Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ayumi Zombie    31/12/2013    3 recensioni
Cadde seduto di fianco ad Armin con la grazia di un orso vestito da ballerina.
« Ti ho trovato il bassista. »
Voltò la testa nella direzione di Armin con la scioltezza di un burattino poco oliato.
« Ma tu non fai casini come al solito.
Promise me. »
Annuì con l’espressione tranquilla di chi avesse appena visto casa propria esplodere.
Armin, l'uomo del destino, è riuscito a trovare un bassista per la band. Speriamo solamente sia una persona degna di fiducia...
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Marco Bodt, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Perché sono una persona che ha ben poco da fare. Fra quel poco, ci sarebbero anche i compiti per il prossimo quadrimestre, ma non contano. Vi prego di lasciarmi un commentino per farmi sapere se la storia vi interessa o meno; se avete ipotesi per cose contenute nel testo e altre cose. Lasciatemi del feedback. Completamente a caso, ma lasciatemene. Pls.Grz prg.
 
  1. Cazzo, Armin.
 
« Massì che troviamo un cazzo di bassista entro il trentun dicembre, Armin. Ti agiti sempre troppo, cazzo, Armin. Qua alla Shiganshina High ci sono tipo tremila cazzo di studenti, Armin. Altro che un cazzo di bassista, Armin, ne troveremo un’ottantina, di cazzo di bassisti, Armin. »
« Armin, cazzo, piantala! » sbottò Eren, stringendo con più forza l’iPod ricevuto per il compleanno. Non aveva nemmeno dieci mesi, ma una crepa ne divideva a metà lo schermo. Quel povero oggetto era quasi più martoriato del cellulare. Come gli aveva spesso fatto notare il suo migliore amico Armin, il suo telefonino non aveva bisogno di una nuova cover, ma di un paracadute. Just sayin’.
« Di fare cosa? – Armin distolse l’attenzione dal libro che teneva aperto sulle ginocchia, per rivolgergli un sorriso accondiscendente. Il piercing smiley sotto al suo labbro superiore luccicò, complice. – Di ripetere le tue parole? Senza censura e con una fedeltà al novantanove per cento? »
Eren sbuffò, e si mise a guardare oltre alla testa bionda dell’amico, fuori dal finestrino. Possibile che oltre a lui nessuno fosse disposto a suonare al ballo di capodanno? Ma seriamente?
« Fosse l’ultima cosa che faccio, io non lascerò che quel coglione suoni al posto nostro. » ripeté per l’ennesima volta, ringhiando fra i denti.
Armin aveva riportato il proprio sguardo sulle pagine del libro, ma aveva un orecchio teso alle parole dell’amico. « Peccato che capiti casualmente che quel coglione abbia voce, chitarra, basso e batteria. All together. »
« E allora io gli spacco quelle cazzo di ossa. – se l’iPod avesse avuto il dono della parola, avrebbe emesso un flebile, ultimo gemito di dolore. – All together. »
« Eren, è alto esattamente quindici centimetri in più di te, - gli rispose l’altro, voltando pagina, - e pesa esattamente trentadue chili in più di te. Per quanto tu possa trasformarti nella versione mingherlina di Hulk, quando ti incazzi, gli basterebbe lanciarti un plettro in fronte e per te sarebbe l’equivalente dell’essere gettato nel Monte Fato. »
Eren gli rivolse uno sguardo piuttosto irritato.
Dopo qualche istante di silenzio, Armin alzò il viso per guardare il suo interlocutore. « Il Monte Fato è quello in cui viene gettato l’Unico Anello. Hai presente il Signore degli Anelli? »
« Cristo, Armin, lo so cos’è il cazzo di Monte Fato, smettila di sfottere! » abbaiò l’altro, agitando il pugno in cui era ben serrato il povero iPod.
Armin si portò una mano a coprirsi la piccola bocca. « Oh, scusami. Allora ho sbagliato ad interpretare quello sguardo di irritata ignoranza. »
« Non era irritata ignoranza! Era irritata incazzatura! »
« Eren, siamo arrivati alla chiesa. – il ragazzino indicò con la testa il finestrino che si trovava oltre al piccolo corridoio del bus e all’altra fila di sedili. – È quasi la tua fermata. »
Eren raccolse la cartella, si alzò dal sedile e se la gettò sulla schiena. Un tintinnio lieve di catene accompagnò il gesto. Si assicurò che il berretto nero con il logo delle ali della libertà degli Scouting Legion fosse ben calcato sul capo, si tirò su la zip del giubbotto nero di pelle troppo leggero per quella stagione. Nel frattempo, il pullman aveva raggiunto la sua fermata. Eren, senza voltarsi indietro, scese dal bus, alzando la mano in un cenno di saluto nei confronti del suo amico di lunga data.
 
