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Autore: live in love    01/01/2014    4 recensioni
" Certe persone sono come un famoso ritratto: per comprendere l'insieme si deve comprendere la sfumatura di ogni pennellata "
Tratto dal Prologo:
[ - Mi dispiace signorina Cornelia - afferma con finta voce costernata, continuando imperterrito a fare il suo lavoro.
Indignata al massimo avvampo violentemente, scoccandogli un'occhiata al vetriolo che spero lo faccia definitivamente tacere.
Mi ha chiamato con il mio secondo nome! Penso irritata al massimo dalla sua persona, così tranquilla e ironica da risultare arrogante.
- Emma - lo correggo asciutta e stizzita, pervasa da un imponente voglia di picchiarlo.
Tentando di placare i miei istinti omicidi lo guardo male, di sbieco, mentre ridacchia divertito.
- In ogni caso, Emma, ho fatto medicina non scuola di estetica - ribatte lui, calcando volutamente sul mio nome e conferendogli un alone quasi sarcastico. ]

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Mia prima storia originale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 19


At the stroke of the midnight





- Quindi? -

Il mormorio fievole e al tempo stesso acuto di Sam spezza improvvisamente la quiete che pervade placidamente la stanza, la stessa che era scesa anche su di me, annebbiando e sedando una volta tanto il mio intenso rimuginare.

Incuriosita e interdetta al tempo stesso sospiro, soffiando lentamente l'aria fuori dalle labbra dischiuse mentre riemergo dai miei pensieri, un quasi innaturale languore che permea le mie membra.

Intanto, il getto della doccia continua a colpirmi implacabile e bollente in pieno, sferzandomi senza pietà e bagnandomi totalmente.

Inevitabilmente, crea un soffuso vapore acqueo che si alza, provocando un piacevole torpore.

Le piastrelle ghiacciate della parete contro cui sono appoggiata cozzano, invece, contro la mia pelle accaldata e umida, causandomi una sensazione incredibilmente simile ad un ossimoro, rovente e fredda al tempo stesso.

Una impalpabile pelle d'oca mi vela il corpo nel momento stesso in cui schiudo gli occhi, le ciglia appesantite da innumerevoli goccioline che mi portano a sbattere freneticamente le palpebre nel tentativo di scacciarle, trovandomi costretta ad abbandonare il loro buio confortevole.

Non comprendendo assolutamente a cosa si sta riferendo aggrotto poi la fronte, alzando il capo, prima lievemente chino, quel tanto che basta per incontrare il contorno sfocato della figura della mia amica, staticamente immobile davanti al box doccia.

Il vetro smerigliato che lo costituisce, racchiuso in una intelaiatura in acciaio reso ancora più lucente dalla luce dorata dei faretti posti sul soffitto bianco, infatti, mi permette unicamente di intravedere il rosso intenso della felpa che indossa, incredibilmente simile alla sua chioma gonfia, e il nero dei pantaloni della tuta.

- Quindi cosa? - affermo subito in risposta, non capendo a cosa sia dovuta tanta enfasi e curiosità, interesse, lasciandomi stordita e basita mentre acutizzo appena il tono della voce per farmi sentire.

Ci riesco un po' a fatica, lo sciabordare dell'acqua che offusca quasi totalmente le mie parole, mentre con un gesto spontaneo e un po' distratto sposto simultaneamente tutti i capelli sulla spalla destra.

Ormai totalmente zuppi finiscono inevitabilmente per aderire perfettamente alla mia epidermide, appiccicandosi e seguendo, di conseguenza, la curva morbida del mio seno.

- Come “quindi cosa” ? - soffia prontamente lei, corrucciandosi e ripetendo ciò che io ho detto solo una manciata di secondi fa, un punta di sarcastica confusione che le impregna il timbro.

Agita subito dopo veementemente un braccio mentre io continuo a non capirla, compiendo contemporaneamente un passo in avanti e staccandomi di fatto dal muro.

Parallelamente la consapevolezza che il mio desiderio di fare una doccia rilassate e ristoratrice, prima dell'impegno di questa sera, stia velocemente svanendo, sgretolandosi contro la sua impetuosità, si insinua senza alcuna fatica dentro di me, portandomi a soffiare stancamente l'aria tra i denti.

Sam, infatti, è entrata in bagno qualche minuto fa con la scusa di prendere la spazzola e posare l'asciuga capelli nel cassettone in cui lo teniamo di solito, cogliendo subito dopo la palla al balzo per fare quattro chiacchiere e sfruttare l'occasione senza alcuna timidezza.

Non è, difatti, di certo la prima volta che accade una situazione simile visto l'intimità che c'è tra di noi, un po' a causa dell'essere coinquiline e un po' per via di essere amiche da tempo, finendo per non avere alcun imbarazzo in momenti come questi.

È capitato spesso, anche a parti invertite, di conversare mentre l'altra si faceva la doccia, un attimo di tranquillità e confidenze perfetto nonostante risulti abbastanza inusuale.

Cosa che in questi giorni sembra decisamente mancarci visto quanto poco siamo riuscite ad incrociarci in casa, unicamente nei momenti in cui lei prendeva qualche cambio dall'armadio e io, magari, aspettavo Andrew.

Nonostante Natale sia ormai passato da una settimana, infatti, portandosi via l'alone magico che lo contraddistingue e lasciando dietro di se unicamente una mole sproposita di impegni famigliari o cene con parenti, il tempo a disposizione si è rivelato decisamente poco.

Cosa che, purtroppo, non mi ha permesso di stare neanche molto con Andrew.

Imbronciandomi appena prendo in seguito una lunga boccata d'aria, inspirando lentamente mentre, tuttavia, cerco di scrollarmi di dosso questa sensazione rammaricata, riemergendo al tempo stesso dalle mie riflessioni.

- Continuo a non capirti – ribatto sincera, stringendomi appena tra le spalle prima di abbassarmi, flettendo appena le gambe nel tentativo di afferrare il mio shampoo alla camomilla mentre le paleso i miei dubbi senza troppi giri, spezzando nuovamente il silenzio.

Individuo subito dopo la confezione verde scuro dal tappo nero, vicino al balsamo e al docciaschiuma al muschio bianco, riconoscendone l'etichetta bianca proprio quando lei riprende a parlare.

Con un gesto fugace, intanto, lo agguanto, spingendomi lievemente in avanti e rialzandomi subito dopo mentre mi muovo leggermente sul posto, il piatto doccia semicircolare e antiscivolo che mi solletica ruvidamente le piante dei piedi.

- Non mi hai raccontato nulla – borbotta indispettita e piccata, impuntandosi e calcando volutamente sull'ultima parola per sottolineare questa verità, portandomi a ridacchiare sommessamente.

Irrazionalmente, intanto, il mio cervello mi porta a pensarla con le guance gonfie di indignazione e lo sguardo tra il corrucciato e l'affilato, causandomi un moto di sottile divertimento che non riesco a scacciare o a sopprimere.

Non fatico, infatti, ad immaginare la consueta espressione immusonita che le solca il viso ogni qualvolta qualcosa non la aggrada particolarmente, facendola apparire torvamente cupa e incredibilmente buffa. Davvero troppo.

Trattenendo la soffice risata che preme contro la mia bocca per uscire e trovare libero sfogo mi mordo il labbro inferiore, aprendo il sapone con una rotazione lieve del polso mentre lo torturo debolmente.

- Eri dai tuoi genitori per le feste, come facevo a farlo? - la rimbecco, ricordandole un fatto che sembra aver dimenticato con fin troppa facilità mentre ne verso una piccola quantità sul mio palmo, una chiazza perlata e bianca che si allarga velocemente tra le pieghe della mia pelle – Non penso che tua madre avrebbe apprezzato il tuo parlare al telefono tra una portata e l'altra – la provoco ironicamente, alludendo sfacciatamente alla severità di sua mamma mentre alzo sfacciatamente il mento.

È, infatti, decisamente una donna schietta e quasi impostata, assolutamente differente da Sam in tutto e per tutto tranne che per l'aspetto fisico.

Dedita al suo lavoro quasi come ad una fede, non ama assolutamente quando si esce fuori dalla “tabella di marcia” degli eventi, cene e pranzi compresi, che ha organizzato, riuscendo in questo modo ad incastrare tutti i suoi lavori.

Ricordo ancora la prima volta che mi ha invitato a passare il weekend da loro, la sorpresa nel notare come tutto dovesse avere un preciso ordine e dovessimo rispettare rigorosamente gli orari imposti senza transigere.

Cosa incredibilmente difficile per una esuberante e vivace come Sam.

Proprio il suo sbuffo, tra l'esasperato e l'insoddisfatto, rompe il filone delle mie elucubrazioni, anticipando di qualche attimo il suo borbottio frustrato.

- Lasciamo perdere mia madre, va – soffia, infatti, allontanando forzatamente l'argomento e palesando senza alcuna remora il giocoso fastidio che questo argomento le provoca, lasciandomi intuire quanto debba averla tormentata.

Non sono mai andate particolarmente d'accordo, difatti, caratteri troppo differenti che l'hanno portata in qualche modo ad trovare un feeling particolare con il padre, più simile a lei.

Assecondandola non infierisco ulteriormente, decidendo di puntare su altro il fuoco dell'attenzione.

- Comunque, neanche tu mi hai raccontato cosa è successo con Carter – aggiungo dopo un attimo di esitazione, ripagandola con la stessa moneta mentre un pensiero fugace mi attraversa la testa, portandomi a considerare distrattamente questa cosa - Tanto più che ti ha presentato anche la sua famiglia – mormoro nuovamente, sottolineando questo fatto e inarcando un sopracciglio scuro in una perfetta espressione loquace, nonostante non possa vedermi chiaramente in viso, mentre l'odore dolce e fievole del mio shampoo mi inebria, solleticandomi le narici.

Dopo un po' di attesa, infatti, Carter ha approfittato delle festività per farle conoscere i suoi genitori, provocando una sua inaspettata ansia e agitazione.

Un risolino leggero mi curva al in su la bocca, non appena il mio cervello viene pervaso dal ricordo di come era tesa e nervosa nei giorni precedenti, quasi intrattabile.

Così tanto da non apparire quasi lei, mi dico sorridente, interiormente divertita e rallegrata.

Aveva, infatti, avuto una infinità di ripensamenti su come porsi o cosa indossare, chiedendomi continuamente consiglio e finendo di fatto per svestirsi e rivestirsi più e più volte, ignorando i miei vani tentativi di calmarla e tranquillizzarla.

Con un movimento fluido inizio poi, soddisfatta, ad insaponarmi le ciocche, frizionandole con i polpastrelli mentre lei si esibisce in un rumoroso verso contrariato.

Dandomi quasi la sensazione di volermi ignorare compie poi un gesto vago, riprendendo a parlare.

- Non credo di piacere molto a sua madre, mentre suo padre e il fratello mi adorano – cede, minimizzando il racconto ai minimi termini – Ma, in compenso, a Carter è piaciuto moltissimo il mio regalo! – trilla più appagata, un probabile sogghigno che la illumina in viso e che risulta chiaramente intuibile dal suo timbro di voce, più vispo e vivace.

Sorridendo chiudo nuovamente gli occhi per evitare che la schiuma vi finisca, reclinando contemporaneamente il capo indietro per sciacquarmi, facendola scivolare finalmente via.

L'acqua mi investa in pieno, inumidendomi appena il volto, mentre scrollo lievemente la testa, aiutandomi con le dita a sciogliere i nodi che si sono purtroppo formati.

- Vedrai che le piacerai, è solo questione di tempo – la rincuoro dolcemente, muovendo appenda le labbra ed essendone totalmente certa visto il suo carattere sbarazzino ed amabile.

Non ho, infatti, alcun dubbio che riuscirà a farsi amare e prendere in simpatia. Lei, al contrario, rimane chiusa nel suo mutismo, non dicendo nulla come se stesse realmente soppesando questa possibilità.

Intercorre, infatti, un momento di silenzio, breve ed intenso che risulta inevitabilmente come una sorta di pausa.

- Ora passiamo a te e Mr Perfezione, invece – taglia, tuttavia, corto lei, troncando di netto il discorso e puntando tutta la sua concentrazione su me ed Andrew.

Un istintivo ghigno, disteso e sbarazzino, mi stende i lineamenti davanti a questo ilare nomignolo che gli avevamo affibbiato subito dopo la mia operazione in ospedale, dilettandomi intimamente nel ricordare come gli calzasse a pennello visto la sua innata mania per l'ordine e la precisione.

- Voglio sapere tutto su come sono andate le tue vacanze – soffia ancora, il tono acuto e vivace mentre si muove appena, compiendo qualche vago ed impaziente passo avanti ed indietro davanti al lavello.

Ridendo scuoto nuovamente le spalle, rendendomi sempre più conto della sua spiccata e incontrollabile curiosità che non riesce realmente a tenere a freno.

- E non provare a liquidare tutto in due parole – mi intima quasi perentoria subito dopo, finendo di fatto per negarmi quello che ha fatto proprio lei e minacciarmi amichevolmente.

Roteando gli occhi al cielo le rispondo, considerando quanto ormai mi conosca bene e sappia anticipare i miei tipici comportamenti.

- Non ci siamo visti moltissimo – mugugno docilmente, riferendomi chiaramente ad Andrew e al fatto che non siamo riusciti a stare molto insieme.

A causa dei suoi turni, massacranti nonostante i giorni di festa, e il tempo che ha dedicato giustamente ai suoi nipoti siamo riusciti ad incastrare i nostri impegni unicamente per lasciarci libera la sera, finendo per passare la notte tra le lenzuola profumate del mio letto.

E di certo non unicamente a parlare e dormire, mi mordicchio maliziosamente le labbra ricordando il suo corpo nudo e caldo contro il mio, le sue mani vagare voraci e fameliche su di me senza lasciarmi pace.

Tutt'altro. E neanche il mattino dopo, sospiro ricordando come questa stessa doccia sia stata teatro, più volte, di un alternativo risveglio, decisamente piacevole e lussurioso.

