagino che tu abbia un piano.”
“Forse,” aveva concesso Draco.
“Sali in macchina, così mi racconti come faremo.”
A dir la verità Draco aveva assegnato a Potter un punto per averli tolti dai
guai con le sue astuzie sessuali, ma poi glielo aveva tolto per averli fatti
bagnare entrambi, e così avevano totalizzato zero.
*
Non solo avevano totalizzato zero, ma Madeleine si era ricordata di loro e,
quando ci fu di nuovo uno di quei ricevimenti organizzati per spingere
dipendenti del Ministero e Auror a fraternizzare, ricevettero entrambi un
invito speciale. Il genere di invito che non si poteva rifiutare senza finire
in guai seri con Shacklebolt.
Draco andava sempre ai ricevimenti, comunque. Erano tremendi, e la gente lo
fissava, e qualche viscido disperato, ancora aggrappato al ciglio di un circolo
sociale che un tempo la sua famiglia dominava, finiva sempre per avvicinarlo e
dirgli che sembrava proprio suo padre. Katie ci andava, però, per cui ci andava
anche lui.
Quella particolare sera la cercò in mezzo alla folla, e la vide in blu – Katie
indossava un sacco di abiti blu – e al braccio di un altro uomo. Draco lo
squadrò e lo liquidò come indefinibile e privo di interesse, e le gironzolò
attorno per dimostrarle che la sua devozione era inalterabile.
“Ciao, Draco,” lo salutò lei. “Ehm, sono venuta con una persona -”
“Mmh, ho visto,” strascicò Draco. “Riconosco un rivale quando lo vedo. Fidati,
questo non lo è.”
Lei sembrò un po’ turbata, e Draco avrebbe voluto rimangiarsi quello che aveva
appena detto, ma il suo accompagnatore stava tornando dal bar e lui non riuscì
a pensare alla cosa giusta da dire e per giunta oltre la testa di Katie vide
che Scrimgeour stava mettendo all’angolo Potter.
Oh, aveva funzionato benissimo l’ultima volta.
“La mia devozione è inalterabile. Con permesso,” si congedò Draco. Lei apparve
confusa e triste e compiaciuta, tutto in una volta, ma lui non poté fermarsi a
vedere quale delle espressioni avrebbe avuto la meglio.
Si
fece strada tra la folla cercando di non sgomitare troppo, visto che voleva
essere discreto, e arrivò in tempo per sentire Scrimgeour dire: “Una
dimostrazione di unità sarebbe di grande utilità sia per il Ministero che per
gli Auror – e ovviamente per la tua carriera, mio caro ragazzo.”
“È così, allora,” ribatté Potter, sputandogli addosso ogni parola come se fosse
un pugno.
“Potter,” intervenne Draco da dietro di lui, con calma. Potter si voltò
immediatamente.
“Stavamo parlando, signor Malfoy,” disse Scrimgeour, con l’aria di un leone al
quale hanno appena rubato la preda, finché Potter non si voltò e riportò lo
sguardo su di lui, e a quel punto cominciò ad assomigliare molto di più alla
preda.
“Niente di importante,” lo liquidò Potter in tono sprezzante.
“Invece di fare una scenata che ti farà licenziare,” gli sussurrò
Draco a voce bassa, proprio come se nessuno degli altri due avesse appena
parlato, “che ne dici di andare a prendere qualcosa da bere? Al bar. Andiamo al
bar e via di qui.”
Lo afferrò per un braccio, che gli parve fatto di ferro finché Potter non si
lasciò sfuggire un piccolo sospiro frustrato e poi concesse: “Berrei volentieri
qualcosa.”
L’espressione di Scrimgeour si trasformò in un modo che Draco non riuscì
assolutamente a decifrare.
“Vai pure, senz’altro,” acconsentì. “Potrei scambiare una parola con lei,
signor Malfoy? Non la tratterrò a lungo.”
Le sopracciglia di Draco si inarcarono in modo teatrale.
“Sarò al bar,” aggiunse Potter, e poi si allontanò a passo rapido da loro.
E così era lì, da solo col Ministro della Magia. Ovviamente suo padre lo aveva
ammaestrato alla perfezione per questo tipo di situazioni. Gli avrebbe detto
‘Persuadilo a introdurre una legge anti-Nati Babbani.’
