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Autore: Scarlett Carson    27/12/2013    2 recensioni
[IN SOSPESO] Questo è il secondo capitolo della mia storia. Stavolta è raccontata dal punto di vista di... un'altra persona, che, a seguito di complicanze, si ritrova a "convivere" per un periodo, con l'Immortale Ottavia, stabilitasi nella Foresta della Norvegia del 1000 A.C.. Stavolta la nostra protagonista se ne starà per un pò dietro le quinte per vedere cosa combina questo ragazzo, molto attraente, con grandi occhi verdi come smeraldi e capelli neri come il carbone.
Avrà un sacco di problemi quest'umano particolare, che lo porteranno al mistero di Ottavia, ma cosa accadrà una volta che lo scoprirà? Cosa cambierà tra loro? Cosa porterà il ragazzo ad un cambiamento che lo muterà per il resto della sua vita?
Tutto questo lui ancora non lo sa, ma sa che tutto ha avuto inizio in un giorno in cui la neve ricopre tutto ciò che c'è intorno a lui.
Genere: Dark, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga: La Ragazza Immortale'
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Capitolo 03. Il primo appuntamento

 

“Prego, da questa parte” disse mio padre, facendo strada verso la sala da pranzo, già imbandita.

Mio padre si sedette a capotavola e, alla sua destra, si mise mia madre ed accanto a lei la madre di Emily; io presi il mio posto accanto a mio padre e fui subito seguito dal padre di Emily e lei si mise accanto a sua madre.

Questa disposizione mi piaceva. Ero lontano da lei, anche se ce l'avevo praticamente di fronte.

“Allora, Cameron” disse il padre di Emily “stai per prendere le redini dell'attività di tuo padre, che farai?”

Quella domanda non me l'aspettavo.

“A dire il vero, speravo di poter continuare a fare quello che ha fatto lui, né più né meno”.

“Saggia decisione, figliolo” disse mio padre, incredibile quanto sapeva essere accondiscendente quando voleva.

“Hai dei passatempi?” mi disse, all'improvviso, sua madre.

Non potevo dirgli i miei veri passatempi, non davanti a loro almeno, ma non mi andava di mentire.

“Mi piace leggere, signora De Roquet, infatti prima ero nella biblioteca di famiglia nell'attesa che arrivaste” dissi, sospirando per essermela cavata con così poco.

La madre di Emily, notai, mi guardava con uno sguardo che, in una donna, avevo già visto: molto malizioso da parte sua, ma cercai di non dare a vedere che lo avevo notato. Cercai, piuttosto, di concentrarmi sul cibo che veniva servito e sugli argomenti su cui discutevano i due signori accanto a me.

Parlavano di attività, lavoro, affari insomma. Argomento solito tra uomini e non me ne stupì.

Quando arrivò il cibo, si parlò a parlare delle pietanze servite e dei gusti personali riguardo alla selvaggina.

Scoprì che il padre di Emily andava spesso a caccia nella foresta e mi chiesi se avesse visto qualcuno o qualcosa.

Non resistetti a chiedere.

“Domando scusa per l'intrusione nel vostro discorso” dissi educatamente, “ma sentivo che andate spesso nella foresta a caccia, mi chiedevo se le voci che circolano su essa sono fondate” dissi, alla fine, tutto d'un fiato, attendendo la risposta.

“Posso dirti, ragazzo, che in parte sono vere. I criminali li ho visti di persona e ho rischiato la pelle, ma per fortuna avevo la mia strumentazione da caccia e me la sono cavata bene. Riguardo all'altra, c'è ancora molto mistero” disse.

“Volevo chiedere perchè appunto, sull'esistenza dell'eremita ho seri dubbi che esista” dissi.

“Io so che esiste” aveva detto Emily, che fino a quel momento, era stata in silenzio.

“Come lo sai?” dissi, per capire da dove venisse tanta sicurezza in quell'affermazione.

Non volevo ridere di lei, volevo prima ascoltare le sue motivazioni: avrà avuto senz'altro i suoi buoni motivi per affermare la sua teoria.

Nel suo abito color verde, come i miei occhi e come la vegetazione che circondava il nostro bel paese, iniziò a sembrare minuscola e capì che si pentì di averlo detto ad alta voce.

“Ho le mie buone ragioni, Cameron” disse.

