“ Annie!”
esclama una voce alle mie spalle.
Amadeus mi abbraccia forte. So che è lui per il profumo che
emette. Non saprei
come definirlo. Io non riesco a dire niente. Sono in uno stato
confusionale,
penso. Non so neanche dove mi trovo. Non so. Sento altre braccia
familiari. Più
esili. Mamma.
“ Annie, tesoro, vedrai
che andrà tutto bene…
“ singhiozza. Annuisco. Quasi non capisco a cosa si stia
riferendo. Oh, sì.
Hunger Games. Bene. Mi lascia. Altra braccia, ancora. Forti, possenti.
Ma
stavolta non mi mi avvolgono. Mi stringono le spalle. Guardo in faccia
quello
che penso essere Alexander. La sua voce è quasi ovattata.
“ Annie tu sei in gamba.
Sai nuotare bene. Sei
intelligente, ce la puoi fare. E poi sei bella, avrai tutti gli sponsor
di
questo mondo. Gioca bene le tue carte, puoi vincere!” mi
dice. Posso vincere.
Che meravigliosa bugia. Guardo Amadeus.
“ Non ti sei offerto
volontario, bene!”
affermo velocemente. I suoi occhi sono disperati.
“ Annie, io…
“ Tempo
scaduto” dichiara un Pacificatore
allontanando mamma da me. Amadeus mi guarda a lungo.
“ Ci rivedremo
presto” afferma uscendo dalla
saletta. Rimango di sasso. È la prima volta che mio fratello
mi dice una bugia.
Appena chiudono la porta, sento le gambe cedermi. Mi rannicchio sul
pavimento.
So che è stupido e infantile, ma è la cosa
più giusta da fare, ora. Tremo
tutta. Qualcuno apre la porta. Saranno i Pacificatori, forse sono
venuti a
dirmi che è il momento di prendere il treno. No. Delle mani
familiari mi
accarezzano. È Finnick.
“ Annie…
Annie, che cosa ti ho fatto…” mormora
singhiozzando. Non capisco. Non capisco niente. Voglio morire. Voglio
morire
ora. Lui continua a parlare, ma io non lo sento. Sto guardando un punto
del
pavimento. È strano, l’asse di legno è
leggermente scheggiata. Che strano.
“ Annie!”
esclama. Ritorno alla realtà. Che
vuole? Lo guardo attentamente. Sembra in procinto di dirmi qualcosa. Ma
non lo
fa. Si alza e se ne va. Bene. Che mi lasciasse sola. Che tutti mi
lasciassero
sola. Voglio passare gli ultimi istanti della mia vita in pace. Delle
mani mi
tirano su. Pacificatori, stavolta. Sento qualcuno che dice qualcosa. Ma
non lo
so. Sono già sul treno, quando mi risveglio dal mio stato di
trance. Tocca a
me. Stavolta tocca a me. Sono seduta accanto a questo ragazzo di cui
non
ricordo il nome. Guarda fuori dal finestrino, e io non riesco a fare a
meno di
scrutarlo. Adesso che sto riacquistando lucidità, mi rendo
conto che è proprio
bello. Perché non l’avevo mai visto al Distretto?
Non saprei. Sarà perché non
frequento i ragazzi della mia età. Lui si accorge del mio
sguardo.
“ Adesso mi
senti?” mi chiede. Annuisco. Che
vuol dire?
“ Sì.
Perché non dovrei?” domando. Lui scuote
la testa. Bello, molto bello. I suoi capelli sono castani, e ha due
occhi blu
come il mare, che luccicano come i diamanti che ci porta Finnick a
casa. Le sue
labbra sono rosse, carnose, ben definite. Ha una corporatura slanciata
e
muscolosa.
“ Perché prima
ho provato a parlarti, ma tu ti
limitavi a fissarmi come una pazza. Adesso stai bene?”
chiede.
“ Sì, sto
bene” dichiaro leggermente
scocciata. Mi ha praticamente dato della pazza. Lui sospira, passandosi
una
mano tra i capelli.
“ Bene. Tu sei Annie
Cresta, eh? Sei la
sorella di Alex?
“ Sì.
“ Già.
Piacere, Manuel Keist. Vendo le
ostriche a tuo fratello” mi spiega tendendomi la mano, che
afferro prontamente.
Mi degna di un sorriso.
“ Tu li conosci
già?
“ Chi?
“ I nostri mentori.
“ Oh” sospiro.
Sì, io li conosco. O meglio, ne
conosco uno. Lo conosco molto bene, direi.
“
‘Oh’ non è una risposta”
dichiara lui con un
sorrisino arrogante. Storco la mandibola.
“ Sì, ne
conosco uno. Finnick Odair. Va meglio
così?” chiedo sprezzante. Lui annuisce,
leggermente divertito. Evito di
guardarlo. Già non mi piace. Sento dei rumori dietro di me.
