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Autore: kishal    16/05/2008    2 recensioni
Sono nata in un mondo tempestato dalla guerra, immersa fra dolore e angoscia, depressione e morte. Sono cresciuta nell’inferno, circondata da anime dannate e diavoli feroci. Eppure fu proprio negli occhi di uno dei peggiori demoni che vidi riflesso, per la prima volta, l’amore.
Genere: Triste, Drammatico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Hermione Granger, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Ginny
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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In un certo senso, la invidio

Phoebus

 

 

 

Adoro vagare per la notte. Adoro quell’aria fresca e frizzantina che la caratterizza… mi sveglia, mi fa sentire vivo… e mi rende capace di capire la vita che mi circonda. Lo ammetto, non sono un santo, anzi, risulto effettivamente molto affezionato a qualche peccato capitale… del resto, come dico sempre, le aureole stanno bene solo in Paradiso, non qua sulla Terra.

Ma di notte, sotto la luce delle stelle, cambio totalmente… E’una mutazione di cui mi sono sempre reso conto, ma di cui non ho mai trovato causa.

Mi reputo figlio delle tenebre… tra esse, riesco ad essere una creatura celeste.

Essere un angelo dalle ali di cera è stato il mio destino, e non lo rimpiango. Sono un ossimoro, una contraddizione vivente, e per questo mi reputo superiore a tutti.

Sono nato nel caos, della confusione sono figlio, e, anche non volendo, intorno a me riesco sempre e solo a creare scompiglio.

Ironia della sorte, il mio nome è Phoebus. Luminoso. Uno degli attributi principali del greco Apollo, dio del sole….

Ma la mia luce non è quella che dà vita. La mia luce abbaglia, stordisce, rende vulnerabili.

 

Chissà che faceva mia madre quando mi diede questo nome…

 

Alzo gli occhi al cielo, sorridendo nel vedere lo splendido manto stellato che lo copre.

 

Dicono che mia madre somigliasse ad una stella. Chissà perchè, allora, lei, così alta nel cielo, fu attratta da un comune mortale… da un babbano che la portò al ripudio e alla morte….

Che creature sciocche sono le stelle.

 

Inspiro, riempiendomi i polmoni di aria fresca, sentendo ogni mia piccola cellula risvegliarsi a tal gesto.

 

Sono un bastardo, in tutti i sensi. Ma anche per me è giunto il momento di fare rientro a casa. Nonostante tutto, lì c’è una donna che mi attende, una madre acquisita a cui devo tutto… la mia vita, e l’esistenza del mio cuore.

Tre notti di assenza possono non essere sufficienti per il mio animo libertino, ma per il suo sono anche fin troppi.

E’ giunto il momento.

 

Torna a casa Phoebus.

 

 

Tre del mattino.

La gelida atmosfera della notte ricopre l’enorme tenuta dei Malfoy, completamente addormentata.

Tuttavia, nel vasto viale alberato circondato da scuri cipressi cammina tranquillo un giovane dai superbi lineamenti gitani. I brillanti occhi lillà si guardano attorno, riempiendosi dello splendore di quel paesaggio notturno.

Davanti a lui, si erge in tutta la sua magnificenza Malfoy Manor, la reggia dei nobili purosangue più noti nell’isola.

La sua casa.

Il fedele elfo domestico, sentendolo arrivare, apre silenziosamente i battenti del grande portone di legno.

La padrona dorme, meglio non farla svegliare.

Con passo felpato il moro raggiunge la sua stanza preferita al primo piano. Non ci andava spesso, giusto le volte che tornava molto tardi e non voleva fare baccano salendo le scale che conducevano al secondo piano, dove si trovavano i suoi appartamenti… Narcissa aveva un udito incredibilmente fine.

Quella stanza, comunque, gli era sempre piaciuta, fin da piccolo. La chiamavano la Stanza degli Elfi. Era difatti stata progettata e concepita da artigiani elfici, la cui abilità aveva prodotto una struttura dalle forme armoniose, incantevoli, quasi soprannaturali, e il cui colore principale – un chiaro violetto- ricordava tantissimo quello dei suoi occhi. Niente di più appagante per la sua vanità.