“D'accordo, mi scuso per essere stato così invadente” dissi. Caso mai fossimo rimasti soli, glielo avrei richiesto, magari non voleva dirlo davanti a suo padre.

La capì, in fondo, quante cose tacevo anche io ai miei stessi genitori!

“Non ti preoccupare” disse, allargando un sorriso, semplice e puro.

Iniziai a pensare di averla giudicata male; sono stato un stupido a giudicarla solo dall'aspetto esteriore. Sono stato colpito dall'aspetto esteriore che non avevo mai visto dentro di lei.

Non volevo sposarla lo stesso, dopotutto, ma il motivo era cambiato: io non la meritavo, non l'opposto, come credevo. Meritava qualcuno che la apprezzasse di più di quanto avrei potuto fare io.

Da quel momento, mi parve di comportarmi molto più naturalmente, sia nei confronti dei nostri ospiti, sia con i miei stessi genitori. Quella giornata era quello che sempre cercavo, il rapporto che avrei sempre voluto si formasse tra me e i miei genitori. Peccato che sarebbe durato poco.

Alla fine del pasto, come da programma, ci dirigemmo verso l'ingresso per prepararci a fare una passeggiata nei giardini. Era stata programmata apposta affinché io ed Emily sviluppassimo un certo tipo di rapporto ma anche per conoscerci meglio.

Infatti, io e lei, ci ritrovammo davanti rispetto ai nostri genitori, e parlano insieme, mi accorsi che avevamo molte cose in comune.

A lei piaceva tutto quello che piaceva a me, o quasi, adorava leggere e camminare per la vegetazione, amava vestire elegante ma semplice.

In quel momento, indossava uno scialle che utilizzava anche per ripararsi il capo, “non amo molto il freddo, e l'aria gelida mi fa venire spesso un terribile mal di testa” mi aveva detto. Guardandola meglio, non era poi così grassa come mi era parso di vederla, ma va anche detto che l'ultima volta che l'avevo incontrata era molto tempo prima: lei era ancora una bambina, io mi stavo sviluppando e mi affacciavo al mondo del divertimento e delle donne.

Lei aveva un fisico importante ma non troppo, aveva le curve nei punti giusti, il suo vestito le metteva ben in evidenza, aveva il viso tondeggiante ma nel complesso era molto carina, davvero. Gli occhi color nocciola erano molto espressivi e a aveva un bellissimo sorriso, i capelli corvini le incorniciavano il viso raccolti sotto al velo che portava, dello stesso colore del vestito ma molto più trasparente.

Mi aveva dato prova di essere molto intelligente, mi aveva spiegato molte cose riguardo a quello che faceva lei e la sua famiglia. Aveva capito che amava la casa e ancor di più prendersene cura di persona, come sua madre, le piaceva prendere i fiori dal giardino e metterli per casa, per renderla sempre fresca e profumata.

Le piaceva l'ordine, come anche a me, anche se nessuno lo avrebbe detto mai.

Siccome il terreno era piuttosto fangoso, per evitare che inciampasse e si sporcasse il vestito, le offrì il braccio per assicurarmi che non accadesse, lei arrossendo, mise il suo braccio sotto al mio. La sua mano, piccola e magra, si appoggiò sul mio braccio, senza stringere troppo, con una presa molto delicata.

Non sapevo cosa ne pensassero i nostri genitori alle nostre spalle, ma sperai che i De Roquet apprezzassero il gesto.

“Allora, Cameron” disse lei, con voce sottile.

“Oh, per favore, chiamami solo Cam, preferisco” dissi.

“Oh, va bene, Cam” disse, accontentandomi “sei cambiato molto dall'ultima volta che ti ho visto, sei diventato altissimo” disse, guardandomi dal basso; lei non era altissima ma almeno non mi arrivava alla cintura. Mi arrivava all'altezza del petto e io, col il braccio che le avevo offerto, le toccavo quasi il seno.

“Sì, l'altezza l'ho preso da mio padre e lui da mio nonno” dissi, ne andavo fiero: ero uno tra i più alti in paese.

“Devi esserne molto fiero allora”

“Sì molto” dissi, aveva colto nel segno.

“Ascolta” disse, stavolta più malinconica e mi chiesi cosa le era preso così all'improvviso. “Vorresti davvero prendere il posto di tuo padre? A pranzo non mi sembravi così convinto” disse, era molto più attenta di quanto immaginassi. Sperai che se ne fosse accorta solo lei.

