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Autore: horjzon    26/12/2013    16 recensioni
Mi girai ad osservare i cancelli chiusi dietro di noi e solamente in quel momento capii di aver fatto davvero la cosa giusta.
Non avevo alcun’idea di cosa mi aspettava là fuori (e se lo avessi saputo prima, forse non ci avrei neanche provato) nel mondo che avevano scelto al mio posto, che mi avevano sottratto fin dalla nascita. Non sapevo come avrei affrontato tutto questo. Era una decisione pazza, un po’ folle, ma di una cosa ero certa, questo era un nuovo inizio.
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IN REVISIONE - SOSPESA (per ora)
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
Suicidal


«ONE WAY OR ANOTHER I’M GONNA SEE YA
I’M GONNA MEETCHA MEETCHA MEETCHA MEETCHA
ONE WAY OR ANOTHER I’M GONNA WIN YA
I’M GONNA GETCHA GETCHA GETCHA GETCHA»
 
Erano passate due ore da quando avevamo superato i cancelli di Haywire. Seguivamo la lunga strada completamente deserta e sempre dritta.
 
All’inizio del viaggio, dopo il breve momento di felicità, nell’essere riusciti ad oltrepassare i cancelli della città, nella vettura era calato un silenzio imbarazzante ed Harry per spezzarlo aveva acceso lo stereo contenente un CD di musica mista fatto da lui.
Dopo un po’ avevamo iniziato a parlare del più e del meno; Harry mi aveva raccontato che i suoi cantanti preferiti erano i Pink Floyd e la sua canzone preferita era “Shine on You Crazy Diamone” sempre di questi ultimi. Amava la musica e sapeva suonare la chitarra che, naturalmente si era portato dietro. Mi aveva raccontato della scuola che possedeva i voti più alti di tutto l’istituto (esattamente il contrario di me), amava i tacos e il suo film preferito era “Love Actually”.
 
Si può notare che era un ragazzo davvero socievole oltre che di bell’aspetto. Era davvero di buona compagnia e mi piaceva parlare con lui, mi faceva sentire a mio agio al contrario di molte altre persone con cui parlavo a Haywire o, molto probabilmente, non mi sentivo a mio agio con gli altri perché possedevano gli stereotipi tipici della città uguali, con un unico pensiero e un unico modo di vivere, abbandonati al loro destino e alle loro insulse regole. Non erano come me, con pensieri completamenti differenti rispetto a quelli della nostra società. Ero una ragazza tendente a non rispettare le regole e a rischiare sempre pur di avere un briciolo di libertà. Una settimana fa consideravo Harry un pazzo quando invece nei suoi occhi e nei suoi pensieri vedevo semplicemente me stessa, la mia stessa follia ma, che al contrario di lui, non avevo mai avuto il coraggio di espormi agli altri ad alta voce come invece lui aveva avuto coraggio di farlo davanti a me, nonostante potesse rischiare molto, forse anche troppo. Non pensavo che lo avrei mai detto ma io ed Harry ci assomigliavamo molto di più di quanto potevo immaginare.
 
Alla fine della nostra conversazione c’eravamo trovati a cantare a squarciagola “One Way or Another” dei Blondie fino agli ultimi versi della canzone.
 
«ONE WAY OR ANOTHER!»
La canzone finì e nello stesso istante Harry inchiodò l’auto. Sicuramente se non avessi indossato la cintura di sicurezza, con quella frenata, sicuramente sarei andata a sbattere contro il vetro dell’auto.
 
«Scusami, tutto ok?» disse terribilmente spiaciuto. Annuii a rallentatore. Ero alquanto sorpresa per la tremenda frenata.
 
«Ch- che è successo?» dissi ancora un po’ frastornata, continuandolo a guardare. Non avevo ancora visto quello che c’era al di fuori dell’auto.
 
«E adesso che facciamo?» disse Harry continuando a guardare davanti a se. Guardai anche io e potei notare che la strada si divideva in altre tre strade che prendevano direzioni completamente diverse: una alla nostra sinistra, una al centro e un’altra alla  nostra destra.  Per ogni strada c’era un blocco con una sbarra e un cartello con scritto il nome della città a cui si arrivava percorrendola. Nella prima strada a sinistra c’era scritto Die, nella seconda Homicidal e nella terza Suicidal.
 
