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Autore: radioactive    03/01/2014    4 recensioni
CAP. 1 La presentatrice lo guardò dal basso verso l’alto, stupita da tanto impeto, lo invitò a sedersi, appoggiandogli una mano sul braccio, «siamo davvero felici di avere tributi così entusiasti di partecipare ai Giochi, Narek» si complimentò allora, appoggiando tutto il peso sul gomito affondato nel braccio della poltrona su cui era seduta, «ci aspettiamo grandi cose da te».
«Anche io mi aspetto grandi cose da me stesso» sorrise in risposta.
L’allarme scandì la conclusione dei tre minuti e i due si alzarono, Candysse prese la mano di Narek e la portò in alto, «signori e signore, Narek Yakir dal Distretto 4» esultò.

[...] Si addormentò poco dopo, sognando gli occhi inquisitori del padre che lo guardavano nella folla, facendo rabbrividire come la visione di un fulmine su un mare in tempesta.
Siamo tutti sulla stessa barca, pensò, abbandonandosi al sonno, ed io sono il capitano.

| 19esimi Hunger Games ● Narek Yakir ● DISTRETTO 4 |
→ avvertimenti e rating cambieranno.
Genere: Azione, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO IV

Era come lottare contro uno squalo.

 

 

 

 

 

Le onde cullavano la barca dolcemente, facendola ondeggiare a destra e a sinistra. Il ritmo era regolare e lento, il fruscio del mare gli accarezzava i timpani e i capelli gli solleticavano la fronte e le orecchie.

Era uno dei suoi primi giri in barca, quello, Narek aveva appena otto anni ed il suo compito consisteva nello stare seduto e fermo mentre i marinai della Sarah pescavano. Forse, un giorno, anche lui avrebbe fatto parte di quella flotta di uomini di mare, come suo fratello Kawl.

Non era ancora successo.

 

 

La prima cosa che fece fu aggrapparsi al camino e schiacciarsi contro la parete, sperando che questa non crollasse. Cyndi si era allacciata attorno alla sua vita con il viso schiacciato contro la sua spalla e dietro di lei Iyn e Cas guardavo verso la porta. Dall’altra parte del focolare Crydee si teneva ai mattoni in modo così forte che le nocche sbiancarono, sembrava stesse per piangere. Cane Pazzo era sparito, ma urlava – e questo gli bastava per capire che era presente.

Poi l’acqua travolse tutto e il castello sembrò tremare e poi muoversi. Respirò a fondo e trattenne l’aria nel polmoni, sperando di uscire da quel casino abbastanza intatto da poter vincere. Gli Strateghi non possono uccidere tutti dopo qualche ora dai Giochi, è una cazzata – si consolò, poi l’acqua ruppe le porte della stanza e travolse tutto.

Il castello sembrava muoversi, o qualcosa del genere. Probabilmente era solamente la forza del mare sopra e intorno a loro che distruggeva quell’edificio pezzo per pezzo. Si ritrovò ad accasciarsi contro il pavimento a causa di una qualche forza sopra di lui che non riusciva a controllare. L’ossigeno iniziava a mancargli tremendamente e non aveva abbastanza energia da cercare di guardare dietro di lui, sentiva solo la presa di Cyndi sui suoi fianchi. L’ultima cosa che vide furono gli occhi terrorizzati di Crydee, prima che chiudesse le palpebre come svenuta.

Poi perse i sensi anche lui.

 

 

Narek si ritrovò ancora steso sul pavimento, ma non c’era niente a schiacciarlo contro di esso. Pregando di non tossire acqua, appoggiò i palmi delle mani sulla roccia e lentamente si tirò su, riuscendo a sedersi. Non ho bevuto il mare, constatò rallegrato; guardandosi intorno vide le stesse mura di prima, le stesse porte scardinate e le stesse finestre rotte coperte dai pesanti tendoni rosso scuro che non si erano staccati, stranamente – vicino a lui Cyndi era per terra, i capelli ricci sparsi scompostamente sul viso, più in là Iyn e Cas.

