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Autore: Farawayx    07/01/2014    9 recensioni
E' come se la tua intera vita fosse stata basata su delle bugie, un giorno sei una persona normale e l'altro vieni catapultata in un susseguirsi di eventi che ti lasciano senza fiato. Di chi puoi fidarti? Chi sa la verità?
Ma la domanda che continua a porsi Samantha Reyes è solo una: chi è realmente?
Le sue risposte sembra averle tutte una persona: Jonathan Christopher Morgenstern.
« Io non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un po' pronunciato, mi sento come l'angelo affascinato dal buio.»
Nel buio ho trovato il mio angelo.
Un angelo pieno di paura e di odio, pieno di rancore e di voglia di vivere.
Nel buio l'ho amato, l'ho cullato, abbiamo cantato e sognato.
Abbiamo riso e ci siamo amati intensamente.
Ma alla luce mi ha annientato.
E se qualcuno insegnasse ad amare ad un angelo oscuro?
Genere: Avventura, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Jonathan, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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» Capitolo 2
                                 
«Obsession it takes control, obsession it eats me whole.
I can't say the words out loud, so in a rhyme I wrote  you down.
Now you'll live through the ages, I can feel your pulse in the pages.»







I
l suono delle voci che si mischiavano e arrivavano come un mormorio, distraevano la mente di Sam. Dopo l'arrivo dei due ragazzi, Magnus l'aveva praticamente reclusa in camera, come una di quelle bambine che venivano mandate a giocare con le bambole quando si parlava di cose da “grandi”.  Prima di andare via i suoi occhi si erano posati su i due ragazzi, c'era qualcosa in loro che l'affascinava, forse la loro postura, o i segni che percorrevano a tratti la loro pelle. Erano vestiti di nero e la loro vita era avvolta in una cintura, dalla quale pendevano vari manici e pugnali. Magnus non le aveva nemmeno dato il tempo di poter formulare qualche domanda ai due, su cosa potessero essere quei tatuaggi che tanto l'affascinavano o il perché quei ragazzi fossero armati fino alla punta dei capelli. Sembravano due guerrieri.

Scrollò le spalle, si sentiva stanca, come un uccello in gabbia. Aveva passato gran parte della sua breve vita rinchiusa nelle mura di quel cottage, i Reyes non le avevano mai permesso di allontanarsi più del dovuto, era stata cresciuta sotto una campana di vetro e ora voleva scoprire il mondo.
Sam sollevò gli occhi verso la finestra, la vista di New York si estendeva sotto il suo sguardo e nel vederla quasi le si mozzava il fiato. I grattacieli risaltavano come stelle sul cielo grigio della metropoli, mentre in lontananza il ponte di Brooklyn dominava la parte del fiume più vicina, non riusciva a non osservarlo, totalmente affascinata.
Basta, pensò.
Senza soffermarsi a pensarci più di tanto si sollevò da quel letto e mosse alcuni passi verso la porta della propria camera, che spalancò senza fare troppe cerimonie. Le voci che avevano riempito quelle stanze fino a poco prima sembravano essere svanite nel nulla e mentre si dirigeva verso la cucina schiuse la bocca per la meraviglia quando costatò che la stanza era vuota. Non c'erano tracce di Magnus e nemmeno dei due ragazzi. In quel posto echeggiava il silenzio.
Un pensiero entrò nella sua testa così velocemente che non riuscì a scacciarlo via. Era consapevole di conoscere poco e niente quella città, ma vivere rinchiusa in quel posto come una suora di clausura non le avrebbe reso la cosa più piacevole, voleva uscire e esplorare quel posto, voleva imparare a conoscerlo. Si rese conto però di non avere nemmeno un soldo con se e che comunque le sarebbero stati utili, le bastava anche qualche spicciolo per pagarsi l'autobus.
Lasciò vagare lo sguardo lungo le parati, su una di esse era posto un mobile alto pieno di libri e cassetti, con un buco nel mezzo dove era incastonato un televisore al plasma. Sam non ne aveva mai viste di così grandi. Da qualche parte doveva pur esserci qualche banconota. Si avvicinò ad uno dei cassetti e con un movimento veloce lo aprì, frugando in esso con la punta delle dita. Niente. Tentò di non scoraggiarsi e passò al secondo, vuoto anche quello. Poi al terzo e finalmente al quarto. Un sorriso le si formò sulle labbra quando le dita incontrarono la particolare carta su cui erano stampati i soldi e la strinse vittoriosa tra le mani.
La distese con attenzione e il già ampio sorriso si allargò ancora di più quando costatò che era una banconota da cinquanta dollari. Erano parecchi soldi, lo sapeva, ma potevano tornare utile in quel momento, non che fosse sua abitudine frugare nelle case degli altri e rubare soldi, ma se voleva uscire per esplorare un po' ne aveva bisogno.  In più era a corto di vestiti e dai passanti che aveva intravisto del tutto coperti da strati di capotti poteva capire che il clima non era dei più ospitali.

