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Autore: Farawayx    05/01/2014    21 recensioni
E' come se la tua intera vita fosse stata basata su delle bugie, un giorno sei una persona normale e l'altro vieni catapultata in un susseguirsi di eventi che ti lasciano senza fiato. Di chi puoi fidarti? Chi sa la verità?
Ma la domanda che continua a porsi Samantha Reyes è solo una: chi è realmente?
Le sue risposte sembra averle tutte una persona: Jonathan Christopher Morgenstern.
« Io non sono cattivo, ho solo il lato oscuro un po' pronunciato, mi sento come l'angelo affascinato dal buio.»
Nel buio ho trovato il mio angelo.
Un angelo pieno di paura e di odio, pieno di rancore e di voglia di vivere.
Nel buio l'ho amato, l'ho cullato, abbiamo cantato e sognato.
Abbiamo riso e ci siamo amati intensamente.
Ma alla luce mi ha annientato.
E se qualcuno insegnasse ad amare ad un angelo oscuro?
Genere: Avventura, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Jonathan, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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» Capitolo 1
                                  «Siamo come lo yin e lo yang: non possiamo vivere soli.»


«
Caro diario, è da tanto tempo che non vengo qui per scrivere due righe. Penso che della persona spensierata di cui si leggeva nelle altre pagine ormai non sia rimasto niente. Sai, le parole hanno il potere di cambiarci, il tempo lo fa e con esso anche le persone. La distinzione del bene e del male in questo mondo è davvero contorta, nessuno nasce buono o cattivo, ma lo svolgere degli eventi ci porta a diventarlo. Dicono che essere buoni sia la cosa più difficile, ma con il passare del tempo realizzo che essere i cattivi lo è ancora di più. Fingere che ogni singola cosa sia indifferente, crogiolarsi nella solitudine ma soprattutto non avere nessuno che tenga a te, ma quindi, io mi chiedo... Se nessuno tiene a noi, esistiamo davvero? Le persone cattive sono quelle più ferite e addolorante, che hanno lasciato che l'odio penetrasse in loro. Ma loro sono anche quelli che amano di più. Ti chiedi cosa sia io ora? Sono un angelo attratto dal buio.» 



