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Autore: vale93    28/12/2013    3 recensioni
[...]E sarà come se fra noi non fosse mai esistito niente, come se il mio cuore non si fosse mai infiammato, illuso, spezzato. Sarà come non provare più gelosia quando prenderà Dominique per mano e le chiederà di fare una passeggiata insieme a lui.
Mi allontanerò, per guarire più in fretta, e quando tornerò sarà come essermi fatta il vaccino, o aver preso l'antibiotico. Non verrò più colpita dal fascino del mio migliore amico. Non soffrirò più. Lui sarà semplicemente Scorpius. E io Rose.
La difficoltà nelle relazioni fra maschio e femmina è una: non saper mai fino a che punto si può arrivare
senza oltrepassare il confine fra amicizia
e l'amore.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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In mezzo alla palude desolata e silenziosa, la Tana spiccava dalla neve bianca come un rifugio provvidenziale, riscaldata da un grosso focolare alto e luminoso. 
Gli uomini di casa erano stati tutti mandati fuori a occuparsi degli ultimi acquisti, Bill e Fleur erano con loro, mentre Teddy e Victoire erano usciti per una camminata nei boschi. In casa a non far niente erano rimasti solo i ragazzi, intimoriti dal cupo vociare delle raffiche di vento.
Lily stava stilando insieme a Rose, Dominique e Hugo una lista dei regali che le sarebbe piaciuto ricevere per Natale. James scommetteva che Hermione avrebbe regalato allo zio Ron anche il solito paio di calzini, visto che li bucava sempre. Rose, appoggiata contro il muro della camera, i piedi affondati nella coperta calda del suo letto, rimuginava in silenzio.
Ancora pochi giorni e se ne sarebbe andato. Il 25 mattina sarebbero venuti a prenderlo.
Ancora pochi giorni e quel peso sarebbe finalmente sparito. Ancora pochi giorni e non lo avrebbe più visto e, forse, sarebbe riuscita a guarire.
Era sollevata. Senza di lui sarebbe stato più semplice, una volta a scuola lo avrebbe rivisto senza rancore e magari si sarebbe anche messa con Peter, chissà. L'importante era non avere più, giorno e notte, la consapevolezza di condividere il suo stesso tetto. Incontrarlo in salone o nel corridoio era diventato per lei un incubo, evitarlo un'impresa; ignorarlo impossibile.
Scorpius, seduto all'altra estremità del letto, la spiò con la coda dell'occhio. Aveva gli occhi imbambolati fissi davanti a sè, mentre coi denti non faceva che mordersi continuamente il labbro inferiore. Un braccio alzato e appoggiato al ginocchio di una delle due gambe andava con la mano ad accarezzare un boccolo rosso disteso sulla spalla. L'aria era assorta e distante, quasi fosse stata avvolta da una bolla di sapone. Chissà a cosa stava pensando. Avrebbe dato qualunque cosa per saperlo. Magari a lui... Si autocriticò per quella pretesa così infantile. Non è che perchè ti ha detto che le piaci significa essere sempre l'oggetto dei suoi pensieri, si disse.
Lasciò scorrere gli occhi sui lineamenti del suo viso. Sotto la fronte aggrottata, la bocca rossa spiccava sul bianco della pelle, dello stesso colore dei lunghi capelli mossi. Si soffermò un istante più del dovuto a guardare quelle labbra piccole e scure. Sembravano morbide; chissà se avrebbero fatto lo stesso effetto se... Un attimo dopo si stupì di quello che era stato sul punto di pensare. Sbarrò gli occhi, incredulo. Era Rose, dannazione! La guardò di sottecchi, come per paura che lei avesse potuto indovinare la natura dei suoi pensieri, e si tranquillizzò vedendo che la ragazza non si era neanche accorta dei suoi occhi grigi su di sè. Seguitò per cui a osservarla come aveva fatto fino ad allora. Ripercorse a più riprese la linea del suo naso, la morbida curva dei suoi capelli e le dolci sfumature delle guance. Una vocina dentro di sè lo avvertì che non la aveva mai osservata con attenzione tale da quando l'aveva conosciuta. Era sempre stata carina, questo lo sapeva, anche da bambina. Ma adesso c'era qualcosa di diverso in lei, o nel modo in cui i suoi occhi la vedevano. Si accorse con stupore che non aveva mai fatto caso al cambiamento del suo aspetto fino a quella vacanza invernale. Forse che l'abbandono delle vesti scolastiche avesse fatto la differenza?
