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Autore: Leslie    27/12/2013    1 recensioni
Dopo un anno in guerra con i suoi genitori, Annalisa viene mandata per l'estate da sua sorella Olivia, sperando che quest'ultima riesca a donarle un po' del suo straordinario talento in… beh, tutto. La situazione prende una piega inaspettata quando Annalisa comincia a prendersi una cotta per Luca, aspirante scrittore otto anni più grande e migliore amico di suo fratello Andrea, senza sapere che lui è ancora innamorato di Olivia, che gli ha spezzato il cuore solo poche settimane prima. Andrea, nel frattempo, vede il suo sogno di passare il resto della sua vita assieme a Fiona frantumarsi davanti ai suoi occhi, e Olivia combatte tra il suo desiderio di fama e una storia d'amore destinata a restare senza lieto fine. Al quartetto si aggiunge Lola, con i suoi capelli rosa acceso e la sua bizzarra schiettezza, un'artista persa in un mondo troppo grande, che si ritroverà presto a combattere contro le sue stesse, incontrollabili emozioni. (multi-POV)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Riparto con la pubblicazione di questa storia, e cercherò di aggiornare una volta ogni due settimane. Ricordo che qualche recensione mi farebbe davvero, davvero piacere.
 



 

Dreamers' disease

quattro


 

annalisa's pov

Mi accomodo sul sedile anteriore della piccola Ford di Luca e allaccio la cintura mentre lui fa un ultimo tiro e getta la sua sigaretta per terra.

«Sembra che stia per piovere» commenta, una volta dietro il volante.

Lancio un'occhiata al cielo e, quasi a comando, il rimbombo di un tuono mi fa sussultare.

«Già» rispondo solamente, stringendo le mani l'una nell'altra sul grembo.

Luca mette in modo e libera l'auto dal parcheggio, un attimo dopo si sta facendo strada tra le viuzze di questa parte della città. Olivia e gli altri abitano piuttosto fuori dal centro, quasi in periferia, perciò immagino che ci vorranno almeno dieci minuti anche andando in macchina. In ogni caso è meglio di qualsiasi alternativa, non c'è motivo di lamentarsi. Se sono non fosse per le occhiatine che Luca continua a lanciarmi, forse pensando che, immersa come sono nel fissare fuori dal finestrino, non riesca a vederlo.

«Tu e Liv vi assomigliate, sai?» chiede ad un certo punto, distogliendomi dalla mia indifferenza.

«Dicono tutti così» sorrido, voltandomi per poterlo guardare in viso.

Mi rendo conto che fino ad ora sono stata così intimidita da lui che è la prima volta che riesco davvero ad osservare la sua faccia, a registrare il colore biondo scuro, quasi castano dei capelli e il blu intenso dei suoi occhi. È un bel ragazzo, in ogni senso, decisamente affascinante.

Arrossisco, non appena mi rendo conto di quello che sto pensando. Deve avere almeno otto anni più di me, se calcolo che ha l'età di mio fratello. Decisamente troppo grande. In più ho già un ragazzo.

«Non sembri convinta» mi fa notare, ignaro di quello che sta succedendo nella mia testa.

«No, so che fisicamente siamo simili» gli assicuro, dopo un attimo di esitazione, «ma per quanto riguarda le altre cose...»

«Non potreste essere più diverse» finisce lui per me, con un sorriso comprensivo.

Rido appena e annuisco, poi sprofondo appena nel mio sedile. Ciò che in realtà pensavo è che Olivia è meglio. Olivia è sempre meglio, e non ha nemmeno senso che cerchi di farci qualcosa a riguardo, perché lei sarà sempre un passo avanti a me. Come ogni volta, la realizzazione di ciò mi fa rabbrividire.

«Beh, non c'è niente di male» commenta, dopo un attimo, e stringo forte le labbra.

È la stessa identica cosa che cerco di dirmi da quando avevo quattro anni, ma non funziona. Tutto quello che riesco ad elaborare è che mentre le scelte di Olivia sono sempre quelle giuste, tutto quello che io mi metto in testa di fare prima o poi mi crolla miseramente addosso e mi lascia vittima di prediche e imbarazzo che mia sorella non ha mai avuto. Più quindi cerco di essere una persona diversa, più il destino mi ricorda che non riuscirò mai a realizzare nulla di concreto. Allo stesso tempo, più cerco di seguire le orme di Olivia, più mi ritrovo nascosta nella sua ombra, costretta a rendermi conto di quanto io sia inferiore e quanto lei sia perfetta in ogni cosa che provi.

«Già» dico di nuovo, per niente convinta.

Un secondo tuono riempie il silenzio il secondo successivo, e Luca fa un sospiro beato.