Draco lo fissò e fece una specie di smorfia.
“Sono molto contento di vederla qui, signor Malfoy,” cominciò Scrimgeour, che
in due anni non aveva rivolto la parola a Draco nemmeno una volta.
“Anche io sono al settimo cielo,” strascicò.
Scrimgeour parve irritato, ma solo per un secondo. “Ovviamente, è consapevole
che nella situazione politica attuale – l’economia che non si è mai ripresa
dalla guerra, il morale basso in generale…” cominciò. “Lei è consapevole di
quanto potrebbe essere preziosa un’icona come il Ragazzo Sopravvissuto.”
“Ci scommetto,” disse Draco allegramente. “Buona fortuna, con lui.”
“È una grande sfortuna che il ragazzo sembri totalmente incapace di sentire
ragioni,” continuò Scrimgeour, e la sua impazienza schioccò come la coda di un
leone prima che riuscisse a dissimularla di nuovo.
“Che peccato,” concordò Draco, annuendo placidamente. “Matto come un cavallo.
Non ci si può far niente.”
Scrimgeour sembrò optare per la franchezza, cosa che lo fece apparire piuttosto
stizzoso. “Le dirò, signor Malfoy, che se qualcuno esercitasse la sua influenza
sul signor Potter in modo da persuaderlo ad imboccare la direzione giusta per
tutte le parti interessate… quella persona non troverebbe il Ministero
irriconoscente.”
“Ok,” disse Draco. “Beh, se mai vedrò qualcuno con una qualche influenza su
Potter, glielo farò certamente sapere. È stato un piacere parlare con lei.”
“Lasci che le dia il mio biglietto da visita, signor Malfoy,” lo trattenne
Scrimgeour, porgendogli il cartoncino tra due dita inguantate. Guardò Draco, i
loro occhi si incontrarono al di sopra del bordo dorato, e aggiunse: “Sono
sicuro che il figlio di Lucius Malfoy può essere convinto in… qualche modo a
compiere il suo dovere civico.”
Il professor Piton aveva cercato di insegnargli in tutti i modi la magia senza
bacchetta. Alcuni incantesimi li aveva imparati, altri no. Pensò ad uno di
essi.
“Se la mette così.” Sul suo volto si aprì in un lento sorriso affascinante, il
sorriso di suo padre, e prese il biglietto.
Lo tenne tra due dita proprio come aveva fatto Scrimgeour, mentre continuavano
a sorridersi l’un l’altro. “Penso che ci capiamo a vicenda,” disse il Ministro
della Magia.
“Ne dubito,” ribatté Draco in tono piatto. “Incendio.”
Il cartoncino cominciò a bruciare, e il suono sfrigolante delle fiamme si diffuse
nella stanza improvvisamente silenziosa. Draco tenne gli occhi incollati a
quelli del Ministro e dopo un lungo momento si chinò in avanti e soffiò sui
fragili resti del biglietto come se stesse soffiando su un dente di leone.
La cenere svolazzò delicatamente in faccia a Scrimgeour. Draco lo osservò con
interesse per vedere se la sua barba leonina sarebbe andata in fumo, ma non era
mai stato molto fortunato.
Il Ministro stava ancora tossendo quando Draco aggiunse: “Si goda il resto
della festa,” e si allontanò verso il bar.
Mentre camminava si rese contro fino in fondo di quello che aveva fatto.
Shacklebolt sembrava in preda ad una paresi facciale, Katie sembrava
decisamente sconvolta, e quasi tutti gli altri Auror sembravano scioccati o
disgustati.
Potter era appoggiato contro il bar e rideva, con la testa scura rovesciata
all’indietro.
“Ti
offro da bere solo per l’espressione sulla faccia di Scrimgeour,” esclamò.
“Prenderò qualsiasi cosa contenga alcol,” ribatté Draco intorpidito. “Doppio.”
Scosse la testa per schiarirsi le idee e scacciare la follia. Potter aveva una
cattiva influenza su di lui.
Si chiese dove Scrimgeour avesse pescato l’idea che lui avesse un
qualsiasi tipo di influenza su Potter.
*
Quel fine settimana Katie portò lui e la sua nipotina di sei anni al cinema.
