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Autore: EmmaStarr    19/12/2013    4 recensioni
Percy Jackson e Luke Castellan.
Due nomi un programma, no? Ora provate ad immaginarli in un Universo Alternativo in cui non esistono Semidei, Satiri, Crono e quant'altro. Provate ad immaginarli un po' più vicini con l'età, diciamo due anni di differenza.
Ma non sarebbero troppo adorabili da shippare?
06: – Luke, sei rosso di nuovo. – Dov'è una telecamera, quando serve? Dove?
07: – Ma... Oh, Luke, è troppo lungo! Mi fa paura, ecco, l'ho detto!
08: – Allora, hai finito? Stavo cercando di dormire!
09: Percy sembrò rifletterci su, e già Luke si dava dell'idiota per cos'aveva appena detto. Sei libero stasera? Sul serio?
10: – E non prendete in giro il nostro programma! – scattò il ragazzo, offeso. – Ci siamo stati su fino alle due, stanotte!
11: – Dai, se non volevi fare il bagno perché hai un costume?
12: – Luke non vuole farlo.
13: Ti ho detto che era un diavoletto! NON UN SASSO!
14: – Io non ho un lato romantico. – scattò subito Luke, facendo una smorfia.
15: – Guarda. Non sembra un miracolo? – sorrise Percy, quasi incredulo. – E io che credevo che la serata sarebbe stata un fallimento.
COMPLETA!
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Luke Castellan, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ok. Lo so. Mi faccio schifo.
Sono tredici giorni che non aggiorno, ma abbiate fede, non si ripeterà più. Infatti ho un piano.
Per la disperazione di alcuni e la gioia di molti, questa storia chiuderà i battenti al capitolo 15, ossia il prossimo. Lo so, è che non voglio tirarla troppo in lungo, mi capite?
Questa raccolta è una pioniera, ha aperto la strada a VOI, il futuro delle Percy/Luke! Volete voi aiutarmi a portare avanti la storia di questi due poveri sfigati ignorati dalla comunità?
Questo capitolo è il diretto seguito di quello della scorsa volta. Luke ha inviato quella benedettissima mail. E ADESSO?


Percy, Luke, Annabeth, Talia, e quanto devo scrivere prima che capiate che intendo TUTTI LORO appartengono a Rick Riordan, e non mi sognerei mai di rubarglieli. Circa. Forse. Ehi, insomma, non sono mica l'unica, no?
SE PERÒ mi appartenessero... avrei reso Piper meno perfetta, Jason meno fastidioso e Leo ancora più stupendo. Frank sarebbe stato ancora più inutile e Hazel ancora più strepitosa (scala di preferenza degli eroi dell'olimpo? Io? Ma quando mai?)


 

FESTA


No, stavolta Luke rischiava davvero di non sopravvivere.

Quella mail. Quella mail! Oh, si sarebbe strozzato con le sue mani per il madornale errore che aveva fatto. Come aveva potuto, come...

Era stato tutto un malinteso, un grosso malinteso, già. Probabilmente la mail non era nemmeno arrivata, ragionò Luke. In fondo si trovava su un aereo. Poteva essere che non ci fosse campo... Sbirciò speranzoso il cellulare, ma dovette mugolare dal dolore: campo pieno. In aereo? Scherziamo?

Un momento. Luke fu colto da un'idea geniale. Poteva telefonargli! Telefonargli e obbligarlo a non guardare il cellulare per... ma se rispondeva al telefono, significava che aveva visto la mail. O forse no, magari dal suo cellulare del pleistocene le mail non si vedevano. Sì, sì, gli avrebbe telefonato obbligandolo ad uscire di casa così da stare lontano dal computer, o in alternativa l'avrebbe tenuto incollato all'apparecchio per le quattro ore che lo separavano da New York. Sapeva già come fare.