«Adoro i temporali. Sono la parte migliore dell'estate» constata, con un sorriso complice nella mia direzione.

Mi sfrego le braccia sperando di far svanire la pelle d'oca.

«Io li ho sempre trovati inquietanti» ammetto invece, a voce bassa.

È strano, non è una cosa di cui generalmente parlo. A sedici anni è piuttosto stupido avere ancora paura dei tuoni e rannicchiarsi sotto le coperte con la musica a tutto volume non appena il cielo si fa cupo e il vento comincia a soffiare violento. Quando ero piccola ero sempre terrorizzata anche solo quando pioveva un po' più forte del solito, e l'unico modo che avevo per stare un po' meglio era rannicchiarmi tra le braccia di mio padre e chiudere gli occhi mentre lui mi cantava Open Arms dei Journey. Purtroppo sono diventata troppo grande per le sue braccia in fretta, e ho imparato a contenere la mia paura, che però resta sempre lì, per un motivo o per l'altro.

«Davvero?» chiede lui, sorpreso.

Annuisco, a disagio, preferendo non aggiungere nulla.

«Beh, bisogna rimediare, allora» decide, e prima che possa dire nulla fa inversione e si infila in una strada che non conosco.

«Cosa stai facendo?» chiedo, aggrappandomi al sedile quando l'auto si abbandona alle spalle le case e accelera sulla statale deserta.

«Colgo un'occasione per mostrarti la bellezza della natura» risponde lui, senza togliere gli occhi dalla strada.

Senza gli edifici che impediscono la vista il cielo è tutto ciò che riesco a vedere, che incombe scuro sulla pianura. Per un momento tutto diventa bianco quando un fulmine spezza lo sfondo grigio delle nubi, e mi rannicchio come posso nel sedile, aspettando l'arrivo del tuono.

«Non ce n'è bisogno. Preferisco andare a casa» mormoro, con voce sottile, serrando gli occhi.

Le prime gocce di pioggia si infrangono contro il parabrezza. Pochi istanti dopo, Luca ferma la macchina e oso socchiudere una palpebra per vedere dove siamo. È la stessa pianura di prima, campi verdi che si estendono a vista d'occhio e le prime case della periferia alle nostre spalle. Il cielo sembra se possibile ancora più cupo, e quasi a farlo apposta un secondo fulmine illumina la penombra del temporale.

Al mio fianco, Luca slaccia la cintura di sicurezza ed esce dalla macchina, apparendo un istante dopo davanti al mio finestrino per aprire la mia portiera. Con uno scatto mi aggrappo alla maniglia e tiro per tenerla chiusa.

«Dai, non fare la preziosa» cerca di convincermi, in tono divertito.

Scuoto la testa. «No, davvero, non posso» ribatto, sull'orlo delle lacrime.

È molto più forte di me, perciò la battaglia non dura molto. Apre la portiera completamente e il vento forte mi scompiglia i capelli e mi fa rabbrividire. Vedendo che non ho intenzione di muovermi, Luca si china sopra di me per liberarmi dalla cintura, poi mi porge una mano.

«Va tutto bene, ci sono qui io» mi assicura.

Lo guardo poco convinta, i pugni serrati attorno alla stoffa della gonna.

«Non lascerei nulla farti del male» aggiunge, in tono dolce.

Mi mordo forte il labbro e chiudo gli occhi mentre, spinta da una forza a me estranea, allungo il braccio destro per prendergli la mano e salto giù dal sedile. Le sue dita sono grandi rispetto alle mie, e non fa una piega quando, facendo i primi passi, la mia presa si fa ancora più serrata.

Mi fa camminare finché non siamo a circa una ventina di metri dalla macchina poi, vedendomi tremare, si ferma e si sposta dietro di me per abbracciarmi, dandomi il sollievo del calore del suo corpo contro il mio.

«Adesso aspetta» sussurra, le sue labbra millimetri dal mio orecchio.

Arrossisco, improvvisamente conscia della vicinanza, chiedendomi se per caso non ci sia di più di quello che penso, o se semplicemente la voglia che ci sia qualcosa di più stia deformando la mia visione della realtà. Inquietata mi rannicchio contro di lui, e lui mi stringe un po' più forte.

«Cosa aspetto?» chiedo, piano, socchiudendo gli occhi per proteggerli dal vento umido e dalle gocce che pugnalano la pelle sempre più di frequente.

«Il fuoco, l'acqua» mormora lui, «la terra e l'aria, tutti nello stesso momento.»

