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Autore: LaGraziaViolenta    25/12/2013    7 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove si impara ad affrontare il trauma della prima lezione, dove si assiste ad una prova di forza e dove si scopre che anche se Serena Latini vede del buono in tutti non tutti vedono del buono in lei.
 
 
 
Quando mai avevo pensato di potercela fare?
Non odiavo il lunedì: lo detestavo con tutta me stessa. Più del Pacco in ritardo. Più dell’odioso tema che Lumacorno ci aveva dato. Più delle interrogazioni a sorpresa. Più delle cinquanta sfumature di Activia che Jeanie mi rifilava da leggere.
E quel lunedì sarebbe stato ancora peggiore, perché ci sarebbe stata la mia prima lezione del mio primo giorno della settimana del mio primo giorno feriale da fidanzata.
A colazione, in un momento in cui mi ero voluta particolarmente male, avevo inciso sul pane tostato una data. 22.01.2022. Quando ero rinsavita ero stata presa dal panico e avevo annegato il pane nel latte.
E ora ero al freddo e al gelo nell’aula di Pozioni, seduta ad un tavolo, pronta a saltare come un grillo nel caso in cui avessi sentito il mio nome. Alcuni Tassorosso erano già entrati in aula. Cunningham mi guardò, poi andò a sedersi in prima fila. Una fitta mi strinse il cuore. Che bello, nel caso in cui l’ansia non mi bastasse avevo pure una buona scorta di senso di colpa, olè. Mi costrinsi ad osservare la lavagna. Coi nervi a fior di pelle aspettavo.
I palmi delle mani sudavano, e aspettavo.
Il cuore batteva veloce, e aspettavo.
«Serena?»
La gola mi si chiuse e rantolai. Mi voltai.
Albus mi fece cenno da un tavolo dell’ultima fila. «Non davanti, qui, qui…»
Raccolsi la borsa e mi diressi verso di lui. Albus si scostò per farmi posto. «Lo sai che ci sediamo sempre dietro.» Mi sorrise. «Non dovrò chiamarti ogni volta, vero?»
Feci un respiro profondo. Mormorai:  «No.»
Albus non smise di sorridermi. Posai la borsa sul tavolo e gli accennai un sorriso anch’io.
Era felice. Albus era davvero felice. Si capiva da lontano un chilometro.
Con la coda nell’occhio notai che qualcun altro entrava in classe.
Scorpius Malfoy.
Dietro di lui intravidi una figura dai lunghi capelli biondi e lo stomaco mi si strinse.
«Oh, si siede anche lei con noi?» fece Rosemary. Si passò una mano sulla tempia e ravvivò i capelli biondi.
«Sì, si siede anche lei con noi» disse Albus.
Rosemary passò oltre Albus, lasciò un posto vuoto e posò la borsa. Era il posto più lontano possibile da me. Ad un tratto si girò verso di me e i lunghi capelli biondi sfiorarono il tavolo. Fece una smorfia che interpretai come un sorriso stiracchiato. «Sei sicura di stare bene qui? Non ti senti a disagio tra noi Serpeverde?»
Ok. Bene. Così scema non lo ero nemmeno io. Era un gentile (si fa per dire) invito ad alzare le chiappe e ad andarmene. Lanciai un’occhiata di sbieco ad Albus, ma lui stava tirando fuori le cose dalla borsa. Non poteva rispondere al posto mio. Mannaggia.
 «Ehm. Credo…» Abbassai gli occhi sul tavolo e col dito seguii una venatura del legno. «Credo che resterò qui, ma grazie mille per la premura.»
Rosemary mi fissò qualche secondo. «Va bene, come vuoi. A me non cambia nulla, lo dicevo per te.»
«Grazie mille» mormorai. «Gentilissima.»
Rosemary si rivolse a Scorpius. «A proposito di gentilezza, grazie ancora per l’aiuto. Certo che Lumacorno poteva risparmiarcelo questo tema… Non mi ero proprio ricordata che la Felix Felicis poteva avere così tante controindicazioni!»
Scorpius tirò fuori dalla borsa calamaio e penna. «A buon rendere, spero.»
Giusto, il tema. Mi affrettai anch’io a tirare fuori le pergamene.
