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Autore: valeriaspanu    19/12/2013    4 recensioni
"Si, questa è la mia vita… Non è perfetta e in parte è sempre incompleta ma, contando tutto ciò che ci è accaduto, devo ringraziare il cielo per avere Peeta e le sue braccia che mi stringono per farmi sentire il suo amore. Può essere questa la felicità dopo tutto ciò che abbiamo passato?"
La FIC si svolge 5 anni dopo la rivolta. Peeta e Katniss stanno insieme e cercano di lottare contro i propri incubi, ma una nuova minaccia creata da Capitol City incombe su di loro: riusciranno a superare le nuove prove?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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La mattina dopo veniamo svegliati dal campanello che suona ma, per una volta, mi sveglio solo io visto che Peeta è stato sveglio quasi tutta la notte ad abbracciarmi e a fermare i miei incubi. Scivolo via dalle sue braccia, mettendomi una vestaglia da camera e scendo frettolosamente le scale; dalla finestra del salotto vedo Haymitch e mi affretto ad aprirgli.
-Buongiorno, dolcezza. Ripresi da ieri?- mi chiede, smangiucchiando una mela: innamorato o no, Haymitch aveva sempre un galateo alquanto discutibile.
-Mmm ti sei anche procurato da mangiare prima di venire a rubare delle paste da noi, molto gentile da parte tua, Haymitch.- gli dico in tutta risposta. Io e Haymitch siamo così: ci becchiamo l’un l’altro perchè siamo uguali e non riesco a far a meno di pensare che se Peeta non fosse rimasto con me, sarei diventata un’alcolizzata come lui.
-Si beh, ho ritenuto possibile il fatto che il ragazzo non avesse voglia di cucinare dopo lo scoop di dimensioni epocali di ieri sera.-
- Ah già. -
Quasi me ne dimenticavo: nonostante siano passati 5 anni dalla fine dei 75° Hunger Games, tendo ancora a confondere i sogni e la realtà tra di loro. Speravo che fosse solo un incubo e invece è tutto estremamente, terribilmente vero. Haymitch sta zitto, per una volta, mentre io afferro delle nastrine alle cannella avanzate dal giorno prima e tolgo fuori il latte e il succo d’arancia dal frigo; mi siedo di fronte al mio mentore, guardandolo dritto negli occhi.
-Suppongo…- dico io, iniziando sorprendentemente la conversazione- che dovremo proprio ritornare a Capitol City.-
-Pensa un po’, io pensavo che stavolta non fossimo obbligati.- dice lui, sarcastico.
Eravamo sempre obbligati: dopo la maledetta mietitura nessuno di noi 3 aveva mai avuto una SCELTA. Haymitch era stato costretto da Snow, che uccise la sua famiglia e l’amata, a rifugiarsi nell’alcool, per non impazzire, io e Peeta eravamo stati costretti a vivere per la seconda volta gli Hunger Games e a me era stato imposto il ruolo di Ghiandaia Imitatrice, ruolo di cui io non ne volevo sapere. Non avrei mai voluto guidare la rivolta, non avrei mai voluto che le persone a me più care e totali estranei morissero in nome MIO. A Peeta gli avevano tolto l’unica cosa che davvero possedeva: se stesso.
-Quando partiamo?- sussurro io, studiando attentamente la mia colazione.
-La mietitura si terrà domani…-
-C’hanno avvertiti in anticipo.- replico. Haymitch mi guarda quasi ridendo, mentre fa cenno al telefono che Peeta ha spaccato, sbattendolo contro al muro. Mmm, non che servisse a molto, visto che non rispondevamo mai: volevamo evitare chiamate presidenziali, volevamo rifuggire dai nostri doveri.
-Ho detto al belloccio che sarete presenti: tanto non avevate nessuna possibilità di opporvi. Sarà solo per un' edizione, dolcezza. Teniamo duro anche questa volta. Anche io, per mia immensa fortuna e gioia, dovrò fare da mentore visto che Annie non può di sicuro essere in grado di affrontare un ruolo da mentore, non trovi?-
Era vero. Le condizioni di Annie erano migliorate dalla nascita del piccolo Finnick Junior ma un ruolo così importante negli Hunger Games sarebbe stato come ributtarla nel baratro in cui era precipitata dopo la morte del mio amico; Johanna l’aveva aiutata ed anche io e lei avevamo stretto dei rapporti piuttosto amichevoli. Io cercavo ancora di mettermi alle spalle, l’adorabile episodio dell’ascensore, quando si era fatta spogliare da Peeta. Adorabile, davvero.