«Minchia che botta di vita.» Dissi ovviamente sarcastica riferendomi ai nomi delle città. Harry iniziò a ridere.
 
«Cosa c’è che ti fa tanto ridere?» dissi stupita dal suo comportamento, non avevo detto niente di che.
 
«È strano sentire qualcuno parlare in questo modo....» A quel punto, capii a cosa si riferiva. A Haywire era assolutamente proibito parlare in malo modo, dire parolacce o ancora peggio ancora nominare il nome di Dio invano. Si avevano delle severe punizioni e, a volte, esse ti portavano anche alla morte. Naturalmente ho sempre pensato che fossero esagerate quelle pene come, in generale, tutte quelle esistenti a Haywire. Sorrisi a me stessa.
 
«ops, mi è.. scappata.» Ero abituata ad insultare mentalmente chiunque a Haywire e, a dirla tutta Harry e Alicia erano gli unici a cui non lo avevo fatto. Questa affermazione non fece altro che aumentare le risate di Harry.
 
«Sì, certo ti è scappata, come no.» Continuò a ridere. Più tempo rimanevo insieme a Harry e più mi chiedevo da dove la tirasse fuori quella stupidità.
 
«Mi stai prendendo in giro? Smettila di ridere» dissi dandogli delle leggere botte sulle braccia per farlo smettere. «Harry seriamente dobbiamo risolvere questo problema» dissi osservando la situazione di fronte a noi.
 
«Tu lo sai perché Haywire si chiama così?» disse Harry tornando totalmente serio e voltandosi verso di me.
 
«E chi non lo sa. “La leggenda della città di Haywire” la conoscono tutti a memoria.» Dissi senza esitazione. La leggenda della città di Haywire era la prima cosa che facevano imparare a scuola ai bambini in modo tale che capissero cos’era giusto e cos’era sbagliato per la nostra città.
 
“Tanto tempo fa, in alcune città del Regno Unito, sorsero dei gruppi di persone ognuno con pensieri molto particolari. Al principio non si diede gran peso a questi piccoli gruppi ma più passava il tempo più questi gruppi s’ingrandivano procurando discordie e  portando ad un conflitto interno all’intero paese.
Una famiglia potente, decise di porre fine a tutto ciò, prendendo singolarmente tutti i componenti dei gruppi e dividendoli per i loro tipi di pensiero.
Questi grandi gruppi furono chiusi in delle città con alte mura e due cancelli opposti che permettevano di comunicare con le altre città. Ad ognuna di loro fu dato un nome in base al tipo di pensiero che regnava nel gruppo o ad una caratteristica di quelle persone che vi abitavano. 
In una di queste città ad alte mura furono inseriti i gruppi di pensiero più piccoli, nati dopo rispetto agli altri. Naturalmente anche se si è un gruppo più piccolo, non significa che non si può avere una forza devastante e loro erano esattamente così: devastanti. Ognuno di loro voleva governare sull’altro e così nacque una battaglia tra i vari gruppi presenti. Per calmare le acque furono uccisi, davanti a tutti i gruppi, i leader dei vari movimenti e un uomo prese in mano la situazione scrivendo delle regole da rispettare che comprendessero i vari pensieri dei gruppi in modo tale da assecondare il volere d’ogni gruppo. Ma per evitare altre insurrezioni fece delle regole molto rigide così che, chiunque volesse ribellarsi avesse delle severe punizioni e spronando gli altri a non disubbidire se non si vuole fare una brutta fine. Infine fu murato uno dei due cancelli, dando meno possibilità ai cittadini di scappare. Alla città fu dato il nome Haywire (confuso, agitato) per la situazione avuta nella città e per ricordare ai cittadini che creando confusione si avrebbero delle grosse pene d’affrontare.
Ribellarsi è sbagliato.”

 
«Quindi, seguendo la logica del nome dato da una certa caratteristica della città o del popolo, se andiamo in Die moriamo..» Dissi tranquillamente mentre Harry faceva le corna alla mia affermazione «..se andiamo in Homicidal ci ammazzano..» A quel punto toccò le sue parti intime con la mano destra. «..mentre se andiamo in Suicidal dovrebbe andarci bene perché si ammazzano da soli.» Dissi ovviamente, ridendo sotto i baffi per i suoi gesti scaramantici. Si poteva dedurre che era un ragazzo superstizioso.
 