E intanto Gas Gas iniziò a correre sulla ruota. Nel mio cervello calarono le luci. Il videoproiettore si attivò. Rividi il giorno in cui io, Chelsea e Jeanie eravamo andate a vedere gli allenamenti della squadra di Serpeverde. Il capitano dava una pacca sulla spalla di Malfoy. «Ehi, Malfoy, hai cambiato bionda? Per Merlino, come sei monotono…»
L’unica bionda che io avessi mai visto girare attorno a Scorpius era Rosemary. Se aveva “cambiato bionda”, allora a rigor di logica poteva solo significare che lui e Rosemary si erano lasciati.
Sbirciai Rosemary e Scorpius. Rosemary sorrideva, gli occhi dorati fissi su Scorpius, e si passava le dita tra i capelli biondi.  Che fosse quello che la gente normale chiamava civettare?
Forse dovevo provare anch’io a fare conversazione con Albus.
Passai le dita sulla pergamena ruvida. Cosa gli potevo dire? Cosa lo poteva interessare? «Ehm… Albus?»
«Sì?»
Avvampai. «Q-quand’è la prossima partita di Serpeverde?»
Albus raddrizzò la schiena. «Serpeverde contro Tassorosso, dici? La finale? Oh, tra un bel po’, prima ci sarà la Grifondoro-Corvonero, per il terzo posto.» Mi lanciò un’occhiata e sollevò un sopracciglio. «Per chi pensi di tifare, tu? Tassorosso o Serpeverde?»
«Oh.»
Bella domanda. Tassorosso, la mia Casa, o Serpeverde, la Casa del mio…
Il cuore rischiò di saltarmi fuori dalla gola. Trattenni il fiato. Lo lasciai andare pian piano.
Quindi, stavo dicendo: Tassorosso, la mia Casa, o Serpeverde, la Casa del mio ragazzo?
Guarda, la verità è che non me ne frega niente del Quidditch. Era un modo come un altro per far conversazione, sai com’è.
Presi un respiro profondo. «Ecco… Non saprei.» Che risposta scema. «È un bel dilemma» aggiunsi.
Capacità di intrattenere una conversazione: 100%, Serena. Certamente. Credici.
Il brusio in classe si affievolì. La figura rotonda di Lumacorno oltrepassò la porta. Il professore arrancò nello spazio tra i banchi e si diresse verso la cattedra.
«Buongiorno, buongiorno» Lumacorno tossì e dalla sua gola emerse il suono rauco del catarro che si stacca. Storsi il naso. Il prof arrivò alla cattedra e inforcò gli occhiali. «Bene, bene. Cosa c’era per oggi? Un tema di almeno due pergamene e mezzo sui veleni, giusto? Con antidoti, pozioni potenzialmente velenose, eccetera.» Posò la mano sulla gola e si schiarì la voce. Strinse gli occhi dietro le lenti. «Bene, portate qua i temi. In ordine, per favore… Adams? Cunningham? Davies?»
Cunningham, un Tassorosso e una Serpeverde si alzarono. Fissai le pergamente sul tavolo. Chissà se il tema sarebbe andato bene. Lumacorno andò avanti con la lista finché non chiamò anche Rosemary.
«Finch-Fletchley? Higgs? Jarvis?»
Rosemary si alzò e la sua bionda chioma si scosse. Swish.
Era pronta per la pubblicità dello shampoo Pantene.
Rosemary girò intorno al tavolo e si avviò verso la cattedra.
Albus si sporse verso Scorpius. «Quanto durerà stavolta?»
«Finché non trovo di meglio. O finché non mi stufo.»
«Stufati presto, ti prego» sogghignò Albus. Scorpius sbuffò e sorrise con aria superiore.
Rosemary tornò al banco e si sedette di nuovo di fianco a Scorpius.
Spostai lo sguardo da Albus a Scorpius. Tornai a guardare il tavolo.
Finché non trovava di meglio o finché non si stufava? Quindi Rosemary e Scorpius erano ancora insieme? Insomma, almeno finché Scorpius non si stufava…
«Latini? Malfoy? Nott?»
Scattai in piedi come una molla. Afferrai le pergamene e le strinsi. Dovevo fare da aprifila? Dietro di me ci sarebbe stato Scorpius. E se fossi inciampata? Nelle mie orecchie iniziai a sentire un leggero fischio.
Albus mi diede un colpetto sul gomito. «Vai.»