§

Dopo aver deposto con attenzione la banconota in una tasca interna dei pantaloni e coperto le proprie spalle con un cardigan che aveva trovato appeso all'appendiabiti, uscì furtivamente dall'abitazione. Intorno al collo si era legata una sciarpa color cobalto che aveva scovata sull'ingresso della casa, sin dal primo contatto con il tessuto l'aveva trovata estremamente morbida e calda, e, non resistendo l'aveva presa.

Non appena varcò la soglia del portone di ferro, uscendo dal palazzo dell'appartamento,  fu colpita dal forte cattivo odore che c'era nell'aria. Scese i due scalini che davano sulla strada e si ritrovò in uno stretto viale fiancheggiato da vecchi magazzini, anche se la maggior parte mostrava i segni della trasformazione in unità residenziali: fioriere alle finestre, tende di pizzo che ondeggiavano nell'aria fredda della mattina, bidoni della spazzatura numerati sui marciapiedi.
Percorse decisa quel viale, ritrovandosi così in un parco malridotto, l'erba non curata e secca scricchiolava sotto i suoi piedi. Alla sua destra le guglie di una chiesa scintillavano e si mimetizzavano contro il cielo grigio.
Osservando meglio quel posto si rese conto che si ritrovava in una zona industriale, sembrava semi abbandonata, le strade erano costeggiate da fabbriche e magazzini.
Alcuni, costatò Sam, erano stati convertiti in loft e in gallerie d'arte, ma c'era ancora qualcosa di inquietante nelle loro forme imponenti e squadrate in ci si aprivano pochissime finestre coperta da inferriate.  Arrivò con il fiato corto a quella che veniva segnalata come la fermata della metropolitana, dopodiché svoltò un paio di incroci alla cieca, ritrovandosi in un quartiere più frequentato.
Camminava velocemente tra la folla che riempiva i  marciapiedi, mentre con le mani sollevava la sciarpa contro il proprio viso, tentando di coprirlo con essa quanto più possibile. Il freddo pungente le pizzicava la pelle, mai come in quel momento desiderava trovare un termosifone e ammanettarsi vicino ad esso. 
I palazzi che caratterizzavano quella strada erano di gusto moderno, Sam riusciva a vedere la sua figura riflessa nelle grandi finestre che contraddistinguevano la maggior parte degli edifici in quel posto. Era come essere in un altro mondo, tutta quella modernità, quelle persone, quella vita, erano tutte cose che fino ad allora lei non aveva mai potuto vedere. Era sempre stata isolata in un posto dimenticato dal mondo. In quel momento si sentiva come la protagonista di un film italiano che aveva visto tanto tempo fa con il Signor Reyes, Caterina va in città, come lei si sentiva del tutto fuori luogo e soffocata da quel cemento che incombeva cancellando il verde dei prati che Sam era consona vedere ogni giorno.
Mentre camminava con la testa china  il suo sguardo fu attratto come una calamita da un negozio. Le piccole vetrine erano decorate di rosso, i vari manichini erano ricoperti da capi d'abbigliamento del tutto singolari. Uno di essi indossava un vestitino a pois neri su una base bianca, era stretto sulla vita e un grande fiocco era legato sulla schiena.
Come attirata da una calamita Sam varcò la soglia di quel piccolo locale. L'ingresso era un trionfo di incensi, tende di perline e poster astrologici. Uno riproduceva la costellazione dello zodiaco, un altro una serie di simboli cinesi che Sam, pensò, non sarebbe mai stata capace di leggere. Scaffali stretti di vestiti ripiegati correvano lungo la parete accanto alla porta. Quel posto aveva un qualcosa che l'affascinava.
Non sapeva nemmeno lei cosa stesse realmente cercando fin quando lo sguardo non ricadde su di un capottino rosso. Era come se i suoi piedi si fossero mossi da soli, poco dopo si ritrovò ad accarezzarne la stoffa con la punta delle dita, ad osservarlo affascinata, come se quel capo le scaturisse un ricordo, aveva un qualcosa di familiare. Era come ritornare a casa dopo una giornata di lavoro.
- Posso aiutarla?- La voce dolce di una ragazza la fece sobbalzare, cogliendola di sorpresa.
Sam sciolse la presa delle dita sul tessuto del cappotto, voltandosi così verso di lei. - Quanto costa?- Le chiese indicando con l'indice il capo d'abbigliamento.