§




Sin da quando era bambina l'unico pensiero che varcava la soglia della mente di Samantha era uno solo, la domanda che echeggiava a gran forza era sempre e solo quella. “Perché?”. 
Era un'altra mattina, di un altro giorno, di un altro mese, di  un altro anno in cui le cose non sarebbero mai cambiate, in cui nessuna domanda avrebbe trovato risposta, nessuno sarebbe andato da lei a dirle cosa ci fosse di sbagliato nei suoi occhi color nocciola o nel suo viso ormai spento da troppo. 
Tenne gli occhi fissi sul soffitto grigio, il cielo era nuovamente ricoperto di nuvole, quindi la poca luce che filtrava attraverso le finestre rendeva quel posto ancora più spettrale di quanto fosse in realtà. Il freddo le era penetrato nelle ossa, ogni solo piccolo movimento le creava nuovi brividi lungo la pelle chiare. Lì faceva sempre freddo. 
Quando una voce risuonò davanti alla sua camera fu costretta ad alzarsi, raggiungendo di mala voglia la malridotta porta di legno che dava su uno stretto corridoio poco illuminato. Il viso della signora Reyes le comparse di fronte. Era consapevole di ritrovarsi davanti quella vecchia donna ingobbita dal passare degli anni, i suoi occhi erano spenti, velati da un grigio che ormai sembrava aver perso qualsiasi tipo di scintilla.  -Scendi, è arrivato il momento.- pronunciò quelle parole a denti stretti, girando poi tacchi velocemente, senza nemmeno darle il tempo di rispondere.
Ricordava ancora chiaramente il primo giorno che aveva visto quella donna, aveva il viso incorniciato da riccioli, e con un sorriso si era calata su di lei, accarezzandole la guancia con una dolcezza che per lei all'epoca era del tutto sconosciuta. E lo sarebbe rimasta ancora per tanto. 
Samantha quel giorno si sentiva fortunata mentre a soli quattro anni si stringeva nel suo cappottino rosso, sicura di aver trovato finalmente una casa, dei genitori. Una famiglia. Era convinta che non si sarebbe mai più sentita sola, che sarebbe potuta andare a scuola, avere degli amici e delle bambole con cui giocare. Voleva solo essere una bambina come tutte e quando i suoi occhi avevano incontrato quelli affettuosi della signora Reyes e di suo marito, era convinta che usciva da quell'orfanotrofio con una famiglia. Usciva vittoriosa. 
Ma ben presto si rese conto di aver fatto male i calcoli. 
Sin dal primo momento che aveva messo piede in quel vecchio cottage, situato in una delle campagne della periferia inglese, un brivido le era corso lungo la schiena. In quel posto non riconosceva l'affetto, il calore ma solo qualcosa di tremendamente sbagliato, ogni stanza era riempito dall'odore della muffa che avanzava lentamente lungo i vecchi mattoni dell'abitazione. 
Ma si disse di essere comunque fortunata, qualsiasi posto sarebbe stato migliore dell'orfanotrofio.
I coniugi Reyes non le diedero mai affetto, non si sentì mai loro figlia o parte della loro famiglia, tutto quello che si limitavano a fare era mantenerla, farla studiare e vestirla. Le sembravano persone di ghiaccio. Solo una volta aveva un ricordo vago del signor Reyes, era seduto su una poltrona a leggere un libro e la piccola gli si era avvicinata, con quella curiosità che solo i bambini hanno, aveva visto negli occhi dell'uomo, per la prima e forse ultima volta, della tenerezza per lei, mentre le passava quel libricino sgualcito e le leggevo il pezzo di una fiaba.  Erano stati interrotti dallo sguardo furente della signore Reyes. Samantha si era sempre chiesta perché avesse reagito in quel modo. Le era sembrato che non volerle bene era un imposizione e non una cosa di loro spontanea volontà.
Nonostante l'affetto che le dessero era minimo, non riusciva a spiegarsi perché erano così iperprotettivi nei suoi confronti, le uscite erano del tutto limitate, entro una certa ora non poteva più uscire dal cottage e per le visite in città doveva esserci sempre uno dei coniugi con lei. Non ricordava di essere stata a Londra più di due o tre volte e sempre per soggiorni brevissimi. 
Quando era cresciuta aveva provato rabbia per i suoi veri genitori, si chiedeva sempre il perché. Perchè le avevano fatto questo. Era stata considerata così tanto una disgrazia la sua nascita, tanto da doverla mandare via? Erano così giovani e immaturi da non potersi prendere cura di lei condannandola ad un'infanzia il cui il massimo dell'amore lo aveva tratto dal suo cane? 
Il pensiero dell'ormai anziano pastore tedesco che dormiva nella sua cuccia le balenò nella mente. Ricordava ancora il giorno in cui il signor Reyes tornò a casa con il cucciolo tra le braccia, aveva detto alla moglie che avevano bisogno di un guardiano per la casa e che quel cane era stato addestrato per quello. Lo aveva chiamato Argo spiegando che quel nome era un onore averlo, perché era il nome del cane di Odisseo, il cane cieco che era stato l'unico ad aver riconosciuto il padrone, per poi accasciarsi a terra morto. Samantha aveva trovato sin da subito quel nome non adatto ad una macchiolina così carina, quindi aveva preso a chiamare quel cucciolo Agie, non sapeva da dove lo aveva tirato fuori la sua fantasia. Ora il nome Argo cadeva a pennello su quel fiero cane, mentre Agie sembrava screditarne le qualità, ma lei non riusciva a smettere di chiamarlo così e il cane, anche se non poteva, non si era mai lamentato, quindi per lei non era problema.