Sto per ribattere, perplessa, quando la luce di un terzo fulmine mi fa sussultare, e mentre riesco per la prima volta a distinguere la sua forma saettata, le articolazioni di ogni piega e ogni ramo, riesco a capire. I fulmini sono fuoco, la pioggia è acqua, il verde dei campi e lo sterrato sotto i miei piedi sono terra, il vento fresco è aria. Per un instante sono tutti lì, davanti ai miei occhi, e nonostante la paura, mi rendo conto dello sforzo della natura, e della sua bellezza. Quando il tuono scuote l'atmosfera pochi secondi dopo, torno in me e il mio stomaco si stringe in una morsa, mentre stringo le palpebre. È strano come tutto questo resti inquietante e sia allo stesso tempo spettacolare.

«Visto? Non è così male» sorride Luca, sfregando una mano calda contro il mio braccio intirizzito.

«No» ammetto, con un sospiro, «adesso però voglio andare a casa» aggiungo subito dopo.

Lui scoppia a ridere e scioglie l'abbraccio per prendermi di nuovo la mano e precedermi verso la macchina. La pioggia, fitta e violenta, ci sorprende dopo nemmeno un passo, ed entrambi sobbalziamo e ci pietrifichiamo per un istante lungo abbastanza perché l'acqua cominci a impregnare i vestiti e scivolare lungo la schiena.

«Corri!» grida Luca, e con un piccolo urlo mi lascio strattonare in avanti e mi ritrovo a correre dietro di lui, il fango che in poco tempo inzuppa le scarpe e schizza sulle caviglie.

Raggiungiamo l'auto ormai bagnati fradici nonostante la corsa e ci barrichiamo dentro, i capelli gocciolanti e il respiro pesante. Passano una manciata di secondi, poi scoppiamo entrambi a ridere nello stesso istante.

«Meglio andare a casa» propone, dopo un altro tuono.

Sorrido. «Meglio.»


 

andrea's pov

Non faccio una piega quando la pioggia comincia a cadere fitta fuori dalla finestra, troppo impegnato nel mio assolo semi-improvvisato, Fiona che mi guarda mezza divertita mezza assonnata dal mio—dal nostro—letto, a quanto pare trovando lo spettacolo che sto mettendo su molto più interessante del libro che ha sulle ginocchia.

Il rimbombo dei tuoni raggiunge appena le mie orecchie, sovrastato dalla musica che arriva dall'amplificatore sulla sedia alla mia destra, e in ogni caso non mi preoccupa. È solo un altro acquazzone estivo, sarà tutto finito in mezzora al massimo, e in ogni caso ci voleva un po' di pioggia a rinfrescare l'aria.

È un pomeriggio come tanti, non c'è molto da dire o da fare. Ho ancora un paio di giorni in cui non devo andare al lavoro, perciò ci piace pensare che questa sia ancora la nostra luna di miele. Forse lo è, in un certo senso, se non fosse per l'ingombrante presenza dei miei coinquilini. Fiona ha ragione quando dice che dovremmo trovarci un posto da soli, ma qualcosa mi trattiene qui, mi rende impossibile lasciare questa camera, questo appartamento. Potrebbe essere che, come al solito, mi attacco eccessivamente a cose che in realtà non hanno alcun valore: questo è stato il primo posto in cui ho vissuto oltre alla casa dei miei genitori. Devo anche ammettere che mi sento in colpa a lasciare i ragazzi senza la mia parte di affitto con così poco preavviso. E poi c'è Olivia. Non è facile pensare di lasciarla qui da sola, soprattutto adesso che deve star dietro ad Annalisa.

Concludo il mio assolo e poso la chitarra con uno sbadiglio, poi mi getto sul letto accanto a Fiona, che scoppia a ridere e infila le mani tra i miei capelli.

«Ehi» sussurra, sistemando i riccioli sulla mia fronte.

«Ehi a te» rispondo, con un sorriso, prima di chinarmi per baciarla.

«Sono a casa!» si intromette una voce dal soggiorno.

Con uno sbuffo mi volto e trovo Luca sulla soglia della mia camera, le scarpe infangate e i capelli e i vestiti bagnati.

«Buono a sapersi» commento, guardandolo perplesso, «vedo che sei stato beccato dal temporale.»

Lui fa un sorriso sarcastico. «Davvero? Qual'è stato il tuo primo indizio?»

Normalmente prenderlo per il culo è uno dei miei sport preferiti, e sto per rispondergli quando Fiona si schiarisce la voce in modo piuttosto eloquente.

«Sono leggermente impegnato qui» gli faccio notare perciò, sollevando le sopracciglia.

«Vedo. Ti conviene sbrigarti però, tempo di farmi una doccia e dobbiamo uscire» ribatte lui, scrocchiandosi le nocche. Sorride maligno «ma che sto dicendo? Non c'è pericolo che rischi di arrivare in ritardo, sei sempre un fulmine quando si tratta di queste cose.»