- Quaranta dollari.- Rispose la donna. -Ma per le clienti speciali possiamo fare un piccolo sconto.- aggiunse sorridendole in modo complice. - Trenta dollari.- concluse.
Non capì il perché di quel trattamento, forse era solo una strategia di vendita per attirare così nuovi clienti, ma in quella ragazza c'era qualcosa di strano. I capelli biondi le ricadevano sulle spalle racchiusi in due lunghe trecce che le incorniciavano il viso, la pelle era estremamente chiara, ma i suoi occhi brillavano di luce propria. In un modo che costringeva Sam ad osservarli, come del tutto ammaliata.
Distolse lo sguardo rendendosi conto di star fissando la commessa e annuì lentamente mentre quella le proponeva di provare il capo.
Si diresse nell'unico e stretto camerino del negozio, osservando così come era uscita quel giorno di casa. I capelli castani le ricadevano lungo le spalle, formando delle piccole onde alle punte. Sotto gli occhi erano ben visibili le occhiaie dovute alla notte movimentata che aveva appena trascorso.
Indossò il cappottino rosso e sentì sin da subito un calore espandersi attraverso le ossa infreddolite dal freddo di dicembre. Le ricadeva in maniera perfetta sulle spalle e la cintura in vita le snelliva i fianchi, facendola sembrare più alta. Arrivava alle ginocchia e i bordi erano decorati con dei grossi bottoni dello stesso colore del cappotto. Sam passò le mani sul tessuto, era meravigliata da quanto comparisse morbido al tatto, non era velluto, era un tessuto che non sapeva definire. 
Uscì dal camerino, con ancora addosso il cappotto, e si diresse alla cassa, dove la stessa ragazza di prima indugiava contro i tasti della calcolatrice. Quando la vide le rivolse un sorriso.
Si ritrovò a provare la stessa sensazione che le era attraversato il corpo quando poco prima aveva visto la ragazza per la prima volta, ma più la guardava più sembrava che qualcosa mutasse nel suo aspetto, come se i suoi capelli non fossero più così biondi ma diventavano sempre più chiari, quasi tendenti al bianco. Forse aveva le allucinazioni.
Pagò velocemente quanto dovuto, senza togliersi il cappottino dalle spalle, ed uscì da quel negozio. Tutto il tempo si era sentita strana lì dentro, era come se qualcosa le stimolasse la mente, come se ci fosse stata una nebbiolina leggera davanti ai suoi occhi.
Non appena si ritrovò in strada benedisse mentalmente il capo che le riscaldava il corpo, il clima non le sembrava più così ostile, anzi, era quasi piacevole passeggiare mentre quel leggero venticello le scostava i capelli facendoglieli ricadere davanti al viso.
Continuò il suo percorso, fermandosi di tanto in tanto a curiosare nelle vetrine di alcuni negozi, nonostante dicembre fosse appena iniziato alcune commesse erano intente ad addobbare l'entrate con lucine e qualche versione gonfiabile di Babbo Natale.
Una grossa insegna arancione attirò la sua attenzione, su di essa era scritto in caratteri lineari “Internet point”. Un'idea le balenò nella mente e una scossa di adrenalina le attraversò il corpo, si sentiva come un viaggiatore del deserto che aveva finalmente trovato un oasi.
Entrò in quel piccolo locale, delle grandi finestre davano sulla strada e tre file di computer erano allineati lungo la parete. Si avviò verso uno di quelli liberi, trovandolo già acceso, e aprì la pagina del motore di ricerca.
Era consapevole che il mondo era popolato di leggende su tanti essere soprannaturali, ma ora come ora il suo unico mezzo di informazioni era questo. Non era una grande maga dei computer, ma sapeva che con il tempo internet aveva preso il posto delle vecchie enciclopedie e che nessuna fonte di informazioni potesse esser più aggiornata di quella, doveva capire o almeno provarci, e visto che si ritrovava a vivere nella casa di uno stregone, si chiedeva quante di quelle leggende fossero vere.
La prima parola che le venne in mente fu “Cacciatori di demoni”. Lasciò scorrere velocemente le dita lungo la tastiera e cliccò invio. Scelse la prima opzione e iniziò a leggere.
Guerrieri ibridi, nati dalla fusione del sangue di un angelo e di un essere umano. Sono preposti al mantenimento dell’equilibrio tra umani e creature soprannaturali che abitano il mondo, nonché al blocco dei demoni che nel nostro mondo vorrebbero entrare da altre dimensioni.