«Bene, a questo punto opto per Suicidal! Adesso c’è un altro problema.. oltre al fatto che stiamo perdendo troppo tempo che cos’è quel blocco?» disse Harry guardando sospettosamente il blocco all’inizio d’ogni strada.
 
«Infatti, visto che come dici tu stiamo perdendo troppo tempo, avviati verso il blocco. Tanto hai ancora le targhe coperte, no? Quindi anche se fanno la foto o il filmato all’auto non possono risalire al possessore dell’auto. E poi al massimo sfondiamo il blocco.» Dalla sua faccia potei affermare che se non fossi stata una donna come minimo mi avrebbe strangolato per l’ultima affermazione fatta. Gli uomini e il loro amore per le auto, un caso perso.
 
Harry si avviò lentamente verso il blocco e a quel punto sentimmo una voce provenire da lì.
 
«Benvenuti nel blocco di Suicidal, la città dove il malcontento regna!» rimasi stupita dalla felicità con cui fece questa affermazione. «Se fa parte della città di Suicidal la prego di pronunciare la parola d’ordine per entrare nella città. In caso contrario, la prego di inserire 1 asse nella fessura al centro del blocco.»
 
«Fantastico, non solo andremo a “Suicidal, la città dove il malcontento regna!”, » disse imitando la voce proveniente dal blocco mentre tirava fuori del suo portafoglio una piccola moneta dal valore di 1 asse. «devo pure pagare 1 asse per entrare una città di depressi che s’impiccano.» Disse passandomi la moneta. Non potei fare a meno di ridere.
 
«Non abbassare il finestrino, magari hanno una videocamera e ci possono fare la foto. Apri la portiera e senza farti vedere in volto inseriscila.» Mi disse e feci esattamente così. Aprii la portiera con attenzione e inserii la piccola moneta nella fessura per poi richiuderla subito dopo.
 
«Grazie per aver pagato forestiero, che la depressione, la tristezza e l’angoscia le siano di compagnia!» e detto questo la sbarra di fronte a noi si alzò permettendoci di continuare il nostro cammino per Suicidal.
 
«Ho capito male o ha veramente detto “che la depressione, la tristezza e l’angoscia le siano di compagnia!”?» dissi alquanto scandalizzata.
 
«Allora abbiamo capito male in due» disse sorridendomi dolcemente mantenendo sempre lo sguardo dritto davanti a se.
 
Continuai a pensare a tutte le cose che aveva detto la voce del blocco. Non trovavo un motivo logico per dirle. Se una persona che non aveva mai visitato Suicidal era accolto così, non veniva spaventato, infondo? Quando una persona va verso l’ignoto ha paura, perché, le persone, hanno paura  di tutto ciò che non conoscono. Ma, a questo punto, non capivo perché usavano quelle parole per presentare un posto.
 
«La risposta alla tua domanda è molto semplice Amerisia, ma ti voglio dare una mano facendoti una domanda per farti capire. Noi in questo momento dove dovremmo essere?» disse come se sapesse cosa mi frullasse per la testa. M’immaginai che se lo fosse domandato anche lui. Non sapevo dove volesse andare a parare e in ogni caso risposi alla sua domanda.
 
«A Haywire nelle nostre case a dormire come da regolamento, poiché è mezzanotte. Ma noi stiamo infrangendo le regole e stiamo andando via da lì.» Dissi con ovvietà.
 
«Vedi, ti sei già data la risposta.» Dovette vedere la confusione sul mio volto perché cominciò il suo discorso.
«Semplicemente ti dicono queste cose per farti tornare indietro, per farti capire che la tua città è migliore di quella in cui ti stai recando, magari, infrangendo anche le regole. Visto la storia dei vari paesi vogliono evitare problemi lasciando che ognuno rimanga al suo posto, che tutto rimanga com’era prima.» Il suo ragionamento era logico, non faceva una piega. Infondo il fatto che una persona di un’altra città dalle alte mura andasse in un’altra poteva portare scompiglio o problemi per le città.
 
«Eppure mi chiedo perché mi sembra tutto troppo così semplice..» Dissi senza pensarci. Attraversare così le città senza nessun problema. Era tutto troppo tranquillo per i miei gusti.
 
«Me lo sto chiedendo anche io.. Guarda!»
 