«Sveglia» mormorò alla sua compagna di Distretto, punzecchiandola con il tridente che scoprì essere poco lontano da lui, «ehi, muoviti» riprovò, strappandole un mugolio e facendola girare dall’altra parte come se le stesse dando fastidio.

«Oggi è il mio giorno libero, mamma» rispose in dormiveglia, passandosi una mano sul viso per toglierci i capelli, «non devo andare al negozio, fammi dormire».

Narek arrossì dalla vergogna: lo aveva appena scambiato per sua madre. Non ci credo, non ci voglio credere, continuò a ripetersi guardandosi le scarpe e i pantaloni fradici. Poi una risata si fece spazio tra i suoi pensieri e, alzando lo sguardo, incontrò quello di Cyndi più divertito che mai.

«Sei diventato tutto rosso» disse lei, indicandogli il viso. Ovviamente stava fingendo di dormire – figurarsi se scambiava Narek per sua madre.

«No» ribatté velocemente Narek, negando l’evidenza: si mise il tridente nella cintura e iniziò a fare il giro della stanza per andare a svegliare anche i tributi del Due, pregando silenziosamente che anche loro non fossero così odiosamente scherzosi.

«Certo che lo sei diventato!» continuò l’altra, alzandosi in piedi e pettinandosi i capelli con le mani per poi strizzarli come uno straccio, «vuoi diventare la mia mamma, Narek?».

Il ragazzo sembrò profondamente colpito – in male, s’intende – da quell’affermazione, piantò il piede a terra e s’irrigidì un momento, per poi guardarla con gli occhi in fiamme, «no no e no! Non ce la farei ad avere una figlia rompicoglioni come te» aveva parlato a voce talmente alta che Iyn – con i lunghi capelli biondi a farle da tenda – si svegliò da sola, borbottando qualcosa sul casino che facevano quei due.

«State calmi, bambini» sentenziò Cassius, alzandosi e mettendosi le mani all’altezza dei reni per poi cercare di stirarsi la schiena, si sentì un raccapricciante crack e poi un sospiro di sollievo.

In silenzio raccolsero le proprie armi sparse per la stanza, i loro zaini giacevano per terra come corpi morti – poi, finalmente, Narek si accorse che qualcosa non andava, «dove sono gli altri due?» domandò, facendo fermare tutti dai loro incarichi.

«Il pazzoide e la ragazzina?» chiese retorica Iyn, guardandosi intorno, «saranno morti: lui è troppo deficiente per non aver cercato di salvarsi e lei sarà stata portata via dall’acqua, gracile com’era» poi alzò le spalle e si chinò a raccogliere un coltello.

Narek non ci pensò, probabilmente la bionda aveva ragione e lui non aveva sentito i cannoni per il semplice motivo che dormiva. Eppure, mentre una parte del cervello che non controllava si convinceva che quella era probabilmente la teoria più accreditata, un urlo squarciò l’aria che sapeva di sale, catturando l’attenzione del ragazzo. Non disse niente a nessuno, semplicemente si avviò verso la porta, la spostò  di lato lasciando che cadesse a terra e superò i vari corridoi misteriosamente intatti fino a raggiungere l’uscita.

 

 

Crydee era a terra, appena sotto l’arco a volta che precedeva l’entrata. Ma Narek non guardava il corpo della ragazza fasciato dagli abiti bagnati: davanti a sé un sole forse troppo grande regnava indisturbato su un cielo di un azzurro chiarissimo, irreale. Il paesaggio ad un certo punto spariva come se loro fossero posizionati su una collina e poi ricompariva sottoforma di enormi campi di papaveri rossi. Attorno a loro lunghi spuntoni di smeraldo si ergevano in diverse altezze verso il cielo, indicando vari punti di questo. A far urlare Crydee, probabilmente, furono alcuni corpi rimasti incastrati nei pilastri appuntiti, il sangue colava copioso lungo gli aghi e i volti dei tributi morti erano macchiati di un’espressione di orrore tremendo.