§ 

Sam restò ferma alcuni istanti vicino alla porta, seguendo con lo sguardo la vecchia signora scomparire al di là delle scale. Un sospiro uscì dalle sue labbra. Un senso di ansia le si fiondò addosso, creandole un vuoto nello stomaco mentre si avviava in direzione del suo armadio, estraendo gli unici due capi che aveva tenuto fuori dalla valigia. Il giorno prima aveva sentito i due coniugi parlottare tra loro, non era riuscita a cogliere per intero di cosa stessero parlando, al suo orecchio erano arrivate frasi sconnesse alle quali non aveva riuscito a dare un senso. Il rumore dei passi della donna lungo le scale l'avevano fatta correre in direzione della poltrona, in modo da farsi ritrovare in perfetta posizione da lettura quando la donna aveva aperto la donna.
-Prendi le tue cose e mettile nelle valigie che potrai trovare nel ripostiglio.- Con la solita freddezza la donna aveva pronunciato quelle parole, travolgendo Sam con un senso di stordimento tale da farle cadere il libro dalle dita. Si era alzata dirigendosi verso la signora che quasi  sembrava non vederla. Il suo sguardo era di ghiaccio. Alle sue ripetute domande, alla sua ricerca di una spiegazione non aveva ricevuto nessuna risposta, ma aveva notato un guizzo di panico negli occhi della donna, che prima di andarsene le aveva concesso una breve spiegazione. -Noi avevano solo il compito di crescerti, ora è arrivato il momento che tu faccia i conti con te stessa.- Quelle parole le echeggiavano in testa. “che tu faccia i conti con te stessa”, non trovava un minimo di senso in quell'affermazione. Aveva ripercorso mentalmente ogni piccolo avvenimento, ogni cosa sbagliata che avrebbero potuto convincere i due coniugi a mandarla via, ma non trovava un nesso logico. Non c'era nessun senso in quella situazione. 
Scosse la testa come se con quel gesto quello stato confusionale potesse andar via, mentre passava le dita lungo il proprio busto, lisciando così il tessuto della maglia. Diede uno sguardo veloce alla propria figura riflessa in modo contorto in quel vecchio specchio rovinato. I suoi occhi fissarono quelli dell'altra se stessa, chiedendosi cosa vedessero le persone quanto li osservavano, se guardandoli riusciva a trapelare quando dolore ci fosse realmente nascosto in essi. 
Un ulteriore colpo sulla porta le fece intuire che il tempo a sua disposizione era scaduto, volente o nolente, doveva lasciare quel posto. Nonostante tutto era affezionata a quella camera, era stata il suo mondo per tutti i suoi diciotto anni, conosceva ogni singola crepa o rialzatura di qualche trave. Era l'unico posto che aveva considerato suo. 

