CAPITOLO IV
Era come lottare contro uno squalo.
Le onde
cullavano la barca dolcemente, facendola ondeggiare a destra e a sinistra. Il
ritmo era regolare e lento, il fruscio del mare gli accarezzava i timpani e i capelli
gli solleticavano la fronte e le orecchie.
Era uno dei suoi
primi giri in barca, quello, Narek aveva appena otto
anni ed il suo compito consisteva nello stare seduto e fermo mentre i marinai
della Sarah pescavano. Forse, un
giorno, anche lui avrebbe fatto parte di quella flotta di uomini di mare, come
suo fratello Kawl.
Non era ancora
successo.
La prima cosa
che fece fu aggrapparsi al camino e schiacciarsi contro la parete, sperando che
questa non crollasse. Cyndi si era allacciata attorno
alla sua vita con il viso schiacciato contro la sua spalla e dietro di lei Iyn e Cas guardavo verso la
porta. Dall’altra parte del focolare Crydee si teneva
ai mattoni in modo così forte che le nocche sbiancarono, sembrava stesse per
piangere. Cane Pazzo era sparito, ma urlava – e questo gli bastava per capire
che era presente.
Poi l’acqua
travolse tutto e il castello sembrò tremare e poi muoversi. Respirò a fondo e
trattenne l’aria nel polmoni, sperando di uscire da quel casino abbastanza
intatto da poter vincere. Gli Strateghi
non possono uccidere tutti dopo qualche ora dai Giochi, è una cazzata – si
consolò, poi l’acqua ruppe le porte della stanza e travolse tutto.
Il castello
sembrava muoversi, o qualcosa del genere. Probabilmente era solamente la forza
del mare sopra e intorno a loro che distruggeva quell’edificio pezzo per pezzo.
Si ritrovò ad accasciarsi contro il pavimento a causa di una qualche forza
sopra di lui che non riusciva a controllare. L’ossigeno iniziava a mancargli
tremendamente e non aveva abbastanza energia da cercare di guardare dietro di
lui, sentiva solo la presa di Cyndi sui suoi fianchi.
L’ultima cosa che vide furono gli occhi terrorizzati di Crydee,
prima che chiudesse le palpebre come svenuta.
Poi perse i
sensi anche lui.
Narek si ritrovò
ancora steso sul pavimento, ma non c’era niente a schiacciarlo contro di esso.
Pregando di non tossire acqua, appoggiò i palmi delle mani sulla roccia e
lentamente si tirò su, riuscendo a sedersi. Non
ho bevuto il mare, constatò rallegrato; guardandosi intorno vide le stesse
mura di prima, le stesse porte scardinate e le stesse finestre rotte coperte
dai pesanti tendoni rosso scuro che non si erano staccati, stranamente – vicino
a lui Cyndi era per terra, i capelli ricci sparsi
scompostamente sul viso, più in là Iyn e Cas.
«Sveglia»
mormorò alla sua compagna di Distretto, punzecchiandola con il tridente che
scoprì essere poco lontano da lui, «ehi, muoviti» riprovò, strappandole un
mugolio e facendola girare dall’altra parte come se le stesse dando fastidio.
«Oggi è il mio
giorno libero, mamma» rispose in
dormiveglia, passandosi una mano sul viso per toglierci i capelli, «non devo
andare al negozio, fammi dormire».
Narek arrossì dalla
vergogna: lo aveva appena scambiato per sua madre. Non ci credo, non ci voglio credere, continuò a ripetersi
guardandosi le scarpe e i pantaloni fradici. Poi una risata si fece spazio tra
i suoi pensieri e, alzando lo sguardo, incontrò quello di Cyndi
più divertito che mai.
«Sei diventato
tutto rosso» disse lei, indicandogli il viso. Ovviamente stava fingendo di
dormire – figurarsi se scambiava Narek per sua madre.
«No» ribatté
velocemente Narek, negando l’evidenza: si mise il
tridente nella cintura e iniziò a fare il giro della stanza per andare a
svegliare anche i tributi del Due, pregando silenziosamente che anche loro non
fossero così odiosamente scherzosi.
«Certo che lo
sei diventato!» continuò l’altra, alzandosi in piedi e pettinandosi i capelli
con le mani per poi strizzarli come uno straccio, «vuoi diventare la mia mamma,
Narek?».
Il ragazzo
sembrò profondamente colpito – in male, s’intende – da quell’affermazione,
piantò il piede a terra e s’irrigidì un momento, per poi guardarla con gli
occhi in fiamme, «no no e no! Non ce
la farei ad avere una figlia rompicoglioni come te» aveva parlato a voce
talmente alta che Iyn – con i lunghi capelli biondi a
farle da tenda – si svegliò da sola, borbottando qualcosa sul casino che
facevano quei due.
«State calmi, bambini»
sentenziò Cassius, alzandosi e mettendosi le mani all’altezza dei reni per poi
cercare di stirarsi la schiena, si sentì un raccapricciante crack e poi un sospiro di sollievo.