Un senso di calore e languore mi investe in pieno, spezzandomi momentaneamente il fiato in gola mentre una strana sensazione di positiva e gradevole inquietudine si insinua dentro di me, risucchiandomi tra le sue spirali.

Le immagini di quegli attimi si proiettano, quasi a rallentatore, davanti a me, stordendomi.

Tentando di tenere contemporaneamente a freno gli ormoni e di ritrovare la razionalità le scocco una leggera occhiata di sottecchi che si scontra, però, unicamente contro il vetro del box, disperdendosi nel vuoto.

- E cosa mi ha regalato già lo sai – aggiungo subito dopo, ridendo e stuzzicandola giocosamente, continuando a non sbilanciarmi e accennando, di fatto, alla sua espressione visibilmente stupita la mattina di Natale, non appena gliel'ho mostrato.

Rammento, infatti, ancora perfettamente i suoi grandi occhi verdi stupefatti e dilatati mentre mi fissava totalmente colta in contro piede, stupita almeno quanto me dal suo dono e dal modo in cui me lo ha dato.

Sorridendo poi tra il trasognato e il compiaciuto faccio istintivamente scivolare i polpastrelli della mia mano destra alla base del mio collo, incontrando istantaneamente la consistenza sottile della catenina in oro bianco.

Viro l'attimo seguente sul piccolo ciondolo a forma di fiocco di neve che vi pende, solleticando lievemente il solco tra i miei seni, mentre ne percorro i bordi, non riuscendo a non bearmi delle emozioni che quel momento mi suscita anche a distanza di tempo.

Non l'ho più tolta dalla sera della Vigilia, finendo per sfiorarla più volte soprappensiero o anche volutamente durante la giornata, faticando a non pensare a lui. Ancora.

Rabbrividisco piacevolmente mentre percepisco l'incastonatura dei piccoli diamantini premere contro la mia pelle, il mio battito che diventa una sommessa tachicardia mentre l'eco delle parole del suo bigliettino mi rimbombano nel cervello.

Voleva donarmi almeno un fiocco di neve, visto l'impossibilità di regalarmi una New York imbiancata, finendo, di fatto, per fare molto di più, realizzo.

Sospirando flebilmente abbasso poi le palpebre, crogiolandomi teneramente nell'importanza della sua azione.

Non ho, però, il tempo materiale di rilassarmi dal momento che Sam torna nuovamente alla carica.

- E posso anche immaginare come sia andato il post festa – interrompe, infatti, le mie tenere e pacate elucubrazioni, insinuando allusiva e facendomi arrossire a causa della sua frase voluttuosa e scherzosamente languida.

Senza ribattere nulla mi lascio semplicemente andare ad una profonda risata, dandole silenziosamente ragione mentre afferro il balsamo, depositandolo sulle punte dei miei capelli per ammorbidirle appena.

- No comment – mi limito, però, a ribattere, sghignazzando più forte e facendola di fatto ridacchiare insieme a me mentre le massaggio, lasciandola in balia delle sue supposizioni senza darle alcuna certezza.

La quiete della stanza viene, così, spezzata flebilmente dal nostro diletto, facendo calare un impercettibile serenità.

- Comunque, che fate a capodanno? - mi chiede di punto in bianco l'istante dopo, cambiando leggermente il fulcro del discorso mentre io inizio a lavarmi il corpo con il mio bagnoschiuma.

O, forse, comprendendo semplicemente che io non le dirò molto altro e non le fornirò, pudicamente, i particolari più piccanti.

È, infatti, il 31 Dicembre oggi, il 2014 che incombe precipitosamente su di noi creando aspettative e frenesie a riguardo.

Un penetrante senso di piacevole agitazione mi pervade a questa riflessione, rallegrandomi gaiamente e rendendomi quasi trepidante.

Niente di che – scrollo semplicemente le spalle, rispondendole subito mentre le spiego i nostri piani per questa serata - Andrew ha prenotato una suite al Marriott Marquis Hotel mormoro, assecondandola nel fornirle i dettagli – Prima ceneremo al ristorante dell'hotel e poi penso saliremo in camera – aggiungo, fornendole una risposta che sono sicura avrebbe altrimenti richiesto mentre accenno all'hotel situato proprio in Time Square, da cui si potranno vedere perfettamente e in modo agevole tutti i festeggiamenti.

Tranquilla, persisto intanto nel detergermi accuratamente, le dita che veloci scivolano sulle mie cosce nude e lisce mentre una ciocca di capelli mi ostruisce appena la vista, offuscandola e finendomi sul viso.

- Niente di che? - afferma lei, il tono che sale pericolosamente di una ottava, palesando tutto il suo sconcerto e disappunto davanti al mio mesto e morbido sussurro.

Interdetta aggrotto la fronte, massaggiando lentamente il mio seno e poi ancora più giù la pancia piatta, mentre i miei capezzoli inevitabilmente si inturgidiscono appena a causa dello sfregamento, seppur per nulla erotico.

- E' una seratina romantica! - ribatte veementemente, non comprendendo forse la semplicità delle mie parole, spontanee.

Inspiegabilmente, avvampo furiosamente, imbarazzata senza una ragione precisa da questo suo commento, così vero e onesto nel profondo.

- Non è una seratina romantica – ridacchio in risposta tra il disagio e il compiaciuto, affrettandomi velocemente a controbattere e non lasciarle il tempo di dire altro.

Leggermente imbarazzata, mi sciacquo poi celermente la chioma e il corpo, un senso di insopprimibile dolcezza che inspiegabilmente mi scuote, soffice calda come non mai

- Beh ti ha organizzato totalmente una serata al Marriott Marquis Hotel – sottolinea lei con un timbro ovvio, come se questa fosse una cosa assodata e palese – E visto quanto è richiesto ed esclusivo avrà prenotato da almeno un mese, decisamente è romantico – afferma ancora, rimarcando di fatto un qualcosa su cui io non mi ero concentrata e calcando volutamente sull'ultima parola, conferendole un alone autorevole e veritiero.

Troppo contenta del suo gesto, infatti, non ho praticamente colto questa sfumatura sorprendente, lasciandola passare troppo sbrigativamente in secondo piano.

Basita e confusa, sbarro appena gli occhi mentre i miei palmi, pieni di sapone si bloccano, arrestando i loro movimenti irrazionali ed invisibili.

Ci pensa da tempo, realizzo non dicendo momentaneamente nulla, ritrovandomi silenziosamente a dare ragione a Sam: è assolutamente un comportamento premuroso e dolce.

Disarmante, annaspo tra i miei pensieri comprendendo quanto questo termine sia la definizione adatta e perfetta del mio stato d'animo.

Mi sento così, disarmata e quasi ingenua nel non aver colto una sottigliezza tale, incredibilmente importante, apprezzabile.

Lo è in qualche modo intrinsecamente non per il fatto di vedere i fuochi d'artificio o la sfera luminosa scendere su Time Square allo scoccare della mezzanotte, ma per quello che il suo comportamento nasconde: il suo dimostrarmi quanto tiene a me.

Questa verità mi colpisce sincera e tagliente, sferzandomi come una frustrata trasparente e vigorosa, bruciandomi addosso fin quasi a marchiarmi.

Subito dopo, il timore di non avergli manifestato abbastanza quanto la sua azione mi abbia fatto piacere si insinua sibillino pericolosamente dentro di me, turbandomi leggermente.

Stupefatta e sbigottita da questa realtà non contemplata sospiro il momento seguente, piegando appena il capo di lato e permettendo di fatto all'acqua di pulirmi completamente mentre il mio battito accelera appena, sbattendo senza ritegno nella mia cassa toracica.

Lei non aggiunge null'altro, esattamente come non faccio io, forse comprendendo il mio stato emotivo non propriamente tranquillo e calmo.

Non lo sono, infatti. Uno strano miscuglio di entusiasmo e apprensione si agita dentro, acutizzando irrazionalmente a dismisura la voglia di stare con lui.

Deglutendo, allungo subito dopo la mano alla mia sinistra, chiudendo con un gesto veloce la manopola del getto, il freddo dell'acciaio che cozza contro il mio calore.

- Mi puoi passare l'accappatoio, per favore? - le domando dopo un istante, rompendo la quiete che ci circonda e stringendomi simultaneamente, infreddolita, tra le braccia mentre cambio abilmente discorso, non riuscendo, però, a scacciare le elucubrazioni.

Insistenti e petulanti, difatti, rimangono ben salde dentro di me, non abbandonandomi neanche per una frazione di secondo.

- Certo – ribatte prontamente Sam, muovendosi davanti a me senza che, tuttavia, i miei occhi la vedano davvero.

Totalmente immersa nel filone sconclusionato delle mie riflessioni, infatti, sobbalzo non appena mi allunga l'asciugamano bianco, appoggiandolo con un leggero slancio sulla parte superiore del box doccia, producendo il debole frusciare della stoffa.

- Grazie – sibilo unicamente spingendomi in punta di piedi ed afferrandolo celermente mentre delle grosse gocciole si staccano dalle mie ciocche, cadendo al suolo e producendo quindi un ritmico ticchettio.

Il più velocemente possibile me lo infilo, chiudendolo sul mio corpo e godendo del suo lieve torpore mentre assorbe lentamente tutta l'acqua che ancora lo imperla.

Senza dire altro e muovendomi appena sul posto apro poi l'anta, uscendo e tornando a vedere il bagno di casa mia non più attraverso lo sfocamento dovuto al vetro smerigliato finalmente.

Le mie piante dei piedi entrano in contatto con le piastrelle blu del pavimento nel momento stesso in cui incontro il profilo di Sam, rilassata e con le braccia incrociate placidamente sotto il seno mentre mi fissa tranquillamente.

Con un fianco staticamente appoggiato contro il legno scuro del mobile del bagno, difatti, mi scruta attentamente mentre io mi specchio brevemente allo specchio, percorrendo sommariamente i miei lineamenti.

Il mio viso, nonostante il rossore dovuto al vapore, appare disteso, le labbra appena serrate e i miei grandi occhi nocciola dilatati.

- In ogni caso meno male che non rimanete a casa e passate la notte fuori – soffia ancora, riprendendo a parlare e scoccandomi un divertito sguardo di sottecchi, rompendo la tensione del momento precedente – Avrò possibilità di dormire così – afferma ancora, alludendo nitidamente a tutte le volte che io ed Andrew l'abbiamo svegliata di notte durante i nostri attimi di impetuosa passione.

Decisamente frequentemente, mi mordo colpevolmente l'interno del labbro inferiore, voltandomi verso di lei con una lieve torsione.

Con le guance chiazzate di rosso e bollenti di imbarazzo le lancio una vibrante occhiataccia, fulminandola per nulla divertita dalla sua battutina, seppur vera e sincera.

Lei in tutta risposta si esibisce in una vibrante risata, corposa e cristallina che sferza il silenzio della stanza, rendendomi sempre più corrucciata e torva mentre inarca entrambe le sopracciglia.

Sporgendo leggermente il labbro inferiore, imbronciata, aggrotto la fronte, piegando un braccio sotto il seno, stringendomi nell'accappatoio fin quasi a scomparirvi.

Nonostante mi stia decisamente largo, infatti, io adoro averlo di una taglia più grossa, percepire il cotone lavorato a nido d'ape avvolgermi abbondantemente.

Contemporaneamente con l'altra mano artiglio poi il cappuccio, tirandolo fino a coprirmi totalmente il capo in modo da cercare di asciugare i capelli, incredibilmente zuppi, frizionandoli.

Il calore della doccia svanisce intanto lentamente, scivolando inesorabilmente via mentre lei continua sghignazzare, portandomi a ribattere.

- Non negare – anticipa, tuttavia, la mia rispostaccia di qualche secondo, riservandomi uno sguardo eloquente così sbarazzino da portarmi a roteare gli occhi al cielo mentre compio un passo in avanti, sorpassandola velocemente e senza alcuna fatica.

- Non nego, anzi sono particolarmente soddisfatta da questo tipo di insonnia – scherzo anche io, facendo allegramente spallucce – Comunque, vado a prepararmi, va – la informo subito dopo in un borbottio, ben consapevole del troppo tempo che ho perso a chiacchierare e che Andrew sarà qui tra non molto.

Sam si limita unicamente ad annuire, visibilmente sorridente e gioiosa mentre mi segue placidamente, lasciando cadere la conversazione nel vuoto.

- Dovrei farlo anche io – afferma in risposta lei, sospirando flebilmente mentre gesticola appena, quasi sconsolata – Devo essere da Carter tra un'ora e non so ancora cosa indossare – mi dice, lamentandosi, mentre metto piede in corridoio, fermandomi subito dopo sulla soglia della mia camera, sogghignando.

- Non è che mi daresti un consiglio? - mi chiede subito dopo, rivolgendomi una occhiatina amorevole e tenera con il chiaro intento di ammorbidirmi e farmi cedere.

Una risata leggera mi solca le labbra l'attimo seguente mentre un pensiero distratto mi attraversa la mente, portandomi a pensare che non riuscirà mai ad essere pronta in tempo vista la sua cronica tendenza ad essere in ritardo ed indecisa.

Annuisco.

Ed è proprio mentre lei continua a parlare pimpante, ringraziandomi visibilmente contenta, che mi ritrovo a sperare che l'anno nuovo mi riservi ancora momenti come questi, chiedendomi subito dopo cosa altro porterà.

Cosa mi riserverà, semplicemente, lo scoccare della mezzanotte.


*****

Il rumore delle nostre risate, leggere e cristalline, si mischia al sommesso vociare che fa sottofondo, sovrastandolo leggermente e creando così un mix di rumori differenti mentre la luce dorata infonde una atmosfera calda e confortevole.

Il lampadario in cristallo che pende dal soffitto, sfarzoso senza risultare pacchiano, infatti, illumina dolcemente l'ambiente con un chiarore caldo e soffuso.