Sam inarcò appena un sopracciglio nel leggere quelle parole. Quindi, quelle creature erano figli di un angelo? Esistevano gli angeli?
Non si era mai definita molto credente, anzi, riteneva che gli uomini avessero creato la figura di Dio  per avere un qualcosa a cui aggrapparsi quando era il momento di affrontare la morte e che con il tempo quella credenza si fosse ingigantita. I suoi tutori non erano molto credenti, quindi, in un modo o nell'altro non aveva mai avuto l'opportunità di avvicinarsi al mondo religioso, però aveva letto alcuni libri. Del soprannaturale era un'appassionata di storie di vampiri, aveva letto talmente tante volte Dracula, completamente presa dal suo personaggio ma aveva sempre pensato che quelle erano storie e sarebbero sempre restate tali.
Si rese conto di aver passato un paio di ore davanti a quel computer quando gli occhi iniziarono a pizzicarle, costringendola a chiudere le palpebre sempre più spesso.  Era consapevole della poca affidabilità delle cose che aveva appreso, secondo google lo stregone cominciava ad essere tale quando scopriva la sua capacità innata; questo il più delle volte avveniva da giovane, ma poteva capitare anche in tarda età. Magnus aveva un viso estremamente giovane, ma nonostante questo sembrava consapevole del suo potere e lo usava abilmente, come se nella vita non avesse fatto altro. Come se fosse un qualcosa di antico intrappolato in un corpo giovane.

Dopo aver pagato con i restanti soldi il cassiere dell'internet point, uscì da quel piccolo locale, notando che ormai il cielo si era tinto di rosso. Era quasi l'ora del crepuscolo.

Aveva del tutto perso la cognizione del tempo, mentre si riempiva la mente di miti e favole a cui qualche giorno prima non avrebbe mai creduto.