Si chiuse la porta alle spalle, notando che in quel momento ci fosse un silenzio più inquietante del solito, l'unico rumore udibile erano i rintocchi delle suole delle sue scarpe contro il pavimento di legno. Scese le scale velocemente, una strana sensazione le corse nello stomaco e sentì dei brividi formasi lungo la propria pelle mentre posava il piede sull'ultimo scalino, sfociando così nel salotto. 
E poi i suoi occhi si posarono su un macabro spettacolo che non avrebbero mai dimenticato. 
La signora Reyes era esanime sul pavimento, la testa china penzolava su un collo marchiato da un lungo taglio dal quale il sangue si riversava a fiotti. un urlò uscì dalle sue labbra che si ritrovò a ricoprire poco dopo, mentre indietreggiava terrificata. Ebbe solo il tempo di chinare il viso prima di rendersi conto che le sue scarpe erano zuppe di sangue, il pavimento era come una pozzanghera. Sbiancò voltandosi lentamente, la paura di quello che avrebbero visto i suoi occhi le era entrata nelle ossa. Un ventaglio di sangue echeggiava lungo la parete, lasciando intravedere un corpo appoggiato contro di esso, gli occhi le si riempirono d'orrore quando capì che a quel corpo mancava la testa che era ruzzolata ai piedi ed ormai era ricolma di sangue. Il signor Reyes. 
Sam sentì il sapore della bile in bocca mentre l'unico rumore che riusciva a distinguere con chiarezza era quello del suo cuore, batteva così forte da riempirle completamente la testa e annebbiarle la vita. Non aveva più aria nei polmoni per urlare, ma qualcosa nella sua testa le disse: scappa
Non seppe dove trovò la forza e il coraggio, ma con uno scatto delle gambe partì con un razzo in direzione della porta, quasi si sorprese di trovare la serratura aperta mentre la spalancava ed usciva fuori dall'abitazione ricoperta di sangue. Corse più che poteva sul lungo viale che portava verso il recinto che dava sulla strada, sentiva i polmoni farle male per quanto respirava velocemente. Ma qualcosa la fermò. I suoi occhi si posarono su una figura sdraiata al suolo. Il suo pelo non era più marrone e nero, ma il colore del sangue aveva invaso anche il petto dell'animale.
- Agie!- Urlò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e le gambe si dirigevano verso la figura immobile del cane. Gli si sedette accanto, scuotendo e scrollando più volte il corpo dell'animale, tentando di ritrovare almeno in lui una qualche fonte di vita. Ma niente. Gli occhi di Agie restavano chiusi e il suo petto immobile. Lacrime salate le percorse il viso a fiotti, mischiandosi con il sangue che ormai la sporcava, mentre lei teneva la testa poggiata contro il pelo morbido e ancora caldo del suo unico amico. Non riusciva a non pensare a quelle volte che quel cane le aveva dato affetto, come sapeva capire il suo umore. Quando era piccola giocava sempre con lei ma quando era cresciuto lui era sempre stato lì per proteggerla, come quella volta che in piena notte era scappata dalla tenuta dei Reyes, era convinta che nessuno si sarebbe reso conto della sua assenza per poi rendersi conto che il cane era lì con lei, e l'aveva accompagnata e protetta, non solo quella notte, ma da quando lui era arrivato in quella casa. Ora non avrebbe potuto più leggergli delle storie per calmarlo quando era nervoso e diventava aggressivo con tutti tranne che con lei, non avrebbe più potuto lisciare la sua pelliccia e stringersi al suo collo per piangere tutte le sue lacrime mentre sentiva il cucciolo piangere con lei. Agie era morto e mentre lei si stringeva al suo corpo ormai privo di ogni battito, qualcosa trascinò anche Sam nel mondo delle tenebre, non ebbe il tempo di sollevare la testa per vedere chi l'avesse colpita, ma sicura che sarebbe stato il suo ultimo respiro si strinse all'amico pregando per entrambi.