- E per te non sarà difficile?-
- Oh, ci sono abituato dolcezza. Poi voi mi portate fortuna, voglio proprio vedere se la mia coppia capitolina ammazzerà la vostra o no.-
-Haymitch.-
-O dai, Katniss. Dobbiamo farlo, succederà comunque che uno solo dei ragazzi rimanga in vita. Fattene una ragione e, se vuoi, da me puoi trovare sempre una bottiglia di rum per consolarti.-
Non risposi, guardandolo male e misi il mio piatto nel lavello, per non guardarlo negli occhi: sapevo che aveva ragione ma non riuscivo a capire con che faccia potessi appoggiare un evento del genere. Dovevo arginare la gravità della situazione, dovevo salvare delle persone innocenti, dei bambini, da morte certa.
-Il tuo telefono funziona?-
-Mmmm… si certo, Cynthia ne ha fatto installare uno. Sai, non è una misantropa come me- disse Haymitch, correggendo il succo d’arancia con un po’ di rum.
Senza dire niente, mi misi la giacca di mio padre per non uscire solo in vestaglia da camera e mi incamminai velocemente verso casa di Haymitch. Bussai e salutai Cynthia, che mi portò nello studio di Haymitch, quasi irriconoscibile per la pulizia e per lieve disordine che lo contraddistinguevano, e chiuse la porta. Composi il numero dell’ufficio presidenziale e attesi, impaziente.
-Haymitch Abernaty, quale onore sentirti!- rispose la voce gaia, ma lievemente stanca di Plutarch.
-No. Sono Katniss. Katniss Everdeen.- dissi, come se ci fosse il bisogno di puntualizzare il cognome.
-Oh, la nostra Ghiandaia Imitatrice!! Come stai, cara ragazza?-
-Tagliamo corto, presidente.- dico tagliente, mentre lo sento ridacchiare dall’altro capo del telefono.
- Ma certo, certo, mia cara. Vedo che questi anni di pace e tranquillità non ti hanno cambiato.-
-Gli Hunger Games hanno contribuito a formarmi il carattere. E questa malsana idea dell’ ultima edizione dei giochi non fa altro che acuire la mia acidità. Ci sono per caso problemi anche con questo fatto?-
-Mia cara, questi non saranno i soliti Hunger Games. Sono gli Hunger Games della Pace. Per mantenere il controllo su Capitol City che si sta.. come dire, animando.-
-Moriranno 23 ragazzini?-
-Beh, sì-
-Allora non sono tanto diversi dai giochi a cui IO stessa ho partecipato. Ma l’ho chiamata per un’altra questione, Plutarch. Lei non mi sta particolarmente antipatico, ho anche votato per la sua elezione, come lei ben sa. E parteciperò come mentore a questa edizione dei giochi ma a due condizioni.-
-Mi sembra di aver già visto questa scena…- dice lui, l’ombra di un sorriso nella voce. – Si ricordi che la rivolta è finita Miss Everdeen. E che siamo entrambi a decidere questa volta.-
-Oh, io dico che lei mi ascolterà ed accetterà queste richieste. Non vorrà mica che scoppi un altro colpo di stato. Panem non sarebbe felice di vedere la Ghiandaia Imitatrice contro questa democrazia.- Segue un attimo di silenzio, in cui posso sentire il respiro di Plutarch farsi un po’ più irregolare.
Quanto adoro fare la stronza.