Andrew, seduto perfettamente davanti a me, scuote lievemente il capo, alcune ciocche bionde che gli solleticano sbarazzinamente la fronte, mentre socchiude contemporaneamente le palpebre sotto l'impeto e la veemenza del divertimento, non trattenendosi nel sbeffeggiarmi.

Nel tentativo di placarlo, sfrega l'indice contro le sue labbra, la giacca nera dell'abito classico ed elegante che lo fascia che si spiegazza appena.

Ci riesce evidentemente con scarsi risultati, gonfiando lievemente le guance mentre la cravatta, di una scura tonalità di grigio, spicca sulla camicia bianca che indossa.

Con gli occhi nocciola leggermente sgranati sorrido di rimando, fissandolo in modo giocosamente malevolo mentre mi fingo offesa dalla sua ilarità, imbronciandomi .

Incrocio subito dopo le braccia sotto il seno, appoggiando le mani sulle mie braccia. Un leggero brivido mi attraversa non appena i polpastrelli entrano in contatto con la pelle scoperta dell'avambraccio sinistro.

Ho, infatti, addosso un abito nero a monospalla, la scollatura trasversale che mette in risalto le mie curve, venendo appena solleticata dalla collana che mi ha regalato Andrew mentre la manica a tre quarti mi arriva fino al gomito.

Con a dividerci unicamente il tavolo prendo un profondo respiro, inspirando lentamente mentre aspettiamo pazientemente l'arrivo delle altre portate.

Siamo, infatti, a cena al piano ristorante del Marriott Marquis Hotel, dove Andrew ha prenotato una suite per questa sera, stupendomi e lasciandomi totalmente senza parole per la sua imponente eleganza.

E per l'importanza della sua premura, mi ricorda sibillina e tagliente una vocina nella mia testa, venendo bellamente ignorata dalla mia razionalità.

- Sono seria – lo rimbecco, vispa e allegra, allungandomi assetata leggermente in avanti nel tentativo di afferrare uno dei due bicchieri in cristallo, adibiti rispettivamente all'acqua e al vino.

Agguantando proprio quest'ultimo con un movimento veloce e fugace non smetto neanche per un attimo di fissarlo mentre sottolineo la veridicità delle mie frasi con uno sguardo eloquente, alludendo chiaramente all'aneddoto che gli sto raccontando sulla mia infanzia.

Inarcando scetticamente un sopracciglio, Andrew non smette di ridacchiare, guadagnandosi la mia finta occhiataccia di protesta mentre sfrega ancora i polpastrelli sopra il suo labbro superiore, perfettamente sbarbato.

- Lasciavo davvero da mangiare a Babbo Natale da piccola, guarda – soffio orgogliosamente, alzando appena il capo e riferendomi a tutte le volte che obbligavo i miei genitori a farmi lasciare alcuni biscotti al cioccolato e una tazza di latte in cucina, sul bancone, in modo tale che Babbo Natale potesse sfamarsi dopo avermi portato i regali.

Un moto di felicità e delicatezza mi investe in pieno nell'assaporare queste memorie, stringendomi spietatamente tra le sue morbide spire mentre lui persiste nell'osservarmi cinicamente.

- Avanti non dirmi che tu non lo facevi! - mi ritrovo allora a ribattere, incredula e basita dinnanzi alla sua smorfia ironica e sarcastica.

Con un gesto semplice del polso, avvicinano il calice alla bocca senza, tuttavia, prenderne momentaneamente alcun sorso in paziente attesa della sua risposta.

La mia domanda sorpresa, però, non fa altro che acutizzare la sua spensieratezza, un broncio deluso che mi aleggia in viso.

Nonostante non voglia darlo a vedere questo scherzoso battibecco mi provoca, però, un insopprimibile piacere, una fitta di gioiosità che mi trafigge il petto.

- Mai fatto – sussurra lui dopo un attimo di esitazione, lasciandomi sempre più scioccata e sconvolta - Non credo a Babbo Natale da quando avevo mm … non so quattro anni – aggiunge convinto e determinano, prendendosi amorevolmente gioco di me, alzando pensierosamente le iridi verso il soffitto.

Aggrottando leggermente la fronte mi cruccio, stranita e attonita dalla sua rivelazione quando mai incredibile, non riuscendo quasi a credervi.

Non credeva a Babbo Natale? Mi domando sconcertata, continuando a stringere tra le dita lo stelo del bicchiere, il vino bianco, che lo riempie fino a metà, che ondeggia debolmente, stuzzicandomi le narici con la sua fragranza.

Ne prendo una boccata l'attimo seguente, il suo sapore che mi invade celermente il palato, lasciandomi un piacevole e dolciastro retrogusto che mi delizia, inebriandomi.

- Eri un bambino strano – borbotto, deglutendo.

Con un movimento sciolto, lo riappoggio poi davanti a me, umettandomi leggermente il labbro inferiore, ancora umido, mentre, senza una ragione precisa, il mio sguardo si posa sul tavolo, adocchiandolo brevemente.

Sulla tovaglia in cotone rosso, orlata finemente d'argento in perfetto stile natalizio, spiccano delle posate in argento, appoggiate educatamente sui tovaglioli chiari mentre, vicino al cestino del pane ai cereali, sono presenti due bottiglie, una di vino e una di acqua, ormai quasi totalmente finita.

Un lavorato centro tavola, composto da alcuni rametti ben augurali di agrifoglio e da alcune candele bordeaux, lo abbellisce ulteriormente, rendendolo più festoso di quanto già non sia.

Visibilmente divertito dall'idea di prendermi in giro lui fa semplicemente spallucce, tornando alla carica ed ignorando di fatto il mio commento piccato e pungente.

- In ogni caso, per la sua salute, spero che non li cucinassi tu i biscotti – soffia mellifluo, riferendosi sfacciatamente alle mie scarsissime abilità in cucina e provocando di conseguenza la mia istantanea smorfia indispettita.

Oltraggiata, incasso il capo.

- Non cucino poi così male – mugolo nel tentativo estremo di difendermi, non credendo neanche io a ciò che sto dicendo, torturando con la punta delle dita il tessuto del mio vestito mentre lui inarca scetticamente entrambe le sopracciglia, portandomi a soccombere definitivamente.

- Ok, è vero faccio pena ai fornelli – ammetto finalmente sincera ed onesta, dandogli ragione ed appoggiando semplicemente il palmo sul ripiano mentre mi lascio simultaneamente andare ad un debole risolino, sentendomi incredibilmente infantile e banale.

Le mie distratte elucubrazioni vengono, tuttavia, interrotte l'attimo dopo, quando un tocco caldo mi sfiora dorso.

Cogliendomi di sorpresa sobbalzo debolmente sotto questa carezza impercettibile che attira la mia attenzione, senza, però, ritrarre indietro la mano.

Inaspettatamente, Andrew, infatti, percorre lentamente il profilo delle mie nocche, lambendole delicatamente, affettuosamente, il suo ghigno che assume una sfumatura più docile, scaldandomi.

Dimenticando all'istante il sereno battibecco di poco fa, rimango in balia di ciò che mi scatena, un sentimento intenso e forte che sbatte dentro di me, destabilizzandomi.

Tuttavia, lui riprende a parlare subito dopo, riallacciandosi al mio discorso.

- Comunque, non sei l'unica che lo faceva – soffia, infatti, lasciandomi disorientata per una manciata di secondi prima di riprendere a parlare, spiegandosi più nitidamente - Anche Adam ha voluto lasciare da mangiare alle renne di Babbo Natale la notte della vigilia – afferma, riprendendo di fatto quello che gli ho detto poco fa senza smettere neanche per un attimo di coccolarmi dolcemente, vezzeggiandomi – Soprattutto dopo che qualcuno gli ha detto che Rudolf porta i regali – mi schernisce con una finta smorfia infastidita, riferendosi poco sottilmente alla storia sconclusionata e senza alcun senso che mi sono inventata la Vigilia di Natale per giustificare il fatto che avessi io i loro regali.

Decisamente poco creativa e originale, mi rimbecco da sola, guardandolo colpevolmente.

- Non sapevo cosa dirgli e non volevo rovinargli il Natale– bofonchio in mia difesa, stringendomi appena tra le spalle mentre il calore del suo sfioramento mi suscita la pelle d'oca, rilassandomi completamente.

Totalmente a mio agio, infatti, mi sento incredibilmente tranquilla e spensierata, tesa unicamente da una giusta frenesia dovuta all'attesa per l'arrivo del 2014.

Andrew, in risposta, si esibisce in una espressione indecifrabile, roteando brevemente gli occhi al cielo come se qualcosa di incomprensibile gli fosse appena tornato in mente, tormentandolo sibillinamente.

- Ci ha pensato mia nipote la mattina stessa, in compenso – soffia in uno sbuffo dopo un paio di secondi, riferendosi chiaramente a Lizzie e portandomi ad aggrottare contemporaneamente confusa la fronte.

Notando probabilmente il mio totale sbigottimento dinnanzi a queste criptiche frasi lui continua a parlare, fornendomi una risposta prima ancora che io l'abbia chiesta.

- Non sopportando più le chiacchiere di Adam a riguardo gli ha detto, testuali parole, “Babbo Natale non esiste, tonno!” - soffia, sospirando stancamente mentre inclina appena il tono di voce, flettendola in modo da renderla più acuta e farla assomigliare quindi a quella di una bambina di otto anni.

Stupita dal suo comportamento impulsivo non riesco, tuttavia, a non scoppiare a ridere davanti a questa strana imitazione, intimamente divertita nonostante io possa limpidamente immaginare l'espressione sconvolta del bambino davanti a questa sua affermazione.

- Adam ci è rimasto malissimo, si è messo a piangere e si è persino rifiutato di aprire i regali – afferma ancora, spiegandomi accuratamente cosa è successo mentre io annuisco leggermente, muovendo su e giù il capo in segno di assenso ed immaginando alla perfezione il probabile putiferio che si deve essere scatenato – Mia madre è poi riuscita a dirgli che non era vero e che esisteva e, finalmente, si è ripreso – conclude, un misto di dolcezza e stanchezza nel suo modo di fare che mi fa intuire quanto debba essere stato difficile riuscirci visto l'intelligente testardaggine che caratterizza Adam.

Senza una ragione precisa mi ritrovo a considerare subito dopo quanto io, ormai, riesca ad intuire facilmente le loro possibili reazioni, ipotizzare automaticamente i loro comportamenti.

Sorridendo teneramente soddisfatta da questa realtà gli rivolgo un leggero sguardo, non dicendo null'altro e lasciando che sia questo a parlare per me per una volta, mostrandogli semplicemente quanto essere parte della sua vita mi faccia piacere.

Sospiro, i suoi polpastrelli che si muovono placidi, creando un percorso invisibile ed immaginario fino a stuzzicare la pelle del mio polso.

Un tranquillo silenzio cala così flebilmente su di noi, il discorso che scivola inevitabilmente, permettendo al vociare delle altre persone di diventare impercettibilmente più nitido.

Prendendo una boccata d'aria mi guardo nuovamente attorno, ricercando velocemente la figura del cameriere.

Dopo, infatti, aver annotato la nostra ordinazione riguardo la seconda portata è scomparso nelle cucine ormai da parecchi minuti, lasciandomi affamata e ansiosa di pregustare gli spiedini di salmone affumicato accompagnato da una crema di porri e patate.

Arricciando leggermente il naso, adocchio poi le pareti di un elegante rosso scuro che circondano l'ambiente, rendendolo incredibilmente raffinato.

Semicircolare e spazioso, è interamente disposto lungo una vetrata che permette di ammirare Time Square, già pullulante di gente pronta a festeggiare il nuovo anno, e una New York fremente, illuminata a giorno dalle luminose.

Vari tavoli sono disposti qui e là, le sedie nere che li accerchiano e che cozzano contro il parquet chiaro del pavimento, creando un amabile gioco tra colori cupi e tonalità più chiare.

E tutti occupati, noto con una occhiatina veloce mentre le parole di Sam mi tornano improvvisamente in mente, riemergendo facilmente dalla mia memoria.

Ha sicuramente prenotato da parecchio tempo, mi stringo debolmente tra le spalle, non riuscendo a non sentirmi lusingata da questa dolce premura.

Con il cuore che pulsa leggermente più forte, tramutando il suo incedere in frenetiche palpitazioni, sfrego irrazionalmente la mano contro la sua, il bisogno di averlo vicino che diventa incredibilmente forte e scalpitante.

Quasi insopportabile, realizzo tornando a scrutare i suoi lineamenti pallidi e distesi, rendendomi silenziosamente conto di non vedere l'ora di rimanere sola con lui.

Il momento viene, tuttavia, interrotto subito dopo da un mormorio educato e gentile che mi porta a voltarmi alla mia destra.

- Ecco a voi – afferma, infatti, finalmente il cameriere di poco fa, comparendo quasi dal nulla vicino al nostro tavolo.

Fasciato da una divisa composta da un paio di pantaloni neri, abbinati ad un gilet dello stesso colore, e da una camicia bianca, ci fissa in attesa, sorreggendo con entrambi le mani due lunghi piatti rettangolari mentre dei corti capelli neri gli incorniciano il viso.

Famelica, gli sorrido debolmente nel momento stesso in cui la presa che unisce me ed Andrew si scioglie gradualmente, permettendomi di muovermi agevolmente.

Senza dire nulla artiglio poi con le dita il tovagliolo, riposizionandolo nuovamente sul mio grembo mentre il ragazzo si abbassa appena, ponendo davanti a noi le due pietanze.

Un intenso profumo, buono e appetitoso, mi invade le narici l'attimo seguente, causandomi una pressante morsa allo stomaco mentre contemporaneamente le mie iridi si posano sulla seconda portata, scrutandola.

Due lunghi spiedini di salmone affumicato sono posti diagonalmente sulla porcellana, la crema di porri e patate, ancora fumante, che li bagna accuratamente, impregnando la carne del pesce mentre alcune foglie di prezzemolo sono poste in un angolo con la sola funzione di abbellirlo.