§



Fu svegliata dal rumore di qualcosa che gocciolava in lontananza. Sam aprì molto lentamente gli occhi, intorno a lei tutto era avvolto nella luce del tramonto.  Era stesa su di un letto piazzato al centro di una stanza arredata con un gusto moderno, le pareti erano ricoperte di poster e quadri pieni di colori, mentre una leggera luce filtrava da sotto la porta semichiusa. Il soffitto era immacolato, come se quella stanza fosse stata rinnovata da poco tempo. 
Scattò immediatamente a sedere e subito desiderò di non averlo fatto, un dolore ardente le trafisse la testa come uno spillo mentre un senso di nausea le si affiorò nello stomaco. Tentò di mettersi in piedi, cercando a tentoni qualcosa a cui aggrapparsi ma ogni singola parte del corpo le doleva, come se ogni suo muscolo la implorasse di ritornare a stendersi in quel letto e dormire. In preda ad un improvviso attacco di panico scattò in piedi, barcollando, con l'adrenalina che scorreva nelle vene. Ebbe un capogiro e si aggrappò con entrambe le mani alla spalliera del letto, usando quella come punto di appoggio per non cadere. Mentre usava tutta la sua forza di volontà per non abbandonarsi alle tenebre udì dei passi in lontananza farsi sempre più chiari e vicini, qualcuno stava arrivando dal corridoio che conduceva a quella stanza. 
Era un uomo. Reggeva in una mano delle asciugamani e nell'altra una tazza dalla quale si sollevava un leggero batuffolo di vapore. La luce alle sue spalle la costrinse a sbattere le palpebre trasformando così lo sconosciuto in un'ombra in controluce. Vide una figura alta e magra come una pertica e i suoi capelli erano una corona di fitte guglie nere. Era asiatico. Il volto, dagli zigomi eleganti, era molto bello, e le spalle larghe, nonostante la struttura esile e snella. I suoi occhi brillavano di una luce particolare, qualcosa che Sam non aveva mai visto. Indossava un paio di jeans aderenti e una camicia nera coperta da dozzine di fibbie di metallo. Teneva la tazza ferma in una mano inanellata e poi la poggiò sul comodino, come se lei non fosse lì. 
Sam lo fissava terrorizzata, ogni suo muscolo era in allerta. Era stato quell'uomo ad uccidere i suoi tutori e l'aveva rapita? 
Fu troppo per Sam. La stanchezza, il terrore, lo shock e la perdita di sangue l'assalirono come un'ondata di piena. Sentì che le ginocchia le cedevano e iniziò a scivolare verso il pavimento. 
L'uomo annullò le distanze tra loro in un lampo: si mosse tanto velocemente che riuscì a prendere Sam al volo prima che toccasse terra e la  sollevò, come se pesasse quanto una piuma. 
-Angioletto?- La chiamò la voce, allungando una mano verso il suo viso. -Tutto bene?.- 
Lei si ritrasse e sollevò debolmente una mano per allontanarlo. -Non toccarmi.- 
Sul viso dell'uomo comparse un'espressione divertita, dopodiché avanzò alcuni passi verso il letto e poggiò il corpo della ragazza su di esso. 
- Non devi avere paura di me.-  fu l'unica cosa che disse prima di ritrasi, mettendosi a sedere su una sedia posta vicino al letto di ferro battuto.
La ragazza indietreggiò nell'angolo più lontano del letto, come se quell'ammasso di lenzuola potessero proteggerla, e sollevò lo sguardo spaventato sul viso di lui. -Chi sei? Perchè hai ucciso i miei genitori? Cosa vuoi da me?- quasi urlò. 
L'uomo alzò le mani sulla difensiva. -Ehi, ehi, frena. Ci tengo a precisare che io non ucciso nessuno.-  Fece una pausa ma riprese a parlare prima di dar tempo a Sam di rispondere. - Mi chiamo Magnus Bane, sono uno stregone. E da te in teoria non voglio niente.- 
Milioni di domande affollarono la testa di Sam, ma tutte scomparsero lasciando spazio ad una sola. -Uno stregone?- gli chiese sarcastica. -Certo e io sono una winx in via di trasformazione.- 
Lo stregone sollevò le labbra in un sorriso. -Sarai moribonda ma la forza per essere sarcastica ce l'hai.- 
- Cosa vuoi da me? Chi ha fatto quello ai miei....- Fece una pausa come se non riuscisse a definire in quel modo quelle due persone che l'avevano cresciuta. -..genitori.-
- Non erano i tuoi genitori e lo sai perfettamente, Samantha.-
- Come sai il mio nome?-
-Io so tutto quello di cui c'è la necessità di sapere.- le disse l'uomo e fece scoccare due dita creando come una scintilla. 
- Ti prego, sii chiaro.-
- Potrei perdere delle preziose ore a spiegarti le cose che so, oppure...- Sollevò entrambe le mani e le tese verso il viso di Sam. Inizialmente la ragazza si ritrasse, ma l'espressione seria di Magnus la costrinse ad avvicinarsi lentamente, lasciando che lui posasse entrambe le dita lungo le sue tempie.
E poi fu come un flash. 
Magnus che parlava con delle donne, le chiamava sorelle di ferro, che gli davano un talismano destinato ad una bambina. Poi il buio e di nuovo Magnus che parlava con un uomo completamente incappucciato. Lui lo avvertiva della nascita di una bambina, una bambina che non sarebbe dovuta nascere in quel mondo. Lui doveva proteggerla. Poi qualcosa tremò e c'era un Magnus che parlava con un uomo, lui gli diceva che la bambina era stata trovata e andava protetta. Poi di nuovo il buio.
Aprì lentamente gli occhi, trovandosi di fronte il viso di Magnus che la guardava con un espressione indecifrabile. 
-Cos..cosa significa quello che ho visto?- Balbettò lei tirando indietro la testa, così da liberarla dalle mani di lui. 
L'uomo alzò gli occhi al cielo, come se fosse scocciato di doverle spiegare tutto in maniera più dettagliata, dopodiché chinò il viso. - So di te da prima della tua nascita. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Quell'uomo incappucciato che hai visto è uno dei fratelli silenti, cacciatori di demoni che hanno arricchito il potere della mente. Lui era un mio conoscente da prima che entrasse nella fratellanza e una sera ha percepito qualcosa di anormale, qualcosa di tremendamente sbagliato. E' venuto da me raccontandomi quello che aveva visto nelle sue visioni e come solo io potessi aiutarlo, se ne avesse fatto parola con i cacciatori non avresti visto nemmeno il tuo primo giorno. Non so per quale assurdo motivo, ma decisi di fare quello che diceva, andai dalle sorelle di ferro per prendere un talismano.- Sollevò una mano con la quale indicò il ciondolo che Sam aveva al collo da quando era piccola. L'unico ricordo dei suoi genitori naturali. La ragazza lo tocco istintivamente. -Dopo di che ho fatto in modo che venissi affidata a una famiglia che potevo controllare, perdonali per il loro caratteraccio. Ma poi un informatore mi ha detto che nel mondo invisibile si vociferava sulla tua esistenza e che lui ti stesse cercando, allora ho capito che il posto più sicuro per te era con me. Ma lui era stato più veloce, ha raggiunto il cottage e ha ucciso i due coniugi. Io ho aperto un portale per raggiungerti il più velocemente possibile e quando sono arrivato eri una pozza di sangue sdraiata su un cane. Ho avuto giusto dieci secondi per prenderti e scappare, prima che loro ci vedessero.- 
Sam fissò l'uomo allibita. Cacciatori di cosa? Lui chi? 
- Lui chi?-
Magnus serrò le labbra a quella domanda e lei capì che non avrebbe risposto. -Cosa sono? Perchè tutta questa attenzione nei miei confronti?- 
Magnus rilassò le spalle, come se fino ad allora avesse portato un peso da dieci chili sulla testa. -E chi lo sa.- fece una pausa sollevando gli occhi sul suo viso. - Lo sa solo chi ti ha creata, io ho ricevuto il compito di proteggerti.- disse piano sollevandosi dalla sedia. 
-Magnus?- 
-Sì?- 
-Lui chi?- 
- Riposati, hai tante cose da metabolizzare.- Le rispose l'uomo, uscendo poi dalla stanza.


