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Autore: skippingstone    27/12/2013    3 recensioni
"Mi avevano detto che pensare troppo fa male, mi avevano detto che sarebbe passato tutto eppure la testa mi scoppia, gli occhi bruciano e respirare sembra la cosa più difficile da fare. Rifletto sulla mia probabile morte e sorrido, almeno potremmo stare vicino. Posso affermare di aver combattuto per tutti quelli che non sono riusciti a farlo: ho combattuto anche per te.
Se, invece, riuscirò ad uscire da questa Arena, non sarò più lo stesso: tutte le cicatrici si stanno aprendo nell'interno della mia bocca lasciando un retrogusto di sangue e troppe sono nel cuore. Anche se uscissi da questa Arena, non ne uscirei vincitore. Ho già perso tutto.
Tutto tranne una cosa: la voglia di vendetta.
Possa la luce essere, ora, a mio favore!"
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Presidente Snow, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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9. La luce

Forse è la maledizione destinata al distretto 2: noi tributi dobbiamo morire prima ancora di iniziare sul serio i Giochi. 
Tutto questo non può essere minimamente immaginabile. Non è possibile che, dopo Livius, tocchi a noi.
Mi continuano a colpire. Non si fermano neanche con Level. Ci sentiamo male e non siamo pronti ad accettare la realtà.
Il colore di questa sera è un blu intenso. Sono felice di pensare che questa sia l'ultima immagine della mia vita. Mi lascerò andare a questo buio, in questo velo.
Il senso dell'udito, però, sovrasta su ciò che vedo. Sento i versi di sorpresa del pubblico e mi chiedo cosa ci sia di sorprendente. Tutto quello che sta capitando è orribile, non sorprendente. L'unica sorpresa è una luce. 
Allora, è vero. Quando si muore, ti avvicini alla luce e, ora, è arrivato il momento di andare via e lasciare il mio corpo a questi avvoltoi. Almeno non avranno la mia anima!
Vedo altri spiragli di luce e alcuni visi illuminati. Che siano angeli? Poggio la mano al petto e, con sorpresa, il cuore continua ancora a battere. Mi guardo attorno e... sono ancora vivo. 
Come promesso da Cosima e Caesar, io e Level stiamo brillando nel buio tetro della sala. Brilliamo di luce propria, una luce che riflette i volti del pubblico stupito dalla bellezza dei costumi, del tessuto, della particolarità di quei vestiti. Neanche io mi aspettavo un effetto del genere quando avevo visto la tutina nera che mi toccava indossare. Il nero, quindi, ha iniziato a rompersi come se io e Level stessimo ricevendo colpi di pistola per dar spazio a questa tuta formata da piccoli diamanti sintetici. Tutti ne restano affascinati e sorpresi, soprattutto io che credevo di star per morire.
I miei stilisti ce l'hanno fatta: hanno fatto dimenticare me per far ricordare qualcosa di meglio. Infatti questo vestito ha tanti significanti e io sono fiero di indossarlo: la tuta dei vecchi tributi per poter onorare le loro ingiuste morti; i colpi di pistola per indicare sia la produzione di armi del distretto 2 sia per far capire quale cruda realtà aspetta a noi tributi; infine questa tuta che rappresenta la miniera di diamanti del distretto 2 e, come una specie di metafora, rappresenta il lato nascosto di ognuno di noi, quello che si potrebbe scoprire se non fossimo vittime dei Giochi.
Level ed io stiamo sorridendo come bambini felici. Dietro di noi, il carro del distretto 1 non viene proprio considerato. I cavalli, come se fossero monitorati da qualcuno, si fermano. Mentre aspettiamo l'arrivo dell'ultimo carro, io controllo il Presidente Morse. Lui mi guarda e mi sorride come per congratularsi del mio ottimo lavoro. Subito, poi, distoglie lo sguardo e prende parola per augurare buona fortuna a tutti noi.
«Ventiquattro tributi, dodici distretti, un solo vin-ci-to-re. Sono ventiquattro edizioni che vedo volti freschi, con brama di gloria e vittoria ma in voi…» - guarda decisamente me, sia lui sia il gatto - «…vedo di più, tan-to, tanto di più. Direi che vinca il migliore, ma lo sanno tutti: anche il migliore di voi, a volte, non lo è abbastanza.»