Affamata, impugno la forchetta ed il coltello subito dopo, mordendomi appena il labbro inferiore mentre il cameriere si allontana ed Andrew fa specularmente lo stesso.

Senza una ragione precisa intanto la mia testa vaga tra i meandri delle mie elucubrazioni, portandomi a ripensare irrazionalmente alla conversazione di qualche minuto fa e quanto mi piaccia scherzare con lui.

Persino essere presa in giro diventa incredibilmente piacevole, adorabile, se è lui a farlo.

Senza quasi rendermene conto mi ritrovo così a sorridere, ripensando alla sua smorfia stralunata dinnanzi al mio racconto di quando ero bambina.

E, inaspettatamente, è proprio questa riflessione, l'attimo dopo, a riportarmi alla mente un episodio divertente della mia infanzia, spingendomi a parlare l'attimo dopo.

- Un giorno, quando avevo circa sei anni, invece – affermo di punto in bianco, guadagnandomi nuovamente il suo interesse mentre il breve silenzio che era calato pacatamente su di noi si spezza, frantumandosi.

Stupito dal mio mormorio, infatti, Andrew, alza il capo, fissandomi, nel momento stesso in cui infilzo con la forchetta una porzione di cibo, portandomela alla bocca e masticandola lentamente.

Il sapore del salmone, appena intaccato dal retrogusto dolciastro dovuto alla crema ai porri, si insinua nel mio palato.

È delizioso, constato ingorda e golosa socchiudendo appena gli occhi nel tentativo di gustarlo al meglio, completamente e appieno.

Lui comprendendo il probabile inizio di un nuovo racconto, mi studia ammutolito, permettendomi di continuare mentre taglia il pesce, mangiando.

- Ho sentito mia madre dire che a capodanno si buttano dalla finestra le cose vecchie e brutte – riprendo in un soffio, riferendomi chiaramente al famoso proverbio, secondo cui si tengono solo le cose nuove mentre le altre si gettano via – Qualche ora dopo, entrando in camera mia, mi ha trovato intenta a buttare dalla finestra in giardino tutte le mie bambole vecchie o che non mi piacevano – rido, ricordando distintamente quel momento e l'espressione sgomenta di mia mamma. Decisamente impagabile.

Non che le sue urla poco dopo, arriccio le labbra in una lieve smorfia che, però, non intacca minimamente il mio sordo divertimento.

Andrew, visibilmente rallegrato dal mio buffo resoconto, scoppia semplicemente in una corposa risata, abbassando leggermente le palpebre a causa dell'ilarità che lo travolge ed apparendo incredibilmente affascinante, bello.

Una fitta di desiderosa e bollente attrazione, infatti, mi trafigge tagliente e pericolosa da parte a parte, provocandomi un soffuso quanto leggerissimo senso di solletico al basso ventre.

Ignorandolo, seppur a fatica, mi limito stendere la bocca in un sorriso allegro e svagato.

- E poi ero io il bambino strano – mi punzecchia, alludendo di fatto al mio commento e guadagnandosi, di conseguenza, la mia sferzante occhiataccia al vetriolo, non lasciandosi sfuggire l'opportunità di prendermi in giro.

- Ero una bambina molto intelligente, invece – soffio impettita, finendo di fatto per vantarmi delle mie stesse qualità.

Dilettato dalla mia espressione imbronciata Andrew si limita a ridacchiare, non aggiungendo altro.

Nessuno dei due, in verità, dice nulla per una manciata di minuti mentre lui continua a sghignazzare, allungandosi ed afferrando il bicchiere per bere, ed io a cenare.

Se lo porta alla bocca subito dopo, prendendone un breve sorso mentre io prendo un'altra porzione di cibo, sospirando flebilmente e sentendomi incredibilmente fremente.

La tipica attesa che precede lo scoccare della mezzanotte, infatti, mi vibra addosso, agitandomi sommessamente.

Tuttavia, è altro, l'attimo seguente, a portarmi a rialzare lo sguardo, facendomi sentire incredibilmente osservata, quasi mi stessero studiando attentamente.

Aggrottando lievemente la fronte alzo di nuovo il capo, incontrando subito dopo le sue iridi azzurre e trasparenti già puntate su di me, un lieve sogghigno, un po' dolce e un po' distratto, che gli aleggia in volto, facendolo apparire tra il spensierato e il riflessivo.

Non comprendendolo mi muovo lievemente irrequieta sul posto, chiedendomi silenziosamente cosa lo porti a ghignare in quel modo quasi trasognato.

Mi sta prendendo in giro o è semplicemente perso tra i suoi pensieri? Mi domando senza capirlo, rimanendo in balia della mia momentanea confusione.

E gliela paleso subito dopo senza alcuna remora, manifestandogli sinceramente i miei dubbi.

- Perchè sorridi? - gli domando genuinamente interdetta, agitando appena la forchetta davanti al mio naso.

Leggermente imbarazza mi stringo appena tra le braccia, la sua attenzione nel seguirmi, nell'assorbire quasi ammaliato ogni mia più insignificante frase, che mi compiace e mi fa sentire a disagio al tempo stesso.

-Stavo pensando a quanto dovevi essere carina da bambina – ribatte tranquillamente lui, come se fosse la cosa più normale del mondo e le sue parole non nascondessero una insita e placida tenerezza - E intelligente – aggiunge ancora, sbeffeggiandomi in modo più pacato e meno malizioso, ora.

Spiazzata dal suo strano complimento, avvampo furiosamente, rimanendo con le labbra dischiuse senza sapere bene cosa ribattere. Il suo timbro di voce, infatti, risulta terribilmente dolce e amorevole, appena incrinato da una punta di pensierosità disarmante.

Non sapendo totalmente cosa dire mi limito unicamente a sorridergli debolmente, piegando appena il capo di lato mentre non mi vergogno del mio rossore, non nascondendoglielo.

Lievemente nervosa, però, mi porto subito dopo una ciocca di capelli dietro l'orecchio con la mano libera, spostandoli poi tutti sulla spalla destra, lasciando completamente scoperto il mio braccio nudo.

Ci pensa fortunatamente lui stesso, l'attimo seguente, a rompere il momento, spezzandolo in tronco con una battutina sottile e divertita che spazza via il mio stato d'animo turbolento, distendendomi.

- E che altro facevi da piccola, oltre buttare i giocattoli dalla finestra? - mi domanda curioso ed interessato, ritrovando il solito comportamento tra il calmo e il sfacciato che lo contraddistingue.

E che io adoro.

Assottigliandolo poi sornionamente e rivolgendomi una ammaliante quanto sexy occhiata di sottecchi, mi schernisce.

Roteando gli occhi al cielo, fintamente offesa, non riesco, però, a trattenere una fragorosa e cristallina risata davanti alla sua bonaria presa in giro, facendo passare persino in secondo piano il mio vorace appetito.

- Non mi piacevano più e mia madre aveva detto quella cosa, pensavo si potesse fare – mi imbroncio, difendendomi da sola.

- Noto, che fin da piccola avevi già molto chiaro il concetto di come si scarica qualcuno – scherza – Mi sa che devo stare attento – afferma ancora, continuando a stuzzicarmi e facendomi letteralmente scoppiare a ridere.

- Non preoccuparti, visto quanto mi piaci non hai assolutamente nulla da temere – soffio in risposta, rassicurandolo.

Molto... troppo, aggiunge sibillina istantaneamente una vocina dentro la mia testa, sottolineando una realtà che gli ho leggermente omesso, modificandola flebilmente.

Una espressione compiaciuta stende velocemente i suoi lineamenti, un ghigno soddisfatto dalla mia involontaria confessione che gli fa brillare incredibilmente le irid pervase da una punta di sincera e vanitosa contentezza che risulta ben distinguibile.

Solleticando con la punta delle dita lo stelo del bicchiere da vino mi fissa, persistendo nel stringerlo.

- Beh, all'inizio non ti piacevo molto – mormora in risposta lui, inarcando allusivamente un sopracciglio chiaro, trafiggendomi con uno sguardo limpido e liquido e riferendosi di fatto al nostro primo incontro in ospedale, dove non l'ho propriamente trattato bene.

Colta in contropiede e soprattutto su un nervo scoperto mi irrigidisco appena contro lo schienale della sedia, non sapendo momentaneamente che dire.

Un misto di disagio e onestà si agita dentro di me creando un nodo di emozioni che fatico a districare e che mi portano momentaneamente a rimanere in silenzio, ammutolita.

Trattenendo appena il respiro la mia mente viene subitaneamente invasa dai ricordi di quei momenti, riportando a galla il mio ingiustificato astio nei suoi confronti nonostante stesse facendo unicamente il suo lavoro.

Forse per via del dolore o, semplicemente, per la situazione non proprio rilassante non lo avevo trattato decisamente, finendo per vomitargli sulle scarpe.

A questa riflessione un sottile sorriso, divertito, mi inclina al in su la bocca, facendomi stringere appena tra le spalle e spingendomi di fatto a parlare.

- Non è vero che non mi piacevi – ammetto concreta, trasparente al cento per cento.

Nonostante il mio modo di agire, infatti, non posso assolutamente dire che non mi piacesse o che mi stesse antipatico. Tutt'altro.

Quasi sorpreso da questa mia sorprendente giustificazione lui aggrotta la fronte, non capendomi probabilmente e portandomi di conseguenza a spiegarmi meglio.

- Diciamo che per via del dolore le tue domande e il tuo modo perfettino mi ha un po' irritato – aggiungo sibillina, timidamente, mentre percepisco distintamente le guance andare a fuoco, bruciando intensamente.

Per una lunghissima frazione di secondo lui rimane chiuso nel suo mutismo, limitandosi a guardarmi in modo indecifrabile.

La stessa che finisce inevitabilmente per allarmarmi irrazionalmente.

La morsa al mio stomaco, infatti, da affamata si tramuta in ansiosa, facendomi sentire serrata tra le spire soffocanti del nervosismo.

Il timore, in qualche modo, che ciò che ho appena detto lo abbia infastidito si insinua dentro di me, tra le mie pieghe più intime e fragili, delicate.

Irrequieta, deglutisco, percependo la gola chiusa da un noto di sentimenti e parole inespresse che non mi permettono di pensare con lucidità o analizzare razionalmente la sua reazione.

Non ci riesco, rimanendo momentaneamente angosciata.

Ci pensa lui stesso, l'attimo seguente, fortunatamente a spazzare via ogni mio dubbio o tormento, aprendosi in un luminoso sorriso che mi rasserena.

- Lo avevo intuito – ridacchia, apparendo incredibilmente svagato e tranquillo, così tanto da sorprendermi e lasciarmi un po' stupita, basita – Soprattutto quando mi hai vomitato sulle scarpe – si corruccia, lanciandomi una eloquente occhiataccia prima di portarsi alla bocca elegantemente un'altra porzione di cibo.

Imbarazzata, avvampo violentemente, una ondata di calore che mi arrossa e scalda il viso, facendomi sentire come se stessi andando letteralmente a fuoco.

Il ricordo di quel momento, infatti, di come proprio poco prima lui mi avesse chiesto se avessi mal di stomaco, mi invade la testa, riemergendo facilmente dalla mia memoria e facendomi sentire incredibilmente in colpa.

Tuttavia, mi esibisco unicamente in una espressione innocente, quasi angelica, sperando di apparire il più credibile possibile mentre gli sorrido candidamente, addentando l'ultimo pezzo di salmone e lasciando il piatto perfettamente pulito.

Con la pancia piena ed appoggiando contemporaneamente il tovagliolo sulla tovaglia, soffio flebilmente l'aria tra i denti, aspettando pazientemente che anche Andrew termini di mangiare, rilassando la schiena contro lo schienale in legno.

- Decisamente, però, hai acquistato molti punti quando mi hai portato le gelatine – affermo sommessamente di punto in bianco, aggiungendo un altro tassello a quel ricordo.

Passo poi leggermente il palmo della mano sulla gonna del mio abito, lisciando alcune piccole pieghe mentre faccio vagare intanto, brevemente, il mio sguardo oltre la vetrata, perdendomi ancora una volta ad ammirare Time Square.

Tuttavia, dura solo una manciata di secondi dal momento che la sensazione di essere nuovamente fissata torna a stuzzicarmi, pungolandomi debolmente.

Andrew, avendo finito anche lui di cenare, si limita ad osservarmi, desiderio e amorevolezza che si mischiano mentre ribatte, visibilmente stupito da questa mia rivelazione inaspettata.

- Le gelatine verdi – sorride di rimando, rammentando alla perfezione quel momento – Solo tu potevi essere golosa di un dolce così insolito e che tutti odiano – aggiunge.

Ed è proprio nel momento in cui faccio per parlare ancora, dicendogli quanto mi fosse piaciuto quel gesto, che lui mi coglie in contropiede, anticipandomi nuovamente.

- Ah, a tal proposito … - mormora allusivo, quasi tra se e se - E' arrivato il momento che sono sicuro aspettavi da tutta la sera – soffia misteriosamente sorridente ed enigmatico in risposta alla mia occhiata dubbiosa e confusa, non permettendomi di fatto di capirlo.

Quale momento? Mi domando interdetta e, soprattutto, cosa centra questo con le gelatine?

Non capendo assolutamente a cosa si stia riferendo aggrotto la fronte, crucciandomi appena mentre con la punta delle dita torturo appena il bordo del mio vestito, chiedendomi a cosa diavolo si stia riferendo.

Non riuscendo a intuirlo mordicchio leggermente l'interno della mia guancia, facendomi pensierosa. .

Comprendendo probabilmente il mio stordimento lui ridacchia, finendo per confondermi ancora di più prima di rispondermi, finalmente.

- E' il momento del dolce – afferma infatti, schiarendomi le idee con un basso e roco mormorio, una punta di compiaciuta ilarità che la rende impercettibilmente più acuta.

Illuminandomi golosamente in viso sogghigno, pronta a chiedergli cosa abbia ordinato, non avendone, però, nuovamente l'occasione.