Draco era piuttosto sicuro che avesse portato la bimba con loro per assicurarsi
che lui non ci provasse, ma gli piacevano abbastanza i bambini. Non si
offendevano quasi mai, a prescindere da quello che diceva.
Fece qualche imitazione per Mary e quando ebbero terminato la fila per i
popcorn lei già voleva che Katie lo sposasse.
I Bell non avevano detto alla bimba che Katie era una strega, così Mary aveva
anche l’impressione che Draco fosse la persona più incredibilmente fantasiosa
che avesse mai incontrato.
Andarono a vedere un film in una vecchia sala per cui Katie si scusò, e che
Draco pensò fosse il posto più geniale e perfetto che avesse mai visto. Poi
tornarono a casa a piedi. Katie gli permise di tenerle la mano, ma solo a
condizione che tenesse anche quella di Mary.
“Raccontami un’altra storia su Potter,” chiese la bimba mentre lui
cercava di fare la corte a sua zia. “È il mio preferito.”
Katie gli sorrise e Draco fu quasi certo che avesse un’aria affascinata. “Non
sapevo che fossi così bravo con i bambini,” disse.
“Ho
così tante qualità che mi dimentico di menzionarle tutte,” ribatté Draco, e
pregò che Mary non ripetesse quello che le aveva raccontato su gli Inferi
mentre Katie era in bagno.
Non cercò di baciarla sulla porta e lei non lo invitò ad entrare, ma era anche
vero che lui era riuscito a controllarsi e a non chiederle “Non mi ami?” come
un povero invasato, così si assegnò un punto.
Poi si rese conto che si stava assegnando punti nella vita reale come un vero
invasato, e se lo tolse di nuovo.
*
“Ho visto il film più spettacolare del mondo,” raccontò a Potter quando si
trascinò in macchina il lunedì mattina. “C’era una bellissima fanciulla in un
Castello Gotico. Veniva sedotta da un grosso animale con un mantello.”
“Che razza di film guardi?” chiese Potter in tono scandalizzato.
Draco era troppo distratto dal fatto che c’era un nuovo marchingegno sulla
macchina per rispondere. Gli diede un colpetto. “Cos’è?”
“È un’autoradio,” rispose Potter con noncuranza.
“Ohhhh,” esclamò Draco. “Fammi vedere come funziona.”
Dieci minuti più tardi, Draco aveva imparato alla perfezione come si usava
l’autoradio – era svelto e abile con i marchingegni babbani – e ne era
follemente innamorato.
“La chiamerò Gilda,” dichiarò, e la toccò ancora per farle cambiare musica.
Potter tenne gli occhi fissi sull’orizzonte e buttò lì con leggerezza: “Sapevo
che ti sarebbe piaciuta.”
Quella mattina dovevano pattugliare la costa in auto, e Gilda si rivelò molto
utile per il lungo viaggio. Così tanti Auror avevano visto quanto era comoda la
loro auto che Shacklebolt ne aveva ordinata una per ogni coppia.
“Immagino che Weasley non abbia più bisogno di diventare un Auror,” rifletté
Draco a voce alta. L’idea che Weasley stesse davvero per conquistarsi una
posizione gli sembrava bizzarra, ma Gilda aveva portato un nuovo raggio di sole
nella sua vita e quindi sentiva di poter essere caritatevole.
“Non penso,” rispose Potter, e sembrò un po’ abbattuto. “Hermione vuole che
faccia qualcosa di più – ambizioso della sua vita. Litigano di continuo su
questa cosa.”
“Dev’essere proprio uno spasso, per te,” constatò Draco, e si
trattenne dal chiedere quando Weasley e la Granger avevano mai fatto qualcosa
di diverso.
Di quei tempi si trovava bene con la Granger, a essere sincero. Lei era
un’Indicibile, e un paio di volte le loro strade si erano incrociate mentre
stavano facendo delle cose non proprio ortodosse di cui i loro dipartimenti
probabilmente non sarebbero dovuti venire a conoscenza. Il loro sistema di
ricatto reciproco gliel’aveva in qualche modo fatta prendere in simpatia: era
così Serpeverde.