Lo guardai e lui mi restituì un’occhiata rassicurante. Alzai lo sguardo verso Lumacorno e uscii dal banco. Andai a passo di marcia verso la cattedra, posai le pergamene e tornai indietro. Non appena mi sedetti ricominciai a respirare.
Finimmo di consegnare i temi e la lezione iniziò. Stranamente non ci fu alcun incidente. Questo anche per merito di Albus, che mi impedì per ben tre volte di aggiungere ingredienti sbagliati alla mia pozione. Alla fine delle due ore un tremendo senso di colpa mi attanagliava le viscere sia quando guardavo Cunningham che quando guardavo Albus. Albus era un tesoro con me, mentre io sembravo solo una bambina che aveva bisogno di un baby sitter. Raccattai le mie cose e le ritirai alla meno peggio. Sul lato anteriore della borsa comparve un grosso bozzo. Probabilmente avevo infilato male il calamaio. Chissenefrega. Potevo metterlo a posto in Sala Comune visto che avevo un’ora buca prima di pranzo. Afferrai il libro di Pozioni.
«Hai da fare domani mattina?»
Il libro mi sgusciò via dalle dita e con un tonfo sordo si schiantò a terra.
Una cascata di capelli biondi scese sul libro. Incrociai gli occhi dorati di Rosemary. Lei si rialzò e mi tese il volume.
«Fai attenzione, potresti farti male.»
Tesi le mani e afferrai il libro. Sbattei le palpebre. «Sì.»
Rosemary mi aveva raccolto il libro? Per davvero? Era un gesto gentile nei miei confronti. Ripensai alla sua battuta di poco prima, quando mi aveva detto che forse non sarei stata bene tra i Serpeverde. Allora ero paranoica io, visto che la sua era stata solo un’osservazione innocente? Rosemary fece un cenno di saluto, prese a braccetto Scorpius e insieme uscirono dall’aula.
Una mano si posò sulla mia spalla. «Ehi, guarda che se non ti va di uscire puoi dirlo.»
Sussultai. Mi voltai a guardare Albus. «Scusa…» Mi morsi il labbro e strinsi il libro di Pozioni al petto. «Riflettevo.»
In classe eravamo rimasti solo noi, quattro Tassorosso che ridevano insieme e un Serpeverde in prima fila. Albus lanciò un’occhiata all’aula quasi vuota, poi mi guardò negli occhi. «Su cosa?»
Arrossii. Cercai di non abbassare lo sguardo e guardai anch’io Albus negli occhi. Un secondo dopo mi ritrovai a fissare il tavolo. «Pensavo… Che non vedo mai Rosemary con altre ragazze. Non ha amiche a Serpeverde?»
Albus sbatté le palpebre. Sembrava sorpreso. «Non lo so. Non mi sono mai posto il problema.»
«E non ha amiche di altre Case?»
Albus si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea. Perché me lo chiedi?»
«È sempre da sola.» Distolsi lo sguardo da Albus e ritirai il libro nella borsa.
«Be’, se sta da sola è perché sta meglio così. Se volesse compagnia la cercherebbe.»
Strinsi le labbra e chiusi la borsa. Ripensai a me stessa al primo anno. Se Chelsea non mi fosse stata sempre appiccicata di sicuro avrei avuto molte più difficoltà a imparare l’inglese. E se non mi fossi ostinata io a sedermi sempre accanto a Jeanie, a Babbanologia, probabilmente non sarei mai riuscita a convincerla che saremmo potute davvero diventare amiche.
«Magari Rosemary ha solo bisogno, ehm… Di un incentivo.»
Albus alzò le spalle. «Magari. Ma allora domani sei libera o no?»
«Oh!» Già, mi aveva chiesto se avevo da fare. Riaprii la borsa e presi il foglietto degli orari. «No, mi dispiace. Mattinata piena di Corvonero. Sono libera nel pomeriggio.»
«Al pomeriggio sono occupato io» fece Albus. In aula entrarono alcuni Grifondoro. Forse ci stavamo attardando troppo. Ci scambiammo uno sguardo e insieme ci avviammo fuori dall’aula.
«E ora, prima di pranzo, hai da fare?» insistette Albus.
Una folla di ragazzini Grifondoro e Corvonero ci veniva incontro. Incassai la testa nelle spalle e mi guardai intorno. Forse conveniva lasciarli passare. Mi avvicinai al muro e Albus mi imitò. «Non saprei, pensavo di andare in biblioteca… Dobbiamo prepararci per un test pratico, così…»
«Se è un test pratico la biblioteca a che ti serve?» replicò Albus. «Dai, facciamoci una passeggiata.»
