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Autore: Nebula216    20/12/2013    3 recensioni
"[...] -Sembri nostra madre.-
Esordì Hassan appoggiato allo stipite della porta. La prima luce della luna illuminava la sua pelle dorata, rendendola più chiara e opaca di quello che era alla luce del sole: le vesti erano ricoperte di polvere, probabilmente perché qualche cavallo non aveva voluto farsi prendere. Risi, togliendogli dai capelli un filo di paglia.
-E tu sembri un puledro conciato in questo modo. Chi ha fatto storie adesso? Shetan? Hani? Ayman?-
Mio fratello scostò lo sguardo, imbronciato.
-…Farah Dihba.-
Sussurrò a denti stretti e facendomi scoppiare, non volontariamente, in una risata allegra [...]"
Prima FF su Assassin's Creed, spero vi piaccia.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Malik Al-Sayf, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Roberto di Sable
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9: Collaborazione
 

Un serviente, mandato dal Gran Maestro, bussò ripetutamente alla mia porta, costringendomi a vestirmi alla svelta e ad andare nella sala principale: ringraziando il cielo, non si era catapultato nella mia stanza per avvertirmi… se fosse successo, sarebbe stato un discreto problema.
Mentre percorrevo i corridoi della fortezza, incrociai il mio amico Basim, alquanto preoccupato vista la sua faccia: che sapesse cosa mi attendeva?
-Basim…-
-Hamal, ma che hai fatto per finire in questo guaio?-
Mi sentii mancare: cosa sapeva?
Che avessero intuito?
Deglutii, nel tentativo di mantenere la calma: non potevo spaventarmi.
-Quale guaio?-
Basim si asciugò la fronte, accompagnandomi nella camminata e spiegando cosa era successo: gli assassini erano riusciti a respingere l’attacco dei Templari con una trappola, azionata a distanza. Questo mi sollevò, tanto che sul mio volto si dipinse un accenno di sorriso… il quale svanì presto a causa delle parole del mio amico.
-Al Mualim ha pugnalato davanti a tutti Altair.-
Mi fermai.
-Cosa?!-
Il Gran Maestro aveva pugnalato il suo assassino migliore?
Capivo perfettamente che aveva sbagliato nel Tempio di Salomone, ma non pensavo che potesse arrivare a tanto.
Se lui era stato punito così… no, non volevo pensarci.
-Al Mualim l’ha punito per l’arroganza dimostrata nel Tempio. Vuole parlare con te adesso, anche se non ne capisco il motivo. Insomma… tu eri qui dentro.-
Sì, in quel momento avevo preferito aiutare quel ragazzo moro di cui non sapevo il nome piuttosto che scendere in campo e combattere: forse era per questo che il Maestro aveva chiesto di me.
Mi morsi il labbro inferiore, pregando Allah che non castigasse anche me.
Guardai Basim: forse lui sapeva.
-Tu per caso sai…-
Lo vidi sospirare.
-No Hamal, non so dirti cosa vuole… ti auguro buona fortuna.-
Posò una mano sulla mia spalla, nel tentativo di rassicurarmi un poco su ciò che mi aspettava.
Annuii per ringraziarlo, salvo poi proseguire la camminata nei corridoi della struttura: con tutto il cuore sperai che non fosse per quel motivo… anche perché, se fosse stato davvero così, avrei potuto soltanto dire addio.
Mentre percorrevo uno degli androni, finemente decorato con arazzi e armi appartenute a qualche membro antico della gilda, scorsi tre uomini uscire dalla porta principale: due indossavano la tunica candida degli assassini; l’altro, sopra di essa, portava una veste blu scura, con ricami bianchi. Appena vidi la manica sinistra appuntata all’altezza della spalla, una morsa allo stomaco mi costrinse a fermarmi: capelli neri, occhi color pece e pizzetto…
Quello era il ragazzo che avevo cercato di aiutare.