Se c’era qualcosa che Eren era davvero bravo a fare, era incazzarsi. Quando era più piccolo gli era stato effettivamente diagnosticato un certo problema di controllo nei confronti della rabbia, ma era stato assicurato ai suoi genitori che se ne sarebbe andato con la crescita, insieme all’iperattività e alla curiosa tendenza che aveva a rimanere ad osservare la sua pupù prima di tirare lo sciacquone. Ora, Eren rimaneva ancora in bagno per un tempo più lungo del necessario, ma lo faceva per ragioni che non fossero il rimanere a rimirare la sua odorosa opera; eppure continuava ad arrabbiarsi. Il suo non era un problema: era un dono. Non era solamente incredibilmente impulsivo, incapace di giudicare le conseguenze delle proprie azioni – o anche solamente di ipotizzarne l’esistenza –, sboccato, e in grado di generare insulti completamente gratuiti ed immotivati. Lui riusciva ad arrabbiarsi anche per ragioni risalenti a giorni, settimane o mesi prima semplicemente rimuginandovi sopra. Il perché pensasse ai torti passati invece che alla biancheria intima femminile come la maggioranza dei suoi coetanei, nessuno lo sapeva. Nemmeno lui.
« Sono tornato. » borbottò, entrando in casa. Non si assicurò che qualcuno lo sentisse, e si limitò a salire le scale di legno per andare in camera propria.
Aprì la porta di camera propria con un lieve calcio, e la corrente prodotta fece svolazzare qualcuno dei poster appesi alle pareti. Lui non vi prestò alcuna attenzione, e lasciò cadere la cartella sul letto disfatto. Si sedette sul materasso, si sfilò la giacca, e solo quando si chinò a slacciarsi gli anfibi si rese conto di non essere solo nella stanza. Tirò su la testa di scatto. « Mikasa! » esclamò, sorpreso.
« Mamma mi ha mandata su a mettere via la tua biancheria. » fu così che la sorella adottiva giustificò la dozzina di paia di mutande che recava in mano.
Eren arrossì lievemente, per cui scelse di cambiare discorso. « Che ci fai qui? Non dovresti essere a scuola a organizzare le robe? »
Mikasa era abituata al linguaggio gregario del fratello, perciò le era spontaneo interpretarlo automaticamente. Riprese a sistemare le mutande nel cassetto. «  Abbiamo finito prima del previsto, per cui siamo tornati a casa prima. Avete trovato il bassista? »
Eren finì di slacciarsi l’anfibio, e lo scalciò via con violenza. Andò a sbattere contro al comodino, e l’urto fece oscillare la lampada appoggiata su di esso, che oscillò e cadde. « Cazzo, se non lo abbiamo trovato stamattina, ti pare che sei ore dopo ci compare dal nulla? »
Mikasa era abituata anche agli scatti d’ira. Chiuse il cassetto. « Sai benissimo che, se non lo trovate, il palco va ai From the North. – Si avvicinò a lui, si abbassò un pochino, appoggiandosi con le mani sulle ginocchia, e gli sfilò il berretto. Lo lasciò cadere sul letto e, con un gesto tenero, quasi materno, gli carezzò i capelli castani, per riordinarli un po’. – Io posso usare i miei poteri da rappresentante d’istituto quanto voglio, Eren, ma entro il trenta dovete avere la band completa e l’elenco di canzoni che intendete suonare. »
Uscì dalla stanza senza dire una parola in più. Non era necessario.
 