§

Mentre tornava indietro tentava di orientarsi, cercando di ricordare quale fossero gli incroci che aveva svoltato prima. Le strade le sembravano tutte uguali, i grandi palazzi padroneggiavano sulla strada, taxi gialli sfrecciavano lungo di esse  e le persone si affollavano sui marciapiedi cercando di richiamarne uno. Seguì il proprio istinto e svoltò lungo un viale. Non intravedeva nessun parco malandato o case squadrate, i palazzi che caratterizzavano quella strada avevano la facciata decorata con dei pilastri che partivano da ogni finestra , dei fregi e fiordalisi decoravano elegantemente parte del marmo ormai scuro e eroso da anni di esposizione all'aria inquinata e alle piogge acide di New York. Dovevano essere palazzi molto vecchi.
Un senso di panico le montò nello stomaco quando capì di essersi persa. Il primo impulso fu quello di disperarsi, buttarsi in un angolino e piangere, ma con tutta la sua forza di volontà lo represse. Doveva pensare lucidatamene, andare in panico avrebbe solo peggiorato la situazione.
L'immagine del cartello della metropolitana con su scritto “Brooklyn” le balenò nella mente. La casa di Magnus si trovava a Brooklyn, ma lei non aveva idea di dove fosse in quel momento. 
Si guardò intorno, quella zona era stranamente deserta, pensò Sam. Era convinta che in una città come quella dovesse esserci sempre qualcuno per strada, e poi non era così tardi. Diversi lampioni erano spenti, mentre quello più vicino a lei gettava un fioco bagliore giallo sul marciapiedi che seguiva la strada. Sollevò lo sguardo intravedendo con la coda dell'occhio un uomo che proprio in quel momento stavo svoltando l'angolo, sparendo dietro alle mura di uno dei palazzi.
Sam senza pensarci due volte lo seguì, accelerando in modo notevole la velocità del proprio passo, superando così anche lei l'edificio. Con grande stupore di Sam, l'uomo non c'era più. Svoltare quell'angolo l'aveva portata in un vicolo. Si era alzato un vento caldo che muoveva le foglie degli alberi rachitici vicino allo stabile e trascinava la spazzatura raccolta nei canaletti di scolo e sui marciapiedi facendola volteggiare sulla strada piena di crepe. Il flebile ronzio delle auto sembrava lontanissimo e l'unico suono che contasse era quello delle sue scarpe che scricchiolavano sull'asfalto cosparso di immondizia. Avrebbe voluto essere capace di camminare senza produrre rumore.
Quello in cui era finito sembrava un vicolo che probabilmente veniva usato in passato per la consegna delle merci. Era stretto e stipato di immondizia: scatoloni marci, bottiglie vuote, pezzi di plastica, oggetti sparsi. 
Sentì come una presenza alle sue spalle, questo la portò a girarsi di scatto facendole finire alcune ciocche di capelli sulle labbra, ma alle sue spalle non c'era nessuno. Il cuore prese a martellarle nel petto mentre il proprio battito le rimbombava nelle orecchio, continuava a ripetere a se stessa di restare calma, che tutto quello era solo fonte della sua immaginazione che... Ma una voce parlò all'improvviso dalle ombre alle sue spalle distruggendo ogni minimo tentativo di auto convincimento.
- Non credo che questo sia un luogo adatto ad una ragazza.- disse la voce.
Sam si immobilizzò, fissando le ombre all'imboccatura del vicolo. Per un terribile istante si chiese se non si fosse immaginata quella voce. -Chi c'è laggiù?- mormorò tentando di tenere la voce più ferma possibile.
Sentì una leggera risata dopodiché fece un passo avanti, uscendo dalle ombre più buie. Il suo contorno si definì lentamente: Sebastian.
Sam non mosse un muscolo del proprio corpo mentre teneva lo sguardo fisso sul viso del ragazzo, non riusciva a non osservare i suoi capelli così chiari da sembrare bianchi. Lui le si avvicinò lentamente, osservandola con curiosità.
- Che strana coincidenza ritrovarci qui, entrambi.- Le disse rivolgendole un sorriso che però non coinvolgeva gli occhi. Loro restavano freddi e glaciali sul viso di lei, pronti a cogliere ogni suo movimento.
-Non credo nelle coincidenze.- Sussurrò la ragazza a denti stretti.
- E fai bene.- Le rispose Sebastian prima di scattare in avanti, verso il corpo di lei, premendole così un braccio sopra la clavicola e spingendola con una spinta contro una delle pareti umidicce del vecchio vicolo. Un urlò abbandonò le labbra di Samantha che strinse gli occhi non appena le proprie spalle si scontrarono contro il cemento duro, mordendosi appena un labbro per soffocare la fitta di dolore.
- Cosa diavolo fai?- Gli urlò contro mentre le mani di lui le si stringevano intorno alle spalle, bloccandola.