§

Prima di cadere in un sonno profondo Sam aveva escogitato una ventina di piani di fuga, era così confusa da tutta quella situazione, l'unica cosa che lei chiedeva era le verità. Ci capiva così poco.
Ma poi il suo corpo l'aveva tradita, l'emozioni e la stanchezza della giornata avevano preso il sopravvento e lei si era addormentata, trovando stranamente comodo e familiare quel letto. 
Quando riaprì gli occhi la camera era ancora immersa nel buio, capì che era ancora notte fonda. Si sollevò  dal letto mettendosi seduta, piacevolmente sorpresa dal fatto che la testa non le girasse più come prima. 
Al contatto dei piedi nudi con il pavimento freddo un brivido le percorse la schiena. Si sollevò in piedi attraverso la stanza, avvicinandosi alla finestra dalla quale intravedeva un'infinità di luci. La bocca le si spalancò per la sorpresa, era convinta di essere ancora nelle vicinanze della sua vecchia casa, invece si ritrovava proprio in un altro continente. Avrebbe riconosciuto quella città ovunque, aveva passato il tempo a sospirare sulle sue cartoline sognando di poter vivere lì un giorno. E ora eccola lì. I grattacieli erano visibili dalla finestra, così come il fiume e i vari ponti che lo attraversavano. La vista da lì era bellissima. Era a New York. 
Sentì un rumore percorrerle il corpo, non ci mise molto a realizzare che era il suo stomaco, non mangiava niente da... troppo.
Decise così di uscire dalla stanza, gli stregoni mangiavano come tutte le persone normali, no? Oppure si sarebbe trovata cose come ali di pipistrello e lingue di rana per colazione? Mentre camminava nel corridoio illuminato da alcune luci fioche realizzò che era una normalissima casa e quasi saltò dalla gioia quando trovò la cucina con del cibo normalissimo. Prese un po' di pane e stese su una di quelle fette del formaggio che aveva trovato in frigo e si apprestò a dargli un morso. 
Si sentiva così strana. Aveva ancora del sangue secco tra i capelli, sangue dei suoi 'genitori', eppure non provava dolore per la loro perdita. Chiuse gli occhi mentre l'immagine di Agie compariva davanti ai suoi occhi. Il cane disteso in una pozza di sangue, probabilmente era stato ucciso per far sì che nessuno in casa si accorgesse della loro presenza, visto che il cane non avrebbe abbaiato. 
Sam sollevò una mano verso il proprio viso, sorprendendosi nel trovarlo umido. Stava piangendo. Quella era una perdita che le faceva male, si era sempre detto che il cane era il migliore amico dell'uomo e per lei era davvero così, in lui aveva trovato un amico fedele. Più di qualsiasi umano. 