Narek si girò verso il palazzo da cui era uscito: pareti lisce e scintillanti dello stesso verde che caratterizzava il paesaggio salivano verso l’alto e, come ricalcando l’immagine della città sott’acqua, si trasformavano in colonne a punta di varie altezze, poste in modo simmetrico in modo da slanciare la figura del palazzo – dietro la facciata si intravedevano altri spuntoni e così ai lati dell’edificio. Anche le case che aveva visto sotto la cupola erano diventate di smeraldo.

Ecco che cos’era quello che avevo visto nel vetro – si disse, avvicinandosi lentamente a Crydee, ancora turbata e tremante, ecco a cosa serviva lo specchio.

«Dai, andiamo» le disse, ancora pensieroso riguardo al drastico cambiamento dell’Arena – non se lo aspettava, e non riusciva ad immaginare neanche cosa sarebbe successo in futuro. Afferrò un braccio della ragazza con la mano e la tirò in piedi, scoprendola molto più leggera di quello che pensava, «dov’è Cane Pazzo?».

In quel momento il rumore del ferro che strisciava contro la pietra rispose alla domanda del ragazzo – troppe sorprese si disse, girandosi e notando la figura del tributo del 7 avvicinarsi con la maglia strappata e una ferita insanguinata che gli sfregiava il petto – non era nulla di preoccupante: solo un taglio.

«Come te lo sei fatto, quello?» chiese più a sé stesso che all’altro, sospirò come stanco e si passò una mano tra i capelli, ritornando dentro il castello. Si sentiva improvvisamente stanco, le ossa indolenzite e il cuore che non era più in grado di sopportare tutto lo sforzo che stava facendo per sembrare un campione.

Eppure non poteva mollare ora: avevano appena iniziato. Si appoggiò al muro freddo e umido del corridoio, trovando sollievo in quella temperatura, chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere per un momento dal buio: l’odore di salsedine che aveva addosso gli ricordava casa, si immaginò il dolce cullare della Sarah e il pesce affumicato della cena – anche il pensiero di suo fratello Kawl e del proprio lavoro in barca gli sembrarono piacevoli.

Ma non c’era storia: doveva vincere per tornare a casa, e avrebbe ucciso tutti quelli che glielo avrebbero impedito. Era come lottare contro uno squalo.

Con un colpo di reni si staccò dalla parete, si aggiustò la maglia appiccicaticcia per colpa dell’acqua e, per l’ennesima volta, si tirò indietro i ciuffi di capelli ancora umidi. Tornò indietro dove aveva abbandonato i tre Favoriti, rallegrandosi nel trovarli ancora lì: seduti in cerchio che giocavano con i coltelli o fissavano il nulla o ancora si pettinavano i capelli.

Cyndi fu la prima a notarlo, «dove sei stato?» a quanto pareva si era dimenticata dell’urlo che avevano sentito.

Narek sembrò non ascoltarla, si avvicinò al gruppo e si sedette tra Cas e la propria compagna di Distretto, «gli altri due sono vivi, comunque» borbottò, sfilandosi il tridente dalla cinta e poggiandoselo di fianco – a portata di mano.

«Meglio così» disse sommessamente il ragazzo del due, facendo girare un coltello in equilibrio sulla punta, «o forse no…» concluse poi, abbassando ulteriormente la tonalità della voce. Nessuno gli pose domande.

 

 

Aspettarono qualche minuto e finalmente Crydee fece capolino nella stanza insieme a Cane Pazzo, stranamente tranquillo. Nessuno si girò verso di lei – facendola sentire quasi fuori luogo. Si chiese perché Narek l’avesse voluta con sé in quell’alleanza del tutto particolare – e ogni volta che lo faceva si dava sempre la stessa risposta: «sai rubare, sai correre», le motivazioni che le aveva fornito il ragazzo del Distretto 4.