Manuel si volta, e
io decido di imitarlo. Finnick e Felixa. Finnick sembra più
pallido del solito,
mentre ostenta quel largo sorriso così familiare. Non mi
guarda, però. Al
contrario, invece, sento gli occhi ambrati di Felixa agganciarsi ai
miei. Nella
stanza, entra anche Glaxus che, con un’occhiata eloquente, si
sdraia sulla
poltrona e afferra una bottiglia posizionata lì vicino.
Finnick anche si siede
su una poltrona, seguito da Felixa.
“ Allora… so
che siete spaventati, ma,
intanto, vorrei presentarmi. Io sono Finnick e lei è Felixa.
E… cercheremo di
aiutarvi a vincere gli Hunger Games” esordisce. Sbuffo
rumorosamente. Felixa mi
scruta attentamente.
“ Ma sappiate che solo
uno di voi due uscirà
da lì… e, nella maggior parte dei casi, i mentori
incidono notevolemente sul
risultato della competizione!” afferma. Alzo le sopracciglia
con aria di sfida.
Non mi piace. Non mi piace il suo tono. Chi si crede di essere?
Increspo le
labbra amaramente.
“ Ok, allora…
cosa dobbiamo fare?” chiede
subito Manuel. Finnick sospira e comincia a parlare.
“ Dovete piacere alla
gente. Dovete crearvi
un’immagine, puntare su una storia d’effetto,
commuovente, far sì che abbiate
una schiera di persone adoranti pronte a sponsorizzarvi in tutti i modi
possibili… questo è il trucco!”
esclama.
“ Per te dovrebbe essere
facile, sei un bel
ragazzo, a capitol City perderanno la testa per te!” spiega
Felixa con il tono
più seducente che ha. Sbuffo infastidita.
“ Mentre tu…
tesoro, dimmi che sei più
interessante di quello che sembri…” mi dice
mielosa, cingendo con le mani il
braccio di Finnick. Mi alzo in piedi.
“ Solo perché
non vado a fare la puttana in
giro come te, non vuol dire che non possa essere
interessante!” esclamo. Felixa
Stafford: la ragazza che ha vinto i sessantasettesimi Hunger Games
facendo
innamorare tutti i tributi maschi di lei, comportandosi in modo
svenevole, per
poi mettergli gli uni contro gli altri. Lei si alza in piedi, con i
suoi occhi
ambrati fiammeggianti.
“ Stupida ragazzina, tu
non sai niente di me!”
urla rossa in viso. Finnick anche si alza, prendendole un braccio.
“ Fantastico, fantastico,
no? Felixa, non è
proprio quello che stavamo cercando? Un bel peperino! Sai quanto il
pubblico
ami i caratteri ribelli e impulsivi! Perfetto, possiamo lavorarci
sopra!” dice
contentissimo. Quella sua gioia mi irrita parecchio.
“ Bene, adesso che
abbiamo definito la mia
immagine, posso sapere dov’è la mia
stanza?” domando ad alta voce.
“ La seconda porta a
sinistra, vostra maestà”
sussurra Glaxus, ancora disteso sulla poltrona.
“ Grazie!” urlo
dirigendomi verso il
corridoio.
“ Dio, sono troppo
vecchio per queste
scenate…” lo sento borbottare. Arrivo alla porta
della mia stanza e, con un
gemito carico di rabbia, entro dentro. La stanza è carina,
circolare, con un
bel letto soffice. Mi ci butto sopra. Il viaggio sarà lungo.
Con le mani, tocco
le coperte. Sono morbide e vellutate. A casa ce le sognamo delle
coperte così.
Voglio il rumore del mare. Le mie orecchie sono invase dal rumore del
treno.
Non mi piace. Non lo voglio così. Non ce la faccio. Mi
raggomitolo su me
stessa. Piango. Non è giusto. Non ha senso. Niente ha senso.
Lì fuori ci sono
solo persone a me ostili. Manuel, che mi ucciderà senza
farsi troppi problemi,
Felixa, che, se potesse, mi ammazzerebbe ancor prima di entrare
nell’Arena,
Glaxus, che probabilmente mi starà reputando una ragazzina
viziata e… Finnick.
Che… mi ha illusa. Ma c’era ancora un
interrogativo nella mia testa. Come
faceva a sapere che sarei stata estratta proprio io? Non lo so. Sento
qualcuno
che bussa. Mi alzo con le lacrime agli occhi. È la
cameriera. Mi porta un
vassoio carico di cibo.
“ Io… non lo
voglio. Lo rimandi indietro.
Scusi” affermo prima di chiuderle la porta in faccia. Mi
rituffo sul letto.
Pensassero tutti quello che vogliono. Non toccherò il cibo
di Capitol City. Non
mi importa quanto io abbia fame. Preferisco morire di fame piuttosto
che
ingurgitare il cibo della mia prigione. Passo la serata
così, sdraiata sul
letto, con gli occhi sbarrati. Di tanto in tanto, sento delle lacrime
scendermi
sulle guance. Non voglio andare nell’Arena. Non voglio.
Voglio tornare a casa.
Sento qualcun altro che bussa. Sarà di nuovo la cameriera.
Mi alzo scocciata.