Rose scosse la testa aggrottata. Non sapeva quanto tempo fosse passato, aveva sentito distrattamente Lily dire di andarsene, e subito dopo un peso in meno sul materasso accanto a sè. Di seguito le pareva di aver udito altre voci, e qualche spostamento. Ma era troppo assorta nei propri pensieri per rendersene conto.
Solo allora, dunque, tornò in sè, come riemersa da uno stato di sonnolenza.
Si rese conto di essere rimasta sola e ascoltò il silenzio assordante della stanza vuota. Sbattè le palpebre una volta, intontita, poi si voltò decisa ad alzarsi per sgranchire le gambe.
Trasalì di colpo, portandosi una mano al cuore spaventata.
-Che cosa ci fai ancora qui?!-
Scorpius la guardò coi suoi elettrici occhi grigi e Rose avvertì un brivido attraversarle la schiena.
-Disturbo?-
Rose non rispose, continuando a fissarlo con la fronte aggrottata.
-Se ne sono andati tutti- disse poi riabbassando la mano che si era portata al petto.
Scorpius annuì e si alzò.
-Me ne devo andare?- chiese poi, come a chiedere conferma. O a lanciarle un'ultima possibilità.
-Devo cambiarmi- rispose spostando lo sguardo sull'armadio di lato.
Scorpius tacque. La fissò per un ultimo secondo immobile, poi sospirò e si voltò, dirigendosi con passo spedito verso la porta.
Rose mantenne lo sguardo sulla parete finchè non lo sentì uscire e richiudersi la porta alle spalle.
Solo allora voltò la testa, e fissò il punto vuoto dal quale se ne era appena andato.

*


-Io esco-
-Dove vai?- chiese Hermione affacciandosi dalla cucina.
-Qui vicino, giusto per prendere una boccata d'aria-
-Copriti bene-
-E non fare tardi- aggiunse il padre sporgendosi dallo sgabuzzino.
-State tranquilli!-
-Ma dove va?- chiese Scorpius arrivando in quel momento, giusto in tempo per vederla sparire oltre la soglia di casa.
-Boh, a prendere una boccata d'aria- rispose James noncurante buttandosi sul divano.
-Da sola?-
-Sì, perchè? Questo è un posto sicuro, che ti credi-
Scorpius non rispose, ma riportò lo sguardo sulla porta - chiusa - dalla quale poco prima aveva visto uscire Rose. Non lo convinceva. Che andava a fare fuori da sola? Avrebbe almeno potuto portarsi Lily o Dominique dietro. E se lei e la bionda avessero litigato a causa sua? Nah, scosse la testa. Rose non era tipo da fare una cosa del genere.
Ma allora? Prese in considerazione l'idea di seguirla, per andare a vedere cosa combinasse, ma Albus non gliene diede il tempo.
-Vieni, Sco. Ti sfido-
-Eh?-
-Scacchi. Mi devo allenare per battere James. Sarà una vittoria schiacciante!-
-Bravo fratellino, l'importante è crederci- asserì quello alle sue spalle
-Ma veramente io..- provò a dire Scorpius cercando di sottrarsi
-Niente ma, stai tranquillo, con te sarò buono-
-Ah sì?- fece lui lanciando un'occhiata alla porta, quasi sperasse di veder ricomparire la ragazza dicendo di averci ripensato.