“Si notava così tanto?” chiesi.

“No, credo di essermene accorta solo io, tranquillo” disse, con sorriso triste.

“In effetti, non credo di essere adatto a questo. Mi piace la nostra attività di famiglia ma non sono sicuro che con me continuerebbe ad andare bene. Sono troppo inesperto, purtroppo” dissi, ed era vero.

Non mi sentivo per nulla pronto a quello che mio padre mi stava per lasciare. Non essendoci mai, non aiutandolo mai, non sapevo nemmeno come gestire il tutto. Comunque, non volevo che finisse con mio padre: prima o poi avrei trovato qualcuno che la potesse gestire al posto mio. Come un erede. Forse mio padre lo aveva capito prima di me: voleva farmi sposare adesso di modo che avessi un erede e lui un nipote da istruire per quel lavoro, che io non avrei mai saputo gestire da solo.

A quel punto mi chiedevo se ero l'ultimo a capire quello che davvero stava accanendo quel giorno o anche Emily ne era del tutto ignara. Lei sapeva che, alla fine di questo, ci saremmo dovuti sposare? Era d'accordo su questa decisione presa senza il nostro consenso?

“Scusa, mi rendo conto di essere stata poco delicata nei tuoi confronti, cambiamo argomento ti va?” mi disse, dolcemente.

“Sì, ti ringrazio, Emily” dissi, e per la prima volta, la chiamai per nome.

“Grazie” mi sussurrò e capì a cosa si riferisse.

Decisi di cogliere l'attimo e di chiederle come mai era certa dell'esistenza dell'eremita.

“Vedi” iniziò a dire “mi ha salvato la vita”. Cosa? Allora esisteva sul serio?

“E come è successo?”

“Mi sono addentrata troppo nella foresta per la mia passeggiata quotidiana, qualche giorno fa” cominciò a raccontarmi.

“In genere, cerco sempre di stare il più vicino possibile al paese e di non andare troppo oltre. Arrivo fino ad un certo punto e poi torno indietro. Insomma cerco di stare sempre tra la foresta ed il paese. Quella volta non andò così” disse, e con un gesto del capo le chiesi di continuare.

“Fui attirata da qualcosa, seppur fosse giorno, mi sembrava di aver visto delle ombre muoversi e, pensando fosse qualcuno che si fosse perso, le andai incontro. Mi ritrovai faccia a faccia con i criminali che abitano la foresta. Non mi ero resa conto di averli seguiti così a lungo.”

“E poi? Cosa è accaduto?” dissi io, ormai spinto dalla curiosità, sempre più determinato a vedere quei mostri lontano da qui.

“Accade che mi scoprirono e avevano preso la decisione di derubarmi e uccidermi. Non avevo vie di fuga: avevo provato a scappare ma loro furono più veloci e mi circondarono. In quel momento credetti davvero che non avrei più rivisto i miei genitori o l'alba di un nuovo giorno” disse con una nota di tristezza.

“Credetti davvero tutto questo e si sarebbe realizzato se una strana figura non fosse arrivata all'improvviso in mio soccorso”.

“E che aspetto aveva?” forse c'eravamo quasi, esisteva allora quest'eremita? Ma chi era davvero? Doveva essere molto vecchio visto che è qui da molto, molto tempo, no?

“Non saprei dirtelo con certezza. L'ho vista di spalle, si è frapposta tra me e i criminali. Aveva un mantello marrone con tanto di cappuccio, lungo fino ai piedi. Dal corpo, potrei dirti con certezza che è una donna, ma non l'ho vista mai in viso: aveva il cappuccio calato fino agli occhi, ma non era poi così vecchia. Comunque, credo proprio che sia lei la misteriosa eremita”.

“Dal suo arrivo, che è successo poi?” chiesi, ma qualcosa non mi tornava.

Se era qui da anni, come mai nessuno l'aveva mai vista? Anche solo come era capitato ad Emily? Molti erano entrati nella foresta e mai tornati, non ha aiutato anche loro? Forse non si trovava nei paraggi, mi dissi, in conclusione.

“Con una velocità ed una tecnica di combattimento che non avevo mai visto” continuò lei “batté tutti i suoi avversari, che erano circa una ventina in pochissimo tempo. Non me ne sono nemmeno resa conto di quello che faceva, era incredibile!” né parlo quasi come se la stesse elogiando.

