Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Marlene Ludovikovna    04/01/2014    1 recensioni
1943 - Parigi
Ester Stradsberg; the Swan. Giovane, bella e annoiata moglie di un ricco imprenditore. Ciò che più vuole é la libertà di disinteressarsi a tutto.
Hans Wesemann; the Hunter. Spietato Colonnello delle SS, la sua giacca e ornata da medaglie e i suoi occhi mostrano solo ghiaccio.
Emilie Kaltenbatch; the Hawk. Giovane pittrice pronta a tutto per sfondare e dagli istinti creativi repressi a causa della dittatura a cui sottostà il suo paese. Affascinante, crudele, ambiziosa e, per tutti, indimenticabile.
Jean Russeau; the Treacherous. Ricco, bello ed egocentrico è il re della vita mondana parigina. Ereditiere di un'immensa fortuna dedito al lusso e all'amore per se stesso.
Delle vite vissute a metà come se aspettassero di essere esaurite, così cariche di emozioni e prive di valori da essere memorabili. Anime distrutte al centro della ricchezza, della miseria e della follia. Vite distrutte dallo sfarzo del Terzo Reich.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Spring: Part 10 

Emilie. Disse Ester sbattendo le ciglia lunghe. Ti aspettavo più tardi. 
La cugina guardò Hans, poi lei, e poi di nuovo Hans. 
Volevo prendere una boccata d'aria fresca. Sai, tutto questo dolore mi ha fatta sentire incredibilmente vecchia. Fece con aria teatrale e un po' vissuta, scostandosi lo scialle. 
Ester rispose con un debole sorriso, calmandosi improvvisamente. 
L'isterismo di poco prima era qualcosa di passato, sembrando talmente lontano da renderla intoccabile, ma sapeva che non era così.
Ora che il Colonnello Wesemann era entrato nella sua vita momenti come quelli sarebbero o stati così frequenti.... Un po' era infastidita dal comportamento di Emilie, ma non riusciva a capire perché. 
Hans si voltò velocemente verso Ester. 
Mein frau, sarebbe così gentileda indicarmi un posto in cui io e la signorina potremo discutere in privato? 
Sì, be' potete andare nello studio di mio marito. Rispose lei servizievole. 
Marito. Quella parola fece uno strano effetto ad Emilie. Marito. Moglie. Due istituzioni base di quella che era considerata la famiglia. 
Non riusciva a capire il senso del matrimonio della cugina ed era davvero felice di essere scampata a quel destino. Magari tra pochi anni sarebbe stata vista male dalla società, considerata una zitella, ma sarebbe sempre stata libera. Con la morte dei genitori le era stata garantita una libertà che altrimenti non avrebbe avuto. 
Se i genitori fossero stati ancora lì presto avrebbe dovuto cercarsi un marito oppure l'avrebbero cercato loro. 
Lei la falsità di Ester non la voleva. 
Lei voleva poter fare tutto ciò che si potesse desiderare a qualsiasi ora del giorno e della notte, svegliarsi e trovare l'altra metà del letto vuota, poter pensare, poter amare, poter vivere. Amare non era sposarsi, per Emilie Kaltenbatch, e quello degli Stradsberg non era affatto amore. 
Quello di lei e Jean sarebbe potuto diventare amore e fin da subito aveva capito che ciò che Hans nutriva era un'ossessione e non poteva essere altro che quello. 
Grazie per l'offerta ma preferirei... - Hans fissò intensamente Emilie - la biblioteca. 
Quelle parole colpirono sordamente Emilie per i ricordi celati in quel luogo e perché capì che lui in qualche modo sapeva, e Ester che lì, aveva nascosto malamente alcuni dei suoi libri proibiti poco prima. 
Ester annuì. 
Sì, ma certo. 
Lui sa, lui sa. Pensò nervosamente Emilie. 
Per la prima volta sentì di temere davvero le conseguenze di una sua azione. Le temeva su se stessa, non sulla reazione della sua famiglia adesso. Anche questa è indipendenza, si disse guardandolo negli occhi. 
Allora, mademoiselle, vogliamo andare? Domandò Wesemann, sornione e crudele, prendendole la mano. 
I cristalli di lui e gli smeraldi di lei si incontrarono, per un secondo, scatenando un istante di odio puro e nudo. Per un istante i sentimenti reali si rivelarono alla luce del sole senza bisogno di parole. 