Innanzi tutto avrebbe esordito con un “mi ami?” tanto veloce da non lasciargli il tempo di dire una parola. Quando, con quel tono un po' confuso e imbarazzato ma allo stesso tempo dannatamente onesto lui avrebbe risposto di sì (gli sembrava di sentirlo, maledizione), Luke gli avrebbe detto che se lo amava, allora avrebbe dovuto fargli un favore. Percy sarebbe stato obbligato a dire di sì, e Luke gli avrebbe chiesto di... boh, aspettarlo in metropolitana, dove il telefono non prende. Buttare il suo telefono dalla finestra in “modalità aereo” per vedere se volava (Percy era abbastanza scemo da provarci, Luke se lo sentiva), una cosa qualsiasi.

Aveva anche un asso nella manica, se tutti questi accorgimenti si fossero rivelati inefficaci. Avrebbe detto “ti amo”. Ma davvero, con forza e intensità. A quel punto Percy sarebbe svenuto, e tale sarebbe rimasto per le successive quattro ore. Dopodiché Luke avrebbe giurato che no, non aveva la minima idea di cosa stesse dicendo, improvvisamente era caduta la linea e assolutamente, Luke non aveva mai detto niente del genere. Oh, sì, avrebbe funzionato.

Leggermente rincuorato, Luke si apprestava a telefonare a Percy quando una hostess incredibilmente arrabbiata gli venne addosso, gridando (in cinese) che era vietato usare i cellulari sull'aereo, che andavano spenti o tenuti in modalità aereo (ecco a cosa serviva... Luke decise che avrebbe tenuto il segreto per sé), e gli spense il cellulare sotto il naso.

Visto che un quarto d'ora dopo quell'adorabile signorina era ancora lì a fissarlo ostile, Luke dovette rassegnarsi: la sua ipotetica telefonata era destinata a non avere luogo. Ma allora! Oh, Luke rischiava un attacco di cuore!

Percy aveva già letto la mail? Non l'aveva letta? Cosa pensava? L'aveva – orrore! – fatta vedere a qualcuno? Annabeth? … Talia? Piangendo al pensiero di quello che avrebbe fatto e detto Talia dopo aver letto quella mail, Luke si rassegnò a passare le successive tre ore e tre quarti in angosciosa attesa, riuscendo a vomitare l'anima in un sacchettino di carta che poi lanciò alla hostess di prima, non senza una certa dose di piacere personale.

Alla fine, dopo un tempo che parve interminabile, la tanto insultata voce registrata annunciò di allacciarsi le cinture e – guarda un po' l'ironia della sorte – di assicurarsi di tenere i cellulari ben spenti. Luke avrebbe volentieri sputato addosso a chiunque l'avesse registrata.

Le porte si aprirono, e il ragazzo tirò giù il bagaglio a mano infilandosi una sola spallina, pronto per dirigersi al posto in cui le sue valigie avrebbero fatto meglio a trovarsi. Era già abbastanza teso, grazie.

Fu tra gli ultimi ad uscire, e appena mise piede a terra si ritrovò sommerso da una specie di stretta animalesca, un turbinio di capelli biondi, e venne scaraventato a terra.

– Oh, fratellino, sono così felice di vederti!

Luke si ritrovò a massaggiarsi la schiena, boccheggiando dal dolore. – A-annabeth. – riuscì ad articolare. – Se non mi lasci andare in questo esatto istante ti giuro che riprendo l'aereo e me ne torno da dove sono venuto! – minacciò, cercando contemporaneamente di non morire soffocato.

La ragazza si tirò un po' indietro, leggermente imbarazzata. Era così sorridente e commossa e felice che un pochino, forse, da qualche parte dentro di sé, Luke sentì l'impellente bisogno di abbracciarla.

Respinse quel pensiero, guardandosi intorno. – Sei venuta da sola, o... – chiese, noncurante.

Annabeth sorrise, furba. – Ed ecco che spunta fuori il tuo lato romantico...