Il Presidente Morse alza in aria il suo gatto e lo sporge al di fuori del balcone, tutti applaudono. Gli applausi, però, cessano quando il Presidente lascia cadere il gatto, Mohr. Tutti trattengono il fiato, guardano la discesa rapida della bestiolina che inizia a miagolare, quasi ruggire. Sembra dire delle parole, in realtà, ma sicuramente è una mia impressione dettata dai pregiudizi che ho.
Il gatto arriva al suolo, stecchito. La coda non si muove, la testa resta giù, i suoi occhi viola diventano immediatamente di un azzurro chiaro come il colore dei miei occhi.
Lo ha ucciso, ha lasciato morire il suo animale da compagnia che sostituiva un figlio. 
Ma inizia a muoversi una zampa, poi un'altra e il gatto, agitandosi, lascia a terra il pelo viola per rialzarsi con un nuovo colore. Mohr è diventato di colore giallo canarino.
«È davvero un peccato!» - il Presidente non ha assistito alla rinascita del suo ibrido e parla al suo popolo mentre io continuo ad osservare le azioni dell'ibrido (perché sì, non ho più alcun dubbio riguardo la vera natura di quell'essere) con un misto di disgusto e ammirazione.
Alzo il capo per poter vedere le movenze di Morse.
«È un pecca-to che voi non abbiate la stessa capacità di ritornare in vita come il mio grazioso Mohr.»
Il gatto, arrampicandosi e strisciando un po', arriva immediatamente accanto al proprio padrone.
«Non è grazioso?»
Lo prende in braccio, lo bacia sulla bocca e, poi, lo accarezza sorridendo come un bambino che ha appena visto il suo dolce preferito.
«Lunga vita ai Giochi, lunga vita a Panem. Felici Hunger Games!»
Rimbomba nell'area il colpo sparato da un cannone e si aprono le porte del Centro di Addestramento dove siamo diretti. Uno ad uno, i carri entrano. Quando passo sotto il balcone del Presidente, mi aspetto qualcosa. Non so bene cosa, ma aspetto con molta preoccupazione qualcosa, un segno ma c'è calma piatta. Dopo Morse, penso a me. Che sia arrivato il momento di imparare ad usare l'ascia che mio padre non mi ha mai fatto usare?
Si chiudono le porte e possiamo scendere dai carri.
Accanto a me ci sono Caesar, Cosima e Victor. Anche i due stilisti indossando vestiti come i nostri. Victor porta una mano davanti gli occhi.
«Cavolo, dovevate per forza brillare tutti? Questa luce dà alla testa.»
Penso al motto del distretto (possa la luce essere sempre a vostro favore) e, in questo determinato caso, è proprio vero: la luce è con me.
«Lo so, sono stata la stilista più cazzuta e figa di tutti gli Hunger Games. Non serve che mi lodiate.»
Caesar, da dietro, tossisce e guarda la sorella.
«Ovviamente, anche Caesar ha fatto il suo sporco lavoro. Ha dovuto spararvi!»
Come se non riuscisse a contenere la felicità, viene verso di me e mi abbraccia forte.
«Dovevamo puntare sulla tutina che faceva vedere il pacco ma questa è decisamente più stratosferica!»
Sorrido nel sentire quelle parole. Vedo in Cosima una persona anti convenzionale, eccentrica, fuori dalle righe e pervertita, ma anche un'ottima alleata. Quasi come Level che ho subito allontanato.
Victor è estraneo ai nostri festeggiamenti, si guarda sempre intorno e, anche se apprezzo davvero tanto quello che hanno fatto i due fratelli, mi interessa di più il parere del mio Mentore. Così lo imito, cerco di capire cosa stia succedendo in quella stanza e mi accorgo del caos più totale. I due ragazzi del distretto 1 hanno buttato a terra ciò che era la loro maglia. Tacito, il tributo maschio, la calpesta. La bambina del distretto 7, quella vestita da albero, sta bagnando con le lacrime i propri rami. Vari stilisti parlano tra di loro a bassa voce. Tutti gli altri tributi o restano in silenzio o si lamentano. L'unica particolarità che accomuna tutti loro è che guardano noi.
«Cosa succede, Victor?»
«Succede che loro sono i vostri nemici e, questo round, l'avete vinto voi. Anzi, loro non sono proprio stati vostri avversari perché tutti hanno pensato solo a voi, hanno guardato solo voi dal momento in cui siete usciti per sfilare al momento in cui siete entrati qua.»
Level si intromette dicendo che non guardavano noi.
«Guardavano solo lui!»  
  
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