In più, come aveva notato quando aveva tredici anni e aveva rotto con la sua
foto della Firebolt, quella ragazza aveva un certo non so che. Sfortunatamente
questo certo non so che qualche volta se ne usciva fuori con un bello schiaffo
in faccia, capelli terribili e il peggior gusto immaginabile in fatto di
uomini.
“Bene, quindi queste sirene stanno derubando gli yacht,” disse Draco. “Quindi in
breve – sono corsirene.”
“Suppongo
che la si possa mettere in questo modo,” ribatté Potter, sogghignando.
Draco sperimentò questa nuova parola in molteplici modi, del tipo ‘Arrestiamo
queste vili corsirene’ e ‘Mi chiedo se qualcuna di queste corsirene sia
diabolicamente per quanto acquaticamente attraente.’ Potter rise di lui, perché
era pieno di scherno e di crudeltà.
“C’era qualcuno nel mio film che mi ricordava te,” raccontò cupamente Draco.
“Cadeva giù dal Castello Gotico.”
“Aveva con sé una scopa, in quel momento?” chiese Potter.
“Conoscendoti,” rispose Draco, “è probabile.” La qual cosa fece apparire in
faccia a Potter un’espressione compiaciuta, così Draco fu costretto a tirar
fuori la sua arma segreta. “Chi insegnava Babbanologia?” chiese.
“Non lo so,” rispose Potter, accigliandosi.
“Mmmh,” disse Draco. “Puoi farmi il nome di qualcuna delle ragazze di Corvonero
del nostro anno?”
“Ehm,” farfugliò Potter. “Padma Patil.”
“Qualcuna che il tuo migliore amico non abbia portato al Ballo del Ceppo,”
precisò Draco. “Quella non dovrebbe nemmeno valere!”
Potter scrutò il mare in cerca di corsirene, fece voltare l’auto seguendo la
curva della costa e domandò: “Malfoy, mi stai dando dei punti per questo?”
“Forse,” rispose Draco in tono ambiguo.
Le sopracciglia di Potter si corrugarono. “Come sto andando?”
“Non voglio dirtelo,” rispose Draco. “Ho paura che potresti metterti a
piangere. Qualcuna delle ragazze Serpeverde a parte Pansy?”
“Millicent Bulstrode,” tentò Potter.
“Molto bene! E?” chiese Draco in tono incoraggiante.
“Uhm,” farfugliò Potter. “Ehm. No. Mi dispiace. Non mi viene niente.”
“Ce n’erano altre tre,” gli fece notare Draco in tono triste e deluso.
Ripensandoci, forse il fatto che Potter preferiva i maschi avrebbe dovuto
palesarsi anni prima, visto che a scuola sembrava ricordare la maggior parte
dei nomi dei ragazzi. Conosceva un bel po’ di Corvonero.
“E, ehm – Entwistle, penso,” continuò Potter. “Il nome non lo so.”
“Mmmh, bene, così va meglio,” concesse Draco, e poi lo attraversò un terribile
pensiero.
Era senza parole. Rimase in silenzio così a lungo che Potter cominciò a
scoccargli occhiate leggermente preoccupate con la coda dell’occhio.
“Potter,” disse alla fine Draco con voce sinistra.
“Sì?” chiese lui con apprensione.
“Io come mi chiamo?”
“Ehm, Malfoy?” chiese Potter, guardandolo come se fosse diventato
pazzo.
“Sì, ma il mio nome, qual è?”
“Beh,” disse Potter, ed esitò.
“Oh mio Dio,” esclamò Draco. “Non lo sai. Davvero non lo sai.”
Fu sopraffatto dall’assoluta mostruosità di questa rivelazione, e dal fatto che
avrebbe dovuto pensarci prima. Potter non si ricordava il nome di nessuno degli
altri suoi compagni di scuola. O di lavoro, ora che ci pensava. Perché aveva
semplicemente dato per scontato che conoscesse il suo? Dio, era così
umiliante: aveva passato un sacco dei suoi anni di scuola a odiare ogni lettera
nel nome di Potter, e lui non sapeva nemmeno il suo. Tiger e Goyle avevano
avuto ragione quella volta che al quinto anno gli avevano detto che l’intero
affare Potter era un po’ a senso unico.
Anche
se forse non era proprio quello che intendevano.
“Certo che lo so,” sbottò Potter.