 

Ma una sorpresa lo attende.

Lì, sdraiata nel suo letto, si trova una ragazza.

Dorme tranquilla.

E lui, incantato dalla sua aura pacifica, non riesce a far altro che sedersi al suo fianco e osservarla riposare.

 

 

 

Narcissa entrò cauta nella camera buia.

Erano appena passate le cinque del mattino, ma quella notte aveva avuto un sonno molto disturbato. Ricordi di vita passata, paure per quella futura avevano riempito di immagini tumultuanti la sua stanca mente. Alzarsi, seppur a tale ora, era stata una scelta obbligata.

 

Nonostante la luce del crepuscolo fosse più che lieve, e a malapena riuscisse a passare dai lievi tendaggi che oscuravano le finestre nella stanza degli elfi, riuscì tuttavia a scorgere una figura seduta sul bordo del materasso.

La riconobbe all’istante, e si incupì.

“Che ci fai tu qui?” Chiese sottovoce.

Il ragazzo si voltò, incontrando gli occhi sconvolti della donna.

“Chi è?” Chiese, atono, intendendo ovviamente la ragazza che giaceva al suo fianco. Narcissa si avvicinò a lui. Aveva gli occhi cupi, come mai glieli aveva visti. Non pareva arrabbiato… ma era strano. Aggrottò la fronte, e lanciò uno sguardo alla nipote, che dormiva tranquilla. Poi fissò di nuovo Phoebus.

“Da quanto sei arrivato?”

“Un paio d’ore.”

“Gradirei che facessi rientro in orari più accettabili. Possibilmente, quando sono ancora sveglia.

“Come volete.”

“E gradirei che tu stia alla larga da lei. Ora, vieni via.” Ordinò imperiosa, stringendosi la vestaglia candida alla vita e avviandosi verso l’uscio, aspettandosi di essere seguita da lui. Ma dopo qualche passo si accorse che, ovviamente, così non era. Si voltò, trovandosi gli occhi seri del moro ad accoglierla.

“Non chiedermi questo. Non ci riuscirei.”

Narcissa ispirò profondamente, abbassando lo sguardo e deglutendo quel boccone amaro che, si aspettava, sarebbe arrivato. “Ti voglio bene Phoebus… ma non voglio che le accada niente di male. La sua è già una posizione difficile. E non ti posso permettere di distruggerla.

 

Il ragazzo sentì il cuore tremare a quelle parole… a quelle dette e alle altre nascoste sotto di esse. Ma non fece una piega, perché Nacissa aveva ragione.

Si voltò, e guardò incantato il volto serafico della dormiente sconosciuta.

“Allora, se questo è un addio, lascia almeno che le dia un bacio.

 

Narcissa sbarrò gli occhi, accorrendo verso di lui. “No, Phoebus! Se si svegliasse e ti vedesse…”

“Non accadrà. Dorme come un angelo.”

“Lasciala, scordati di lei! Và via da questa stanza!” Gli ordinò, reprimendo a stento l’impulso di gridargli contro, per timore di svegliare Mysteria e fare ancor più danni.

Lui non l’ascoltò. Sapeva di essere un mostro, ma quella ragazza lo aveva stregato.

Si chinò leggermente su di lei, poggiando le labbra sulle sue.

Morbide. Dolci. Serene.

Sorrise lievemente, e si riempì gli occhi della sua immagine.

Poi si alzò in piedi e, col suo passo calmo e superbo, uscì dalla stanza, lasciando Narcissa a reprimere a stento lacrime di rabbia.

 

 

 

“Deve starle alla larga.” Disse la bianca signora, camminando nervosamente su e giù per la stanza.

Blaise, seduto davanti a lei, la guardava con amarezza. Poco prima era rimasto allibito ascoltando il racconto di Narcissa. Seppur migliore amico di Draco, lui non gli aveva detto nulla della sua relazione con la piccola Weasley… e tanto meno gli aveva parlato di una figlia.