§

Uno strano luccichio in fondo al corridoio attirò la sua attenzione. Aggrottò la fronte tentando di capire se si era immaginata tutto o davvero qualcosa aveva brillato davanti alla porta della sua camera? Beh, pensando agli eventi della giornata era anche troppo possibile.
Una fonte di coraggio che non sapeva di avere la spinse ad alzarsi. Posò sul bancone della cucina quello che restava del panino, avviandosi poi fortuitamente lungo il corridoio, percorrendolo in punta di piedi. Nemmeno lei sentiva il rumore dei suoi passi. 
Da sotto la porta vide una luce bianca e il sangue le si gelò nelle vene, c'era qualcuno. Prese un lungo respiro e abbassò con forza la maniglia spalancando di scatto la porta. 
Dovette sbattere gli occhi più volte per abituarsi alla luce bianca che in quel momento illuminava la stanza. Proveniva da una pietra stretta tra le mani di un ragazzo. 
Spalancò gli occhi per la sorpresa lasciando scorrere le dita sull'interruttore della luce, riempiendo così la stanza della luce artificiale .
-Credo che questa non mi servirà più.- Disse il ragazzo in un tono neutro ponendo nella tasca la pietra che ormai non emanava più nessun tipo di luce. 
Sam lo fissò per un'istante. Era alto, snello e muscolo, con un volto pallido, signorile, inquieto, tutto zigomi e occhi scuri. - Cosa diavolo ci fai nella mia stanza?- 
Il ragazzo sollevò l'angolo delle labbra in un mezzo sorriso, guardandola. -Che linguaggio scurrile, non è adatto ad una signorina.- 
Sam indietreggiò di alcuni passi alzando di un tono la voce. Voleva che Magnus la sentisse.- Chi sei?- 
- Puoi chiamarmi Sebastian.-
-Cosa stai facendo qui dentro?- 
-Sai, curiosavo un po' di qua e un po' la.- Le disse passando poi l'indice su di un mobile e raccogliendo con esso la polvere che si era deposta sul  legno, osservandolo poi con una espressione simile al disgusto.
- Questa è violazione di domicilio! Potrei chiamare la polizia e..-
Il ragazzo rise interrompendo così le parole della ragazza. -Fa pure, vediamo quanti di loro sopravviverebbero a questa.- Sollevò dalla tasca un manico di osso stringendolo in entrambe le mani. - Aethalas-  sussurrò con un filo di voce. Un'istante dopo da quella spada partì un lampo di luce che quasi accecò Sam.
-  Cos'è? - gli chiese con voce tremolante.
- Questa? Una spada angelica, strano che qualcuno che viva in casa di Magnus Bane non lo sappia.-
- Vuoi farle tu una lezione di demonologia?- Disse una voce alle spalle di Sam. Magnus.
Al contrario da quanto Sam si aspettasse Sebastian rimase del tutto rilassato, anzi sorrideva ampiamente, divertito da quella situazione. 
- Cosa vuoi? Qui non c'è niente per te Jonathan.- Gli disse con noncuranza Magnus.
-Sebastian.-  Lo corresse lui provocando un sorriso sarcastico sul volto dello stregone. 
- Puoi farti chiamare anche Serafino, a me non interessa, vattene. -
- Ma come siamo sgarbati. Chi è lei?-  Disse Sebastian indicando Sam con la spada.
- Una studentessa a cui affitto la camera, sai in tempo di crisi ogni fonte di denaro è utile.- Disse il mago con noncuranza.
-Ti senti particolarmente simpatico oggi?- Gli disse il ragazzo ampliando il sorriso in uno divertito. 
- Cosa ci fai qui?-
- Chi è lei?-
- Ti hanno mai detto che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?-  Lo stregone sollevò le mani dalle quali uscirono delle scintille azzurre.
- Non sono qui per combattere, Bane.- Concluse infine Sebastian riponendo così la spada angelica all'interno della propria cintura.
Sam che era rimasta lì ad osservare la scena si avvicinò furtivamente a Magnus, nascondendosi dietro la sua schiena. 
- Cosa ti serve? Non te lo chiederò un'altra volta.- Magus pronunciò quelle parole a denti stretti mentre continuava a tenere lo sguardo sul viso del ragazzo.
Ma Sebastian mosse qualcosa, un secondo era lì e l'altro era sparito.
Sam sbatté le palpebre per la meraviglia. -E' sparito..- 
- Ha usato un portale.- le rispose Magnus ancora sulla difensiva.
-Chi era?- 
-Il nostro peggior incubo.- 