Sebastian la osservava con curiosità, i suoi occhi vagavano sul viso di lei, catturandone ogni dettaglio, come se stesse a farle una radiografia. - E' davvero molto curioso tutto ciò.-
- Di cosa parli?-
- Di te.-
- E' così difficile parlare chiaramente? Sono circondata da persone che non hanno la capacità di dare una mezza spiegazioni. Solo frasi mozzate di qua e di là.- ringhiò Sam nera di rabbia.
- Tu non sai cosa sono io?- Chiese Sebastian sinceramente sorpreso.
- Oltre ad essere un maniaco stalker?- Sam sentì le proprie labbra seccarsi mentre parlava. -No.- concluse.
-Allora ti serve davvero una lezione di demonologia.- allontanò appena il viso dalla ragazza senza allentare la presa. - Sai almeno chi sono i Nephilim?-  Notando l'espressione interrogativa di Sam sollevò gli occhi al cielo esasperato. -I cacciatori per voi mondani ignoranti.-
La ragazza  lo fulminò con lo sguardo prima di ricordarsi di quello che aveva scoperto nel pomeriggio. -Figli di uomini e di angeli.-
-Più o meno.- fece una piccola pausa.-  Secondo la leggenda, gli Shadowhunters, ovvero cacciatori di demoni, furono creati più di mille anni fa, quando gli umani stavano per essere distrutti dalle invasioni di demoni provenienti da altri mondi. Jonathan Shadowhunter, il primo Nephilim, evocò l'angelo Raziel, che mescolò in una ciotola un po' del proprio sangue con del sangue umano e lo diede da bere agli uomini. Coloro che bevvero il sangue dell'Angelo divennero Cacciatori, e così i loro figli e i figli dei loro figli.-  Sollevò un braccio in modo che lei potesse vedere una delle rune che lo percorreva. -E queste sono la loro fonte di forza, le rune, ce ne sono per ogni tipo. Ti rendono più forte , più veloce o qualsiasi sia la funzione della runa che adoperi.-
Sam schiuse le labbra sorpresa lasciando correre lo sguardo sul braccio marchiato del ragazzo. -Se anche tu porti i marchi dei cacciatori, allora perché ne parli chiamandoli 'loro' e non 'noi'?-
-Perchè io sono un cacciatore speciale. Nelle mie vene scorre sangue di demone, questo mi rende più forte e veloce di natura.- Fece una pausa aumentando la stretta delle dita contro la pelle della ragazza. - E anche più spietato.-
Gli occhi di Sebastian erano diventati ancora più scuri di quanto fossero normalmente, non era quasi distinguibile la pupilla. Sam fece una smorfia di dolore alla sua stretta, respirando profondente.
- Magnus cos'è? - gli chiese in fine.
Il viso di Sebastian si rilassò di colpo alla sua domanda, come se l'oscurità che lo aveva avvolto si era dissolta come fumo. - E' un nascosto. -
- Un nascosto?-
- I nascosti sono coloro che abitano insieme a noi nel Mondo Invisibile. Sono i vampiri, lupi mannari, il popolo fatato e figli di Lilith, essendo mezzi demoni, sono stregoni.-
Tutte quelle informazioni le volteggiarono nella testa come un faro di luce nell'oscurità più totale.
-E tu cosa vuoi da me sottospecie di Spider-Man oscuro?-
- Ora vuoi sapere decisamente troppo.- Uno strano sorriso si formò sulle labbra di Sebastin mentre sollevava due dita, portandole sulla guancia di lei, che sfiorò appena.
Sam riusciva a sentire il battito regolare del suo cuore vibrargli attraverso il petto e il suo respiro le riscaldava la pelle. -Non toccarmi.-
Una risata fuoriuscì dalle labbra di Sebastian. -Oppure, cosa mi fai? Mi spruzzi negli occhi lo spray al peperoncino?-
Sam portò lo sguardo negli occhi di lui, fissandoli e con un movimento veloce sollevò entrambe le mani premendole sul suo petto come per allontanarlo. E lui lo fece. Sebastian scattò indietro con un'espressione confusa sul viso mentre sollevava una mano, portandola su una parte del collo che era rimasta scoperta dalla maglietta. Era balzato via come se il il tocco delle dita di Sam lo avessero bruciato.
-Ma cosa.. - si toccò la pelle confuso. -Mi hai ustionato!- Esclamò più sorpreso che arrabbiato.
Sam abbassò lo sguardo sui propri palmi, guardandosi le mani tremolanti sconcertata. -I-io..- balbettò del tutto confusa mentre lui le si avvicinava di nuovo stringendole le dita intorno al polso. Le girò il braccio in modo da poterle osservare il palmo della mano, ma non c'era niente di strano, la sua pelle era liscia e morbida, senza nessuna traccia di qualcosa di anormale.
- Molto interessante- gli sentì mormorare mentre lo sguardo di lui la percorreva dall'alto verso il basso, in maniera insistente, facendola sentire a disagio. Sebastian le si avvicinò con una velocità non umana, premendola nuovamente contro quella parete, portandosi ad un palmo dal suo viso. E poi ci fu il buio.