Mi allontanai dalla ringhiera di quel passaggio, spiaccicandomi contro il muro candido e fresco: ricordavo perfettamente come mi aveva urlato contro, come le mie gambe avessero agito in maniera autonoma… come avevo seguito, diligentemente, le indicazioni datemi dai medici riguardo al suo risveglio.
Abbassai lo sguardo, tornando a percorrere la mia strada in silenzio.
Quando arrivai in prossimità della sala del Gran Maestro, sentii quest’ultimo parlare con qualcuno, una voce profonda e, in quel momento, stranita.
-Vivo… ma… vi ho visto colpirmi. La morte mi ha preso!-
Mi bastò quella frase per capire chi fosse al cospetto di Al Mualim: Altair Ibn-La'Ahad.
-Hai visto ciò che ho voluto che tu vedessi… e poi sei entrato nel sonno della Morte, nel grembo, così da risvegliarti e rinascere.-
Sapevo che spiare le conversazioni altrui non era indicato, ma non volevo interromperli così: avevo già capito, intanto, che il Maestro non aveva ucciso il suo adepto migliore… ma per cosa?
Perché?!
Aveva tradito i tre principi su cui si fondava la confraternita, la pena doveva essere capitale, e invece…
-A quale fine?-
Altair espresse a voce ciò che io, in quel momento, stavo pensando: se Al Mualim aveva risparmiato, nonostante tutto, l’assassino, doveva avere in serbo qualcosa.
-Ricordi Altair per cosa combattono gli assassini?-
-La pace, in ogni cosa.-
Provai, senza farmi vedere, ad avvicinarmi di più, senza rendermi conto però di un vaso che un servo aveva dimenticato lì: se Basim fosse venuto con me, forse il capitombolo che mi causò quel contenitore si sarebbe potuto evitare.
Caddi come una mela matura a terra, facendo girare simultaneamente sia il Maestro che Altair.
-Ahia…-
Sussurrai a denti stretti, mentre mi assicuravo con le mani che il cappuccio della divisa fosse ancora alto sul volto.
-Hamal, sei arrivato.-
Esordì l’anziano con tono solenne, facendomi alzare velocemente: non avevo fatto una bella figura, per niente!
-Maestro, sono mortificato per…-
-Tranquillo Hamal…-
Presi un sospiro, mentre Al Mualim tornò a guardare Altair.
-Sì, in ogni cosa. Non basta arrestare la violenza di ogni uomo su un altro. Si riferisce anche alla pace dentro di noi… non puoi avere l’una senza l’altra.-
Ascoltai, in disparte e con attenzione, il discorso del Maestro: aveva ragione, ma allora… perché la guerra?
-Così si dice.-
Rispose l’altro assassino, facendo brillare di sicurezza l’occhio sano dell’anziano.
-COSI’ È! Ma tu figlio mio non hai trovato la pace interiore… e purtroppo questo si vede. Sei arrogante e presuntuoso.-
Beh, non aveva tutti i torti, pensai fra me e me, restando in ascolto del loro dialogo.
-Non siete stato voi a dire che “Niente è reale e che tutto è lecito”?-
Vidi Al Mualim sospirare, con stanchezza, per poi tornare a guardare quello che, un tempo, era il suo adepto migliore; girò attorno alla sua scrivania lignea con passi lenti e affaticati.
-Non comprendi il reale significato di questa frase, figliolo. Essa non garantisce la libertà di fare come ti aggrada. È una nozione che deve guidare i tuoi sensi, presuppone una saggezza di cui chiaramente difetti.-
Ci fu un attimo di silenzio, in cui sentii chiaramente la mia gola secca oltre ogni dire e il cuore palpitare, nervoso, nel petto: che sarebbe successo?
Anche Altair rimase zitto, salvo poi alzare lo sguardo e parlare.
-Allora che ne sarà di me?-
Ancora silenzio.
-Dovrei ucciderti per le pene che ci hai causato… Malik crede che sia giusto, la tua vita in cambio di quella di suo fratello...-
Sentendo quell’affermazione non potei evitare di irrigidirmi sul posto: Malik, il ragazzo che avevo salvato… aveva detto davvero una cosa del genere?
Possibile che la sua rabbia potesse portare a tanto?
Che cosa avrebbe guadagnato da un atto del genere?!
Presi a mordicchiarmi il labbro inferiore, non curandomi del Maestro che si stava allontanando dalla sua scrivania.
 