– Io non ho un lato romantico. – scattò subito Luke, facendo una smorfia.

– Ah, no?

Luke si voltò piano, giusto quel tanto che bastava perché il suo cervello si autoconvincesse che quello che aveva sentito non era assolutamente ciò che si era immaginato, quella voce non era la sua, e dietro di lui non c'era proprio nessuno. Ovviamente fu tutto invano, perché appena Luke ebbe compiuto quel giro di centottanta gradi si ritrovò faccia a faccia con un Percy più alto di com'era quando l'aveva lasciato l'ultima volta, più abbronzato, con gli occhi ancora più verdi – possibile? – e con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

– No. – bofonchiò Luke, rimanendo gloriosamente indifferente alla visione - vista, alla vista di quell'incredibile - passabile, passabile ragazzo che gli era mancato da mat- che non gli era affatto mancato, eh.

Lo stava baciando solo perché gli faceva pena, niente di più.

– Che scena adorabile, sono commossa. Vi amo tantissimo. Mi fate un autografo, dolce coppia di gay in astinenza? Facciamo anche una foto insieme?

Se le occhiate avessero potuto uccidere, Luke ne era certo, Talia sarebbe morta due volte. Perché anche l'occhiataccia di Percy non scherzava, eh. Ne aveva fatta di strada, il ragazzino.

– Talia, tu sai sempre come rovinare un bel momento. – sbuffò Annabeth, a metà tra il severo e il rassegnato.

Quella alzò le spalle, abbozzando un sorriso. – Grover, Rachel, Charlie e Silena stanno arrivando con i tuoi bagagli, Luke. Hanno detto che volevano lasciare un po' di intimità ai due piccioncini. Ora però sbrighiamoci, che sono quasi le sette e tra poco inizia la festa.

Luke inarcò il sopracciglio. – Festa?
– Sì, la tua festa di bentornato. – Percy lo fissava con tanta allegria e genuino entusiasmo, che Luke proprio non se la sentì di far uscire di bocca le fatidiche parole “sono stanco” che gli rimbalzavano nel cervello da circa tre ore.

– D'accordo, andiamo. – fece Luke, sospirando.

Percy rise. – Quanta allegria! Mando un messaggio a Grover dicendogli di venirci incontro. – ed estrasse il cellulare.

Luke fu colto da un moto di panico. La mail! Se n'era completamente scordato! Ma se Percy non aveva accennato a nulla, allora significava che non l'aveva letta. C'era ancora speranza. Ma se Percy stava tirando fuori il cellulare...

Fermo! – gridò, rasentando l'isteria. – Ehm, lascia stare, faccio io. – disse poi, cercando di darsi un contegno. Invano.

Percy inarcò un sopraccigli, confuso, ma poi alzò le spalle e borbottò un “se proprio ci tieni...”. Luke sospirò di sollievo. Ora però doveva elaborare un piano! Come poteva fare in modo che Percy non leggesse mai quella mail?
C'era una sola cosa da fare: aspettare un momento della festa in cui Percy non stesse prestando attenzione al telefono, per poi rubarglielo e cancellare la mail. Sempre che il suo cellulare ricevesse effettivamente le mail! In caso contrario, come avrebbe potuto fare? Oh, maledetto il giorno, e il mese, e l'anno* (no, alt, Luke studiava troppo) in cui aveva scritto tutta quella roba!

– Tanto per sapere, dov'è che andiamo per la festa? – chiese Luke per ingannare il tempo.