« Grazie, nonno, ma ho mangiato un hot dog al bar della scuola con Eren. » sorrise gentilmente Armin, richiudendo la porta dello studio in cui si trovava il suo tutore.
Si era sfilato le vans prima di entrare in casa, per evitare di sporcare di fango il pavimento in legno dopo aver attraversato il cortile. Non fece alcun rumore nell’andare nella propria stanza, né nel prendere il suo tablet ed appallottolarsi in un angolo del suo letto. L’accese ed andò su Facebook. In home gli apparve uno stato di Sasha piuttosto idiota, seguito da un’ottantina di commenti di Connie e della ragazza altrettanto stupidi; l’ennesima nuova foto del profilo di Christa e la consueta valanga di “mi piace” attribuiti all’immagine; Franz ed Hannah che si scambiavano i soliti “Sarei morto senza te! <3” e continuavano ad ignorare l’esistenza di chat private per fare gli sdolcinati. Non voleva guardare le notifiche, sapeva che cosa contenevano. Vi cliccò sopra. Sasha e Connie l’avevano invitato ad una dozzina di giochi idioti, e tre o quattro persone avevano accolto la sua foto del nuovo piercing insutrial all’orecchio con lo stesso “Oddio ma ti ha fatto male!?!?1” formulato in tre o quattro modi diversi. Li ignorò tutti.
E poi era lì: la notifica del messaggio di risposta di Marco. Anche in quel momento era online. Armin fece un respiro profondo, deglutì ed aprì una sessione di chat.

 
Armin Arlert scrive:
Ciao, Marco! Grazie mille per avermi risposto, sei stato gentilissimo!
Marco Bodt scrive:
ciao armin (: ma figurati, per me mica è stato un problema, anzi sono contento di avervi aiutato
Armin Arlert scrive:
Secondo te per lui sarà un problema?
Marco Bodt scrive:
cosa vuoi dire? O.o
Armin Arlert scrive:
Intendo, venire a suonare con noi.
Marco Bodt scrive:
ma ti pare!!! xD anche se non lo dice, è sempre stato un suo sogno….. sarebbe scemo a dirvi di no xDxD
Armin Arlert scrive:
Ma allora, se posso chiederti, come mai non ha risposto agli annunci? Eren ne ha tappezzato l’intera scuola, li ha visti di sicuro.
Marco Bodt scrive:
guarda che in realtà è un sacco timido, e secondo me aveva un po’ paura…. intendo dire che suonare è una delle poche cose che fa mettendoci l’anima e per me ha un po’ paura che poi lo avreste rifiutato per qualcosa che gli piace un sacco
non so se mi sono spiegato bene
Armin Arlert scrive:
Ma figurati, ho capito cosa vuoi dire. Grazie ancora, comunque. E mettici una buona parola!
Marco Bodt scrive:
insisterò, stai tranquillo xD

 
Armin spostò la discussione su argomenti qualsiasi, per poi farla scemare in un paio di saluti di circostanza. Lasciò cadere l’iPad bianco sul letto, e si massaggiò le tempie per qualche istante. Era inutile dire che, per quanto si divertisse a provocare Eren a riguardo, suonare al ballo di capodanno era qualcosa che desiderava fare tantissimo anche lui. Si alzò e si diresse alla scrivania, sulla quale giaceva, intonso da quando l’aveva aperto la sera prima, il libro di storia. Accostò le mani ai suoi due lati, senza sedersi, ed alzò la testa verso il poster degli Scouting Legion che troneggiava sul tavolo a cui si era appoggiato. Il cantante lo guardava fiero, con i suoi occhi di ghiaccio e quell’aria da comandante che gli aveva ispirato fiducia fin da quando Eren gli aveva fatto vedere i video le prime volte, alla fine delle scuole elementari.
« Che cosa faresti al posto mio, Erwin? » mormorò al poster.
« I’d slay some motherfucker, and then I’d lie where his body rests. » si rispose da solo, abbassando la voce così da fare in modo che somigliasse a quella dell’uomo sul muro. Era una citazione da “I (h)ate my humanity”, una delle sue canzoni preferite in assoluto. Sia per la dozzina di giochi di parole che c’erano nel testo, che ne rendevano l’interpretazione incredibilmente ardua e simile ad un rompicapo, sia per il ritmo lento, quasi simile ad una ballata, che produceva un contrasto incredibile col consueto testo sanguinolento.
Spinse la sedia all’indietro e vi si lasciò cadere sopra. Pescò un evidenziatore da uno dei portapenne di cui era disseminata la scrivania, e cercò di concentrarsi sul testo. Peccato che la sua mente fosse più concentrata sull’inevitabile futuro disastroso, che non sul passato morto e sepolto.
   
 
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