Emilie odiava quell'uomo perché era così diverso dai nazisti convinti, tanto da essere più simile ad uno di quei gerarchi, i veri creatori della farsa. 
Una volta aveva visto il ministro della propaganda del Reich Joseph Goebbels e ne era rimasta sinceramente colpita.
Era un piccolo e maligno creatore di sogni e false speranze che preparava una nazione ad essere governata dalla purezza e che condannava una razza con un sistema propagandistico snervante. 
Studiando il suo modo di parlare Emilie aveva capito che se avesse detto una bugia tante volte, sarebbe poi diventata realtà. 
 Emilie percepì il disagio, durante il percorso verso la biblioteca, attraverso i corridoi e le scale. 
Hans avrebbe potuto ucciderla lì per poi dichiararla una nemica dello stato - cosa che era realmente - e il suo atto sarebbe restato impunito. 
E Ester continuava a cinguettare, ad obbedirgli. Come uno stupido e misero cane. 
Tutto bene, fraulein Kaltenbatch?
Mi manca.... Mi manca l'aria. Questa, però, era di nuovo parte di una recita e Hans lo capì. 
Oh, non temete. Dieci minuti e potrete riposarvi. Disse con un sorriso magnificamente falso. 
Un'altra maledetta stoccata con cui Hans l'aveva umiliata. 
Emilie fece un leggero sorriso sofferto, appoggiandosi alla ringhiera delle scale. 
Lei è davvero un grand'uomo, Herr Wesemann. 
Non Herr Colonel, Herr Wesemann. Detto da chiunque altro sarebbe sembrato normale, ma detto da lei era semplicemente un tentativo di spodestarlo dalla sua posizione. 
Negli occhi di Emilie Kaltenbatch aleggiava una certa ironia e Hans percepì l'ennesima offesa celata da parte della ragazza, che colse con irritazione e un brillante e falso sorriso. 
Faccio solo il mio dovere, fraulein Kaltenbatch. Ora, se si è ripresa, vogliamo andare? 
Mentre parlava la toccava di nuovo e la sua mano si stringeva su quella di lei. 
Il suo tocco le dava un'incredibile fastidio, fino a farla sentire soffocata. Avrebbe voluto scostare la mano di lui, prendere la sua walter dalla giacca e sparargli un colpo in testa. 
Vedeva già il suo corpo steso sulle scale, lo spazio intorno a lei che si tingeva di sfumature bronzee e il sangue di un rosso intenso, senza malintesi, che scorreva sulle scale. 
 Hans aprì la porta della biblioteca e Emilie perse il suo momento. 
Non prendiamoci in giro; non ucciderò mai Hans Wesemann. È troppo potente, troppo importante, sarebbero subito fatte tante di quelle indagini.... Per la mia famiglia l'ho passata liscia, ma per lui non sarà così. Nessun Affare Wesemann, solo io picchiata da uno della Gestapo. Pensò con irritazione. 
Sorrise amabilmente mettendosi a posto il vestito, mentre Hans le indicava di sedersi alla scrivania. 
Il suo luogo pieno di idilli, quella biblioteca, stava essendo spazzato via dalla personalità distruttiva di Wesemann. Riusciva ancora a sentire la pressione del corpo di Jean sul suo, riusciva a vedere i loro corpi appoggiati agli scaffali, al materasso. Dio! 
Il colonnello prese del vino e due bicchieri dal mobile per gli alcolici. 
Guardò la bottiglia. 
È un vino italiano del Monferrato. Disse. 
Emilie lo versò sentendosi infastidita dall'essere guardata dall'alto in basso. Si sentì tremendamente umiliata da lui, dal suo atteggiamento coridale. Avrebbe preferito essere chiamata puttana, sgualdrina, traditrice. Avrebbe accettato tutto, ma non quelle buone maniere studiate e fastidiose. 
Hans stappò il vino e gliene versò un bicchiere pieno. 
Beva. Disse con risolutezza perdendo la cordialità di poco prima, il viso solcato da un'espressione rigida, ma tradita da una nota di sarcasmo. 
Emilie fece un leggero sbuffo, con aria indignata, sistemandosi le pieghette del vestito. 
Rifiuto il suo invito, il vino mi da alla testa. 
Questa volta ci aveva provato, almeno, a controbattere il colpo. 
Hans sorrise. 