Di fronte a noi c’erano dei cancelli chiusi con sopra una specie di targa dove c’era scritto in viola Suicidal. Essi iniziarono ad aprirsi e più ci avvicinavamo più essi si spalancavano.
Finalmente entrammo nella città di Suicidal.
Le sfumature del viola e del lilla dominavano la città, la struttura era simile a quella di Haywire.
Notai che le persone avevano uno sguardo basso o perso nel vuoto e si stavano dirigendo tutte verso un unico punto, nel bel mezzo della strada. Harry parcheggiò l’auto di fronte ad un panificio dentro ad un parcheggio.
 
«Prima vediamo la realtà di questa città, meglio è per noi.» Disse cose se saremmo dovuti rimanere lì a vita.
 
«Non resteremo per sempre qui, vero?»
 
«No, ma non so quando ce ne potremo andare via da qui.» Annuii.
 
Uscimmo entrambi dall’auto e Harry la chiuse completamente, si avvicinò a me e, tenendomi per mano, ci dirigemmo verso quell’ammasso di gente. Nessuno sembrava aver fatto caso al nostro arrivo, o almeno così credevo. Quando spostai lo sguardo dalla massa di persone per osservarmi intorno lo notai: un ragazzo dalla pelle ambrata ci osservava dall’altra parte della strada. I nostri sguardi s’incontrarono e subito lui lo distolse e camminò velocemente nel senso opposto dove su recava la gente.
 
Quando arrivammo, dovetti assistere ad uno spettacolo sconvolgente.
Un uomo sulla trentina era un alto in piedi su un palco in mezzo ad una piccola piazza. Dietro di lui c’era uno sgabello e dall’alto pendeva una corda con un nodo molto largo. Stava facendo un discorso.
 
«…ED È PER QUESTO CHE HO DECISO DI PORRE FINE ALLA MIA ESISTENZA! PER SUICIDAL!» disse l’uomo alzando le mani in aria seguito dalle urla d’acclamazione da parte degli spettatori.
Detto questo salì sullo sgabello e si mise il cappio intorno al collo e senza esitazione calciò via lo sgabello da sotto i suoi piedi trovandosi appeso per il collo sopra il palco. Tutti i cittadini applaudirono in festa mentre io e Harry assistevamo alla scena scioccati. Harry mi cinse la vita con un braccio per tenermi ulteriormente vicina a lui mentre nascondevo il mio volto nel suo petto. Non potevo guardare quella scena un secondo di più. A quel punto mi abbraccio teneramente a se.
«ssh.. stai tranquilla Amerisia, non è niente, è tutto ok. Ci sono io con te.» e mi diede un dolce bacio sulla nuca.
 
«Torniamo all’auto, forza.» Sciolse l’abbraccio ma il suo braccio rimaneva saldo sulla mia vita, era rassicurante quel gesto.
 
Mentre c’incamminavamo verso l’auto, mi domandai com’era possibile che accadesse una cosa del genere in questa città. Nel frattempo la folla incominciava a dileguarsi e rividi di nuovo quel ragazzo dalla pelle ambrata, sorprendendolo ad osservarci. Ci guardava con un briciolo di speranza. Che avesse capito che non eravamo di quelle parti? Si voltò dalla parte opposta e cominciò a camminare a testa bassa dirigendosi verso una via della città. La cosa che mi rattristava era che aveva la parola "salvatemi" negli occhi, ma è perchè li teneva sempre bassi che probabilmente nessuno era mai riuscito a leggerla.
 
«Credo che quel ragazzo abbia capito qualcosa» disse Harry rivolgendosi a me.
 
«Lo credo anche io..» Confermai la sua ipotesi.
 
Camminavamo in silenzio mentre i miei pensieri erano rivolti a quel ragazzo misterioso, e non ne capivo neanche il motivo.
 
 
«T’interessa così tanto quel ragazzo?» ruppe il silenzio Harry. Alzai lo sguardo verso di lui probabilmente con la faccia di qualcuno colto in fragrante. Il suo tono non emanava alcun’emozione.
«è solo che.. il suo sguardo, era strano.. ci guardava come… come se fossimo la sua unica speranza..» Dissi un po’ insicura.
 
«e allora fallo» disse senza esitazione.
 
«Cosa?» non capivo di cosa stesse parlando in quel momento.
 