“Non lo credevo capace di pensare questo…”
 
Al Mualim riprese il discorso.
-… Ma sarebbe uno spreco del mio tempo e del tuo talento. Vedrai che sei stato privato dei tuoi averi, oltre che del rango.-
Effettivamente, notai che Altair era stato spogliato di tutte le sue armi, dalla spada ai più piccoli e miseri pugnali da lancio: che significava?
-Sei tornato un novizio, un bambino… com’eri il giorno in cui ti sei unito al nostro ordine. Ti sto offrendo l’occasione di redimerti, dovrai meritarti il rientro nella confraternita.-
Il Gran Maestro mi guardò, facendomi sobbalzare sul posto: che aveva in mente? Altair lo guardò: l’unica cosa che riuscivo a vedere, sotto quel cappuccio bianco, era la bocca caratterizzata dalla cicatrice verticale.
Una piccola linea chiara su quella distesa color ambra.
-Presumo che abbiate in mente qualcosa.-
Esordì l’assassino, mentre l’anziano mi invitò, con un cenno, ad avvicinarmi all’altro. In silenzio, camminai avanti a me, fermandomi quando fui esattamente alla sinistra dell’altro adepto: con la coda dell’occhio, lo guardai, vedendo la sua bocca restare sempre seria, impassibile… in attesa del verdetto.
-Prima devi dimostrarmi che ti ricordi di come essere un assassino… un vero assassino.-
Non riuscendo a capire cosa c’entrassi io in tutto questo, decisi di provare quantomeno a domandare il motivo della mia presenza: per quanto mi sforzassi, non riuscivo a comprenderlo.
-Gran Maestro…-
L’uomo mi guardò, permettendomi di continuare a parlare.
-Come mai mi… avete fatto chiamare? Mi sembra che la situazione riguardi molto Altair. Non compren…-
Sollevò una mano, segno che dovevo restare in silenzio e che, forse, la spiegazione sarebbe arrivata presto.
Altair mi osservò, impassibile, da sotto il cappuccio: per lui dovevo essere un novellino, qualcosa più simile ad una seccatura che ad un possibile aiuto. Effettivamente, se confrontati, io scomparivo dietro l’ombra dell’altro assassino: lui aveva più esperienza, capacità più affinate delle mie… io ero solo agli inizi.
Il ventiseienne scostò lo sguardo, ponendo un’altra domanda al Gran Maestro.
-Volete che uccida qualcuno?-
-No.
Non ancora almeno. Per il momento ritornerai a fare l’allievo.-
La risposta dell’anziano era partita in modo quasi irritato, salvo poi sfumarsi in un tono più simile ad un consiglio, ad una frase paterna: non tutti avevano una seconda occasione, non tutti potevano vantarsi di esser scappati alla morte o di essere stati risparmiati.
Altair non doveva, assolutamente, perdere questa occasione.
-Non ce n’è bisogno. Sono un priore.-
Ruotai gli occhi verso il soffitto, maledicendo lui, la sua lingua e il suo dannato orgoglio: non osavo immaginare cosa avrebbe fatto il Maestro dopo tanta arroganza.
Lo guardai, temendo un possibile attacco d’ira da parte della guida di Masyaf… una reazione che non arrivò.
-Eri un priore. Altri rintracciavano le vittime per te, ma ora non più. Da oggi dovrai trovartele da solo, assieme ad Hamal.-
Mi sentii mancare: cosa aveva detto?!
Non potevo crederci, non volevo crederci: mi aveva praticamente ordinato di scendere in campo e fare qualcosa di più concreto, per giunta assieme ad un assassino ben conosciuto fra le mura della roccaforte.
-M-Maestro non so se…-
-Se questo è il vostro volere…-
Altair mi interruppe, come se non fossi mai stato presente nella sala.
Fra me e me pensai che, forse, non aveva fatto male a non farmi finire la frase: andare contro ad un ordine di Al Mualim non era affatto saggio.
Avevo sentito strane voci riguardo a chi disobbediva all’anziano… e non volevo provare niente di quello che dicevano sulla mia carne.