Capiva che questa era una situazione molto delicata. Davvero troppo. E capiva anche perché la donna fosse così preoccupata della possibile intromissione nella faccenda di Phoebus, anche se non accettava totalmente questo atteggiamento così ostile nei suoi confronti.

Lui non era cattivo… aveva solo un animo turbato da una vita troppo amara.

Ma adesso Narcissa, accecata dal desiderio di ricreare la famiglia che la guerra le aveva distrutto, non si accorgeva di questo piccolo particolare.

“Lo farà, gli parlerò.”

“Non ascolta mai nessuno!”

“Non è un ragazzo stupido, capirà.”

“Non intendevo dire che è stupido, ma che è molto egoista!”

“E da egoista qual è, cosa pensi farà?!

Narcissa si fermò di botto, fissandolo. “La circuirà, la farà innamorare, la lascerà e la farà soffrire! E un cuore distrutto non è l’ideale per affrontare l’ingresso in una società piena di nemici!”

Blaise scoppiò a ridere. “Suvvia, Cyssa, stai esagerando ora! Sei decisamente iperprotettiva! Lascia che la gentil fanciulla se la cavi da sola! Considerando i geni che ha, non deve essere così indifesa e vulnerabile come la disegni! Anzi, tutt’altro!”

Lei si portò una mano davanti agli occhi, rimanendo qualche attimo in silenzio. “Sì, è vero. Ma preferisco essere previdente e prendere ora le giuste precauzioni, piuttosto che piangere sopra una fossa dopo.

Sono stanca di soffrire. Ora, voglio un lieto fine.”

 

Quelle parole scossero l’animo del moro, che la fissò ad occhi sbarrati mentre il sorriso se ne andava celermente dal suo volto, e lei, con passo stanco ma sicuro, si allontanava dal salotto, dandogli le spalle.

Qualche attimo prima pensava ancora di poter porre un limite a quel fiume in piena. Ora, però, si rendeva pienamente conto che era già straripato.

 

“Và da tuo nipote e parlagli.

Questa sera ci sarà un ballo. E lui non dovrà parteciparvi.”

 

 

 

Le pesanti tende nere coprivano le grandi vetrate della camera, non permettendo alla luce di entrare e illuminare l’ambiente, un vasto appartamento costruito con la bicromia del bianco e nero.

Il lettone, al centro della stanza, era gigantesco, e circondato da morbidi tappeti e soffici cuscini. Nonostante l’apparenza rilassante, quel luogo nascondeva una natura nervosa, vigile, instabile. Esattamente come il suo proprietario, steso sul materasso a rimirare i raffinati stucchi del soffitto a botte.

 

“Dovresti dormire, ogni tanto.” Disse, pacato, come un padre che da consigli ad un figlio.

 “Non ci riesco.” Secco, deciso. Nulla su cui ribattere.

Blaise si avvicinò. “Narcissa è molto nervosa.”

“Lo so.” Questa volta gli parve più scocciato. La faccenda lo infastidiva più di quanto volesse far intendere.

“Vuole che tu le stia alla larga.”

“So anche questo.”

“Ed io, come anche lei, so che non lo farai.

“Starò attento, zio.” Sospirò lui.

Lui ridacchiò. “Lo farai ugualmente ma starai attento?! Non mi pare che Narcissa fosse dell’umore di accettare compromessi!”

“E’ tutto quello che le posso dare. E, per come sono, è già troppo.”

“Mi ha detto che l’hai baciata.”

 

A quelle parole, qualcosa si mosse nel petto del giovane. Si alzò a sedere di scatto, fissando i rabbiosi occhi lillà su quelli identici, ma pacati, del parente.

Tu non l’hai ancora vista, vero?Non ti rendi conto di come sia

“Ci sono tante belle donne al mondo, và dietro a loro.

“La voglio conoscere.”

“Non puoi. Non ora.”