Prima ancora, difatti, che io possa socchiudere la bocca per formulare la frase lui mi anticipa, cogliendomi seriamente di sorpresa questa volta.

- Non sapevo cosa scegliere e ho pensato che anche tu non avresti saputo farlo – soffia mellifluo, con semplicità mentre gesticola leggermente, muovendo la mano – E così ho prenotato un carrello di dolci, in modo da farti assaggiare quello che vuoi – conclude infine, quasi timidamente, come se questa lampante premura lo facesse sentire lievemente a disagio.

Quasi senza fiato lo fisso per una manciata di secondi ammutolita, assaporando totalmente il suo gesto apparentemente semplice e innocuo che nasconde, però, una insita dolcezza.

Infinita e dannatamente speciale, deglutisco.

Con il respiro spezzato leggermente in gola mi apro subito dopo in un luminoso ed accecante sorriso, rizzando leggermente la schiena.

Come se una scarica elettrica, infatti, mi avesse colto raddrizzo la postura, appoggiando gaiamente i gomiti sul bordo del tavolo.

- Mi fai così golosa? - rido allegra e contenta, ritrovandomi a ringraziarlo con una lunga e intensa occhiata carica di sentimento in netto contrasto con la leggerezza delle mie parole, scherzose.

Cogliendolo facilmente, forse proprio a causa della forte sintonia che ci lega e che vibra tra di noi, lui annuisce vigorosamente, ghignando affabilmente.

- Decisamente si – mi schernisce con lo stesso tono, portandomi ad arricciare appena le labbra senza che i nostri occhi si stacchino, continuando ad alimentare un gioco di sguardi impegnato di complice sensualità.

Siamo, tuttavia, bruscamente interrotti l'attimo seguente quando, silenziosamente, il carrello in questione si avvicina, sospinto dallo stesso cameriere di prima, affiancando il nostro tavolo.

Con le iridi leggermente sgranate e lucide di trepidazione lo fisso nel momento stesso in cui il ragazzo si limita a togliere i piatti della seconda portata e le posate, posizionando davanti a noi due piccole forchette da dolce in argento.

Ringraziandolo con un breve mormorio, che accompagna il suo allontanamento, affondo trepidante gli incisivi nel mio labbro inferiore mentre lo passo in rassegna.

Sul ripiano in acciaio è presente una piccola tovaglietta bianca, immacolata e con il bordo leggermente ricamato, mentre sopra vi spiccano numerosi piattini squadrati di diverse forme.

Una infinità di dolci, infatti, fanno bella mostra di sé, provocandomi una tremenda fitta allo stomaco che fatico a contenere e che mi rende quasi vorace.

Percependo distintamente la acquolina in bocca mi soffermo involontariamente su un budino al cocco che attira in particolare la mia attenzione, alcune granelle di cioccolato fondente sparsivi sopra e intorno e che accompagnano lo sciroppo, che crea alcuni estrosi e immaginari ghirigori sulla consistenza del dolce.

Poco più in là, invece, vi è, invece, una piccola coppetta in cristallo rosso contenente alcune palline di gelato alla nocciola ricoperte da una spumosa panna che lo rende incredibilmente invitante. Un paio di cialde, delle scaglie di cioccolato e un fondo di biscotto sbriciolato completano il quadro, rendendomi sempre più indecisa man in mano che li osservo uno ad uno.

Ed è proprio questo, in qualche modo, che mi porta a voltarmi verso Andrew l'attimo dopo, guardandolo in muta ricerca di aiuto.

- Allora, da cosa iniziamo? - lo incito allegramente, incitandolo a parlare e pregustando il melenso sapore dei dolciumi mentre gli sorrido ancora, nuovamente.

Ed è proprio nel momento stesso in cui lui scrolla divertito il capo e la sua risposta arriva quasi sfocata alle mie orecchie che mi ritrovo distrattamente a considerare come questo strano senso di frenesia che provo non sia dovuto alla attesa dell'anno nuovo o allo scoccare della mezzanotte che si fa sempre più vicino.

O, almeno, non totalmente. Tutt'altro.

La verità di una consapevolezza differente mi investe in pieno l'istante dopo, aumentando a dismisura il mio ghigno e le palpitazione che fanno sbattere più forte il cuore nella mia cassa toracica, freneticamente.

È dovuto a lui, al sentimento che provo.

*****

Sei molto bella stasera -

Un istintivo, spontaneo sorriso mi solca le labbra nel momento stesso in cui l'alone del suo respiro mi sfiora con una carezza invisibile, scontrandosi con la spalla lasciata nuda e scoperta dal mio vestito ed infiltrandosi tra le ciocche dei miei capelli.

Immobile, Andrew rimane staticamente fermo dietro di me, così vicino da farmi percepire il calore invitante del suo corpo mentre stringe ancora tra le dita la chiave magnetica della stanza.

Abbiamo, infatti, compiuto unicamente qualche passo da quando abbiamo messo piede nella suite che ha prenotato per questa sera, rimanendo di fatto in prossimità dell'entrata, l'eco della porta che si richiude che vibra quasi ancora nell'aria, rimanendomi nelle orecchie e mischiandosi di fatto al suo mormorio.

Dopo aver finito di cenare, ormai più di un'ora fa, siamo rimasti a goderci il panorama della città illuminata a festa e fremente per gli ultimi preparativi, che ha fatto da sfondo al nostro complice chiacchierare.

Incredibilmente a mio agio, gli ho raccontato alcuni aneddoti di quando ero piccola, finendo poi per far virare la conversazione sui suoi nipoti e su molte altre cose mentre le nostre mani si sfioravano dolcemente sul tavolo, accarezzandosi pacatamente e i nostri sguardi si cercavano in simbiosi.

È stata proprio questa corposa sensazione di benessere e tranquillità, in qualche contorto modo, a spingerci a salire in camera per assaporare appieno i festeggiamenti per l'arrivo del nuovo anno e ricercare un minimo di intimità che ci consentisse di toccare l'altro nel modo più libero e naturale possibile.

Manca, difatti, poco meno di mezz'ora al 2014, ormai davvero imminente.

Lusingata e un po' imbarazzata dalle sue parole mi stringo semplicemente tra le braccia, intuendo il suo ghigno smaliziato nonostante non possa vederlo in viso, a causa del buio che ci circonda e della posizione in cui siamo.

Sospirando, mi mordo leggermente il labbro inferiore, rendendomi simultaneamente conto di quanto questo suo semplice complimento mi destabilizzi e mi faccia piacere al tempo stesso. Davvero troppo.

Un po' sensuale e un po' dolce mi causa una lieve tachicardia, il cuore che sbatte più forte nella mia cassa toracica, sconvolgendomi con delle suadenti palpitazioni.

- Grazie – soffio subito in un sussurro appena udibile, rispondendogli con un esitante attimo di ritardo e finendo per spezzare il pacato silenzio che ci avvolge.

Quasi fossimo sprofondati in una bolla di tranquillità, nessun rumore arriva dall'esterno, permettendoci di crogiolarci in questa inusuale e morbida quiete.

Inaspettatamente, il desiderio di voltarmi per baciarlo e avere così un contatto più intenso con lui, lo stesso che agogno da tutta la sera, si fa più forte dentro di me, dimenandosi fragorosamente.

Tuttavia, non ho praticamente il tempo di aggiungere altro o semplicemente di assecondarlo dal momento che lui mi anticipa, rendendo più nitida la sua presenza alle mie spalle.

Compie, infatti, un mezzo passo in avanti, facendo sfregare più sfacciatamente i nostri fisici in un lieve struscio.

Avvolgendomi in un abbraccio approssimato, li fa scontrare l'attimo seguente.

Il suo petto, difatti, entra in contatto con la mia schiena semi nuda subito dopo, il suo calore ben percepibile nonostante gli strati di tessuto a separarci, portandomi irrazionalmente a rilassarmi contro di lui in un gesto del tutto irrazionale.

Un elettrizzante ed istantaneo brivido mi attraversa, rizzandomi i capelli sulla nuca mentre l'oscurità che ci avvolge non fa altro che acutizzare le sensazioni che mi provoca, languide e pacate al tempo stesso.

Appena intaccata dalla luce proveniente da fuori, che filtra debolmente dall'ampia vetrata che si apre davanti a noi, questa flebile penombra non mi permette di vedere ciò che ho intorno.

Riesco, difatti, unicamente ad intuire appena il mobilio che ci circonda e che adorna la camera.

Alla mia sinistra, un paio di poltroncine dalla forma tondeggiante sono posizionate davanti a quello che ipotizzo essere un piccolo divanetto a due posti, appoggiato contro la parete.

Brevemente, la mia attenzione vi si posa mentre il tacco delle mie scarpe affonda debolmente nella moquette che ricopre il pavimento.

Non ho, però, nuovamente il tempo di notare altro o far scivolare faticosamente altrove il mio sguardo dal momento che, cogliendomi totalmente di sorpresa, Andrew appoggia subito dopo la mano sulla mia spalla.

Con un movimento impercepibile sposta i miei capelli sciolti e lisci, scostandoli di lato fino ad allontanarli del tutto, denudandomi.

Irrazionalmente, raddrizzo allora la postura, ritrovandomi a socchiudere quasi totalmente gli occhi, abbassando le palpebre mentre il suo profumo sensuale mi solletica le narici.

Istintivamente, ne prendo una profonda e lunga boccata mentre le emozioni prendono velocemente il sopravvento su di me, in modo incredibilmente facile ed agevole.

La mia razionalità non oppone alcuna resistenza, permettendo allo strano insieme di voluttuosità e tenerezza di agitarsi liberamente dentro di me.

E, ad alimentarlo sfacciatamente, ci pensa Andrew l'attimo dopo, bloccandomi il fiato in gola.

Con le dita, infatti, percorre lentamente la linea del mio collo, scivolando oltre la sua curva e poi ancora più giù, accarezzandomi interamente l'avambraccio.

Con ormoni e sentimenti in subbuglio deglutisco, ogni centimetro delle mia pelle che risponde reattivamente al suo tocco, andando a fuoco mentre un fugace senso di esitazione e languore si insinua sibillino dentro di me, tra le mie pieghe più intime e nascoste.

Annaspo silenziosamente sotto il suo lambirmi, delicato e intaccato appena da una punta di cedevolezza che mi destabilizza, causandomi una distinta e netta fitta di amorevolezza nel petto.

Senza dire nulla e persistendo nel rimanere chiuso nel suo statico mutismo poggia l'istante dopo le labbra, appena dischiuse, sulla mia nuca, solleticandola appena.

L'ennesimo sorriso della serata mi stende così la bocca a questo gesto, facendomi illuminare in viso, mentre le mie pulsazioni diventano più aritmiche, pompando più velocemente il sangue nelle viene.

Vi deposita un bacio incredibilmente indecifrabile subito dopo, dalle mille sfumature e che mi lascia addosso un po' di confusione e stordimento, lo stesso che scende sulla mia mente annebbiandola pacatamente in una manciata di secondi.

Casto e voluttuoso al tempo stesso lo porta ad indugiare appena sulla mia epidermide arroventata mentre una ondata di rossore mi investe in pieno volto.

Seguendo unicamente l'istinto aderisco maggiormente contro di lui, sfregando leggermente il sedere in una languida frizione che fa definitivamente esplodere i miei ormoni.

Andrew si tende appena a questo mio movimento, il suo respiro che si spezza improvvisamente, facendomi comprendere che non sono l'unica ad apprezzare questa vicinanza.

Tuttavia, riprende a parlare l'istante seguente, rompendo lievemente il momento e il filone dei miei pensieri, sconclusionato e senza logica.

- Tra poco è mezzanotte – bofonchia, muovendo impercettibilmente la bocca contro di me, quasi a volermelo ricordare senza, però, smettere di lambirmi.

Continua a farlo, infatti, persistendo nel stringermi a se senza alcuna incertezza.

In risposta, mi limito unicamente a muovere impercettibilmente il capo su e giù, annuendo distrattamente mentre le sue labbra bollenti scivolano sul mio collo, non volendo quasi saperne di lasciarmi andare.

Irrazionalmente inclino il capo di lato, sospirando compiaciuta e goduta mentre affondo istintivamente le unghie nella mia pochette nera, stringendola in modo più deciso e quasi spasmodico.

Di conseguenza, però, finisco inevitabilmente per scoprire maggiormente la gola, mettendola completamente alla sua merce.

Lui, stranamente, tuttavia, non coglie al balzo l'occasione, lasciandosela, purtroppo, sfuggire.

- E' meglio che io vada a prendere lo champagne – mormora dopo una lunga frazione di secondo, sospirando flebilmente e facendomi, quindi, intuire che probabilmente neanche lui è troppo contento di allontanarsi da me.

Imbronciandomi appena mi corruccio, delusa mentre sporgo leggermente il labbro inferiore.

Quasi comprendendo il mio stato d'animo lui continua a parlare, sollecitandomi amorevolmente.

- Dai una occhiata in giro intanto, se vuoi – mi bacia ancora, accarezzandomi contemporaneamente il braccio con la punta dei polpastrelli, facendo su e giù.

La sua voce bassa e calda arriva nitida al mio udito, rendendo sempre più acuto il mio dispiacere.

- Si – ribatto, però, prontamente, prendendo un respiro profondo nel tentativo di ritrovare un minimo di autocontrollo.

Indugiando contro di me ancora per una manciata di secondi si stacca l'attimo seguente, compiendo un un paio di passi indietro, allontanandosi, probabilmente per andare ad accendere la luce e permettermi, così, di guardarmi intorno.

È proprio nel momento in cui il calore del suo corpo svanisce totalmente, però, che una concreta e tagliente constatazione mi attraversa la mente, sottolineando una mesta e sincera verità e assorbendo totalmente la mia attenzione.

Tutto quello che vorrei fare in questo momento è rimanere abbracciata a lui a dire il vero, stretta al suo corpo, l'arrivo del 2014 che passa incredibilmente in secondo piano.