“Dopo averli storditi, venne verso di me, ed io credetti avesse fatto lo stesso con me, ma poi mi porse la mano. Gliela presi ed era fredda come il vento di oggi, che annuncia neve in arrivo. Dal cappuccio potevo solo vedere le sue labbra, rosee e carnose, e ne dedussi che era davvero molto giovane. Non mi parlò. Mi accompagnò fino al confine della foresta e poi scomparve tra la vegetazione” concluse, fissandomi.

“Incredibile, sembra il racconto di un libro” dissi io.

“Già, me lo sono ripetuto anche io diverse volte da quel giorno”

“L'hai mai più vista?”

“No, avrei voluto farlo ma avevo troppa paura di addentrarmi nella foresta, ma non ho mai smesso di dirle grazie per quello che ha fatto per me. Non la dimenticherò mai” disse, con un sorriso.

In quel momento, un soffio divento freddo, un po' dispettoso, fece volare lo scialle di Emily. Non arrivò in tempo a prenderlo, ma io, con la mia altezza, riuscì a fermare la sua corsa afferrandolo con la mano libera.

“Il vento oggi è alquanto dispettoso, non trovi?” dissi, per farla ridere ancora.

“Sì, hai ragione” disse ed io ottenni la ricompensa che speravo.

 

Finita la passeggiata, il sole stava già lasciando posto alla notte e noi rientrammo a casa per prendere il tè e salutare i signori De Roquet.

Il tè venne servito nell'apposita stanza e sì iniziò a parlare del vero motivo per la quale ci eravamo incontrati.

“Dunque, Richard” disse il signor De Roquet a mio padre, “è giunto il momento di parlare dei nostri figli” e nel dirlo, ci fissò entrambi prendere il tè seduti vicini.

Quel giorno, alla fine, lo avevo trovato piacevole il compagnia di Emily, non era affatto come credevo, era la persona più dolce e pura che avessi conosciuto, anche se magari dal suo aspetto sembrava tutt'altro. Avevo commesso un grosso errore a giudicarla prima ancora di conoscerla. A quel punto, mi ero convinto che poteva essere una buona soluzione, ma non sapevo ancora di quanto ne ero sicuro.

“Ma certo, Domenik” disse mio padre, chiamandolo per nome “ è il momento di organizzare le loro nozze” era molto diretto, certe volte, non c'era dubbio su questo.

Accanto a me, vidi le guance di Emily diventare molto più rosee di prima e capì che l'argomento la imbarazza quanto me.

“Oh” intervenne mia madre, “lasciate a noi donne il compito di organizzare le loro nozze, ne sappiamo più di voi” disse entusiasta e scambiò qualche sorriso di complicità con la signora De Roquet, che non la smetteva di guardare me.

Riposai gli occhi su Emily e, dopotutto, scorsi un sorriso sognante sul suo viso, con gli occhi persi nel liquido che c'era nella sua tazza fumante.

Mi sentì vuoto e, per la prima volta, senza cuore, avevo ferito, senza che lei lo sapesse, il suo animo offendendola senza sapere nulla di lei.

Ero un vigliacco. Solo un povero vigliacco.



Eccomi qui! ;) Dopo aver termiato il capitolo che avevo iniziato, come promesso, pubblico il terzo capitolo ;)
Allora, qui si notano dei cambiamenti, cosa ha smosso l'intrepido Cam a cabiare idea su Emily? cosa gli è successo secondo voi?
é più convinto di prima a sposarsi con lei? come lo trovate in questo capitolo? ed Emily? come vi sembra come personaggio? cosa accadrà nel prossimo capitolo intitolato: Un Matrimonio da Organizzare.
Spero abbiate passato un buon Natale e, dato che ci sono, visto che ho parecchi impegni fino al 31 che mi impediranno di andare avanti come vorrei, vi auguro Buon Anno! ci risentiamo nel 2014 XD
Ringrazio chi ha seguto la storia finora e chi, recensisce e chi ha messo, non solo questa ma anche la storia precedente, nelle varie categorie ;)
Grazie a tutti ;) festeggiate bene questo caèpodanno che possa essere un anno migliore per tutti quanti voi! ;)
Alla prossima
Kiss Kiss
Shana ;)


 

  
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