Signorina Kaltenbatch, non le ho domandato se vuole del vino, le ho detto di bere finché non potrò ritenermi soddisfatto. Quindi su, faccia la brava bambina.
Aveva perso di nuovo e lui adesso la guardava tronfio e consapevole di ciò. 
Guardare in basso, verso il tappeto, le venne spontaneo. 
Wesemann, con voce piena di sottintesi, aggiunse: Attenta a non farlo cadere. 
Lei restò immobile con la bocca aperta per qualche secondo di troppo, guardando il bicchiere. Ma non era vino, era inchiostro. 
Ormai era palese che sapesse, ma ciò che non capiva era come lo avesse scoperto e soprattutto perché si ostinasse ad aiutarla nel suo gioco. Perché era stato proprio lui quello che aveva portato avanti le indagini dando la colpa a dei ribelli o a chissà chi. 
Lui l'aveva coperta. 
Adesso che lo aveva ammesso, Emilie era ancora più sconvolta. 
Lui la guardava, appoggiato al tavolo, con quella sua espressione da stronzo consapevole. 
Indicò il bicchiere con lo sguardo. 
Non faccia la bambina imbronciata, fraulein Kaltenbatch. E soprattutto non mi faccia arrabbiare; posso essere parecchio intransigente
Per lei tutto ciò era insopportabile. Aveva caldo, aveva freddo, voleva uscire, prendere una boccata d'aria. 
Voleva sentire le spinte di Jean, voleva essere ovunque, ma non con lo sguardo ghiacciato di Hans Wesemann puntato su di lei. 
Lo faccia allora. Sussurrò Emilie, umiliata. 
Aveva le guancie rosse per il caldo e nel momento esatto in cui sentì che stava per cedere, aveva già ceduto. 
Wesemann si espresse in una risata debole. 
Come, scusi? Disse tornando serio, in modo teatrale. 
Mi costringa a bere. Si era pentita della sua azione avventata nel momento stesso in cui l'aveva compiuta, ma ormai sentiva di dover portare avanti il gioco; era una questione d'onore. 
Signorina Kaltenbatch, io capisco che lei sia scioccata, ma abbiamo cose importanti di cui discutere e non mi sembra affatto il caso di avere queste reazioni infantili - si chinò in modo di essere all'altezza del suo viso, così tanto da sentirne il respiro spaventato -, avanti, beva. 
No, no, Herr Wesemann. Il tono di lei adesso era pieno di una calma ritrovata, nonostante l'umiliazione. Sapeva che il suo nemico non sarebbe mai stato così impulsivo ed era incondizionatamente arrabbiata per questo. 
Sa, sei lei fosse una giovincella stupida avrei già esercitato la mia autorità punendola come meglio credo, ma - disse riprendendo un tono quasi gioviale - dato che siete pur sempre di famiglia rispettabile ritengo mio dovere educarvi alla società come l'educazione e il mio ruolo mi permettono. 
Credo di poter cavarmela da sola, ma danke, Herr Wesemann. 
La SS prese il bicchiere e se lo rigirò tra le mani per qualche lunghissimo istante. 
Credo che lei avrebbe veramente bisogno di qualche cinghiata, vero signorina Kaltenbatch? Disse, non nascondendo la minaccia. 
I respiri di Emilie erano lenti e profondi. 
Io credo che lei dovrebbe farsi gli affari suoi, Herr Wesemann.
Poi lui in un rapido scatto di violenza la fece voltare e tenendole ferma la testa le fece ingoiare il vino. 
Emilie non riuscì nemmeno a trovare il tempo per ribellarsi; era sorpresa dall'espressione crudele e decisa di lui, dal modo in cui la stava punendo. Per lei quel trattamento era un oltraggio e si sentiva sempre più rossa in volto. 
E ciò che più le pesava era essere stata completamente nelle mani di lui, il suo nemico, per un tempo che era sembrato interminabile. 
E alla fine anche l'ultimo sorso passò per la sua gola e lei si rese conto di quanto fosse stata sciocca a farsi costringere a bere. 
La tortura cessò quando sentì il vetro toccare il legno del tavolo; sentiva gli occhi bruciare per le lacrime, ma sapeva che non avrebbe pianto. 
Per il prossimo bicchiere, fraulein, spero di non dover forzarla ancora. Di umiliazioni ne ha subite abbastanza per oggi, d'altronde . La ammonì, dolcemente, sadicamente. 