Unicamente questo.

Sotto il peso di questo pensiero il mio cuore perde un battito, causandomi una fitta di adrenalinica dolcezza mentre i ritmici tonfi dei suoi movimenti, attutiti dalla moquette, fanno da sfondo al mio rimuginare.

Tuttavia, l'attimo seguente le mie riflessioni complesse e annodate vengono spezzate in tronco, spingendomi ad alzare lievemente il capo.

Un soffuso chiarore, infatti, non troppo intenso o violento, illumina improvvisamente la stanza, permettendomi di adocchiare ciò che ho intorno ora con maggior facilità.

Incuriosita, accantono per un attimo così le mie considerazioni, non badandovi ulteriormente.

Davanti a me, infatti, si apre un ampio ambiente dal perimetro rettangolare, le pareti di un caldo color panna che lo circondano, facendolo apparire incredibilmente delicato e intimo.

Ammaliata e piacevolmente stupita dalla sua eleganza continuo ad adocchiare il piccolo soggiorno che costituisce l'entrata della suite, scrutandone ogni dettaglio.

Sui muri laterali, sono presenti due porte in legno scuro, che, probabilmente, devono portare al bagno e alla camera da letto mentre quello più lungo, dinnanzi a me, è composto unicamente da una lunga vetrata, adornata ai lati da un paio di tende color caramello orlate d'oro.

Il tutto crea un perfetto mix con la moquette del pavimento, della stessa identica tonalità dell'intonaco mentre sul soffitto bianco è presente un sofisticato lampadario in cristallo che infonde un fulgore soffuso che crea una atmosfera elegante.

Alla mia sinistra, proprio come avevo ipotizzato poco fa, è presente un piccolo angolo relax costituito da un divanetto in pelle bianca e da due poltrone dall'imbottitura tondeggiante su cui sono appoggiati dei morbidi cuscini di stoffa porpora.

Andrew mi affianca subito dopo, sorridendomi visibilmente contento davanti alla mia smorfia stupita e soddisfatta al tempo stesso, richiamandomi alla realtà.

- Ti piace? - mi incalza subito, forse ansioso di conoscere il mio parere, fissandomi insistentemente.

Annuendo leggermente inclino il viso nella sua direzione, riservandogli un rilassato sguardo da sotto le ciglia, una scintilla di benessere che mi illumina.

Prima ancora che io possa rispondere affermativamente, sottolineando con le parole il mio giudizio, tuttavia, lui continua a parlare, provocandomi giocosamente ed in modo inaspettato.

- Non sai cosa ho dovuto fare per averla – ammicca, infatti, stuzzicandomi sfacciatamente mentre inarca allusivamente un sopracciglio chiaro, un lampante languore che impregna in modo volutamente lascivo la sua frase, lasciandola quasi in sospeso.

Il suo timbro caldo, infatti, si flette appena, assumendo una sfumatura eccitante.

Per nulla divertita gli lancio una occhiataccia, perforandolo con uno sguardo al vetriolo mentre lui si limita a sghignazzare sommessamente, un istintivo fiotto di fastidio che mi trafigge da parte a parte.

Cercando di non darlo a vedere, roteo poi teatralmente gli occhi al cielo, incrociando le braccia sotto seno, una irrazionale punta di gelosia che si insinua sempre più profondamente dentro di me, corrucciandomi lievemente.

La sua smorfia soddisfatta e compiaciuta, tuttavia, fa scemare il mio broncio subito dopo, portandomi a ridacchiare ilare nel constatare come il suo intento fosse proprio quello di causarmi questa reazione.

In modo del tutto alogico, dalla mia memoria riemergono le parole di Sam, il fatto che lui probabilmente ha pensato a tutto questo molto tempo fa, con un premuroso anticipo.

Un spontaneo ghigno si delinea velocemente sulle mie labbra nel momento stesso in cui questa riflessione mi attraversa la mente, facendomi sospirare più sollevata e rilassata.

Scrollo subito dopo le spalle, ribattendo ed ignorando di fatto ciò che provo.

- E quale arma hai dovuto sfoderare per ottenerla, questa volta? - soffio suadente, giocosa prendendolo visibilmente in giro e punzecchiandolo a mia volta.

In tutta risposta lui scoppia a ridere, scuotendo vigorosamente il capo prima di compiere un un unico passo verso di me, annullando la distanza tra i nostri corpi.

Prima ancora che io possa comprendere le sue intenzioni, tuttavia, lui abbassa il volto, il suo respiro che sfiora la mia guancia anticipando il contatto che arriva subito dopo.

Le sue labbra trovano le mie, infatti, la frazione di secondo seguente, assaporandole brevemente in un bacio lento, ma fugace.

Cogliendomi in contropiede e a tradimento, le trova già dischiuse e pronte ad accogliere la sua lingua, che si insinua nella mia bocca senza alcuna difficoltà.

Dura, tuttavia, solo pochi attimi dal momento che ci separiamo subito dopo, leggermente ansimanti e con ancora l'alone della risata di poco fa distendere i nostri lineamenti.

- Non sono dovuto andare a letto con nessuna – afferma, il tono serio e pacato, fingendosi piccato e quasi offeso, ancora incredibilmente vicino.

Istintivamente, appoggio intanto una mano sul suo petto, la consistenza soda e tonica del suo corpo ben percepibile sotto il cotone leggero della camicia bianca che indossa.

Saremmo nella suite residenziale, in quel caso – scoppia nuovamente a ridere, raddrizzandosi improvvisamente e portandomi a gonfiare le guancia in un sonoro sbuffo che non trattengo.

Lanciandogli una veloce ed eloquente occhiata da sotto le ciglia lo trucido, mentre lui continua a visibilmente contento delle mie reazioni piccate.

Decidendo silenziosamente di non permettergli di infierire ulteriormente nel fastidio che mi provoca pensarlo con un'altra donna cambio abilmente argomento, tornando a parlare della camera.

- Comunque, mi piace moltissimo – vi accenno sorridente, un gioco di sguardi complice e carico di sintonia che ci unisce e fa scivolare semplicemente via il scherzoso battibecco di qualche attimo fa.

Senza aggiungere nulla amplia semplicemente il suo sogghigno, facendomi sentire incredibilmente imbambolata e priva di equilibrio, disarmata e quasi lunatica a causa della velocità con cui le mie emozioni cambiano sfumatura.

Cosa che accade nuovamente il momento seguente, quando lui parla ancora.

- Sai, c'è anche una bellissima vasca nel bagno - mormora, difatti, con timbro limpidamente allusivo, riferendosi sottilmente alla possibilità di sfruttarla questa notte stessa.

Investita dall'ondata di calore, vigoroso e veemente, che questa considerazione mi suscita arriccio appena il tessuto della sua camicia, rafforzando la presa su di lui.

Deglutendo quasi a fatica non ribatto assolutamente nulla, tentando di non cedere all'impeto dei miei ormoni che mi urlano a squarciagola di mandare al diavolo i festeggiamenti e di trascinarlo direttamente a fare un bagno caldo.

Cercando faticosamente di riprendermi mi porto, così, una ciocca di capelli dietro l'orecchio, scostandola dal mio viso mentre le mie iridi si allontanano dal suo profilo, posandosi su un tavolo rotondo ed in cristallo posto sulla parete alla mia destra, sul fondo.

Circondato da alcune sedie in legno scuro dalla linea moderna e raffinata, è occupato in parte da un alto e stilizzato vaso in cui spiccano alcune stelle di Natale, che infondono una incredibile atmosfera festosa e magica, suggestiva.

Lontano solo una manciata di centimetri, è presente un cestello in acciaio per lo champagne, la bottiglia di un verde scuro e dalla carta del tappo dorata che è probabilmente affondata nel ghiaccio, rimanendo fresca.

Un paio di flute, destinati al brindisi della mezzanotte, vi sono posti affianco, lo stelo appena lavorato che fa comprendere la loro importante e costosa fattura.

Lanciandomi un ultimo sguardo, Andrew si muove mutamente subito dopo, facendo scivolare via la mia mano dal suo corpo ed avvicinandovisi nel tentativo di afferrarli.

Seguendo il suo consiglio, mi muovo anche io, decidendo di esplorare anche il resto della suite.

Ancheggiando appena a causa delle alte scarpe che indosso, cammino lentamente verso la camera da letto, curiosa di scoprirla.

Lasciandomi l'entrata alle spalle vi metto subito dopo piede, ritrovandomi ad ammirare una stanza dal perimetro squadrato e spazioso.

Le pareti sono di un intenso color blu notte, una tonalità che infonde istantaneamente una sensazione di quiete e tranquillità, creando una atmosfera pacata e quasi rilassante che è incredibilmente accentuata dalla lieve penombra che la permea.

Quasi si estendesse anche a me mi porta a curvare appena al in giù le spalle, sospirando flebilmente mentre rimango ferma sull'uscio, guardandomi intrigata intorno alla smaniosa ricerca di dettagli.

Alla mia sinistra compare subito un mobile a muro in legno scuro, alcuni cassettoni dalle maniglie in acciaio che compongono elegantemente la parte inferiore mentre i ripiani più alti sono costituiti da alcune mensole. Al centro, invece, vi è un grande televisore appeso a quadro, la cornice nera e lucida che risalta contro l'intonaco.

Compiaciuta, compio l'istante seguente un passo in avanti, la suole delle mie scarpe che non producono alcun rumore rendendomi incredibilmente silenziosa.

Un ampio letto è posto esattamente di fronte a me posizionato appena su un rialzo, un piccolo gradino ricoperto anch'esso dalla moquette beige.

Dalla linea sofisticata e moderna occupa quasi interamente il muro, la testiera, leggermente più alta del normale, che lo fa apparire quasi imponente.

Sul gonfio piumone azzurro fanno poi bella mostra di se alcuni cuscini argentati e da arredamento, dalla forma rettangolare, cozzando contro le federe di un color indaco dei guanciali, all'apparenza incredibilmente soffici.

Su quelli laterali e più corti, invece, è presente, da un lato, un comò in legno scuro, perfettamente lucido e su cui spicca un vaso in cristallo colorato, finemente lavorato mentre, l'altro, è nuovamente interamente occupato da una piacevolissima vetrata che permette di scorgere Time Square, ormai pullulante di gente.

Istintivamente, vi lancio una occhiata, attirata in qualche modo dalle numerose e festose luci e dal fiume di persone che vi sono accalcate, attendendo la mezzanotte.

Non deve mancare poi molto, realizzo subito dopo con un pensiero distratto mordendomi leggermente l'interno della guancia.

Tuttavia, il mio meditare viene interrotto subito dopo, non appena il rumore dei passi di Andrew mi avvisa del suo imminente arrivo, non permettendomi di fatto di notare altro.

Diventano, infatti, più nitidi, solleticandomi delicatamente l'udito e portandomi di conseguenza a voltarmi in quella direzione.

Con una lieve torsione sul posto lo faccio girandomi totalmente e trovandolo già intento a fissarmi mentre rimane immobile, staticamente fermo sull'uscio della porta.

Un leggero mezzo sorrisino accompagna la sua espressione tranquilla e neutrale mentre mi scruta dolcemente e di sottecchi.

Un istantaneo ghigno mi coglie quando le mie iridi incontrano le sue, consentendomi di specchiarmici agevolmente.

Un subitaneo senso di vertigini mi coglie, stringendomi lievemente lo stomaco in una pressante morsa mentre le farfalle tornano ad agitarsi intensamente dentro di me, inquietandomi piacevolmente.

Deglutendo, lo guardo, percorrendo velocemente il suo profilo e notando unicamente ora che si è allentato la cravatta, probabilmente non sopportandola ulteriormente.

Con il nodo lievemente sciolto mi fissa di rimando, la consueta aria rilassata e sbarazzina, che mette a dura prova l'attrazione che provo nei suoi confronti.

Tentando di tenerla a bada inspiro lentamente una lunga boccata d'aria, nel momento stesso in cui lui alza la mano destra.

Con un movimento lieve e ondulatorio del polso fa ondeggiare davanti a me la bottiglia di champagne, il vetro scuro appena imperlato da una sottile patina di goccioline dovuto probabilmente al ghiaccio in cui era immerso e al calore della stanza.

Nella sinistra, invece, tenuta lungo il fianco, stringe per lo stelo i due flute di cristallo, ancora vuoti.

Senza una ragione precisa, la mia attenzione viene inaspettatamente richiamata dall'etichetta bianca che compare sul lato panciuto, portandomi ad assottigliare lievemente gli occhi per scorgerne il nome.

- Dom Perignon – mormoro a voce alta, una perfetta pronuncia francese che rende quasi cadenzata ed impeccabile la mia voce, ammorbidendola nonostante sia poco più che un sussurro che sferza l'aria.

Andrew, visibilmente sorpreso, aggrotta improvvisamente la fronte, una espressione stupita che permea i suoi tratti mentre continua ad accarezzarmi silenziosamente con lo sguardo azzurro, studiandomi attentamente.

Arriccia subito dopo la bocca, parlando.

- Sai il francese? - mi chiede palesando velocemente la sua dubbiosa domanda, stupito, creando un filo diretto tra parole e pensieri.

Sentendomi incomprensibilmente sotto esame e lievemente a disagio incasso la testa, facendo semplicemente spallucce l'attimo seguente.

Una risposta divertita e ilare, tuttavia, mi stuzzica silenziosamente subito dopo, scalzando quella più seria e pacata, portandomi di conseguenza a rispondere subito dopo in modo leggero e allegro.

- Quelque peu – soffio, parlando nuovamente in francese, sferzandolo con una occhiatina giocosa.

Probabilmente non capendo cosa ho detto lui si esibisce in una smorfia corrucciata e confusa, quasi stordita, causandomi un sordo moto di contentezza che non freno.

Lascio, difatti, libera di esplodere la risata che preme contro le mie labbra, non sapendomi davvero contenere.