“Perché?” domandò Draco. “Perché dovrebbe essere certo? Non sai il nome di
Kevin Entwistle! E gli piacevi anche! Mentre a me non sei mai
piaciuto,” aggiunse, nel caso in cui Potter non avesse notato nemmeno quello.
“Neanche tu mi piacevi,” grugnì Potter all’istante.
“Sento di non volerti più parlare,” lo informò Draco, e sapeva che si
stava comportando in modo ridicolo, ma si sentiva semplicemente troppo
insultato per evitarlo.
Mise Gilda a tutto volume e ascoltò le sue voci tranquillizzanti finché non si
sentì più calmo. Gilda gli suonava centinaia e centinaia di canzoni, e alla
fine cedette alla tentazione di cantare con lei.
“I would chase old ghosts and watch them scatter, drop old dreams and watch
them shatter,” cantò Draco a Gilda. “Lose myself and all I own, to
find-”*
“Eccole,”
esclamò Potter, e mandò la macchina giù in picchiata.
Draco spense Gilda. “Corsirene!”
Potter doveva guidare, perciò era Draco che si doveva occupare della rete da
pesca incantata. Non sarebbe stato un problema se non avesse sempre avuto
qualche difficoltà con gli incantesimi di Levitazione.
Alla fine Potter fu costretto a far atterrare l’auto sullo yacht e cavarsela da
solo. Almeno la rete che aveva escogitato Draco funzionò e riuscirono a
prendere le corsirene prima che potessero scappare, ma poi dovettero Obliviare
i proprietari dello yacht e, quando finirono di legare la rete al baule
della macchina, Draco era bagnato per gli spruzzi di acqua marina, era stato
colpito da un tridente ed era di un umore assolutamente terribile.
“Perciò siete stati solo, ehm, fermati dalla Guardia Costiera o qualcosa del
genere,” spiegò Potter alla coppia sullo yacht.
“Sì, agente,” acconsentirono entrambi. “Grazie,” aggiunse la donna con gli
occhi luccicanti.
“Come spara Gaston, ma che mira Gaston! Con che stile indossa le scarpe
Gaston! Di trofei casa mia devo tappezzare! Che uomo sei... GASTON!!!,”**
canticchiò Draco con una vocetta derisoria. Quel film sì che aveva messo Potter
al suo posto una volta per tutte.
Draco ritornò alla macchina a grandi passi, aprì la portiera di scatto e notò
con estrema irritazione che Potter era appoggiato al suo fianco dell’auto e non
sembrava minimamente intenzionato a sedersi al posto di guida così che
potessero entrambi tornarsene a casa. Gli scoccò un’occhiata furiosa,
ma lui stava guardando a terra e probabilmente non lo vide nemmeno.
“Draco,” disse Potter con una voce bassa e dura.
“Cosa?” sbottò lui, e poi si rese conto di quello che aveva detto
Potter.
Un angolo della bocca di Potter si sollevò. “So il tuo nome.”
Dopotutto forse Draco sarebbe stato contento anche se Potter non fosse caduto
da un Castello Gotico.
Dopo alcuni minuti in macchina, Potter disse: “Aspetta – il film era La
bella e la bestia? Sei proprio strano.”
“Taci, era profondo,” sbottò Draco.
Sorvolarono la costa ancora e ancora, col mare che orlava la terraferma come un
nastro d’argento scintillante sotto la luna, alla ricerca di altre bande di
corsirene per essere sicuri di averle catturate tutte. Draco era esausto perché
era stato sveglio tutta la notte per fabbricare quella stupida rete, e ascoltò
Gilda e si sforzò di non chiudere gli occhi.
Si svegliò a causa di un improvviso riflesso della luna sull’acqua, e si
ritrovò al caldo a contemplare il mondo con la vaga sensazione che non ci fosse
niente di interessante là fuori. Desiderava soltanto tornare a dormire. Una
piccola parte della sua mente era sveglia e sull’attenti, però. L’eventualità
di un imbarazzo mortale emerse dentro di lui attraverso la confusione del sonno
quando si accorse che stava dormendo con la testa appoggiata sulla spalla di
Potter.
Si tirò indietro e si accorse della mano sul suo collo, che lo stringeva
gentilmente per tenerlo fermo.