Emilie si lasciò cadere sullo schienale della sedia; emise un sospiro, poi anche il colonnello, finalmente, si sedette. 
Un altro sospiro, questa volta di sollievo. 
Hans prese di nuovo il vino, riempì di nuovo il bicchiere e, ancora una volta, Emilie si trovò nella posizione di rifiutare. 
Non devo trattarti come una bimbetta disobbediente, vero? Commentò Wesemann con un'aria di attesa, come se si aspettasse che adesso non facesse storie. 
Così Emilie, per una volta, decise di accontentarlo e bevve. 
Al contrario di ciò che pensava, però, il nazista non rimase affatto impressionato; sapeva benissimo che dopo aver subito un'umiliazione simile per una persona così orgogliosa non avrebbe accettato una seconda volta. 
Be', ma torniamo agli affari... Come mai una giovane ragazza ha deciso di partire per Parigi tutta sola? Riprese lui come se nulla fosse.
Adesso iniziò a studiarla con attenzione, lo sguardo fisso su ogni movimento, ogni respiro. 
Ho studiato arte e voglio dedicarmi alla pittura...
Lui la interruppe subito: Da quanto so i suoi genitori erano contrari. 
Be'... 
Cosa volevano per lei?La interruppe lui, prontamente. 
Volevano che io fossi una brava moglie al servizio del Reich. 
Hans rimase divertito dal suo tono di ilarità con cui palesava i suoi sentimenti di insofferenza. 
E lei invece è andata a Parigi. Cosa pensavano i suoi genitori di questo viaggio? 
Cosa avrebbero dovuto pensare? 
Signorina, non vuole vedermi arrabbiato, no? Disse, tornando serio. 
Emilie alzò le sopracciglia ben definite. 
Senta, Herr Wesemann, io non capisco il perché di tutto questo. Mi sembra inutile; lo avete trovato il colpevole. Si lamentò con stizza, alzandosi. 
Su, su, signorina. Si sieda.  Quel tono non ammetteva repliche, ma lei capì il suo gioco e si sedette. 
Cosa pensavano i suoi genitori del suo viaggio a Parigi? 
Che era un semplice viaggio di piacere nella nuova Parigi germanica. Un grande trionfo, non crede? Finalmente era riuscita a dare una rispostache lo soddisfacesse. 
Lui si alzò; sorrise. 
I loro sguardi si incontrarono e Hans fu rammaricato nel non trovare alcun timore in lei. 
Bene, abbiamo finito - sorrise - non è stato così terribile, no? 
Emilie restò immobile, sbattendo le palpebre due, tre volte. 
Poi Hans Wesemann si rivestì in fretta e poco dopo era già uscito. 
Le aveva baciato la mano, donandole l'ultima stoccata con uno sguardo gelido.
Auf Wiedersehen, Herr Wesemann. Aveva detto lei.
  Appena il rumore dei passi della SS cessarono si accasciò sul divano, lasciandosi cadere. Tolse le scarpe lasciandole messe per terra in malo modo e finalmente, trasse un sospiro lungo, memore di ciò che era successo poco prima. 
Si sentiva esausta, sconfitta, ma infinitamente superiore a lui. 
Però questa volta l'aveva distrutta e l'umiliazione ancora le bruciava le guance.
Si abbandonò alla spossatezza dovuta da quella sconfitta, dai tanti duri colpi. 
Il suo sguardo venne richiamato velocemente dal tappeto, dal tavolo, dalla stanza. 
Era accaduto lì. Lì aveva pronunciato le parole che cercava da sempre e le aveva trovate così... Semplici.
Abbasso Hitler. 
 Osservò il tappeto. Era stato cambiato; d'inchiostro non c'era traccia. 

 
Angolo Autrice:

Et bien! Un altro capitolo pieno di tensione sessuale che spero di aver creato! ^.^
Le shippers della Hamilie saranno molto soddisfatte da questo capitolo in cui Hans si rivela più stronzo e autoritario che mai. Ffdfjdkd. Perché sì, può essere odioso quanto vuoi ma è sexy. Molto. AHAHAH.
Comunque mi sento troppo scema nel fangirlare di una cosa che ho scritto io stessa.... Be' okay.
Coooomunque. Volevo cogliere l'occasione di ringraziare la pucciosissima Ilaria (Ireide) e dirle che le voglio bene e poi basta.
Auf Wiedersehen;


Marlene

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Marlene Ludovikovna