Con questa battuta esce, troppo in fretta per vedere il dito medio che ho alzato nella sua direzione. Fiona si lascia scappare una piccola risata.

«Cosa avete di tanto importante da fare?» chiede, curiosa.

Mi stringo nelle spalle. «Non ne ho assolutamente... oh, no aspetta» mi colpisco la fronte con la mano, quando mi ricordo della conversazione che ho avuto con lui ieri e della mia stupida promessa. «Mia sorella suona ad un evento questa sera, ho detto che l'avrei accompagnato» sbuffo, abbandonando la mia posizione per ricadere al suo fianco sui cuscini e chiudere gli occhi, infastidito.

«Gli serve un baby-sitter?» fa lei, leggermente sorpresa.

«No, ha passato mezz'ora a spiegarmi come non può andare da solo o lei si renderà conto della sua natura di stalker» spiego, massaggiandomi le palpebre.

«Ha davvero usato queste parole?» ride, riprendendo ad accarezzarmi i capelli.

«No, ho parafrasato» sorrido, prima che le mie labbra vengano catturate dalle sue in un bacio.

«Vuoi che ti accompagni?» chiede, allontanandosi il minimo necessario per poter parlare.

Le accarezzo la guancia. «Non se non ne hai voglia» sussurro.

Lei sorride e mi bacia di nuovo, questa volta la fronte. «Vado a vestirmi» annuncia, alzandosi.

Sistemo le mani dietro la nuca e la guardo aprire il piccolo armadio di fronte al letto e scavare tra gli abiti ammassati all'interno. Sceglie un vestito rosso acceso attillato, nel suo stile, e non distolgo lo sguardo quando lascia scivolare la vestaglia a terra e si china per raccogliere il suo reggiseno, rimasto abbandonato sul letto. Di nuovo mi colpisce il fatto che passerò il resto della mia vita assieme a lei, e non riesco a fare a meno di sorridere.

Non avrei potuto chiedere di meglio.


 

annalisa's pov

Esco dal box della doccia e faccio un paio di passi in punta di piedi per prendere un asciugamano pulito dall'armadietto accanto al lavandino, poi cerco il mio pettine nella trousse e tento di sistemare l'intrico di capelli che ho in testa. Maledizione a me e al balsamo che ho dimenticato a casa. Il mio cellulare suona non appena ho finito e guardo il display scostando le ciocche umide dall'orecchio. È Olivia.

«Pronto?»

«Ehi, sono io. Sei riuscita ad arrivare a casa?» chiede la sua voce cinguettante dall'altro capo.

«Sì ho...» esito un momento, stringendo le labbra, «ho preso l'autobus.»

«Brava! Scusa se non ho potuto aspettarti di più.»

Mi appoggio al lavandino e sorrido. «Non fa niente» le assicuro, «com'è andata l'audizione?»

«Benissimo!» esclama, entusiasta. «Mi chiameranno domani per farmi sapere.»

Ovviamente, non ci si poteva aspettare altrimenti. In ogni caso sono felice per lei, e glielo dico. Lei ride e mi ringrazia.

«Vieni anche tu a vedermi 'sta sera?» chiede poco dopo, cambiando argomento.

«Chi altro va?»

«Andrea mi ha appena mandato un messaggio, a quanto pare lui, Fiona e Luca.»

Mi mordo il labbro, quando sento l'ultimo nome.

«Penso di sì, magari adesso vado di là a chiedere.»

«Va bene, a dopo allora. Un bacio.»

«Ciao.»

Appoggio il telefono e fisso il mio riflesso nello specchio, cercando di convincermi che il motivo per cui improvvisamente ho così tanta voglia di andare a questo evento, che ora che ci penso non so nemmeno cosa sia esattamente, non dipenda dal fatto che ci sarà anche Luca. Non riesco però a negare che ho davvero voglia di rivederlo, che tutto nella sua persona mi attrae, e che muoio dal desiderio di chiedergli della sua scrittura.

Passo le dita di una mano tra i capelli umidi e accendo il phon, cercando di ricordare quali vestiti mi sono portata dietro e quale potrebbe essere il più adatto. Soprattutto quale riuscirebbe a farmi sembrare un po' più grande, abbastanza da non dovermi sentire costretta a mentire sulla mia età. Per qualche motivo non voglio che Luca scopra i nostri otto anni di differenza. E no, decisamente non è perché sono attratta da lui.

«Ho un ragazzo» mi ripeto ad alta voce, una volta spento il phon. «Non ho bisogno di altre complicazioni nella mia vita» aggiungo, leggermente più convinta.

E so di aver ragione.


 


   
 
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