Percy lo guardò di sbieco. – A casa tua, no? Annabeth ha già preparato tutto. Viene la mia classe, la tua, i tuoi amici di basket e alcuni della classe di Chiarle e Silena, poi ho chiesto a quel Jason della A se voleva venire, sai, l'amico di Leo Valdez, e ha detto che ci sarà e porterà dietro la sua ragazza, mi pare che si chiami Piper. Lo so che tu nemmeno li conosci, quei tre, ma Leo è amico mio, e Jason e Piper si sono appena messi insieme e siccome non avevano niente da fare Leo mi ha chiesto se-

– Ho capito, ok, frena! – Luke non avrebbe mai permesso ad un sorriso divertito di affiorargli alle labbra, anche se ci mancava poco. Forse in fondo gli era mancato quel fiume di parole idiote che uscivano ventiquattro ore al giorno dalla bocca di Percy. – Va bene, puoi invitare chi vuoi. Per quel che mi importa.

 

* * *

 

Ovviamente quando Luke diceva “puoi invitare chi vuoi” non intendeva “lascia pure che l'intera scuola si riversi in casa mia”. Non è che fosse poi così grande, eh!

– Ma quanta gente... Io non conosco così tante persone! – gemette appena entrato.

Annabeth gli batté una mano sulla spalla. – Sono amici di amici di conoscenti di parenti stretti... Circa. Oh, Percy ha potuto invitare il suo amico Leo con tanto di compagnia cantante al seguito. Io ho le mie amiche di scherma e quelle del corso di architettura.

Mentre Luke considerava l'idea di sbattere ripetutamente la testa contro l'unica zona di muro ancora libera da vari spruzzi di cocacola, birra o quello che poteva somigliare a vomito ma che sicuramente non era vomito perché mai e poi mai Luke avrebbe ripulito il vomito dalle pareti di casa sua, che fosse chiaro, Percy lo tirò da parte.

– Ehi. Scusa se è finita così, noi abbiamo solo sparso la voce un pochino... Io ho cercato di dire basta, ma la gente continuava a dire che sarebbe venuta e cosa potevo dirgli, che non potevano? – lo fissò, dispiaciuto. – Sei arrabbiato con me?

Era ovvio che Luke era arrabbiato con lui, ma alla fine decise di mentire dicendogli di non preoccuparsi. Solo perché si sentiva buono.

– Tutti fermi! Ci penso io! – sentirono gridare dal salotto.

Luke, colto da un orribile presentimento, irruppe nella sala. Il computer nuovo di zecca di Luke era crollato rovinosamente a terra, mentre un ragazzone cinese dall'aria mortificata continuava a scusarsi con chiunque volesse ascoltarlo.

– Cos'è successo? – ringhiò Luke, sull'orlo di una crisi di nervi.

– Non è niente, non è niente! – fece allegramente un ragazzino dell'età di Percy dai capelli ricci e castani. Probabilmente latino americano, a giudicare dall'aspetto. – Io sono Leo, Percy ti ha parlato di me? – proseguì senza aspettare la risposta. – Sta' tranquillo, Frank è solo andato addosso al computer... – Luke ringhiò un “solo?” che il ragazzo ignorò con tutta tranquillità. – Non è danneggiato all'interno, penso di poterlo aggiustare, se nessuno lo tocca... – lanciò un'occhiataccia a Travis Stoll, un ragazzo della classe di Luke, che si stava già avvicinando per vedere se poteva recuperare dei pezzi ancora funzionanti.

– Sarà meglio per te... – borbottò Luke alzando gli occhi al cielo.

– Su, circolare, gente! Il grande Leo sta per mettere all'opera le sue indiscusse doti elettroniche! Vai pure, Hazel, tranquilla. Il ballo me lo concederai un'altra volta! – sorrise poi, strizzando l'occhio ad una ragazzina che si allontanò dispiaciuta mano nella mano con il bufalo sgraziato di prima, noto anche come Franck.

Luke si accasciò su una sedia, e Percy volò al suo fianco. – Non ce la posso fare. – si lamentò, melodrammatico.

– Dai, non fare così, Leo riuscirà sicuramente ad aggiustarlo. – fece Percy, incoraggiante.

Sì, ma nel frattempo Luke non sarebbe riuscito a cancellare la mail che aveva spedito a Percy (la password di quell'imbecille era salvata anche sul suo computer, infatti). Solo che questo non glielo poteva dire, grazie tante!