-Certo! Su forza, non fare storie-


Rose strizzò gli occhi intirizzita, sfregandosi con le mani gli avambracci ed emettendo una densa nuvola di vapore dalla bocca.
Il vento tirava gelido, portando con sè frammenti di neve e di ghiaccio che le si impigliavano fra i capelli e nella lana dei guanti. Affondando i piedi nella neve alta, attraversò lo stesso cammino che solo quache giorno prima aveva percorso insieme agli altri. Le loro impronte erano state cancellate, e ora giacevano sotto strati e strati di soffice neve bianca. Finalmente, a pochi metri di distanza, scorse la piatta superficie del laghetto.
Lo raggiunse velocemente allungando il passo, e in poche falcate gli fu davanti.
La liscia superficie ghiacciata risplendeva come uno specchio, tanto era lucida e trasparente.
Subito si tolse la borsa che portava a tracolla e la poggiò sulla neve morbida. Aveva dovuto uscire. Stare dentro casa aveva cominciato a stressarla al punto da desiderare il freddo e il gelo piuttosto che il caldo del fuoco da dividere con lui. Aveva dovuto trovare qualcosa da fare che la distraesse dai suoi pensieri, uno sfogo che la liberasse da tutta l'ansia che si teneva dentro da giorni e il primo posto a cui aveva pensato per riuscirci era lì. Infilò i pattini bianchi con foga, stringendone bene i lacci in modo che aderissero alla perfezione al piede; poi si alzò e, a piccoli passi, salì sulla pista. Si fermò un attimo, piantando bene i pattini sul terreno, e si guardò attorno: la neve scendeva silenziosa attorno a lei, toccando la superficie della pista in più punti, per puntellarla di tante macchioline bianche e sciogliersi come glassa.
Un'intera pista tutta per lei... Sorrise, dandosi la spinta con un piede. 
Si recò fino al centro del lago, scivolando leggera sul ghiaccio liscio e trasparente. La lama dei pattini slittava alla perfezione, senza trovare intoppi lungo il passaggio. Sfrecciò veloce come il vento, per sentire l'aria entrarle nei vestiti, fra i capelli e nei polmoni.  Chiuse gli occhi inspirando e si sentì immediatamente meglio.
L'aria era tagliente e la neve le graffiava ripetutamente le guance, ma lei non sentiva freddo. Aveva dentro un'energia che la scaldava dalle viscere e in ogni cellula, e che la guidò in mezzo a quelle raffiche come una maestra silenziosa, incitandola a non fermarsi. Prese velocità correndo lungo il perimetro del lago, sterzò bruscamente a destra ma non cadde; scivolò leggera come una libellula sull'acqua e si lasciò andare a diverse acrobazie che aveva imparato a riprodurre negli anni. La neve scendeva su di lei come polvere di luce, illuminandole la scena, e lei si sentì una ballerina da pattini provetta. Il vento attorno a lei bisbigliava e la inseguiva, ingaggiando con lei gare di velocità. Erano in coppia, due spiriti affini, due ballerini concorrenti. Rose sentiva dentro di sè la tensione trasformarsi in adrenalina e premere contro le pareti della sua pelle per uscire. Lasciò che la trasportasse come l'elio dentro a un palloncino lasciato libero nel cielo, finchè non si sentì interamente svuotata e sfinita. Quando riaprì gli occhi era di nuovo al centro.
Il ghiaccio attorno a lei portava i segni del suo passaggio, articolato e confuso. Guardò rapita i fiocchi candidi scendere e posarsi sul suo lavoro, e vide il suo riflesso. Lo vide stanco, col fiato corto, ma lo vide felice. Sorrise, buttando la testa all'indietro e lasciò che la pioggia di neve le baciasse le guance, curando i graffi che nella danza le aveva lasciato.



* * *



Risate.
-Smettila, Sco!-
Il suono della sua voce risuonava cristallino come quello di una cascata d'estate.