“Shh,” sussurrò automaticamente Potter con voce sommessa, come se lo avesse già
detto prima e non si aspettasse davvero che Draco lo sentisse.
Draco si accigliò, perplesso ma rassicurato dal fatto che non ci sarebbero
prese state in giro, e stava mezzo pensando di tornare a dormire, visto che lo
stava già facen– e poi si addormentò di nuovo prima di poter giungere a una
decisione definitiva.
*
Qualche volta, a dire la verità, capitavano casi che facevano quello che Draco
pensava dovessero fare tutti i casi, e cioè dimostrare la sua genialità al
mondo intero.
Ogni Auror voleva catturare Sextus Forsythe. Erano anni che cercavano di
trovare qualcosa di concreto per incriminarlo.
Quel venerdì sera Draco stava semplicemente sfogliando il Settimanale delle
Streghe mentre controllava che Potter finisse il suo rapporto. Aveva letto
con interesse la storia del Nido D’Amore Di Sextus Forsythe, ma fu solo dopo
che aveva girato un paio di pagine che gli sovvenne un pensiero, tornò indietro
e pensò di chiedersi chi deteneva la proprietà del terreno su cui era costruito
il nido d’amore.
“Molto bene, eccellente, certi giorni sembra quasi che tu abbia un quoziente
intellettivo nella norma, vai avanti così, buon fine settimana,” mormorò a
Potter, e corse nell’archivio.
Alle sei del mattino sollevò il naso dalla sottile, sordida pista che aveva
subodorato e che collegava un palazzo usato come cauzione per un affare ad alto
rischio al vero affare nascosto sotto l’alto rischio e connetteva direttamente
Forsythe ai peggiori elementi nel giro delle droghe magiche destinate al
commercio babbano.
Afferrò i documenti, li ficcò nella sua borsa, fece una sosta in cucina per una
tazza di caffè ristoratrice e spaventò le donne delle pulizie, poi si
Materializzò direttamente nell’appartamento di Potter. Si diresse subito verso
la porta della camera da letto.
Sul letto c’erano le figure attorcigliate della Granger e di Weasley.
“Malfoy?” esclamò Weasley, mentre la Granger si tuffava sotto le
lenzuola.
“Argh, i miei occhi,” esclamò Draco, e si precipitò verso la porta.
Una volta che la porta si fu chiusa, tutto l’orrore di quella situazione calò
su di lui. Non c’erano assolutamente garanzie che anche Potter non fosse
occupato, visto che sembrava proprio che chiunque avesse una vita sessuale
tranne lui, e visto che Weasley, tra tutti, poteva convincere una
donna attraente a entrare nel suo letto, Potter poteva benissimo essere là
dentro con una coppia di gemelli. O persino un trio.
‘Non interrompere le orge del tuo compagno’ non era un caso contemplato sul
manuale per mantenere una collaborazione civile. Forse a nessuno era venuto in
mente di specificarlo.
Draco
bussò. Non ci fu risposta.
Forse Potter era a casa della coppia di gemelli. O del trio. Ovviamente per
Draco era imperativo trovarlo, ma persino il suo coraggio Auror esitò di fronte
all’idea di ritornare nella stanza delle lentiggini e degli orrori per chiedere
dove abitassero gli amanti di Potter.
Aprì la porta di pochi centimetri, con gli occhi quasi del tutto chiusi, e
lanciò un’occhiata storta in modo da non vedere granché dell’eventuale orgia.
Per lo più scorse solo la luce del mattino smorzata dalle tende, delle lenzuola
bianche e della pelle abbronzata, così aprì gli occhi come si deve e vide che
Potter era solo.
Fortemente sollevato, Draco entrò e disse: “Ehi Potter! Alzati.”
Potter fece un verso di protesta e affondò la testa nel cuscino. Draco si
avvicinò al letto e si appoggiò alla colonna ai suoi piedi, notando che Potter
sembrava aver attorcigliato le lenzuola in una fune durante il sonno.
“Potter, svegliati!” ripeté, e valutò la possibilità di scuoterlo, ma davvero,
Potter era a letto e non era molto vestito, e sarebbe stato inappropriato. “Oh
andiamo, Potter,” insisté Draco, cominciando a ringhiare e ad irritarsi
alquanto: avevano delle cose da fare e Draco aveva un glorioso trionfo di cui
gioire, lì. “Svegliati. Farò in modo che ne valga la pena.”