– Ti porto da bere?

Luke alzò le spalle, mugugnando un sì.

 

* * *

 

– Ho sonno.

– Sono le dieci e mezza.

– In Cina è più tardi.

– Qui siamo in America, Luke.

– Ho sonno lo stesso!

Luke si rotolava sul suo letto, mentre Percy cercava inutilmente di farlo alzare. – Eddai, è la tua festa!

Luke quella festa non l'aveva mai chiesta. Non che non gli piacessero le feste, per carità, però era stanco! Tutti che gli chiedevano com'era la Cina, ragazzine che ridendo gli chiedevano se era vero che era gay, ragazzi dalla stazza di un ippopotamo che gli distruggono i computer e nanetti latino americani che giurano di riaggiustarteli... Era tutto troppo complicato, basta, Luke non ce la faceva più.

– Dai, Luke, ti faccio vedere una cosa che abbiamo fatto io e Annabeth per te l'altro giorno. – disse Percy incoraggiante, estraendo dalla tasca - orrore! - il cellulare.

Luke si tirò su di scatto. – No! No, ehm, non serve.

Percy inarcò un sopracciglio. – Ma scusa, perché non-

– Mi serve il tuo telefono! – lo interruppe Luke molto velocemente.

Percy lo guardò confuso, senza capire. – O-ok, ma non puoi aspettare un attimo?

– No, il mio è scarico e devo fare questa telefonata molto importante. – sbottò Luke, strappandogli il cellulare di mano.

– E a chi? – La voce di Percy aveva un che di preoccupato, ma Luke era troppo teso per farci caso.

– Ad un mio amico. – rispose senza pensarci. – Gli avevo promesso che l'avrei chiamato appena arrivato in America, e starà morendo di preoccupazione. È un tipo molto apprensivo.

Negli occhi di Percy saetta qualcosa di molto di più della preoccupazione, ora. – C-come si chiama?

– Ren. – Luke spara il primo nome che gli viene in mente, quello di un ragazzo un po' ciccione del suo stesso corso che non faceva che mangiare patatine e parlare di film porno.

– Ma non puoi aspettare solo un attimo, ormai... – tenta di nuovo Percy, ma Luke lo interrompe.

– Dammi un po' di tregua, no? Ti sto chiedendo di telefonare ad un mio amico, mica chissà che cosa! Quanto sei pesante! – esplose, facendo per uscire dalla stanza.

Ma si bloccò, congelato sul posto. E lei chi l'aveva invitata?

– Senti senti. A quanto pare la coppietta felice di cui parlano tutti sta già avendo dei problemi. Lontano dagli occhi lontano dal cuore, in fondo... E Luke sembra avere proprio una bella intesa con questo Ren! Allora, come la mettiamo adesso?

Clarisse aveva negli occhi quel tipo di bagliore malizioso e malvagio di chi gode facendo sentire gli altri peggio di un escremento di maiale, Luke doveva riconoscerlo.

– È... è vero? – chiese Percy dopo un po', esitante. – Luke, è vero quello che ha detto?

Luke si trovava un po' in una situazione critica. Aveva già aperto la casella postale, pronto per cancellare la mail; ma se si metteva a trafficare col cellulare adesso, sarebbe stato peggio di una confessione in piena regola! D'altro canto, cosa poteva dire? Sarebbe bastato negare tutto senza nemmeno una prova? E poi, insomma, anche lui: come faceva Percy a credere a quello che diceva Clarisse?

Forse, lo colse un inaspettato pensiero, è perché non gli ho detto ti amo neanche una volta.

E doveva essere stato difficile, per Percy, aspettare tutto quel tempo. Sospirò forte, sconsolato: sapeva cosa doveva fare, certo.