In silenzio
raccolsero le proprie armi sparse per la stanza, i loro zaini giacevano per
terra come corpi morti – poi, finalmente, Narek si
accorse che qualcosa non andava, «dove sono gli altri due?» domandò, facendo
fermare tutti dai loro incarichi.
«Il pazzoide e
la ragazzina?» chiese retorica Iyn, guardandosi
intorno, «saranno morti: lui è troppo deficiente
per non aver cercato di salvarsi e lei sarà stata portata via dall’acqua,
gracile com’era» poi alzò le spalle e
si chinò a raccogliere un coltello.
Narek non ci pensò,
probabilmente la bionda aveva ragione e lui non aveva sentito i cannoni per il
semplice motivo che dormiva. Eppure,
mentre una parte del cervello che non controllava si convinceva che quella era
probabilmente la teoria più accreditata, un urlo squarciò l’aria che sapeva di
sale, catturando l’attenzione del ragazzo. Non disse niente a nessuno,
semplicemente si avviò verso la porta, la spostò di lato lasciando che cadesse a terra e
superò i vari corridoi misteriosamente intatti fino a raggiungere l’uscita.
Crydee era a terra,
appena sotto l’arco a volta che precedeva l’entrata. Ma Narek
non guardava il corpo della ragazza fasciato dagli abiti bagnati: davanti a sé
un sole forse troppo grande regnava indisturbato su un cielo di un azzurro
chiarissimo, irreale. Il paesaggio ad un certo punto spariva come se loro
fossero posizionati su una collina e poi ricompariva sottoforma di enormi campi
di papaveri rossi. Attorno a loro lunghi spuntoni di smeraldo si ergevano in
diverse altezze verso il cielo, indicando vari punti di questo. A far urlare Crydee, probabilmente, furono alcuni corpi rimasti
incastrati nei pilastri appuntiti, il sangue colava copioso lungo gli aghi e i
volti dei tributi morti erano macchiati di un’espressione di orrore tremendo.
Narek si girò verso
il palazzo da cui era uscito: pareti lisce e scintillanti dello stesso verde
che caratterizzava il paesaggio salivano verso l’alto e, come ricalcando
l’immagine della città sott’acqua, si trasformavano in colonne a punta di varie
altezze, poste in modo simmetrico in modo da slanciare la figura del palazzo –
dietro la facciata si intravedevano altri spuntoni e così ai lati
dell’edificio. Anche le case che aveva visto sotto la cupola erano diventate di
smeraldo.
Ecco che cos’era quello che avevo visto nel vetro – si disse,
avvicinandosi lentamente a Crydee, ancora turbata e
tremante, ecco a cosa serviva lo
specchio.
«Dai, andiamo»
le disse, ancora pensieroso riguardo al drastico cambiamento dell’Arena – non
se lo aspettava, e non riusciva ad immaginare neanche cosa sarebbe successo in
futuro. Afferrò un braccio della ragazza con la mano e la tirò in piedi,
scoprendola molto più leggera di quello che pensava, «dov’è Cane Pazzo?».
In quel momento
il rumore del ferro che strisciava contro la pietra rispose alla domanda del
ragazzo – troppe sorprese si disse,
girandosi e notando la figura del tributo del 7 avvicinarsi con la maglia
strappata e una ferita insanguinata che gli sfregiava il petto – non era nulla
di preoccupante: solo un taglio.
«Come te lo sei
fatto, quello?» chiese più a sé stesso che all’altro, sospirò come stanco e si
passò una mano tra i capelli, ritornando dentro il castello. Si sentiva
improvvisamente stanco, le ossa indolenzite e il cuore che non era più in grado
di sopportare tutto lo sforzo che stava facendo per sembrare un campione.
Eppure non
poteva mollare ora: avevano appena iniziato. Si appoggiò al muro freddo e umido
del corridoio, trovando sollievo in quella temperatura, chiuse gli occhi e si
lasciò avvolgere per un momento dal buio: l’odore di salsedine che aveva
addosso gli ricordava casa, si immaginò il dolce cullare della Sarah e il pesce affumicato della cena –
anche il pensiero di suo fratello Kawl e del proprio
lavoro in barca gli sembrarono piacevoli.
Ma non c’era
storia: doveva vincere per tornare a casa, e avrebbe ucciso tutti quelli che
glielo avrebbero impedito. Era come lottare contro uno squalo.
Con un colpo di
reni si staccò dalla parete, si aggiustò la maglia appiccicaticcia per colpa
dell’acqua e, per l’ennesima volta, si tirò indietro i ciuffi di capelli ancora
umidi. Tornò indietro dove aveva abbandonato i tre Favoriti, rallegrandosi nel
trovarli ancora lì: seduti in cerchio che giocavano con i coltelli o fissavano
il nulla o ancora si pettinavano i capelli.