Fintamente offeso dalla mia presa in giro mi lancia una sbieca occhiataccia, compiendo subito dopo un passo in avanti nel tentativo di avvicinarsi mentre rotea brevemente gli occhi al cielo.

Persistendo nel rimanere staticamente ferma lo scruto, sghignazzando e spezzando nuovamente il silenzio di poco fa.

- Mia madre mi ha fatto prendere lezioni private due volte a settimana da piccola, comunque – gli spiego, infatti, subito dopo, una smorfia leggermente contrita e non troppo entusiasta che mi solca il viso mentre gesticolo appena, i ricordi che affiorano placidamente dalla mia memoria – L'insegnante era una vera arpia, la odiavo – bofonchio subito dopo, inarcando allusivamente le sopracciglia, ricordando limpidamente quanto poco volentieri volessi andarci.

Per niente, prendo un piccolo sospiro rammentando l'interminabile broncio che aveva spinto mio padre a far cessare questo impegno settimanale dopo un paio di anni di frequenza, causando il fastidio di mia madre.

Un leggero risolino fa capolino sulla sua faccia l'attimo seguente, nel momento stesso in cui mi raggiunge definitivamente, rivolgendomi un tenero e comprensivo sguardo.

Dimenticando momentaneamente la mia infanzia mi concentro così totalmente su di lui, così vicino da permettere quasi ai nostri toraci di sfiorarsi.

Una irrazionale attrazione torna a pulsare più forte nelle mie vene, improvvisa e languida, facendomi tendere appena mentre lui china lievemente il capo, avvicinando inevitabilmente i nostri visi.

Il tacco delle mie scarpe, infatti, mi permette di essere quasi alla sua stessa altezza, l'alone dell'incedere del suo respiro che si scontra con la mia guancia, scivolando tra i miei capelli.

La voglia di toccarlo si tramuta così velocemente in un pressante bisogno, portandomi ad appoggiare il palmo sul suo torace e poi ad abbracciarlo totalmente in modo così naturale e celere da non farmene quasi razionalmente accorgere. Agisco, difatti, prima ancora che questo istinto si sia tramutato in riflessione, il calore della sua pelle ben percepibile nonostante il sottile strato di tessuto a separarci.

Il mio seno si scontra, così, contro il suo petto, aderendovi totalmente mentre mi ritrovo a insinuare il volto nell'incavo del suo collo, un gesto apparentemente banale che nasconde, invece, una profonda intimità.

Nessuno dei due dice nulla per una manciata di secondi mentre lui ricambia goffamente l'abbraccio, non potendolo fare completamente a causa della bottiglia e dei bicchieri.

Quasi intuendo quanto io stia bene al momento, lui appoggia delicatamente la bocca sulla mia testa, depositando un bacio leggero tra le scompigliate ciocche dei miei capelli, facendomi ghignare luminosamente.

Ancora una volta, infatti, desiderio e dolcezza si sono mischiati, andando a confluire in quel sentimento forte ed intenso che fa batter più forte il mio cuore ogni qualvolta lui è vicino, presente.

Il momento, tuttavia, viene interrotto l'attimo seguente, quando lui riprende inaspettatamente a parlare.

- E' quasi il 2014 – soffia debolmente, portandomi a muovermi quel tanto che basta per alzare lievemente il mento, guardandolo in viso.

Con un cenno lieve della testa mi indica poi la vetrata e quindi, di conseguenza, Time Square, facendomi intuire la sua volontà di godersi giustamente lo spettacolo dei festeggiamenti.

Comprendendolo ed essendo io stessa in qualche modo elettrizzata annuisco, non smettendo neanche per un attimo di adocchiarlo teneramente.

- Pronta per lo spettacolo? - continua il secondo dopo, riferendosi limpidamente alla sfera che scende allo scoccare della mezzanotte.

Sbarrando lievemente gli occhi ribatto.

- Molto – ammetto sincera e con enfasi, quasi febrillante non trattenendo l'impeto gioioso che si scatena dentro di me.

Allegra, sciolgo l'istante seguente la presa sul suo corpo. Tuttavia, non mi allontano da lui, spingendomi subito dopo leggermente in punta di piedi, rubandogli fugacemente un bacio.

Dura solo unicamente qualche istante, il tempo di far scontrare le nostre bocche per un contatto quasi a stampo, veloce.

Con le iridi lucide gli prendo poi premurosamente dalle mani i due sottili bicchieri in modo da permettergli, in seguito, di stappare lo champagne più agevolmente.

- Merci – soffia, bofonchiando in modo convinto un “grazie” in francese, facendomi furiosamente scoppiare a ridere.

Scuotendo bonariamente le spalle raggiungo con un paio di falcate subito dopo la vetrata, seguita da Andrew l'istante seguente.

Senza aggiungere altro si ferma esattamente dietro di me, scrutando attentamente la via mentre appoggia simultaneamente le dita sul mio fianco, non volendo probabilmente eliminare un contatto tra di noi.

Piacevolmente colpita mi stringo appena tra le braccia, rendendomi conto che mancano ormai unicamente un paio di minuti.

Una sottile frenesia mi coglie istantaneamente mentre adocchio istintivamente Time Square, ammirandola rapita e stupefatta.

Un fiume di gente, infatti, occupa la parte centrale della strada che termina con un palco su cui si stanno esibendo vari ballerini vestiti di rosso e un cantante, la sua melodia che, però, non ci raggiunge, lasciandoci avvolti dal nostro intimo e pacato silenzio, nonostante le potenti casse.

Una miriade di piccole e colorate luci lo addobbano, rendendolo incredibilmente festoso e gioioso, causandomi un sottile sorriso.

Sposto, tuttavia, subito dopo lo sguardo, facendolo scivolare sull'imponente grattacielo che è presente alle sue spalle, il One Time Square.

Estasiata, sospiro impercettibilmente mentre i suoi polpastrelli sfregano appena contro il tessuto del mio vestito, accarezzandomi dolcemente.

Il mio battito accelera leggermente nel momento stesso in cui adocchio il grande orologio che compare poco sopra il maxi schermo e che indica che manca ormai poco meno di un paio di minuti allo scoccare della mezzanotte.

In un secondo la mia mente, irrazionalmente, si affolla di una miriade di pensieri, facendo tornare a galla tutto ciò che è successo in questo anno, ripercorrendolo passo passo.

I momenti felici e le risate con Sam... le litigate con mia madre e le riappacificazioni incitate da mio padre... Noah... Andrew...

A quest'ultima riflessione un spontaneo sogghigno stende maggiormente le mie labbra, illuminandomi semplicemente e radiosamente in viso mentre le considerazioni che lo riguardano emergono su tutto il resto.

Il consueto senso di piacere e cedevolezza torna ad abitarmi velocemente l'attimo seguente, facendomi sentire incredibilmente bene mentre davanti a me si proiettano le labili raffigurazioni degli istanti in cui l'ho incontrato, in cui ci siamo conosciuti.

Rivedo quel suo modo pacato e sbarazzino di porsi nei miei confronti, un po' sfrontato e un po' accademico nella sua perfezione.

Lo stesso che, inizialmente, ho trovato terribilmente irritante e frustrante, quasi fastidioso, finendo poi, però, per adorarlo terribilmente, amarlo.

La fitta di divertimento che questo meditare mi crea contamina appena la stretta insistente che mi stringe lo stomaco, soffocandomi tra le sue spire.

Mi provoca una ineguagliabile sensazione di benessere, al tempo stesso, scaldandomi interiormente come se qualcosa si stesse sciogliendo nel mio petto.

Ed è solo dopo un attimo, riflettendoci distrattamente, che comprendo che è dovuto unicamente al sentimento che provo nei suoi confronti, e non solo alla sua vicinanza, tutto ciò.

È questo a farmi sentire così instabile quando mi guarda in quel modo quasi adorante, a farmi sentire così bella sotto le carezze invisibili delle sue iridi nonostante le mie buffe smorfie o espressioni.

Improvvisamente, però, i fotogrammi della festa e dalle sequenze del concerto vengono sostituiti dai caratteri cubitali dei numeri, riattirando corposamente la mia attenzione e spezzando il mio monologo interiore.

Seppur un po' a fatica, relego tutto questo riflettere in un angolo remoto del mio cervello, non soffermandomici ulteriormente e tornando ad essere leggera e spensierata.

Rilassandomi appena, torno a guardare consapevolmente davanti a me, interessata.

Istintivamente, il respiro mi si spezza in gola l'attimo dopo, facendomi tendere fremente ed elettrizzata, notando le cifre ridursi velocemente a partire dal numero sessanta.

Ci siamo, mi dico esaltata muovendomi leggermente sul posto mentre deglutisco, stringendo irrazionalmente tra le dita maggiormente lo stelo dei bicchieri mentre il conto alla rovescia continua inesorabile.

Né io né Andrew diciamo assolutamente nulla, persistendo nel rimanere chiusi nel nostro mutismo e quasi in rigorosa attesa, solo l'alone del suo respiro che mi solletica la nuca, infiltrandosi tra le mie ciocche.

La sfera, posta sulla sommità del grattacielo grazie ad una lunga asta in metallo, inizia ad illuminarsi, assumendo una miriade di sfumature e colori, i primi fuochi d'artificio che iniziano ad essere sparati ai suoi lati.

Scintille di rosso e verde, infatti, accompagnano il countdown, tingendo il cielo cupo e scuro.

Trepidante e senza una ragione precisa, mentre l'ennesimo fiotto di eccitazione si riversa poderosamente dentro di me, mi giro appena, lanciando una breve e fugace ad Andrew, curiosa di intravedere la sua reazione.

Lo trovo intento a guardare attentamente fuori, gli occhi appena socchiusi nel tentativo di cogliere ogni dettaglio, non notando apparentemente il mio studiarlo.

Affascinata, mi ritrovo a percorrere placidamente il suo profilo appena illuminato, non riuscendo a non farlo, mentre il tempo sembra quasi cristallizzarsi. Per un attimo, infatti, si ferma.

Tuttavia, percependo probabilmente il mio insistente fissarlo fa scontrare le sue iridi con le mie l'attimo seguente, voltando appena la testa verso di me e riservandomi un leggero sorriso in cui mi crogiolo.

Ci fissiamo, però, solo per una manciata di secondi dal momento che torniamo a goderci lo spettacolo subito dopo, il 2014 si fa incredibilmente vicino, concreto.

10...9...8...

Sorprendendomi, Andrew passa, però, ora totalmente il braccio intorno al mio fianco, abbracciandomi silenziosamente in modo più serrato mentre mi attira a se, facendomi sospirare compiaciuta. La mia schiena aderisce, infatti, di conseguenza al suo petto, sfiorandolo appena, nuovamente.

Ed il fatto, in qualche modo, che mi voglia vicino mentre la sfera luminosa inizia la sua lenta discesa, percorrendo i metri che la separano dall'arrivo, un blocco di emozioni che mi investono in pieno.

7... 6...5...

Piacevolmente ansiosa, assecondo questo strano contatto, sospirando profondamente mentre i fuochi pirotecnici si intensificano, alzando una debole nuvola di fumo che, però, non sminuisce l'effetto strabiliante.

4... 3... 2.. 1...

La sfera raggiunge finalmente la base del One Time Square, illuminandosi totalmente mentre una infinità di coriandoli colorati irrompono sulla via, inondandola e coprendo la gente, un boato festoso che si innalza e che ci raggiunge solo sfocamente.

È il 2014, realizzo con sguardo lucente e vibrante di gioia, emozionata.

E, ad acutizzare ciò che provo, ci pensa subito dopo il mormorio di Andrew.

- Buon anno – soffia dolcemente al mio orecchio, rafforzando la presa su me prima ancora che io riesca aprire bocca per fargli gli auguri, ricambiandoli.

Il suo timbro vibrante e roco cede leggermente sotto il peso di una strana ed indecifrabile commozione, incrinandosi appena e causandomi un incomprensibile brivido.

Non riuscendomi a badarvi più di troppo o a decifrarla mi volto leggermente, rigirandomi allegramente tra le sue braccia.

Visibilmente sorridente e con la gola improvvisamente chiusa da un nodo di emozioni sconvolgenti e destabilizzanti lo guardo in viso.

Fronteggiandolo mi specchio nel suo sguardo, fondendolo con il mio mentre una strana frenesia e un po' di amorevolezza mi rendono incredibilmente fremente, interiormente agitata.

Senza dire assolutamente nulla mi sporgo poi in avanti, facendo semplicemente unire le nostre bocche in un bacio lento e delicato al tempo stesso, gustandone ogni singolo attimo mentre tutte le parole, tutti le elucubrazioni che mi vorticano in testa, passano momentaneamente in secondo piano.

Serrando le palpebre mi lascio semplicemente andare contro di lui, la sua mano libera che si posa istantaneamente alla base della mia schiena, attirandomi contro di se.

Stando ben attenta a non far cadere i bicchieri che stringo ancora tra le dita, passo il braccio libero intorno al suo collo, avvinghiandomi praticamente a lui.

Ansimanti e con i polmoni brucianti in carenza di ossigeno ci stacchiamo subito dopo, i visi che rimangono comunque vicinissimi, finendo quasi per sfiorarsi.

- Buon anno amore – mormoro in un flebile sussurro, muovendo piano la mia contro la sua mentre ghigno cedevolmente, chiamandolo con questo soprannome così naturale e tenero.

Si apre in un ampio sorriso subito dopo, portandomi a rubargli un altro bacio, seppur a stampo e meno intenso.

Mentre fuori continua ad imperversare la festa mi allontano di qualche centimetro da lui subito dopo, permettendogli di muoversi.

In seguito, mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, persistendo nel rimanere immobile vicino alla vetrata mentre Andrew agguanta meglio la bottiglia, togliendo celermente la carta dorata dal tappo subito dopo.

Gioiosamente contenta mi mordicchio appena le labbra mentre sorreggo i flute, pronta a brindare ed assaporare il gusto dello champagne.

