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Autore: Lifaen    31/12/2013    1 recensioni
Salve a tutti! Come si può evincere dal titolo, la trama ruota attorno ad un gruppo di avventurieri che affrontano i demoni che infestano il loro mondo, nel tentativo di liberarlo. Spero vi divertiate a leggere questa storia come io mi diverto a scriverla! Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mildred sbuffò.  Era frustrante ritrovarsi quella donna davanti a tu per tu. L’unica cosa vagamente cambiata era il suo stato d’animo e il vestito della signora. Il primo era meno malinconico e molto più frustrato; il secondo era viola, di seta, e, come sempre, sembrava essere stato confezionato apposta per concentrare l’attenzione sull’indossatrice.
Non lo sopportava. Quella donna era bella, troppo bella; e la cosa, oltre a peggiorare il suo umore e ad affossare ancora di più la sua autostima, era accompagnata dalla sgradevolissima sensazione che sapesse sempre tutto quello che le passava per la testa. Ma non era mai stata scortese in alcun modo con lei, e sarebbe stato meglio per lei che continuasse su quella strada. Altrimenti, Mildred non era sicura di riuscire a trattenersi abbastanza da non piantarle nella schiena l’ascia che teneva fra le mani.
Gliel’aveva appena consegnata, dopo aver dato, le aveva detto, un pugnale a Lenn e un arco nuovo a Keyleth. Mildred non aveva mai fatto troppo caso alle decorazioni di un arma; bastava che fosse affilata e tagliasse in profondità. Però, in questo caso, non poté trattenersi dall’ammirare i volti demoniaci che ornavano l’elsa dell’ascia bipenne, le cui lame erano affilate come le parole che a volte la Carezza era in grado di sfoderare. I volti sembravano veramente sofferenti.
Tornò a concentrarsi sul volto della donna, dalla perfezione talmente devastante da darle quasi il voltastomaco. La stava fissando, ma non intimorita, sebbene la superasse di quasi mezzo metro; non era neppure preoccupata, lo si capiva benissimo; no, sembrava solo divertita dal suo silenzio … e oltre al divertimento, a Mildred parve di scorgere anche un barlume di superiorità, in quei demoniaci occhi rossi come il sangue.
“Non ti chiederò di ringraziarmi, se è questo che ti stai chiedendo, mia giovane e dolce amica” commentò la signora.
Mildred si limitò a dare un’occhiata in giro. Il campo di addestramento era cinereo e desolato come al solito; nulla che desse l’impressione che chicchessia potesse ascoltare una sola parola. Per cui tornò a porre gli occhi su quella devastante perfezione che era la donna che le stava davanti.
“D’altronde” continuò, “non sono nemmeno troppo sicura che tu l’abbia mai davvero voluto.”
Questo lo trovò veramente ingiusto. Aveva presente il suo carattere: era irruenta, impulsiva, spesso non rifletteva sulle proprie azioni. Anzi, spesso non ne sentiva proprio il bisogno. Sopportava poco le fate, anche se Keyleth riusciva a tollerarla perché era sempre stata molto comprensiva; era anche burbera, e non si sentiva in grado di attrarre un qualsiasi uomo. Ma non credeva proprio di essere un’ingrata. Le venne quasi voglia di risponderle per le rime, ma quella continuò prima che ne avesse tempo.
“In fondo non dovrebbe stupirmi. Sei molto più abituata a fare affidamento unicamente su te stessa, erro?” fece.
Mildred si limitò a lanciarle uno sguardo carico di minacciosi sottintesi. Non sopportava che si infiltrasse in quel modo fra i suoi pensieri. Ma la Carezza (Che nome ridicolo! pensò per l’ennesima volta) non sembrò curarsi neanche di quello.
“Sai, dovresti essere lievemente più grata ai tuoi amici. Soprattutto, credo tu stia maltrattando un po’ troppo il povero Lifaen” disse, sempre con quel sorriso mellifluo e intrigante che le sembrava incollato sulla faccia.
Mildred non ci vide più. Passasse pure che le desse dell’ingrata. Ma non avrebbe mai permesso, né a lei né a nessun altro, di stabilire cosa dovesse o non dovesse fare. Il fatto che poi la donna stesse difendendo quella mezza tacca di Lifaen, quel buono a nulla di Lifaen, quell’idiota la fece infuriare solamente di più.
E rieccole. Le voci degli antenati, la musica che l’accompagnava sempre, ma che si faceva sentire solo quando ne aveva veramente bisogno. Un coro fra i più meravigliosi che avesse mai sentito, decine e decine di voci che la incitavano senza sosta, suggerendole i modi più rapidi e brutali per porre un freno a quel torrente in piena di fango sul suo onore.
Strinse la presa sulla bipenne, e, con un unico movimento fluido, mirò alla cosa tonda, bianca e rossa senza la quale sapeva che quel fiume si sarebbe immediatamente prosciugato.
La bipenne non raggiunse il bersaglio.
Mildred guardò, poi realizzò. Subito dopo guardò meglio, perché quello che vedeva era veramente al di fuori dell’umano.
Non può essere vero, si disse. Non può assolutamente essere vero, mentre la tetra consapevolezza della propria stupidità le appariva davanti in tutta la sua magnificenza.
La lama della bipenne era bloccata. Da un lungo, affusolato e graziosissimo dito bianco.
Il polpastrello non sembrava assolutamente danneggiato. Il bianco braccio a cui quel dito apparteneva non era minimamente in tensione, e il volto perfetto che era a capo di tutta quella tremenda scena la stava fissando con ardenti occhi di brace, la superiorità che prendeva lentamente il posto dell’affabilità di poco prima.
Lasciò cadere l’arma, rimanendo a fissare quello sguardo tremendo. E ad aspettare la punizione.
Dopo alcuni momenti, la Carezza si girò, e si incamminò verso il castello dandole le spalle.
Mildred rimase sbalordita. Le servì un po’ per recuperare l’uso della parola, ma alla fine la frase che pronunciò le sembrò talmente stupida che, si disse, avrebbe fatto meglio a stare zitta.
“Non mi punirà?”
Una graziosa risata, e il volto della Carezza fu nuovamente davanti al suo. Le rimise in mano la bipenne con un’espressione amichevole.
“Perché?” chiese. “Forse questa punizione non ti è sembrata sufficiente?”
Mildred non poté fare altro che seguire, a falcate misurate, il suo passo aggraziato che la riconduceva all’interno del castello. Sembrava una scolaretta che avesse preso un brutto voto in una materia in cui non aveva mai avuto problemi. Fino ad allora.
  
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