§

Era come se qualcuno le avesse cucito le palpebre. A Sam parve di sentire le pelle che si strappava mentre le apriva lentamente e sbatteva gli occhi. Vide sopra di sé un limpido cielo notturno, non c'era traccia di stelle. Si mise dolorosamente a sedere. Le faceva male tutto, ma soprattutto la nuca. Si guardò attorno: si ritrovava distesa sopra ad un prato mal curato, l'umidità le era entrata nelle ossa. Non ci volle molte a riconoscere quel posto, era il parco che aveva oltrepassato la mattina, questo significava che era nelle vicinanze della casa di Magnus e che Sebastian non le aveva spezzato il collo, cosa molto probabile in quegli istanti.
Si mise in piedi lentamente, premendo entrambe le mani sul collo dolorante, mentre si avviava a passo svelto tra le case che ora le sembravano famigliari. I vecchi edifici squadrati, l'odore di spazzatura, il viale stretto e finalmente il portone di ferro della casa di Magnus. Lo varcò intrufolandosi sul pianerottolo buio e percorse velocemente le due rampe di scale, per poi bussare con impazienza alla porta della casa.
Le aprì un ragazzo. Si guardarono entrambi confusi, in un primo momento pensò di aver sbagliato porta, ma il cognome Bane era chiaramente leggibile sulla porta.
-E tu saresti?- Il ragazzo la guardò in modo sospettoso. Era consapevole di avere un aspetto orribile e di poter sembrare una barbona, ma in quel momento le importava poco.
Stava per rispondergli quando una voce familiare parlò.- Sigmund, lascia entrare la vagabonda.-
Il ragazzò sollevò gli occhi al cielo e si spostò per farla passare. - Ti ho detto che mi chiamo Simon!-
Magnus che era seduto comodamente sul divano sollevò pigramente una mano in segno di noncuranza, portando poi lo sguardo su Sam che era appena entrata. -Allora, mi derubi e scappi via?-
Un senso di colpa si fiondò nello stomaco. -Io volevo solo.. esplorare.-
-Esplorare, interessante.- Magnus fece una pausa sollevandosi in piedi. - La prossima volta avvertimi. Ho fatto un po' di shopping per te, ora vai, prima che la tua vista mi irriti più del dovuto.-
Sam si voltò ritrovandosi nuovamente di fronte quel ragazzo dagli occhi scuri e l'aria impacciata che era rimasto in silenzio a far da spettatore. - Seymour, va con lei, non voglio che scappi di nuovo. Io intanto sistemerò una camera per te.-
Sam entrò nella sua stanza con Simon alle spalle. In quel momento desiderava con tutta se stessa restare da sola. -Mi dispiace che tu debba farmi da babysitter.-
- Tranquilla, posso capire come ti senta.- le disse lui rivolgendole un sorriso comprensivo.
Lei annuì appena lasciandosi ricadere sulla sedia, esausta. - Anche tu sei uno stregone?-
Simon accennò una risata scuotendo poi la testa. - No, io sono un vampiro.-
Sam ebbe un momento di esitazione. Quel ragazzo che sembrava la cosa più innocente del mondo, che dimostrava poco più di sedici anni, era un vampiro?
-Figo.- fu quello che disse. -Almeno tu sai in che categoria inserirti.-
Simon le sorrise. -Beh, io sono uno vampiro un po' più figo. Posso stare alla luce del giorno.-
- Dovrei chiederti l'autografo?-
-Se vuoi offro anche foto e maglie con la mia faccia sopra e la scritta“Io sono l'unico e solo, stronzetti”.-
Sam sorrise. -Vivi qui con Magnus?-
Lui scosse la testa sospirando appena. -No, ma non ho un posto dove andare e..-
-...E visto che ultimamente ho messo su un hotel per vagabondi, ospito i figli abbandonati senza una casa.-
Entrambi girarono il volto verso la porta ritrovandosi un Magnus in vestaglia che sorseggiava annoiato del vino da un bicchiere a coppa. - Su, il convento spegne le luci, tutti a dormire.- Si girò verso il corridoio esitando un secondo. -E per quanto riguarda te, signorina, domani avremo molto di cui parlare.-






NOTE D’AUTRICE 
Allora, vi ringrazio di cuore per l'incoraggiamento che mi avete dato nel primo capitolo, per me il vostro parere è davvero molto importante!
Spero di non deludere le aspettative e che questo capitolo vi piaccia!
Naturalmente ringrazio anche chi ha messo la storia tra i preferiti, seguite e ricordate, vi ringrazio tutti di cuore.
Come sempre, sapere cosa ne pensate mi renderebbe davvero felice, un bacione enorme. <3






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu
   
 
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