§


Sam passò il resto della notte a girarsi nel letto. Gli avvenimento di poco prima le erano piombati addosso come mattoni. Non riusciva a togliersi dalla testa il viso di quel ragazzo, i suoi occhi neri sembravano un cielo notturno senza stelle, ma comunque ricco di fascino. Qualcosa in cui perdersi. 
Ma Magnus lo aveva descritto come il male assoluto, qualcuno da temere. E ora come ora non sapeva più di chi fidarsi. 
Quando riaprì gli occhi era giorno. Sul letto erano ripiegati dei vestiti con della biancheria e un biglietto.  Per oggi indossa questi, provvederò a farti avere qualcosa da mettere.
Osservò la calligrafia per alcuni istanti, per poi afferrare il mucchio di vestiti sotto un braccio e dirigendosi verso il bagno. 
L'acqua calda contro la sua pelle fu come un toccasana, sembrava che ci fossero delle mani immaginarie che le massaggiassero ogni centimetro di muscolo, facendole sciogliere i nervi. 
Quando indossò i vestiti puliti si sentì come rinata, la sensazione del tessuto fresco contro la pelle era stranamente piacevole. 
Il suono del campanello la distrasse dai suoi pensieri. 
Quando aprì la porta un ragazzo alto dagli occhi blu e capelli neri posò lo sguardo su di lei.
-E tu chi sei?- le chiese sorpreso. 
-Potrei farti la stessa domanda. - Rispose lei sulla difensiva. 
- Sono Alec, il ragazzo di Magnus.-
A quelle parole la ragazza schiuse le labbra per la meraviglia, non si aspettava che Magnus stesse con qualcuno. Alec poi le sembrava solo un ragazzino, era sì molto muscoloso, ma il suo viso restava comunque estremamente giovane. 
-E tu chi sei?- Le chiese poi il ragazzo portando le iridi azzurre sul suo volto. 
- Samantha.-
-Bel nome, sai che in ebraico significa fanciulla sacra?- Parlò una voce alle spalle di Alec, dopodiché avanzò un ragazzo leggermente più basso di Alec, era biondo, e i suoi capelli scintillavano come ottoni. 
- Spero che la vostra sia solo una visita di cortesia, oggi non ho voglia di sentire casini.- La voce di Magnus parlò sopra quella dei tre, facendoli voltare. 







NOTE D’AUTRICE 
Ho iniziato a scrivere questa come una storia libera, ma poi mentre scrivevo mi è balenato in mente il personaggio di Sebastian e ho pensato: e se non fosse come noi crediamo? 
OKAY, io amo il suo personaggi, quindi piccolo spoiler, hahah.
Ditemi cosa ne pensate, è la prima volta che scrivo su questo genere, e niente, fatemi sapere! 
Un bacione. <3





Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu
   
 
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