-Ahah, smettila dai.. mi fai il solletico!-
-Ti arrendi?-
-Ahah, sei perfido!-
-Sì, lo sono-
Avvolse le braccia attorno alla sua vita sottile.
-Allora?- soffiò nel suo orecchio, sporgendosi dalla spalla.
-Ok, hai vinto- rispose lei divertita.
Lui sorrise e allentò la presa.
Lei allora si scostò e fece un passo avanti, girandosi poi a guardarlo. D'un tratto il suo sorriso scomparve e tutta la luce, la serenità e la dolcezza dei suoi tratti si spensero. Rose aggrottò la fronte e la sua espressione si incupì.
-Rose?- chiese -Cos'hai?-
Lei lo fulminò con lo sguardo e si girò, voltandogli le spalle.
Lui la guardò spiazzato.
-Rose che ti succede?-
La ragazza non rispondeva. Rimaneva ferma immobile in quella posizione, le braccia incrociate al petto.
Lui allora le si avvicinò, girandole attorno per cercare di guardarla in viso.
Ma proprio quando stava per riuscirci lei si scansò e corse via.
Provò a rincorrerla, ma era come se i suoi piedi si fossero incollati al terreno - non riusciva a muoversi. La chiamò -Rose!-
Provò ad avanzare, ma non era abbastanza forte.
-Rose, aspetta!-
Ma Rose non aspettò. E continò a correre, sempre più lontano, fino a diventare soltanto un puntino.

Scorpius si alzò dal letto di scatto, il respiro affannato, la fronte sudata.
Fece scorrere gli occhi sbarrati nel buio attorno a sè, stralunato.
A poco a poco riuscì a riconoscere la stanza della casa del suo migliore amico, la Tana. Il suo cuore si calmò e cominciò a rallentare i battiti tumultuosi.
Con un braccio premuto sulla fronte ributtò la testa all'indietro, affondandola nel cuscino.
Che sogno...
Respirando forte richiuse piano gli occhi, deglutendo.
..Solo un sogno.


A pomeriggio inoltrato sbuffò con insofferenza verso l'orologio della parete, imbruttendo le lancette che ticchettavano dietro al riquadro. Se ne stava con la testa poggiata sul cuscino, le mani dietro la nuca e le gambe incrociate, mentre seduto davanti alla scrivania sotto la finestra Albus studiava sotto ordine della madre.
Con lo sguardo fisso nel vuoto rimuginava in silenzio sul sogno fatto quella notte, le cui immagini continuavano a tormentarlo come scene di un film visto al cinema. Non riusciva a togliersi dalla mente la visione di Rose che scappava via da lui, senza mai voltarsi, nè tanto meno il senso di vuoto e di impotenza che lo aveva pervaso mentre cercava di raggiungerla, senza riuscire a muoversi.
Non sapeva spiegarsi fino a che punto, ma sapeva che quel sogno rispecchiava sagacemente la realtà, e questo lo turbava fortemente.
Albus mugugnò qualcosa a bassa voce, riprendendo poi a scrivere sul suo quadernino.
Il sole fuori dalla finestra splendeva luminoso, gettando i suoi raggi limpidi sul paesaggio innevato oltre i vetri. Sarebbe stato un momento perfetto per uscire a fare una passeggiata, e godersi quel dono della natura. Guardò il suo compagno di stanza, nonchè migliore amico, sperando di vederlo gettare la penna nel cesto e cessare di studiare. Ma il moro, forse per la prima volta in vita sua, non sembrava intenzionato a demordere, nonostante fossero passate già ben due ore da quando si era seduto a quella scrivania e aveva incominciato. Doveva ammettere che quando ci si metteva sapeva essere uno studente modello. Ginny, la madre, aveva costretto lui James e Lily a mettersi sui libri, così come Hermione aveva fatto con Hugo, il quale si era rivolto a Lily per Pozioni. Le uniche rimaste delle quali non aveva notizie erano Rose e Dominique.