Cyndi fu la prima a
notarlo, «dove sei stato?» a quanto pareva si era dimenticata dell’urlo che
avevano sentito.
Narek sembrò non
ascoltarla, si avvicinò al gruppo e si sedette tra Cas
e la propria compagna di Distretto, «gli altri due sono vivi, comunque»
borbottò, sfilandosi il tridente dalla cinta e poggiandoselo di fianco – a
portata di mano.
«Meglio così»
disse sommessamente il ragazzo del due, facendo girare un coltello in
equilibrio sulla punta, «o forse no…» concluse poi,
abbassando ulteriormente la tonalità della voce. Nessuno gli pose domande.
Aspettarono
qualche minuto e finalmente Crydee fece capolino
nella stanza insieme a Cane Pazzo, stranamente tranquillo. Nessuno si girò
verso di lei – facendola sentire quasi fuori luogo. Si chiese perché Narek l’avesse voluta con sé in quell’alleanza del tutto
particolare – e ogni volta che lo faceva si dava sempre la stessa risposta:
«sai rubare, sai correre», le motivazioni che le aveva fornito il ragazzo del
Distretto 4.
Si sedette
contro il muro, tirandosi le gambe al petto e rimanendo lì a fissare i quattro
Favoriti: avrebbe dovuto scappare, prima o poi, perché la avrebbero uccisa
sicuramente. Cane Pazzo riprese a fare le sue idiozie e, urlando e muovendosi
tagliò le tende con un unico colpo di scure: il cielo fuori si stava colorando
di arancione e qualche striatura bluastra iniziava a mostrarsi.
Era già finito
il primo giorno?
«Dobbiamo
preparare un programma per domani» esordì Cassius.
«Andiamo fuori e
cerchiamo gli altri, no?» disse una voce femminile, Crydee
non si preoccupò di scoprire chi fosse delle due, sentiva le palpebre pesanti e
il cervello annebbiato. Voleva dormire.
«Intanto
dobbiamo fare dei turni per la notte» era Narek.
«E non
mangiamo?» un’altra voce femminile.
«Non abbiamo il cibo»
continuò quello del 4, «abbiamo controllato prima». C’era una nota di
dispiacere misto a dolore in quella voce.
Crydee si portò una
mano alla pancia piatta, si accorse che oltre al sonno aveva anche fame. Ma, in
fondo, non era una novità.
«Io e Iyn facciamo le prime tre ore, poi Narek
e alla fine Cyndi con Crydee.
Lo svitato fa quel che vuole» propose Cas, guardando
in viso la ragazza del 4 – si lamenterà
sicuramente.
E infatti:
«perché io con la poveretta?» borbottò offesa, raccogliendosi le gambe al
petto.
Cas sorrise,
«perché Narek è abbastanza forte da cavarsela da
solo, e tu hai abbastanza pazienza per tenerla a bada senza ucciderla – Yakir non lo farebbe» commentò con una mezza risata, «ora
andate a nanna bambini, su».
Narek andò a
raccogliere le tende strappate dal ragazzo del 7 per usarle come coperta, in
mano teneva una piccola lama sfoderata, pronta per ogni attacco. Si addormentò
poco dopo, cullato dal pensiero che, una volta uscito da lì, suo padre gli
avrebbe insegnato a pescare.
«Veramente più volte appaion
cose
che danno a
dubitar falsa matera
per le vere
ragion che son nascoste.»
NOTE D’AUTRICE ◊ «viviamo e respiriamo parole»
Dovrei solamente andare via con la
coda fra le gambe, e in tutti i casi è quello che farò dopo aver precisato un
paio di cose.
Sì, l’Arena è cambiata – per la
precisione, la cupola si è rotta e la città è riemersa e questo è il “peso” che
sente Narek che lo spinge verso il pavimento. Ma lui,
non sapendo cosa stesse succedendo, non poteva giustificarlo.
Il motivo per cui non sono tutti
morti è semplicemente che – viva gli strateghi – gli edifici della città
sottomarina li salvaguardava, quelli impalati non sono stati altrettanto
intelligenti. Ora l’Arena si mostra com’è veramente, quindi più grande e all’aperto
– più o meno. Ma ricordatevi che sono sempre io che dirigo tutto, eh.
Mi dispiace per il capitolo scarso
sia in contenuti che in forma e anche in lunghezza, ma questo è stato
letteralmente strappato a morsi: no, non avevo voglia di scrivere di Narek nonostante il capitolo fosse fondamentale.
E, prima che ve lo chiediate: lui non sa pescare – il padre non gliel’ha
mai insegnato perché capite che il fratello maggiore è sempre il fratello
maggiore, bu.
L’ambiente dell’Arena è ispirato a
Il Mago di Oz, specialmente quello del 1939 (insomma,
l’unico che ho visto ♥)
Ancora, mi scuso per la mediocrità
del capitolo.
→ la citazione finale è di Dante
Alighieri; Divina Commedia – Purgatorio, 22.
Alla prossima~
radioactive,