Potter dischiuse appena un occhio, sbadigliò, si allungò sulla fune in cui
aveva trasformato le lenzuola e afferrò il polso di Draco.
“Mmmh?” mugugnò, con gli occhi appena aperti.
“Ehm,” disse Draco. “Buongiorno?”
“…Malfoy?” chiese Potter con voce roca, artigliandosi i capelli con la mano
libera facendoli drizzare sulla testa come spuntoni. “Cosa stai – cosa ci fai
qui?”
“Ho qualcosa da dirti,” rispose Draco. “Alzati. E dato che ci sei,
lasciami andare.”
Potter guardò la sua mano e poi lo lasciò andare di scatto senza scusarsi,
perché evidentemente il trio di gemelli gli aveva insegnato ad afferrare le
persone ma non gli aveva mai insegnato le buone maniere. Si riappoggiò al
cuscino e guardò male Draco, apparentemente più sveglio ma non per questo meno
confuso). Osservò le lenzuola in un modo che suggeriva che se le sarebbe tirate
anche addosso, se non fossero assomigliate più a un capestro che a delle
lenzuola.
“Cosa c’è?”
Draco assaporò il suo momento di trionfo. “Oh, mi adorerai,” strascicò.
“Indovina?” Fece una pausa ad effetto, e poi continuò: “Ho incastrato Forsythe.
Non ha scampo.”
All’inizio sembrò che Potter fosse stato svegliato a schiaffi. Poi sorrise, un
improvviso sorriso ferino che di solito spuntava fuori solo durante le
sessioni di allenamento.
“No,” soffiò.
“Oh sì,” ribatté Draco. “Sì.” I loro occhi si incatenarono, e poi
Draco fece un gesto impaziente. “Alzati,” ordinò. “Andiamo ad
arrestarlo subito!”
“Oh, cazzo sì,” esclamò Potter, e si precipitò fuori dal letto. Trovò i suoi
jeans sul pavimento e cominciò a infilarseli.
“Non metterti uno di quei maglioni,” disse Draco, ancora appoggiato contro la
colonna del letto a godersi un briciolo di enorme soddisfazione. “Si prospetta
una bella giornata, e mi rattristano.”
“D’accordo, come ti pare,” lo assecondò Potter, e afferrò una maglietta verde.
Osservò Draco mentre uscivano dalla camera da letto e disse: “Non ti sei
cambiato i vestiti… oh, Malfoy, sei stato in ufficio tutta la notte.”
“E allora?” domandò Draco. “Forse non mi hai sentito, forse devo ripetertelo,
perché abbiamo incastrato Forsythe.”
“Avresti potuto dirmelo,” puntualizzò Potter. “Sarei rimasto e ti avrei dato
una mano, e allora forse saresti riuscito a dormire un po’ o a cenare o a fare
colazione o uno di quegli altri pasti che fa la gente normale.”
Ma i gemelli, cosa avrebbero fatto loro? Qualcuno doveva pur pensare ai
gemelli.
“Oh Potter, renderai qualcuno una splendida moglie, un giorno, ma adesso
possiamo per favore andare ad arrestare Forsythe?”
Sfortunatamente non poterono, perché tra la porta di casa e la camera da letto
di Potter c’era la cucina, dove la Granger e Weasley stavano sorseggiando del
tè con delle lunghe vestaglie da camera addosso, stringendosi con forza i
baveri. Avevano un’aria traumatizzata e imbarazzata.
“Oh, ma quanto sei carino,” brontolò Weasley, folgorando Draco.
“Come?” domandò lui. “Oh, per l’amor di Dio. Non lo stavo punzecchiando perché
è gay, lo stavo punzecchiando perché è Potter.”
“Vedo che non sei cambiato di una virgola,” sbottò Weasley.
Draco digrignò i denti. “Io vorrei non aver visto niente.”
“Siete molto maturi, ragazzi,” intervenne la Granger, osservando Draco e
Weasley con quasi la stessa dose di disgusto.