La prima, pensò, non aveva certo bisogno di essere costretta a forza sui libri.
La seconda non aveva la minima idea di dove potesse essere. E poco gli interessava, se proprio doveva essere sincero, al momento.
Stranamente, non sentì quella stessa piacevole curiosità che lo aveva animato fino a qualche giorno prima, e che lo aveva spinto a cercarla spesso, sperando di poter scambiare con lei qualche parola. L'interessamento era mano a mano scemato, sparendo poi del tutto senza che neanche se ne fosse reso conto, da quando Rose aveva deciso di non parlargli.
Non sapeva quale fosse la causa di quel cambiamento. Se le parole dell'amica, il senso di colpa, oppure i pensieri confusi e disordinati che da qualche giorno a quella parte non facevano che turbinargli disordinatamente in testa, distogliendolo da qualsiasi altra preoccupazione. E il soggetto di questi pensieri era sempre uno solo.
Si alzò sospirando dal letto sul quale aveva vegetato per le ultime due ore e uscì dalla camera dell'amico, scendendo le scale che portavano al soggiorno. Vedendolo deserto, si buttò sbuffando su uno dei divani vuoti, tornando a chiudere gli occhi e a fare quello che aveva fatto fino ad allora.
Non sapeva se ciò che lo preoccupava maggiormente era il fatto di aver perso la sua migliore amica di sempre, oppure di non aver avuto il modo e il tempo di spiegarle ciò che ora gli stava più a cuore spiegare: non amava Dominique. E questa per lui era ora l'unica certezza. Certo, era una bella ragazza, negarlo sarebbe stato come dire una bestemmia. Ma niente di più. Una bella ragazza, come ce ne stavano altre migliaia fuori da quella porta, magari non così belle, ma altrettanto desiderabili.
Al contrario, ciò che non avrebbe potuto trovare altrove, con la stessa facilità, sarebbe stata un'altra come lei. Un'altra Rose. Una con cui ridere per ogni sciocchezza, una da prendere in giro quando sbagliava e con cui litigare quando sapeva che aveva ragione. Un'altra con cui gli venisse voglia anche solo di uscire dall'aula e andare a correre in mezzo al prato fuori dalla scuola, con il sole sulla faccia e il vento fra i capelli. Una con cui discutere, confrontarsi, con cui dire le peggio stupidaggini e non vergognarsene. Un'altra con cui trovare la voglia di aprirsi, il coraggio di confidarsi, senza dover arrossire o cominciare a balbettare. Un'altra con cui trovare bello anche solo restare in silenzio a pensare, a guardarsi negli occhi e non avere nulla e allo stesso tempo tutto da dire.
Un'altra Rose, semplicemente. Non l'avrebbe trovata.

-Sco, noi usciamo a fare una passeggiata, vieni con noi?-
Scorpius alzò lo sguardo dall'orologio che stava maneggiando, rigirandoselo fra le mani come farebbe un direttore d'orchestra con la propria bacchetta, e lo posò sulle tre figure incappucciate ferme davanti al divano sul quale stava seduto. Lily, Hugo e Dominique.
Quest'ultima portava un paio di jeans con un giaccone bianco e un berretto azzurro, il tutto sulle tonalità più chiare che si potessero immaginare, che, accordandosi agli occhi celesti della ragazza, le donavano un'aria glaciale. Lei ricambiò lo sguardo del ragazzo, l'espressione indecifrabile come sempre.
-No, grazie ragazzi, preferisco restare qui. Albus viene?-
-Siamo solo noi- rispose Hugo infilandosi i guanti.
-Bene. Divertitevi allora-
-Grazie, a dopo-
Scorpius li seguì con lo sguardo fino alla porta, dopodichè essi uscirono e lui tornò a guardare il suo normalissimo orologio. Sospirò. Le ore del pomeriggio erano passate lente fino alle sei e lui le aveva sentite tutte addosso come una pesante agonia. Fuori faceva buio, e il vento scuoteva le cime degli alberi come un gigante infuriato. Chissà dove andavano quei tre.. Fissò senza neanche vederlo l'ovale che segnava l'ora, ed era come se contasse il tempo che gli rimaneva.