«Dagli quella speranza, la stessa che io ho dato a te.» E in quel momento capii. Mi stava dando il permesso per salvarlo, esattamente come lui aveva fatto qualche ora prima con me, perché infondo, nonostante non lo conoscessi lo volevo salvare. Capii anche cosa avesse spinto Harry a salvarmi perché non aveva mollato fin da subito l’idea di portarmi via con lui e perché aveva detto fin dall’inizio che avrei accettato la sua proposta di scappare; l’aveva capito semplicemente dal mio sguardo, perché lui mi aveva dato una speranza, aveva capito fin dall’inizio com’ero fatta perché si possono nascondere tutti i sentimenti che si vuole ma gli occhi sono lo specchio dell’anima e non si possono nascondere agli altri.
 
Alzai lo sguardo sulla nostra auto di fonte a noi e vidi un foglio appiccicato al vetro sul cruscotto dell’auto con una scritta nera fatta a mano che diceva:
 
Se da Suicidal uscire vorrete
davanti ai cancelli all’1:30 sarete.
 
«Presto Amerisia togliamo il più velocemente possibile quel foglio.» E con questo ci catapultammo sull’auto per togliere quel foglio che poteva essere visto e letto da chiunque. Harry aprì velocemente l’auto e vi entrammo.
 
«Sembra che qualcuno voglia aiutarci» dissi. Tremavo sia per il freddo che per la paura. Erano troppe le emozioni per una sola giornata e sicuramente non erano ancora finite.
 
«Forse. O forse è una trappola.» Disse Harry sfregando tra loro le sue mani per riscaldarle.
 
«Possibile anche quello. Ma tanto che abbiamo da perdere adesso? O la va o la spacca.» Sapevo perfettamente che se non fossimo riusciti ad andare avanti a non superare le mura alla fine le guardie di Haywire ci sarebbero venute a prendere, sicuramente molto prima di quanto ci metteremmo a pianificare una fuga da Suicidal e ci avrebbe portato a morte certa. Se  fosse stata una trappola, in qualsiasi caso, avremmo fatto la stessa identica fine. Quindi non avevamo niente da perdere.
 
«Niente, non abbiamo da perdere niente. Che ore sono?» disse con gli occhi in fissa, persi nei suoi pensieri.
 
Guardai l’orario che si trovava sullo stereo dell’auto.
 
«Mezzanotte » dissi leggendo l’orario.
 
«Bene» disse mettendo in moto l’auto «abbiamo precisamente un’ora e mezza per prendere del cibo, bere una bella tazzona di caffè per rimanere svegli e prepararci davanti ai cancelli.» Detto questo uscì dal parcheggio e girovagammo per le strade di Suicidal alla ricerca di un bar ancora aperto. Quando lo trovammo parcheggiò lì vicino ed entrammo nel locale.
Il calore del luogo avvolse entrambi e ci sedemmo in un tavolo libero un po’ appartato, lontano da occhi indiscreti. Non volevamo essere scoperti.
Ci togliemmo entrambi i cappotti e appoggia la borsa sopra il tavolo cos’ da poterla tener d’occhio con l’aiuto di Harry poiché ero molto sbadata e perdevo sempre qualcosa.
 
Presi in mano il piccolo menù di bevande che si trovava sul tavolo mentre si dirigeva verso di noi un cameriere per prendere le nostre ordinazioni ma non era un cameriere qualunque era quel misterioso ragazzo. Adesso che lo vedevo bene da vicino potevo dire che era un ragazzo di bell’aspetto dalla pelle ambrata, i capelli neri erano portati all’insù in una piccola cresta e gli occhi castani avevano quel luccichio che gli avevo visto fin troppe volte: speranza.
 
«Benvenuti al Debora’s. Che cosa vi porto ragazzi?» la sua voce era dolce ma spenta, non mostrava nessun sentimento, in pieno contrasto con il sorriso con la lingua fra i denti che mostrava. Mi faceva impressione.
 
«Io un caffè espresso» disse Harry continuando ad osservare il “famoso” ragazzo con fare curioso e indagatore. Il ragazzo prese nota sul suo piccolo blocchetto.
 
«Tu invece?» disse poi rivolgendosi a me. I nostri occhi s’incontrarono solo per un breve attimo perché poi il ragazzo li abbasso subito.
 
«Lo stesso, grazie.» Gli sorrisi dolcemente. Dopo aver annotato si diresse verso una piccola stanza dove immaginavo fossero le macchine per fare il caffè.
 