Annuii, incapace di rifiutare. Al diavolo il test pratico, tanto sarei andata malissimo comunque.
La folla di ragazzini ci oltrepassò. Solo un gruppetto rimase indietro. Una ragazza stava con le spalle al muro. Strinsi gli occhi per mettere meglio a fuoco. Riconobbi la massa di capelli neri e la corporatura esile.
«Quella là non è Candice?»
«Chi?» Albus si tirò in punta di piedi.
«La sorellina di Chelsea.»
«Ah.» Albus arrossì. «Quella che mi ha chiamato sogliola.»
Provai un moto di imbarazzo. Ricordai la scena da Madama Piediburro. No, no, bisognava tornare su un terreno neutro. «Ha l’età di tua sorella, giusto?»
«Credo di sì.»
Candice gesticolò verso i suoi interlocutori. Erano cinque, due ragazze Grifondoro e tre ragazzi, un Grifondoro e due Corvonero. L’espressione truce di Candice mi diceva che qualcosa non andava.
«Perché resti a guardarli?» chiese Albus. «Dai, andiamo…»
Mi morsi il labbro. «Non sono sicura che sia tutto a posto.»
Il ragazzo Grifondoro tese una mano e tutti, eccetto Candice, gli misero qualcosa di luccicante nel palmo.
«Sono ragazzini» insistette Albus. «Abbiamo solo un’ora prima di pranzo e loro sono già in ritardo per la lezione, tra poco entreranno di sicuro in aula…»
Mi girai verso Albus e strinsi il manico della borsa. Era il momento di sfoderare il Fascino Femminile. Gli lanciai uno sguardo implorante. «Per favore…»
Albus arricciò il naso e incrociò le braccia. «Come vuoi.»
I cinque si distanziarono da Candice. Candice si girò in modo da avere il viso rivolto verso la parete. Arretrò di qualche passo e alzò le mani.
«Cosa…»
Candice si piegò e con uno slancio i talloni finirono contro il muro. La gonna scivolò lungo le gambe rivelando le collant nere e le mutande scure.
Dalla gola mi uscì uno squittio acuto. La borsa mi scivolò dalla spalla e atterrò con un tonfo sul pavimento di pietra. I ragazzi si girarono verso di me e mi guardarono male. Candice si piegò di nuovo e tornò coi piedi a terra.
«Oh mio Dio… Albus!» Puntai l’indice nella direzione di Candice e mi girai verso Albus, che in faccia era rossissimo. «Hai visto? Hai…»
«Ma è impazzita per caso?»
«Non lo so, non…»
«Lo rifà!»
Mi girai. Candice era di nuovo in verticale lungo la parete, le gambe in aria. La gonna era scesa lungo la vita e i capelli neri arrivavano fino al pavimento.
I suoi gomiti si piegarono.
«Cade!» gemetti.
Invece Candice raddrizzò i gomiti. Il maglione grigio impediva di vederne le braccia, ma il suo viso era rossissimo. Piegò di nuovo i gomiti, e le sue gambe tremarono. Li raddrizzò. Li piegò ancora.
«Tre» contò Albus.
Si piegarono.
«Quattro.»
Si piegarono.
«Cinque.»
Una gamba di Candice scese a terra e lei tornò in piedi, le braccia tese verso l’alto. Il viso era rosso come un pomodoro e ansimava. Il ragazzo Grifondoro fece una faccia soddisfatta e tese la mano a Candice. Lei aprì la sua e sul palmo scivolarono cinque monete d’oro.
«Fa le flessioni in verticale» mormorai, sconvolta.
«Se me l’avessero detto» fece Albus, «non ci avrei creduto.»
Scossi la testa. «Nemmeno io.»
Candice infilò le monete nella borsa, si passò una mano tra i capelli e iniziò a marciare verso l’aula. Il gruppetto di Grifondoro e Corvonero la seguì. Una Grifondoro coi capelli legati in una coda la fissava con aria adorante. Candice ci venne incontro e ci passò davanti.
«Ciao, eh.»
«Ciao, Candice» la salutai. Albus fece un cenno col capo. Candice e il gruppetto entrarono in aula.
«Posso essere sincero?» fece Albus.