Si sedette contro il muro, tirandosi le gambe al petto e rimanendo lì a fissare i quattro Favoriti: avrebbe dovuto scappare, prima o poi, perché la avrebbero uccisa sicuramente. Cane Pazzo riprese a fare le sue idiozie e, urlando e muovendosi tagliò le tende con un unico colpo di scure: il cielo fuori si stava colorando di arancione e qualche striatura bluastra iniziava a mostrarsi.

Era già finito il primo giorno?

«Dobbiamo preparare un programma per domani» esordì Cassius.

«Andiamo fuori e cerchiamo gli altri, no?» disse una voce femminile, Crydee non si preoccupò di scoprire chi fosse delle due, sentiva le palpebre pesanti e il cervello annebbiato. Voleva dormire.

«Intanto dobbiamo fare dei turni per la notte» era Narek.

«E non mangiamo?» un’altra voce femminile.

«Non abbiamo il cibo» continuò quello del 4, «abbiamo controllato prima». C’era una nota di dispiacere misto a dolore in quella voce.

Crydee si portò una mano alla pancia piatta, si accorse che oltre al sonno aveva anche fame. Ma, in fondo, non era una novità.

«Io e Iyn facciamo le prime tre ore, poi Narek e alla fine Cyndi con Crydee. Lo svitato fa quel che vuole» propose Cas, guardando in viso la ragazza del 4 – si lamenterà sicuramente.

E infatti: «perché io con la poveretta?» borbottò offesa, raccogliendosi le gambe al petto.

Cas sorrise, «perché Narek è abbastanza forte da cavarsela da solo, e tu hai abbastanza pazienza per tenerla a bada senza ucciderla – Yakir non lo farebbe» commentò con una mezza risata, «ora andate a nanna bambini, su».

Narek andò a raccogliere le tende strappate dal ragazzo del 7 per usarle come coperta, in mano teneva una piccola lama sfoderata, pronta per ogni attacco. Si addormentò poco dopo, cullato dal pensiero che, una volta uscito da lì, suo padre gli avrebbe insegnato a pescare.

 

 

 

 

 

 

 

 




«Veramente più volte appaion cose

che danno a dubitar falsa matera

per le vere ragion che son nascoste.»

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE D’AUTRICE «viviamo e respiriamo parole»

 

Dovrei solamente andare via con la coda fra le gambe, e in tutti i casi è quello che farò dopo aver precisato un paio di cose.

Sì, l’Arena è cambiata – per la precisione, la cupola si è rotta e la città è riemersa e questo è il “peso” che sente Narek che lo spinge verso il pavimento. Ma lui, non sapendo cosa stesse succedendo, non poteva giustificarlo.

Il motivo per cui non sono tutti morti è semplicemente che – viva gli strateghi – gli edifici della città sottomarina li salvaguardava, quelli impalati non sono stati altrettanto intelligenti. Ora l’Arena si mostra com’è veramente, quindi più grande e all’aperto – più o meno. Ma ricordatevi che sono sempre io che dirigo tutto, eh.

Mi dispiace per il capitolo scarso sia in contenuti che in forma e anche in lunghezza, ma questo è stato letteralmente strappato a morsi: no, non avevo voglia di scrivere di Narek nonostante il capitolo fosse fondamentale.

E, prima che ve lo chiediate:  lui non sa pescare – il padre non gliel’ha mai insegnato perché capite che il fratello maggiore è sempre il fratello maggiore, bu.

L’ambiente dell’Arena è ispirato a Il Mago di Oz, specialmente quello del 1939 (insomma, l’unico che ho visto ♥)

Ancora, mi scuso per la mediocrità del capitolo.

→ la citazione finale è di Dante Alighieri; Divina Commedia – Purgatorio, 22.

 

Alla prossima~

radioactive,

 

   
 
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