«Sai, hai ragione Amerisia, lui vuole essere salvato. Sono convinta che tu gli debba parlare.»
 
«Parlare? Io? Non saprei cosa dirgli e.. mi vergogno… ecco.» Dissi abbassando lo sguardo verso la tovaglia a quadri lilla e viola che copriva il tavolo.
 
«Non è assolutamente vero e non devi aver paura. Lo so che non è per la vergogna ma è per la paura. Pensi che non n’avessi quando ti ho parlato per la prima volta facendoti la mia proposta? Fai come vuoi, alla fine è una tua scelta se vuoi lasciarlo qui ad aspettare il giorno del suo suicidio abbandonandolo al proprio destino  mentre avevi la possibilità di salvare una persona che voleva essere salvata» era una provocazione, lo sapevo benissimo. Annuii alla sua affermazione confermando la scelta che gli avrei parlato.
 
Nel frattempo il ragazzo arrivò al nostro tavolo con le nostre ordinazioni.
 
«Tenete ragazzi» e detto questo posò tutto sul tavolo. Fece per andarsene ma si voltò di nuovo verso di noi fece per dirci qualcosa ma poi si rigirò sconsolato e se n’andò via.
 
«ora o mai più Amerisia» mi sussurrò Harry.
 
A qual puntò scattai in piedi e mi diressi a passo svelto verso il ragazzo. Lo raggiunsi e lo presi per un braccio e m’infilai in un bagno insieme con lui. Non era il posto migliore per parlare ma in quel momento non me ne importava.
 
«che stai facendo?» chiese il ragazzo confuso. Non gli risposi controllai che tutti i bagni fossero vuoti, in modo tale da assicurami che non ci fosse nessuno e chiusi a chiave la porta d’ingresso dei bagni impedendo così a chiunque altro di entrare. Feci un profondo respiro ed incominciai a parlargli.
 
«Scusami, non volevo prenderti così ma era l’unico modo» fece per aprire bocca ma lo interruppi prima che potesse iniziare.
 
«ti prego non interrompermi, non ho molto tempo, anzi non abbiamo molto tempo» annuì e lo guardai negli occhi.
 
«non so da dove iniziare..» Dissi un po’ nervosa. Non sapevo davvero che dirgli, pensai di aver fatto una scelta un po’ troppo avventata e che prima di prenderlo in disparte avrei dovuto pensare ad un minimo di discorso.
 
«Beh consiglio parti dall’inizio.» Disse con ovvietà, quando d’ovvio in tutte quelle cose non c’era niente.
 
«il problema è che non c’è un inizio vero e proprio..» Poi ripensai a tutte le cose che mi aveva detto Harry al tavolo, in auto e la prima volta che ci siamo parlati. Chiusi gli occhi un momento, feci un respiro profondo e li riaprii e lo guardai dritto negli occhi incominciando a parlare.
 
«Penso tu abbia capito che io e il mio amico non siamo di qui. Io sono Amerisia e vengo da Haywire insieme al mio amico Harry. Sono scappata con lui dalla mia città perché non era fatta per noi. Molte delle cose che fanno, delle regole e delle punizioni che ci sono lì non dovrebbero neanche esistere per questo siamo scappati, perché era una società ingiusta a nostro parere. Adesso sicuramente penserai “che c’entro io in tutto questo?”. C’entri semplicemente perché vorrei che tu venissi con noi.» Ero davvero sorpresa di me stessa. Era riuscita a dirgli tutte quelle cose senza incartocciarmi o balbettare.
 
«e perché mai dovrei venire con te? Cosa ti fa credere che verrò con voi?» disse con astio. Sorrisi a me stessa rivedevo in lui me stessa, esattamente una settimana fa e lo guardai negli occhi e vidi di averlo già convinto, che ciò che stava aspettando era arrivato e che lo avevo già convinto ma non voleva ammetterlo a se stesso esattamente com’era successo a me. A quel punto tutte quelle parole che Harry mi aveva detto le capii perfettamente, e le usai anche io.
 
«il fatto che ti ho già convinto, anche se non ne sei ancora del tutto consapevole.» Abbassò lo sguardo consapevole della verità che gli avevo appena sbattuto in faccia.
 