Doveva parlarle. Quel lungo pomeriggio da solo lo aveva messo davanti al fatto concreto di non avere più il diritto nè la possibilità di cercarla come un tempo avrebbe fatto. Non aveva avuto il coraggio di salire in camera sua perchè sapeva di non potersi più attendere di essere accolto e questo gli aveva fatto rabbia. Era stanco di doversi adattare a una decisione che non gli era stata comunicata, stanco di dover accettare il distacco senza neanche poter dire la sua. Voleva riprendersi la libertà di esprimersi. E voleva riprendersi lei.
In quel momento sentì dei passi sulle scale, e qualcuno scese gli ultimi gradini entrando nella sala dove sedeva muto in solitudine.
Scorpius si voltò di scatto, ma l'entusiasmo si spense subito.
-Oh, Al.. sei tu-
-Perchè, aspettavi qualcuno?-
-Eh? Macchè, no. Che stavi facendo?-
-Battevo mio fratello a scacchi-
-Bugiardo! Guarda che ti sento- esclamò una voce dalle scale. 
-Il giorno in cui mi batterai è ancora lontano, arrenditi- asserì James tuffandosi a pesce sul divano libero, le mani dietro la testa.
-James! Ti ho detto mille volte di non buttarti a quel modo, scombini tutto!- esclamò la voce della madre dalle scale.
-Non è successo niente mamma, sono ancora tutto intero!- rispose quello sarcastico sistemando con le mani il copridivano scomposto.
-E comunque stavo per vincere io 'sta volta, c'è mancato poco!- riprese Albus battendosi il pugno sul palmo della mano.
-L'importante è crederci-
Albus gli fece una smorfia che James ricambiò senza troppi complimenti.
-Perchè sei qui?, credevo fossi andato con gli altri- chiese poi rivolgendosi a Scorpius.
-Non mi andava, fa freddo..- rispose lui vago.
-Uhn- fece Albus prendendo un biscotto dalla scatola rossa poggiata sul tavolino. Erano i pasticcini francesi che avevano portato zio Bill e zia Fleur dalla Francia. Stavano finendo.
In quel momento qualcuno entrò nella sala, buttando a terra qualcosa con un tonfo.
-Mamma, vado fuori- disse la voce di Rose infilandosi il giaccone bianco e afferrando con una mano i guanti. Scorpius si voltò all'istante.
-Dove, tesoro?-
-A fare due passi, come l'altra volta-
-Non fare tardi però-
-Tranquilla-
-Eih Rose, vai da sola?- la chiamò Albus dal divano.
-Sì perchè? Non ho mica cinque anni- rispose quella afferrando una borsa di plastica azzurra dal pavimento.
-Ci nascondi qualcosa?- chiese allora il moretto fissandola serio.
Rose si fermò a guardarlo. E per un attimo sembrò che entrambi avessero preso quell'ultima affermazione sul serio. Poi scoppiarono a ridere e Rose uscì dalla porta infilandosi il cappelletto di lana.
Ma 'sta volta Scorpius non se la fece sfuggire.
-Dove vai?- chiese Albus quando lo vide alzarsi.
-A fare due passi-
-Adesso? Ma non faceva freddo?!-
-Cambiato idea- rispose quello semplicemente. Dopodichè afferrò il giaccone e uscì.


Una ventata di aria gelida lo colpì in pieno appena uscì, e Scorpius si strinse il giaccone sulla pelle sbuffando. Era buio, il sole era tramontato da poco ed ora il cielo stava man mano assumendo le tonalità della notte, riempendosi di tante piccole gemme luccicanti.