Draco certamente concordava col disgusto per Weasley, ma visto che lei lo aveva
scelto come suo Re di sua spontanea volontà, perfino lui pensò che quello
sguardo fosse un po’ eccessivo. Si ricordò che Potter gli aveva rivelato che la
favola romantica di Weasley e della Granger non stava andando benissimo, e
superò Potter in uno scatto deciso verso la porta.
“Vuoi un po’ di caffè, Malfoy?” chiese la Granger.
“Sì,” rispose lui automaticamente, e poi raggelò. “Cioè – voglio dire, sì,”
farfugliò, e maledì la sua unica debolezza. “Vai a prendere la macchina,
Potter. Voglio che Gilda sia presente.”
Potter scrollò le spalle e si avviò verso la porta.
“Non dargli ordini,” scattò Weasley.
Draco stava per ringhiare qualcosa in risposta, ma Potter si voltò e attirò la
sua attenzione. “Chi è che mi dà ordini?” chiese allegramente. “Io guido
sempre. Malfoy sta sempre nel posto del passeggero. Sai – come una ragazza.”
Draco sapeva esattamente cosa stava facendo, ma che cazzo: come se avesse mai
preferito battibeccare con Weasley invece che con Potter. “Penso a te come –
come al mio autista,” disse pensandoci su.
Potter rise e gli fece un gestaccio, e poi uscì dalla porta. Draco prese un
grosso sorso di caffè per finirlo in fretta e tirarsi fuori da lì. Fu solo
quando lo mandò giù che notò il retrogusto, e gli occhi scintillanti della
Granger.
Gli Indicibili potevano tenere a casa del Veritaserum, e somministrarlo a loro
discrezione.
Draco ne prese un altro sorso, visto che ormai il danno era fatto, e disse:
“Devi essere davvero preoccupata a morte per Potter.”
“Penso che stia migliorando,” rispose lei gentilmente. “Tu cosa ne pensi? Come
vi trovate come compagni?”
“È il migliore che abbia mai avuto,” dichiarò Draco, e scoccò alla sua tazza
uno sguardo inorridito. “Adesso me ne vado, perché sono davvero imbarazzato,”
dichiarò al caffè-e-Veritaserum.
“Aspetta,” lo richiamò la Granger. “Lo dirai a Harry?”
“No,” rispose Draco. “Anche i miei amici erano preoccupati per me.”
E questo significava che doveva sul serio uscire da lì.
Si fermò sulla porta e si voltò verso di loro. Sembravano entrambi più
rilassati: forse persino un po’ sollevati.
“Granger”, aggiunse. “Ho sempre pensato che fossi piuttosto sexy.”
Rise di cuore all’espressione che comparve sulla faccia di Weasley, e poi scese
le scale con disinvoltura verso Potter e la macchina.
Una volta in auto, cercò per lo più di concentrarsi sui calcoli mentali e non
su cose imbarazzanti che avrebbe anche potuto finire per dire a Potter.
Calcolò i punti e la percentuale di casi risolti, visto che erano cose che
Potter conosceva già, e poi quando erano più o meno a metà strada per Forsythe
si rese conto di una cosa.
“Potter,” esclamò. “Sai qual è la percentuale dei nostri casi risolti?”
“Certo,” rispose lui, ma guardò Draco con curiosità per via del tono di voce
che aveva usato.
“Ma ti rendi conto di cosa significa?” chiese Draco. “Se ci mettiamo anche
Forsythe – diventeremo gli Auror dell’Anno. È fatta.”
Potter sembrò scioccato quasi quanto si sentiva scioccato Draco. Si fissarono
l’un l’altro, e Draco vide i suoi stessi pensieri prendere forma sul viso di
Potter: ma cinque mesi fa stavamo per essere licenziati, e poi
scoppiarono entrambi a ridere, sbalorditi e contenti, mentre l’auto veleggiava
verso l’arresto di Forsythe.
La risata gli uscì un po’ isterica, ma Draco incolpò la mancanza di cibo e di
sonno e il fatto che l’avessero drogato prima di colazione.
*
da Sure Love Lyrics, di Hal Ketchum (Inseguirei vecchi fantasmi e
li guarderei disperdersi, intonerei vecchi sogni e li guarderei andare in
frantumi. Perderei me stesso e tutto ciò che ho, per trovare-)
**ovviamente
tratto dal film Disney La Bella e la Bestia . ^_^