Guardai con la coda dell’occhio Altair, ripromettendomi di ringraziarlo appena fossimo usciti dalla sala.
L’anziano riprese la parola.
-Lo è.-
-Allora ditemi che cosa devo fare.-
… Avevo detto che volevo ringraziarlo?
Vedendo quanto mi stava considerando cambiai prontamente idea: non solo era arrogante, ma era anche pieno di sé ed insopportabile!
Sarebbe stato alquanto difficile collaborare con lui, me lo sentivo.
Dovevo armarmi di molta, molta, pazienza.
Serio, tornai a concentrarmi su Al Mualim, vedendolo camminare dietro il tavolo di legno con passi lenti e silenziosi, pronto soltanto per darci l’ordine.
Si fermò, appoggiò le mani sulla superficie lignea e, a testa bassa, iniziò a parlare.
-Sono stato tradito. Qualcuno stava aiutando Roberto di Sable… uno dei nostri. Scoprite dov’è e conducetelo qui da me, perché possa interrogarlo.-
Rimasi zitto, ascoltando la domanda del mio compagno.
-Cosa sapete dirmi del traditore?-
-Ah ma questo è quanto. Ti ho già detto tutto… il resto sta a te e Hamal.-
Senza alcun altra informazione, ci congedammo e scendemmo le scale, in direzione della porta principale delle mura centrali: vidi Issam e la sua combriccola, occupati a vantarsi l’un con l’altro per le varie “prodezze” svolte, fissarmi con stupore… evidentemente, in molti sognavano di lavorare insieme ad Altair.
Io, invece, mal digerivo questa collaborazione.
Mi guardai intorno, vedendo il mio amico Basim spiegare ad un altro novizio come poter colpire meglio l’avversario con un semplice pugno. Si girò un poco nella nostra direzione e, quando mi vide, smise di parlare: nei suoi occhi, seppur lontani da me, riuscivo a leggere una nota di preoccupazione e paura che mi fece rigirare le viscere.
Potevo anche non tornare più, per quanto ne sapevo: era la prima volta che uscivo dalle mura di Masyaf, senza un vero amico al mio fianco.
Altair, in silenzio, prese a correre, costringendomi a fare altrettanto: chissà che stava accadendo, mi dissi fra me e me.
Ad un certo punto, lo vidi fermarsi di botto davanti ad un altro assassino, un uomo col volto totalmente coperto da un velo, occhi esclusi; anche io, per non sbattere contro la schiena del mio compare, mi fermai.
L’assassino ci salutò.
-Salute e pace Altair, salute e pace Hamal.-
-Mi sbarri il passo.-
Commentò, inacidito, l’assassino con la cicatrice, rendendomi ancor più nervoso: non c’era solo lui, come potevo farglielo notare?
L’altro non si scompose: si limitò a continuare il suo discorso.
-Sì, ma Al Mualim mi ha chiesto di aiutarvi. Di ricordarti, Altair, come si caccia una preda.-
-So come si fa.-
La sua frase, detta in un sussurro sibilante e aggressivo, mi fece accapponare la pelle: era come aver sentito uno sciacallo, nel cuore della notte, ringhiare ben nascosto.
Una sensazione terribile, difficile da dimenticare.
-Comunque sia…-
Disse, con noncuranza, l’uomo che ci stava sbarrando la strada, continuando con lo stesso tono.
-Non intendo disobbedire.-
-E allora sbrigati!-
Lo rimbeccò, con ira, Altair, mentre io ascoltavo ogni singola parola dell’altro: per lui non era la prima volta, ma per me sì e non volevo rimetterci la pelle.
-Gli hashashin hanno molti strumenti a disposizione…-
-Sì sì, possiamo origliare, borseggiare… o usare la violenza per intimidire.-
Era davvero snervante il modo in cui il mio collega interrompeva, ogni volta, l’altro: dove diavolo la trovava la pazienza quest’ultimo?
-Bravo, te li ricordi.-
-Così vuoi che mi aggiri in mezzo agli altri e acquisisca informazioni sul traditore.-
Sbuffai, nel tentativo di non farci più caso: era così tanto egoista da aver deciso di ignorarmi a vita, e tutto per il suo titolo di priore.
 