Quante volte dovrò rifiutare il cibo che…
è Finnick. Provo a chiudergli la
porta in faccia, ma lui è più forte di me, ed
entra nella stanza, chiudendosi
la porta alle spalle. Mi afferra i polsi. Provo a divincolarmi, a
liberarmi
dalla sua presa, ma lui mi sbatte sul letto, immobilizzandomi. Urlo, ma
mi
mette una mano sulla bocca. Sono immobilizzata. Piango.
“ Annie… mi
dispiace… ti giuro che mi
dispiace… non doveva accadere questo…”
sussurra con gli occhi lucidi,
liberandomi. Mi metto seduta sul letto, singhiozzando. Lui mi
abbraccia. E io
lo lascio fare. Non so perché glielo stia permettendo. Ma
sento la tensione
cadere su di me tutta insieme. E il suo abbraccio non è che
una chiave che apre
la porta alle mie emozioni.
“ Io non
tornerò più a casa… non
rivedrò più
mia madre… i miei fratelli… perché? Io
non capisco…” esclamo tremando come una
foglia. Lui mi stringe più forte.
“ E poi Felixa mi odia, e
Manuel è più forte
di me, non ce la farò mai…” mi lamento.
Sembro una bambina. Finnick mi dà un
bacio sulla testa.
“ E tu… tu mi
hai illusa, mi ha baciata, e ora
ti strusci su Felixa e io non riesco a capacitarmene… e tu
sapevi che il mio
nome sarebbe stato estratto, ma non capisco
perché…” sussurro. Finnick
abbandona la mia presa. Si mette in ginocchio davanti a me. Mi prende
il viso
tra le mani.
“ Annie…
ascoltami. Ti prego… puoi guardarmi?”
mi chiede. Annuisco e alzo gli occhi. I suoi sono gonfi di lacrime.
“ Tu sei stata
sorteggiata perché Capitol City
ha capito che tra me e te c’era qualcosa. Io sono una loro
proprietà, Annie.
Quando saremo lì, mi vedrai sempre circondato da donne di
tutte le età. È
sempre così. E’ questo il mio lavoro. E, per
permettermi di concentrarmi sul
mio compito, hanno ucciso tutta la mia famiglia. Mi rimane solo
Mags” afferma.
“ Io… non
capisco. Le tue sorelle…?” domando
confusa.
“ Uccise. Tutti sono
morti. Mia madre, mio
padre… tutti. Tutto questo perché mi ero
inizialmente rifiutato di… di essere
un dipendente di Capitol City. E perché non potevo
permettermi distrazioni. Ma
hanno scoperto che ci sei tu, ora… e io sono stato egoista.
Ti ho messo io in
questa situazione… e mi dispiace, Annie. Ma voglio
confortarti. Io ti farò
vincere” sussurra.
“ Come? È
impossibile” affermo il scansandomi
un po’. Lui si alza.
“ No, non è
impossibile. Ho un sacco di amici
potenti a Capitol City. Ti sponsorizzeranno tutti. Tu sei bella, Annie.
E
convincerò Manuel ad averti come alleata. Ti
proteggerà. Fidati di me. Io ti
farò uscire dall’Arena” mi spiega.
Scuoto la testa.
“ E perché
dovrei fidarmi di te?
“ Annie, mi sembra ovvio,
no? Io ti amo.
Davvero.
“ Felixa ti si struscia
addosso come un gatto
che fa le fusa, pensi che io possa…
“ Felixa non significa
niente per me. Nessuna
significava niente per me. Ma poi, mi hai trovato” mi dice
dolcemente,
sedendosi vicino a me. Mi guardo le mani. Finnick Odair. Il tono della
sua voce
è… sincero. Io ho il dono innato per capire le
persone, no? E adesso… perché
dovrei dubitarne? Se quello che mi ha detto è vero, questo
spiegherebbe molte
cose. Il suo comportamento quando è arrivato il
Pacificatore… tutto avrebbe un
senso. Annuisco velocemente, mentre mi stendo sul letto,
rannicchiandomi. Lui
si siede vicino a me e mi accarezza la testa.
“ Davvero non vuoi niente
da mangiare?” mi
chiede. Scuoto la testa. Mi stampa un bacio sulla fronte, prima di
alzarsi e
allontanarsi.
“ Io… vado in
camera mia, Annie. Mi troverai
lì se… se avrai bisogno di me” afferma
afferrando la maniglia della porta. Mi
metto seduta di scatto.
“ Oppure…
potresti restare con me. Io… non lo
so. Mi sento sola qui in questa camera. È troppo
grande” gli spiego. Ma la
verità è un’altra: la presenza di
Finnick mi calma, mi riporta alla realtà.
Vedo i suoi occhi verdi luccicare un po’. Sorride.
“ Ma certo che posso
restare” afferma. Si avvicina
al letto e, dopo essersi steso, mi abbraccia.
“ Tu tornerai a
casa… te lo prometto”
dichiara. E con un ultimo sorriso, sprofondo nel mondo dei sogni.