Lanciò il cellulare fra le mani di un Percy incredulo e confuso con un secco “leggi”, oltrepassò una Clarisse ghignante ed evitò Talia e Annabeth prima di imbucare la porta e dirigersi fuori, fuori di lì.

Perfetto. Era rovinato.

Cosa gli era saltato in mente! Uscire così, senza una parola! Aveva la giacca, certo, ma mancava un dettaglio fondamentale: una casa in cui andare. Lui aveva sonno. E non aveva nemmeno preso il portafogli!

Camminò senza una meta precisa, fermandosi ben presto nel parco davanti a casa sua. Si sedette su una panchina, stanco: probabilmente Percy stava leggendo la sua mail in quel momento. Sentì l'impellente desiderio di nascondere la testa fra le mani e morire lì su due piedi: cos'avrebbe pensato? E l'avrebbe letta anche Clarisse? E Percy ci avrebbe creduto? Ed era arrabbiato? E...

– Luke!

Il ragazzo si voltò, sorpreso. Ma era... – Luke, aspetta!

Percy lo raggiunse baciandolo di slancio, facendolo quasi cadere a terra. Nascose il volto tra le sue braccia, il respiro affannato per la corsa. – Luke... Non... scappare mai più... in quel modo... – riuscì ad articolare. – Mi hai fatto prendere un colpo, idiota!

Luke non era sicuro di aver colto il senso di tutto. – Tu...

– Ho letto la mail! – lo interruppe Percy tutto d'un fiato. Luke gemette. – È la cosa più... più bella che abbia mai letto! Luke... Ho capito perché non volevi che usassi il telefono. – rise appena, fissandolo con qualcosa che somigliava molto all'adorazione.

– Ovvio. Non ero in me. Non volevo spedirla. – chiarì Luke, a scanso di equivoci.

– L'avevo intuito... Comunque grazie. Scusa se... sai, è che eri strano da tutta la serata, come se ci fosse qualcosa che dovevi dirmi e non sapevi come fare, e quando Clarisse ha iniziato a parlare io non-

Luke lo interruppe. Ne aveva abbastanza di sentirlo parlare a vanvera, quindi scelse una via di mezzo che gli permettesse di salvare le sue povere orecchie e contemporaneamente di non fare fatica.

In parole povere, lo baciò.

– Oh... ok, wow. Mi era mancato. – ammise Percy dopo un po'.

– Già. Pensa a come si sta sentendo Ren adesso. – commentò Luke, falsamente dispiaciuto.

Percy gli tirò una gomitata. – Eddai, smettila!

Rimasero per un po' in silenzio, uno di fianco all'altro, senza bisogno di dire una parola.

– E cos'è successo di preciso dopo che me ne sono andato? – chiese Luke dopo un po'.

Percy ci pensò su. – Leo ha gridato che aveva aggiustato il computer... – Luke amava quel ragazzo. – Talia e Annabeth sono entrate nella tua stanza spedendo via Clarisse, e io ho iniziato a leggere la tua mail ad alta voce...

Ad alta voce?

Oh, perfetto. Luke era rovinato. La sua reputazione? Andata. La sua dignità? Sotterrata. Talia non avrebbe mai smesso di prenderlo in giro, e che dire di Annabeth? Lui ci conviveva!

– Sto scherzando. – lo informò Percy, l'ombra di un sorriso sul volto.

A quel punto Luke ritenne necessario l'utilizzo di una giusta punizione.

Tornarono a casa che la festa era già finita.

 

 

 



*la vostra istruitissima EmmaStarr sa che esiste una poesia che dice tipo “benedetto 'l giorno, e 'l mese, e l'anno” e l'ha storpiata con “maledetto”. Però non sa di chi sia (eh, quanto pretendete? Già tanto se so che è una poesia). Insomma, Luke fa una storpiatura, prende in giro questa poesia (che è italiana, lo so, lo so. Luke è andato in Cina MA sapeva anche l'italiano. È un poliglotta)

 

  
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