“Che rabbia!”
 
-Sì. Iniziate al mercato del villaggio. È lì che l’abbiamo notato la prima volta.-
Sia io che Altair restammo interdetti.
-Tu sai chi è?!-
Sibilò, a denti stretti, il ventiseienne, alquanto seccato per la situazione.
-…Forse.-
Replicò l’altro, mentre io osservavo gli altri miei compagni parlottare tra di loro: sicuramente stavano discutendo sulla mia futura collaborazione con Altair, forse mi stavano invidiando… ma per cosa?
Per fare delle missioni con un cafone?
Non era una cosa da invidiare.
-Allora dimmi quel nome e facciamola finita.-
-Altair… il Maestro ha detto…-
Mi chetai quando vidi il suo occhio marrone scuro saettare, come una vipera del deserto verso di me: se volevo restare sano dovevo starmene zitto.
L’altro rispose.
-Non è così che funziona. Ora andate, e ricordate… iniziate dal mercato del villaggio.-
Sentii Altair sbuffare e riprendere, prima con passi silenziosi, poi correndo, la camminata verso l’uscita. Lo seguii, cercando di stare al suo passo: dovevo ammettere che era molto agile, si vedeva chiaramente che lui, rispetto a me, era cresciuto dentro quelle mura e aveva iniziato l’addestramento quando era piccolo.
Io alla sua età ancora giocavo fuori a nascondino con…
 
“Non puoi pensare a certe cose adesso. Concentrati sulla missione!”
 
Mi scossi, aumentando le falcate e raggiungendolo.
Prima che potessi parlargli, fui bloccato da un suo sguardo: era cupo, serio, come se in me vedesse soltanto una seccatura.
-Vedi di non darmi problemi Hamal… non sono dell’umore adatto.-
Le mie mani, fortunatamente occupate a sistemare la fascia sui fianchi, furono attraversate da un formicolio fastidioso tanto quanto l’ordine dell’altro assassino.
Si era ficcato nei guai da solo, non era colpa mia se era tornato ad essere un novizio.
-Non accadrà, stai tranquillo Altair.-
Risposi, alquanto seccato, salvo poi continuare a seguirlo verso il mercato.




Angolo Autrice: Ecco il nuovo capitolo!
Vorrei nuovamente scusarmi per la lentezza con cui posto, ma oggi ho sostenuto il 3° esame all'università prima delle vacanze di Natale e non ho avuto molto tempo per scrivere.
Oltretutto, l'ispirazione è tornata tutta d'un botto, sia per fanfic vecchie che per nuove (lobotomizzatemi, vi prego -.-'').
Spero vi piaccia come i precedenti e spero di poter scrivere nuovamente come facevo prima!
Al prossimo capitolo!
Bacioni!
Nebula216 <3

 
   
 
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