Con un gesto veloce fa saltare via l'attimo dopo il tappo in sughero, un leggero botto che rimbomba nel silenzio della camera mentre lo sfrigolio della schiuma dovuto alle bollicine mi solletica l'udito.

- Allora, a cosa brindiamo? - mi domanda subito mentre allunga contemporaneamente la mano, iniziando a versarlo accuratamente ed adocchiandomi da sotto la ciglia.

Colta in contropiede dalla sua domanda inaspettata corrugo appena le sopracciglia, piegando il labbro inferiore non sapendo inizialmente cosa dire, la mente improvvisamente vuota e priva di desideri.

Che buoni propositi ho? Mi domando l'attimo dopo, interrogandomi mutamente prima di ribattere mentre fisso, senza realmente vederlo, il liquido chiaro scontrarsi contro il cristallo trasparente.

Attendendo pazientemente, Andrew si accinge poi a posare la bottiglia sul ripiano del mobile alla sua sinistra, ponendolo su una mensola mentre io mi appresto a rispondere.

- Brindiamo ad un nuovo anno diverso da quello che è appena passato – affermo sicura e convinta, muovendo appena il capo mentre gesticolo delicatamente.

Confuso e interdetto dalle mie parole Andrew si inquieta lievemente, voltandosi nuovamente verso di me mentre si riavvicina, afferrando il bicchiere che gli sto gentilmente porgendo.

Nel vano tentativo di leggermi e capire il senso di ciò che ho appena detto mi rivolge una lunga occhiata, scrutandomi senza, però, riuscire a capirlo.

Onesta, io continuo a parlare, dando voce a ciò che mi frulla per la testa.

- Voglio meno paparazzi – sospiro, socchiudendo appena gli occhi mentre non smetto di guardarlo neanche per un attimo, la voce che fuoriesce seria e pacata, confondendolo sempre di più – Voglio meno gossip e non essere sulla bocca di tutti per quello che faccio nella mia vita privata – mormoro mesta e amara, riferendomi chiaramente a tutti gli scandali che mi hanno sempre travolto, culminati in quello di Off.

Una smorfia stizzita a questo ricordo distende i miei lineamenti, una fitta di fastidio e sorda irritazione che mi tormentano debolmente.

Lui, rimanendo educatamente ammutolito, inclina appena il viso, aspettando probabilmente di farmi finire prima di chiedermi spiegazioni.

Prendendo un profondo respiro continuo poi questo strano sproloquio, che ha decisamente poco dell'augurio mentre le frasi escono quasi in modo spontaneo, non permettendomi di arginarle.

Do, infatti, senza alcuna remora libero sfogo alle mie più nascoste e profonde speranze.

- Voglio baciarti ancora di più – esordisco dopo un lungo attimo di esitazione, persistendo nel spiazzarlo totalmente mentre torno a far scontrare le nostre iridi, in modo complice nonostante il suo turbamento – Voglio conoscerti totalmente, passare le notti a parlare fin quando non ci addormentiamo e altre a fare l'amore fin quando non saremo sfiniti e non ce la faremo più – deglutisco, improvvisamente incredibilmente emozionata, quasi commossa mentre soffio tutto ciò tra i denti in modo accorato, passionale.

Stringendo leggermente la bocca, umettandola, mi fermo per un attimo mentre Andrew mi guarda letteralmente senza fiato, sconvolto, i lineamenti distesi da una espressione di limpido stupore che mi fa nitidamente intuire quanto tutto questo lo stia destabilizzando.

- Voglio passare del tempo con i tuo nipoti … con te – continuo, il timbro ridotta ad un sussurro che vibra precariamente, quasi dovessi cedere da un momento all'altro – Voglio litigare e poi fare pace – concludo, un pressante magone che appesantisce il mio tono, rendendomi incredibilmente destabilizzata e disarmata davanti a lui.

Non ho, infatti, barriere per lui in questo momento. Forse, semplicemente, realizzo, non ne ho mai avute.

- Voglio condividere tutto con te – affermo flebilmente, non sapendo davvero arginare tutto ciò che mi suscita e che finalmente sta trovando una giusta espressione.

Con il petto che si alza in modo aritmico e sconclusionato, affannato, mi stringo appena tra le spalle, percependo gli occhi inaspettatamente lucidi, dettati da un sentimento intenso e bollente che è lui stesso a causarmi.

Cercando di riprendermi e di ritrovare un minimo di razionalità, sbatto leggermente le palpebre.

Non faccio, tuttavia, quasi in tempo a socchiudere la bocca e continuare a parlare dal momento che è lui, questa volta, a cogliermi completamente di sorpresa.

Annullando la poca distanza tra i nostri corpi con una espressione indecifrabile stampata in faccia mi raggiunge, abbassando velocemente il viso e facendo di conseguenza sfiorare impercettibilmente i nostri nasi in un contatto tenero e complice.

Le nostre labbra si ritrovano subito dopo, assaporandosi nuovamente.

È un bacio diverso, tuttavia, rispetto a quelli precedenti, impregnato di un qualcosa indefinibile e conosciuto al tempo stesso. Unico.

È un contatto lento, quasi come se non volesse perdersi nessuna sua sfumatura mentre io rimango irrazionalmente immobile, abbandonandomi a lui.

Andrew posa subito dopo le dita sulla mia guancia rossa ed arroventata, sfiorandomi impercettibilmente il mento con il pollice in una carezza leggera mentre una lieve penombra crea una atmosfera terribilmente intima, nostra.

Con la stessa velocità con cui si è avvicinato si stacca da me subito dopo, i suoi polpastrelli che persistono però nell'accarezzarmi amorevolmente, percorrendo sommariamente il mio profilo.

Inspirando una tremolante boccata d'aria dischiudo le palpebre l'attimo dopo, guardandolo intensamente.

Lui lo ricambia con la stessa veemenza, lasciandomi totalmente senza fiato, stordita piacevolmente dalla sua reazione.

E il perchè di questa occhiata arriva l'istante dopo.

- Tutto quello che voglio è avere te nel 2014 – afferma accorato, facendomi perdere letteralmente un battito, muovendo impercettibilmente le labbra – Mi basti tu per stare davvero bene – aggiunge sincero ed onesto, muovendo appena le dita in una coccola delicata che percepisco solo sfocatamente.

Troppo concentrata sull'importanza di ciò che mi ha appena detto, delle sue parole, rimango totalmente imbambolata a fissarlo, sconcertata e stupita.

Tutto ciò che abbiamo intorno, i festeggiamenti, la camera d'hotel e il nuovo anno perdono infatti istantaneamente di significato.

Un irrazionale agitazione emotiva mi coglie subitanea, portandomi a tendermi piacevolmente.

Le farfalle si agitano, intanto, ora più forte nel mio stomaco, compiendo capriole e andando di conseguenza ad accentuare la morsa che mi avviluppa, facendo assumere alle sue spire un alone più affettuoso.

Non mi lascia, però, nuovamente il tempo di assimilare il tutto, anticipandomi ancora.

Esibendosi in un sorriso semplice e criptico al tempo stesso mi bacia di nuovo, infatti, a lungo e con trasporto, quasi volesse marchiarmi a fuoco con le sue frasi, imprimere sulla mia pelle un qualcosa di sconosciuto.

È più vorace rispetto al precedente questa volta, così tanto da spingermi ad inarcarmi contro di lui, appoggiando una mano sulla sua spalla per non perdere l'equilibrio mentre il bicchiere ondeggia pericolosamente, rischiando di cadere.

Con la punta dei polpastrelli arriccio leggermente il tessuto della sua giacca nera, ricambiando con lo stesso impeto e permettendo alle nostre lingue di sfiorarsi.

Sconcertandomi, spezza, tuttavia, il contatto subito dopo, appoggiando il volto contro il mio.

- Ti amo – soffia intimamente ad occhi chiusi Andrew contro la mia bocca, la sua fronte appoggiata alla mia mentre l'incedere del suo ansare, lievemente aritmico, mi sferza lasciandomi completamente scioccata.

Per una breve frazione di secondo ho quasi la sensazione che il mio cuore manchi concretamente un battito, fermandosi per un millesimo e riprendendo a pompare freneticamente l'attimo dopo.

Come se una scarica elettrica ad alto voltaggio mi avesse colpita in pieno rimango bloccata, paralizzata davanti a lui.

La mia mente si svuota irrazionalmente di qualsiasi riflessione, facendomi sentire quasi priva di razionalità e in prossimità di far cedere il muro di contenimento delle mie emozioni.

Cosa ha detto? Mi domando l'attimo seguente basita, non riuscendo quasi a capacitarmi di ciò che ho appena sentito mentre sbarro simultaneamente gli occhi, così tanto da sentirli quasi bruciare, il suo profilo che si sfoca appena a causa della troppa vicinanza.

Solo l'istante dopo, percependo l'ossigeno graffiarmi la gola e i polmoni dolere, bruciando ardentemente, mi rendo conto di averlo trattenuto spontaneamente fino ad ora.

Deglutendo, lo fisso senza fiato, non sapendo cosa dirgli mentre lo fisso, totalmente scioccata e turbata.

Ciò che mi ha appena sussurrato mi rimbomba in testa, echeggiando piacevolmente mentre io fatico quasi a prenderne coscienza.

Ti amo

Boccheggiante, annaspo.

Mi ha detto che mi ama, realizzo meravigliata mentre una violenta ondata di ardore mi travolge in pieno, facendomi andare letteralmente a fuoco.

Quasi comprendendo il mio dissesto emozionale Andrew allontana il viso dal mio, scrutandomi più agevolmente, tentando forse di capire la mia reazione indecifrabile mentre la mia presa scivola via dal suo corpo senza quasi che io me ne accorga.

Non riuscendoci contrae i lineamenti, una smorfia che lo rende incredibilmente pensieroso e agitato.

Non sapendo assolutamente cosa dire apro e chiudo le labbra un paio di volte, non riuscendo a far altro che continuare a rimanere congelata sul posto, il bisogno di parlare e quello di agire direttamente che cozzano uno contro l'altro, ingaggiando una lotta serrata.

Ti amo.

Il suo mormorio persiste a rimbombare nel mio cervello, portandomi a serrare del tutto gli occhi e a rifugiarmi quasi nel buio confortante delle mie palpebre.

Non è unicamente ciò che mi ha detto e le conseguenze visibili che ha scatenato a rendermi così, ma, bensì, la naturale e combaciante risposta che è sorta all'istante dentro di me non appena ho processato queste semplici cinque lettere.

Ed è solo una, schiacciante e senza alcun appello.

Anche io.

Spinta da questa realtà divorante e consumante li riapro dopo interminabili attimi, rendendomi conto di avere lo sguardo velato da un velo di positive ed emozionate lacrime quando incontro i suoi tratti sfocati e apprensivi, non riuscendo a vederlo distintamente in faccia.

Ed è proprio nel momento stesso in cui una espressione atterrita inizia a delinearsi sul suo profilo che agisco, rispondendo mutamente.

Con mano tremante, infatti, agguanto bruscamente la cravatta che indossa, attirandolo furiosamente contro di me, forse con fin troppo impeto visto che lo champagne che riempie ancora il suo bicchiere straborda leggermente, bagnandogli appena il dorso.

Senza curarmene mi spingo contemporaneamente in punta di piedi baciandolo in modo lento, causando il suo sordo stupore.

Totalmente colto in contropiede, infatti, lui rimane immobile per una lunghissima frazione di secondo, rispondendo con la stessa intensità subito dopo.

Appoggiando la mano libera sulla mia guancia mi attira maggiormente contro di se, i flute che ancora stringiamo che risultano un pesante impiccio che ingombra le nostre azioni.

Eccitata e stravolta da tutto quello che è accaduto inclino appena il capo, dandogli totalmente accesso alla mia .

- Mi ami – ansimo contro di lui, constatandolo e non riuscendo a fare altro che soffiarlo fuori mentre man in mano che passano i secondi lo realizzo.

Sopprimendo quasi furiosamente le mie frasi lui preme la bocca contro la mia, non lasciandomi il tempo di parlare o di esprimere appieno i miei sentimenti.

Forse, probabilmente, non ci riuscirei neanche volendo.

- Ti amo – ripete ancora, facendomi scoppiare il cuore nel petto, sottolineando ancora questa fantastica verità.

Ed è proprio mentre lui mi bacia di nuovo che mi rendo conto che non ho bisogno di brindare a nulla o di esprimere un desiderio in particolare allo scoccare della mezzanotte.

Ciò che voglio ce l'ho già.

È lui.






Note:

Buonasera e buon anno nuovo!

Ed eccoci qui con il primo aggiornamento del 2014, puntuale come sempre e mai come oggi in perfetto tema con le festività.

Spero, innanzitutto, che questo capitolo vi sia piaciuto e che sia stato all'altezza dell'arrivo del nuovo anno.

Come avrete notato, ritroviamo Andrew ed Emma intenti a festeggiare Capodanno, pronti ad accogliere anche loro il 2014.

Oltre questo, il vero evento di questo aggiornamento è stato il fatto che finalmente si è arrivati ad una svolta emotiva ufficiale ed in qualche modo totalmente esteriorizzata. Dopo molti gesti importanti e mezze parole, finalmente si è rivelata appieno la portata e le dimensioni del sentimento che Andrew prova per Emma, manifestandolo senza mezzi termini tramite un semplice e importante “ti amo”.

Non so che altro dire su questo capitolo, un po' perchè penso che parli da solo e un po' perchè vorrei lasciare a voi certe riflessioni.

Mi farebbe molto piacere, infatti, sapere cosa ne pensate e se vi è piaciuto, quindi aspetto trepidante i vostri pareri!!!

Il titolo, At the stroke of the midnight, letteralmente, vuol dire allo scoccare della mezzanotte e si riferisce chiaramente allo scoccare del nuovo anno e all'attesa che comporta.

Il prossimo aggiornamento avverrà Mercoledì 8 Gennaio.

Direi che non c'è altro da dire.


Auguri e a presto,


Live in Love





   
 
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