“Perché?! Chi è?! Da dove è venuta fuori?! E’ mia sorella… è mia cugina?! Perché le devo stare alla larga?!?! Chi è, dannazione!” Gridò, furioso.

“Non te l’ha detto?”

“No, mi ha cacciato via senza darmi risposte!”

 

“E’ la figlia di Draco Malfoy e Ginevra Weasley. Disse, dopo aver sospirato pesantemente. Ancora faticava ad adattarsi a quella verità che gli era cascata addosso tanto improvvisa quanto inaspettata.

Cosa?!” Sussurrò, allibito.

“Ora capisci perché Narcissa è così nervosa…”

“Non sapevo che…”

“Non lo sa nessuno. Fino a poco fa, neanche io…”

“Ma… da dove è saltata fuori?! Così, all’improvviso? E’ venuta a riscuotere l’eredità?!

Narcissa l’ha incontrata ieri mattina al cimitero dei caduti. E l’ha riconosciuta subito. Ha poi fatto il richiamo del sangue, per sicurezza, e quello ha dato esito positivo.

 

Phoebus si mise seduto, le braccia a stringere le ginocchia piegate. A sguardo basso, analizzava la situazione. Senza dubbio, era più delicata che mai.

Corrugò la fronte. Non era per niente contento. Avere un muro a sbarrargli la strada per la sua meta lo rendeva insofferente.

“Come si chiama?”

Mysteria.”

Scosse la testa, vagamente divertito. “I Malfoy hanno sempre avuto un gusto particolare per i nomi. Chissà se s’impegnano, o se gli viene naturale storpiare il proprio prossimo!”

Lui rise. “Hanno, tuttavia, la forza e la sfrontatezza necessaria per farlo sembrare comunque più che adatto a loro!”

“Per questo non posso darti torto.” Commentò con un nodo alla gola, sdraiandosi di nuovo fra le nere coperte, l’immagine di lei che, prepotente, gli invadeva la testa.

 

Blaise capì che era ora di andarsene, e lasciarlo solo a pensare. “Un’ultima cosa Phoebus, stasera ci sarà un ballo.

“Ottima mossa il ritorno alla mondanità, devo darne atto. Mugugnò lui, disinteressato.

“Già, Narcissa è un’abile calcolatrice…”

“Io non sono invitato, vero?”

“No.”

“Va bene.”

 

 

 

Chiuse la porta alle sue spalle, poggiando poi la fronte sopra di essa. Anche se l’apparenza diceva tutt’altro, sapeva bene che Phoebus era a dir poco furioso. Sia con Narcissa, che improvvisamente lo aveva declassato da figlio prediletto a nemico di famiglia, sia con quella straniera, che voleva e che non poteva avere. E, sicuramente, era adirato perfino con se stesso, perché non riusciva ad essere diverso, a instillare fiducia in quella che considerava una madre, e a non desiderare il suo tesoro proibito.

Si voltò, passandosi una mano fra i capelli.

E’ proprio vero che l’arrivo di un Malfoy genera sempre scompiglio!

Ridacchiò, avviandosi verso la scalinata principale, che lo avrebbe condotto ai piani bassi. Era ora di conoscere la nuova venuta.

 

Aveva appena girato l’angolo del lungo corridoio, quando, improvvisamente, qualcosa andò a sbattergli sopra.

Ma che…” Mugugnò, chiedendosi cosa potesse essere successo. Il respiro gli si bloccò in gola mentre lo sguardo veniva imprigionato da due incredibili iridi azzurre.

Gli occhi di Ginevra.

Con uno sguardo veloce la squadrò dall’alto al basso, il cuore che martellava ferocemente nel petto. Capelli lunghi, neri. Pelle diafana. Viso ovale, dal naso diritto, le labbra grandi e due zaffiri ad impreziosire infine la sublime opera d’arte.

Ed ecco, qui, la Malfoy più bella che avesse mai visto.

 

Mi scusi… non l’avevo vista…” Sussurrò la fanciulla, dispiaciuta.

 

   
 
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