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Autore: Lifaen    07/01/2014    1 recensioni
Salve a tutti! Come si può evincere dal titolo, la trama ruota attorno ad un gruppo di avventurieri che affrontano i demoni che infestano il loro mondo, nel tentativo di liberarlo. Spero vi divertiate a leggere questa storia come io mi diverto a scriverla! Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fu la prima a vederlo, cosa non sorprendente dati i suoi sensi.
Aveva sempre pensato che la sua vista estremamente accurata fosse un enorme vantaggio, e spesso aveva trovato conferma di questa opinione. Riusciva a vedere sempre prima di tutti gli altri ogni ostacolo, e ad evitarlo. Riusciva persino ad accorgersi se venivano pedinati, o se si stessero dirigendo in un agguato. Ma in quel momento Keyleth odiò la propria vista elfica, e provò un disgusto altrettanto bruciante e rovente per ciò che era successo in quel luogo. E per le creature che l’avevano causato.
La città era simile a Darknest, forse appena più grande; diverse casupole, ormai diroccate a causa del recente assalto, si erano erte in momenti più lieti a pochi metri dalle mura; delle vere e proprie baraccopoli. Ma la cosa più terrificante non era la rovina in cui versavano quelle misere abitazioni, come nemmeno i cadaveri disseminati per vie e viuzze. Non l’atterrivano nemmeno le case nobiliari, distrutte dal passaggio di qualcosa d’immenso che le ricordò troppo vividamente il demone contro cui aveva combattuto l’ultima volta insieme ai suoi amici. No, la cosa peggiore di tutte era quella che aveva indotto Lifaen e Lenn ad un sospiro scioccato, e che troneggiava al centro della città, sulla sommità della torre dell’orologio che si ergeva al centro della piazza.
Cadaveri. Decine e decine di cadaveri impilati, impalati sugli spuntoni della torre, un lago di sangue che continuava a colare dal tetto, dalle lancette, dalle finestre della torre; il sole del mezzogiorno rendeva talmente vivida quella scena che Keyleth rimase per un momento basita. E se quello non fosse stato sangue, ma polvere di rubino? O magari il risultato della fusione di decine e decine di pietre preziose?
Si avvicinò. Chissà, forse, se avesse lasciato che una goccia di quello strano liquido la toccasse, si sarebbe svegliata, scoprendo che era tutto un brutto sogno; un brutto, orrendo, disgustoso, inquietante sogno.
Sentì anche il sospiro scioccato di Nom, e si costrinse a sollevare lo sguardo. Sulla sommità del pinnacolo c’era la cosa più orrenda, macabra e disgustosa che avesse mai visto. Si chiese come fosse possibile tanta crudeltà.
Il cadavere che si trovava più in alto di tutti era di una donna, giovane e bella, impalata direttamente al ventre, un braccio che ricadeva piegato innaturalmente da un lato, i capelli ramati che scendevano fino a lambire una testa sottostante. E sopra il cadavere della donna c’era quello di un bambino. Un neonato, ancora legato alla madre dal cordone ombelicale.
Distolse ancora una volta lo sguardo, dando un’occhiata in giro. Cadaveri. Decine e decine di cadaveri sparsi tutto attorno. Donne, uomini, vecchi, bambini. Non sembrava mai nemmeno essere stata una città viva. Tutto quello che c’era ora era morte.
Senti una mano posarsi sulla sua spalla. Era Lifaen. Ed aveva un’espressione estremamente addolorata.
“Mi dispiace. Mi dispiace veramente tanto.” E Keyleth comprese che quelle parole erano rivolte a tutti i loro compagni. L’elfa non aveva mancato di notare l’espressione scioccata di Lenn; povero ragazzo, doveva ancora superare lo shock del massacro del villaggio. Persino Mildred sembrava basita, e proprio dalle sue labbra la sacerdotessa sentì uscire le parole che tutti stavano pensando.
“Com’è possibile? Com’è possibile tanta crudeltà insensata?” Era strano. Non aveva mai sentito quell’inflessione pietosa da parte della barbara.
Ancora meno Keyleth si aspettava la risposta addolorata, ma non per questo meno dura, che Lifaen diede alla risposta.
“Non è affatto insensata” asserì infatti il condottiero, l’espressione concentrata e inorridita.
“Che intendi dire?” chiese Lenn. Erano le prime parole che pronunciava. Ed erano rotte dal dolore. Keyleth non era sicura di voler sentire la risposta, ma Lifaen andò avanti con la sua spiegazione.
“Intendo dire che non è insensata” ripeté l’elfo alto. “Non lo è assolutamente. Tutto questo, tutto questo orrore” continuò, indicando con un gesto la desolazione circostante “fa parte di un rituale. E non è affatto qualcosa di buono.”
Un rituale. Ovviamente. Keyleth si chiese come avesse fatto a non accorgersene prima. I cadaveri sul terreno erano disposti esattamente a cerchio intorno alla torre dell’orologio, e concentrandosi l’elfa riuscì persino a percepire del potere magico provenire dall’interno della torre. Ma non fu quello a preoccuparla. Fu piuttosto il fatto che la fonte del potere si stava muovendo, dalla sommità della costruzione verso la base.
Lei, Lifaen e Lenn si irrigidirono immediatamente. Nom e Mildred in risposta alla loro tensione sguainarono le armi. E la presenza si avvicinava, sempre di più. Keyleth puntò gli occhi sulla porta alla base della torre. Sarebbe uscito da lì, qualsiasi cosa ci fosse là dentro.
“Non potremmo tentare di interrompere il rituale, Lifaen? Non c’è niente che possiamo fare?” chiese il guerriero, un fascio di nervi.
“Purtroppo no, Nom” rispose il condottiero. “È stato completato prima che arrivassimo qui, quelli che percepiamo ora sono soltanto gli ultimi strascichi. Qualunque cosa abbia fatto questo, ormai ha raggiunto il suo obbiettivo e-”.
L’eladrin fu interrotto dal rumore e dalla vista della porta che si stava aprendo cigolando. Keyleth si limitò a pregare gli dei di avere la forza di punire chi avesse commesso quell’orrore, mentre una figura avvolta completamente in un mantello candido come la neve avanzava lentamente verso di loro.
  
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