«Dimmi.»
«Preferirei affrontarla in un duello di magia piuttosto che fare a botte con lei.»
Mi sfuggì una risatina nervosa. Diceva questo perché Candice fisicamente era un portento o perché sapeva che non se la cavava bene con la magia? Decisi che preferivo non saperlo. Mi chinai a raccogliere la borsa.
«Aspetta» fece Albus. «Ti è caduto qualcosa.» Raccolse un bigliettino e me lo tese.
«Oh, grazie.» Presi il bigliettino. Non lo riconobbi, così lo lessi.
 
Di Case Hogwarts ne ha ben quattro
ma per tre di loro ci vorrebbe lo sfratto:
in una c’è un’analfabeta biondona,
in un’altra c’è una botte cicciona,
e nella terza… Chi? Ce n’è una ancora?
Una Tassa tappa e piagnucolona.

La cocca di Paciock sta per arrivare,
lei qualunque cosa potrà fare
senza temere la punizione
dello studente che salta la lezione.
 
Il cuore iniziò a battermi all’impazzata, eppure mi sembrò di sentire le dita delle mani diventare gelate. Il respiro mi venne a mancare, così aprii la bocca alla ricerca di aria.
Analfabeta biondona, botte cicciona e tappa piagnucolona. Non mancava niente.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime.
«Serena?» La voce di Albus mi raggiunse. «Tutto bene? Stai tremando.»
Fissai il bigliettino. Non riconobbi la calligrafia. Non era stropicciato, quindi non poteva neanche essere nella mia borsa da giorni. Era roba recente.
«Serena?»
Il bigliettino mi si sfilò dalle dita. Albus lo girò e lo lesse. Le sue sopracciglia scure si avvicinarono.
«Queste bambinate» borbottò Albus. «Da quando ti hanno presa di mira?»
Iniziai a sentire il naso tapparsi. Avevo vergogna a cercare un fazzoletto, perché sarebbe stato come ammettere che stavo per scoppiare a piangere. « È il primo…» La mia voce era roca, così la schiarii. «Cioè, è la prima volta. Che mi capita, dico. Ma non so chi…»
Perché scrivere un biglietto per insultare me, Jeanie e Chelsea? Che avevamo fatto di male? Mi accorsi che un luccicone stava per strabordare, così lo asciugai col dorso della mano.
Albus alzò gli occhi dal bigliettino e arrossì. Girai un po’ la testa, sperando che non notasse gli occhi gonfi di lacrime.
Lo sentii tirare un respiro. «Sono scherzi scemi. Non ci devi pensare, o chi ha scritto il bigliettino penserà di essere riuscito nel suo intento.»
Annuii. In realtà non ne ero per nulla convinta. Afferrai una manica del maglione e la torsi. «Non ce l’hanno solo con me. Nel bigliettino…» La voce mi si abbassò. La schiarii di nuovo. «Scusa, nel bigliettino… Si capisce che non sono l’unica. Con cui ce l’hanno.»
Albus guardò ancora il bigliettino. Lo teneva tra pollice e indice, quasi come se non volesse toccarlo più del necessario. «Se sei preoccupata dillo alle tue amiche… La Joy e la Shields.»
«Oh, no!» esclamai. Dalla manica del maglione sentii un piccolo strap.
Albus sbatté le palpebre e mi fissò perplesso. «Come no? Questo è uno scherzo stupido, ma le riguarda. Poni il caso che cerchino di far loro qualche scherzo nei corridoi. Se lo sapessero potrebbero stare attente, no?»
Mi tornò in mente il viso rosso di Jeanie quando i parenti di Cunningham l’avevano insultata. E Chelsea che inseguiva Candice nel campo da Quidditch finché non crollava a terra stremata. Scossi il capo. «Non potrei mai dirglielo.»
Albus sollevò le sopracciglia. Sembrava scettico, così aggiunsi: «Ci rimarrebbero troppo male.»
«Preferisci che glielo dica io al posto tuo?»
«No, per favore. Non dire niente.»
Albus dondolò da un piede all’altro. «Come vuoi» disse. «Ma secondo me sbagli.»
 
 
Nota dell’Autrice: la me maniaca è andata a cercarsi sul calendario del 2022 le date disponibili per il giorno di sabato. Se avessi fatto qualche errore di calcolo fatemelo sapere. ♥ Buon Natale!
  
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