Si guardò attorno, in cerca di lei, ma lo spiazzo davanti alla casa era deserto e lui non aveva la minima idea di dove potesse essere andata. Decise di seguirne le orme prima che la neve le ricoprisse del tutto, e si incamminò. Superò così la piccola casetta dalle finestre illuminate per inoltrarsi nello stretto viottolo ricoperto di neve, rischiarato ogni tanto solo da qualche lampione. Cosa usciva a fare lei da sola, così tardi? Dove andava?
Si strinse il giaccone addosso, per cercare di proteggersi dal freddo pungente.
Cosa ci faceva lui fuori, da solo a quell'ora, con quel tempo? Perchè la stava seguendo?
In quel preciso istante sarebbe potuto stare seduto su un comodo divano, al caldo del camino, a giocare a scacchi con Albus o James. E invece eccolo lì, al freddo, per cosa? 
All'improvviso scorse una figura davanti a sè. Non era lontana, ma si confondeva con il buio del sentiero e con la neve che scendeva inesorabile.
D'istinto affrettò il passo, e allungò una mano per chiamarla. Ma si fermò. Riabbassò il braccio, strinse le labbra e continuò a seguirla di nascosto. Cercando di fare il meno rumore possibile, allungò il passo per raggiungerla; ora erano a meno di un chilometro di distanza. Si mantenne lontano di qualche metro per non farsi scorgere, e continuò a seguirla sotto la neve fredda.
Più andava avanti e più gli sembrava di riconoscere il cammino. Non ci mise molto a capire; dopo pochi istanti infatti apparve innanzi a loro il laghetto ghiacciato sul quale avevano pattinato solo qualche giorno prima.
Rose corse su quella che un tempo era stata la riva e buttò la borsa a terra. Aprendola poi ne tirò fuori un sacchetto argentato. Scorpius lo riconobbe, era lo stesso che aveva quel giorno. Senza farsi vedere andò a nascondersi dietro una dunetta di neve, spiandola da lì.
Rose si infilò i pattini, stringendo bene i lacci con più nodi. Poi si alzò e fece qualche passo avanti. Con poche spinte scivolò sicura verso il centro della pista e fece una piroetta. Dopodichè si mise a pattinare.
Scorpius la seguì con gli occhi. Allora era lì che voleva andare, ecco perchè usciva da sola. Ricordava di averle sentito dire che amava pattinare, che quando lo faceva si sentiva un'altra, fuori dal mondo e da se stessa. Probabilmente era lì che era andata anche la volta precedente. Nascosto dietro alla duna di neve, la seguì con gli occhi giocare fra i fiocchi di neve, correndo rapida e leggera e accennando a tratti passi di danza. Aveva sentito dire da Albus che era bravissima, ma lei aveva sempre smentito, dicendo appena che se la cavava. Non era vero. Scorpius vide stupito tutti quei giochi e quei passi che davanti a loro non aveva fatto, o forse che lui non aveva visto. Era sicuro di non aver assistito a nulla del genere prima di allora, perchè se così fosse stato, se ne sarebbe di sicuro ricordato. Incantato dal modo in cui scivolava sicura sul ghiaccio, saltando e piroettando come una ballerina professionista, si chiese se quella che stava ballando fosse Rose, oppure se una ninfa dei boschi dai capelli lunghi e rossi si fosse presa gioco di lui, ingannandolo coi suoi poteri magici e distogliendolo dalla ricerca della vera Rose.
La figura si divertì a volteggiare davanti ai suoi occhi attoniti e affascinati ancora per poco, dopodichè scivolò veloce fuori dalla pista e corse a togliersi i pattini. 
Scorpius, dal suo nascondiglio, aspettò di vederla allontanarsi e riprendere il cammino che avevano fatto insieme per arrivare. Solo dopo uscì allo scoperto. Stordito e intorpidito dal freddo affrettò il passo, silenzioso, e la seguì.

*

-Finalmente sei tornato, ma dove sei stato?-
-Accipicchia, ma sei zuppo fracico! Che hai fatto?-
-La neve- rispose Scorpius entrando dentro casa.