- Sono tutto orecchi, signorina Everdeen.-
- I tributi vincitori dovranno essere gli ultimi due sopravvissuti, non importa da quale distretto vengano. Inoltre, i tributi dovranno essere mietuti tra i parenti, figli, nipoti e cugini, delle famiglie che avevano una carica di prestigio all’interno del governo. Comprendo anche gli strateghi e coloro che crearono le arene. A parte la sua famiglia, questo è ovvio.-
- Penso che non ci sia niente di male, nell’accettare le sue richieste, Katniss cara. In fondo si tratta di salvare una vita in più e di attaccare solo chi ha davvero causato tutto ciò. Benissimo. Quindi, vi aspettiamo per domani, giusto? Il treno che ho mandato appositamente per voi partirà alle 14. Avete tutto il tempo di prepararvi. Se non c’è altro, dovrei tornare a delle questioni organizzative piuttosto urgenti, mia cara.-
- Certo, capisco benissimo. A domani, presidente.- Attacco la cornetta e sospiro, strofinandomi gli occhi con le mani.
-Ha accettato?-
-Peeta…- mi giro e vedo il mio ragazzo che mi guarda, quasi incantato.
Annuisco mentre mi rifugio tra le sue braccia. Ha un profumo dolcissimo, come sempre.
-Quanto tempo abbiamo per fare le valigie?-
-Il treno partirà alle 14.- lo sento irrigidirsi.- Tranquillo. Saremo sempre insieme. Noi siamo una bella squadra, un po’ rotti e strani ma siamo una squadra.- vedo un accenno di sorriso nei suoi occhi e gli accarezzo il viso.
–Pare che mi rivedrai elegante, dopo tanto tempo.-
-Non mi importa come sei vestita. Non mi importava neanche ieri sera…- dice, malizioso e mi sfiora il sedere, facendomi arrossire. – dai, torniamo a casa a preparare le valigie.-
Mano nella mano ci avviamo nella nostra villetta e io inizio ad aiutarlo a fare le valigie, mentre lui studia attentamente l’armadio in cui tiene tutti i pennelli e l’attrezzatura da dipingere.
-Cosa ti vuoi portare?- gli chiedo.
-Oh, non penso che dipingerò… Non credo che avrò voglia.-
-Lo sai che ti fa bene e…c he ti aiuta quando hai i tuoi episodi.- dico, in tono innocente.
Peeta non lo sa, ma, un giorno, sono entrata nel suo studio e ho visto i suoi dipinti. I suoi dipinti su di me e di come mi vede quando sono un ibrido. Un dipinto mi tormenta ancora durante la notte: ci sono io, piena di sangue, che pugnalo il padre mentre, dietro di me, giacciono i cadaveri della madre e dei fratelli del mio fidanzato.
-Hai ragione. Potrebbero essermi d’aiuto. Ma non voglio che tu li veda. Non quelli tratti dai miei episodi, almeno.-
-Chiederemo una stanza che sarà adibita a tuo studio. Non ci saranno problemi.- dopo la gentile minaccia che ho mosso a Plutarch, non ci dovrebbe essere nessun problema, penso sorridendo.
Nella valigia butto dentro i vari vestiti, alcuni ideati da Cinna e altri acquistati da mia madre durante il breve tempo in cui aveva vissuto in questa casa, e tutti i trucchi che risalivano agli ultimi servizi fotografici. Alle 13.30, Haymitch venne a prenderci e ci avviammo tutti insieme alla stazione; il nostro strano e pensieroso corteo era capeggiato da Gale, che pareva volesse essere sicuro che salissimo davvero su quel maledetto treno, e tutte le persone presenti nelle strade si fermavano a guardarci. Qualcuno, forse comprendendo il nostro stato d’animo, sollevò le mani unendo le dita in segno di rispetto mentre altri ci sussurrarono “Ipocriti”. Ma furono solo in pochi, per fortuna. Solo pochi, vennero alla stazione per salutarci. Arrivati alla stazione, Haymitch salutò Cynthia, abbracciandola in modo goffo mentre lei lo baciava delicatamente sulle labbra e io e Peeta ci guardammo un attimo prima di salire a bordo.
-Insieme?-
-Insieme.-

Benissimo:) dal prossimo capitolo la storia inizia ad entrare nel vivo:)! Ma ragazzi, please, mi dovete far capire se vi sta piacendo o no sennò mi sembra di scrivere per un popolo invisibile:) ringrazio coloro che hanno commentato:) Un bacio e alla prossima!
  
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