«Senti, noi saremo ai cancelli per l’1:30. Fatti trovare lì, per l’1:15 minimo, con delle valigie e se hai una passione come, non so, il canto, il ballo, l’arte, porta degli oggetti che potrebbero servirti. Porta cibo, acqua, coperte, cuscini tutto quello che vuoi. Ma non tardare o ti lasceremo qui. Con o senza di te noi continueremo il nostro viaggio verso quella che noi consideriamo la nostra libertà. Se poi non verrai è una tua libera scelta, puoi rimanere qui e diventare depresso come tutti gli abitanti di Suicidal ad aspettare la tua fine per mano di te stesso oppure puoi venire con noi. Spero davvero di rivederti e, nel caso non accadesse, beh, addio.» E sbloccai la porta del bagno e l’aprii.
 
Dalle mie spalle sentii la sua voce esclamare «Mi chiamo Zayn, Zayn Malik»
 
«è stato un piacere conoscerti Zayn Malik» gli sorrisi e uscii definitivamente dal bagno dirigendomi verso Harry che ormai aveva bevuto il suo caffè. Mi sedetti di fronte a lui e bevvi velocemente il mio caffè ormai freddo.
 
«com’è andata?» chiese ansioso.
 
«è accaduto tutto un po’ frettolosamente ma bene, credo.. Penso che verrà.» Dissi convinta di quello che dicevo.
 
«bene allora io vado a pagare, nel frattempo vai in bagno se devi fare qualcosa, poi vado anche io e  corriamo verso l’auto che sono già le 24:50»
 
 
Eravamo davanti ai cancelli dall’ 1:00 ed era l’1:15. Di Zayn non c’era nessuna traccia. Iniziai a tamburellare il piede dall’ansia. Prima di arrivare lì, davanti ai cancelli, avevamo fatto anche benzina. Harry dovette aver percepito la mia agitazione perché mi toccò la gamba, frenando il mio continuo movimento.
 
«Stai tranquilla, è presto, sono sicuro che sei stata molto convincente e che verrà, fidati.» Mi sorrise dolcemente con tanto di fossette. Presa sa un istinto irrefrenabile mi avvicinai e misi il dito nella fossetta a destra. Si mise a ridere.
 
«Perchè le mie fossette attirano tanto l’attenzione?»
 
«Perché sono adorabili» dissi tranquillamente.
 
«a me non piacciono.»
 
«Questa è un’offesa a tutti quelli che hanno le fossette o che vorrebbero averle» dissi ridendo della sua espressione buffa. Poi divenne tutto d’un colpo serio.
 
«Guarda, c’è qualcuno lì» osservava in modo sospettoso qualcuno al dietro di me al di fuori dal finestrino. Mi voltai lentamente osservai il punto i cui guardava Harry.qualcuno stava camminando nella nostra direzione.
 
«Amerisia abbassati, non si sa mai che non è Zayn.» Aveva ragione Harry, non potevamo rischiare. Mi abbassai insieme con lui e osservai fuori dal finestrino. Mi alzai solo quando potei distinguere perfettamente la sua figura. «è lui» Aprii lo sportello e gli feci segno. Mi sorrise.
 
«Sapevo che saresti venuto.» Gli sorrisi.
 
Harry scese dall’auto e ci venne incontro.
 
«è un piacere conoscerti, io sono Harold Styles, ma chiamami Harry.» Harry gli porse la mano mentre io aprivo il cofano dell’auto. Sentii Zayn presentarsi a Harry. Entrai in auto mentre Harry caricava le valigie di Zayn. Dopodiché entrarono anche loro in auto. Harry mise in moto l’auto. Era l’1:29 eravamo in ansia tutti e tre. Finalmente i cancelli si aprirono ed Harry sfrecciò verso di essi riuscendo a superarli prima che essi si chiusero. Ce l’avevamo fatta di nuovo e questa volta con noi c’era qualcuno di nuovo che salutava la sua città.
 
«Benvenuto a bordo, Zayn» disse Harry sorridendogli.




BUON NATALE!
Ecco a voi un nuovo capitolo della mia ff come regalo di natale. Volevo postarlo ieri in realtà ma per vari motivi poi non ci sono riuscita :( Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Recensite in tanti, fatemi sapere che ne pensate. Ringrazio tutti quelli che hanno messo nei preferiti, seguite e ricordate la mia ff e ringrazio anche tutti quelli che hanno recensito.
Alla prossima!
  
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