C'erano tutti, Hugo Lily e Dominique erano tornati e se ne stavano ora al comodo sui divani sorseggiando una cioccolata calda.
-Oh, caro, dammi qua, sei tutto bagnato- intervenne nonna Molly aiutandolo a svestirsi.
-Si può sapere cosa ci facevi fuori con questo freddo?-
Rose, che stava ora appendendo il proprio giaccone all'attaccapanni, sbirciò nel salottino.
-Una passeggiata-
-Fino ad ora? E non ti eri accorto di essere tutto bagnato?-
-Io..-
In quel momento sulla porta del salone apparve lei. Aveva i capelli leggermente bagnati, ma il resto del corpo era asciutto. Probabilmente aveva provveduto a vestirsi con abiti adatti prima di uscire, lei.
-Ecco, tieni- disse Molly mettendogli in mano una tazza di cioccolata fumante.
-Adesso vai a cambiarti e poi beviti questa, ti riscalderà-
Scorpius annuì.
-Ma insomma si può sapere che hai fatto fino ad adesso?-
-Prima dici di non voler uscire perchè fa freddo e poi sparisci e torni più bagnato di uno straccio, sei diventato scemo?-
-James!- lo rimporverò Lily -Sempre molto simpatico eh?!-
Ma Scorpius non lo stava ascoltando. Aveva gli occhi fissi sulla ragazza affacciata alla porta, con i lunghi ricci scarlatti abbandonati sulle spalle, e gli occhi dorati puntati su di lui.
Nella sua mente un discorso confuso e disordinato prese subito forma, parole su parole che premevano per uscire ma che le labbra non lasciavano libere.
Ciao Rose, quanto tempo.. Era tanto che non vedevo i tuoi occhi guardare verso di me e sembra così strano adesso! Lo vuoi sapere perchè sono qui, tutto infreddolito, bagnato fracico dalla testa ai piedi? Per te. Perchè avrei voluto parlarti ma non ce l'ho fatta, ho preferito seguirti in silenzio. Ti ho vista. Eri... Sembravi una creatura ultraterrena, te lo posso giurare, senza contare che sei di una bravura disarmante. E non dire che te la cavi! Forse adesso ti starai domandando perchè resto qui a fissarti come un idiota, senza dirti niente. Il punto è che non so cosa dire, o meglio, quale delle tante cose che sto pensando dirti. Mi sembra di essere talmente pieno di parole da non avere una bocca sufficientemente grande per farle uscire, è come se premessero tutte contro il buco di una bottiglia, a sforzarmi uscirebbero solo dei suoni incomprensibili.
Magari mi si legge negli occhi anche solo la metà di quello che sto pensando. Magari lo stai facendo, stai ascoltanto queste parole e stai decidendo se credermi o no. Magari ora verrai tu a parlarmi, mi sorriderai, e mi dirai che finalmente vuoi ascoltarmi. Magari potresti..
Ma Rose non fece nessuna di quelle cose. Si voltò, prese la sua borsa dal pavimento, e salì in fretta le scale.



Ti accorgi di quanto tieni
a qualcosa
solamente quando ti accorgi
di perderla.





Buongiorno a tutte. Scrivere questo capitolo è stata una tragedia. Come molte di voi già sanno, l'intera ff è già stata scritta e terminata, ma a questo e al capitolo successivo ho dovuto apportare delle modifiche, tagliando pezzi e cambiandone altri. Ci ho lavorato quasi per due giorni, perchè modificare una cosa già pronta non è facile come sembra, e il risultato che ho raggiunto non mi soddisfa per niente, ma ho dovuto pubblicarlo. All'undicesimo ho già cominciato a lavorare, spero per domani di riuscire a postarlo. Un bacio a tutte :)
Ps: quella del pattinaggio è una mia grande passione, essendo inverno non ho potuto non inserirla qui!
   
 
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