Titolo: Crossed Times
Autore: Lien
Capitoli: 24/?
Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)
Pairing: Tom/Harry
Altri Personaggi: Hermione Granger,
Minerva McGranitt, Luna Lovegood,
Draco Malfoy, altri…
Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash
Capitolo
24. Capire
Harry corse, corse e corse. Un corridoio dopo
l’altro, una rampa dopo l’altra, non si fermò neanche quando
gli altri studenti iniziarono a fuoriuscire dalle aule e a riempire di
chiacchiere l’aria. Continuò a correre quando la borsa
gli cadde per terra nella foga, continuò correre quando voltando un angolo andò
a sbattere contro un primino, continuò a correre
quando le persone a cui passava di fianco vedevano la sua ferita sanguinante e
cercavano di chiedergli se andasse tutto bene.
Non poteva fermarsi. Se si fosse
fermato avrebbe dovuto pensare
e se fosse rimasto a pensare non era
sicuro che le gambe lo avrebbero più retto.
Continuò a correre e correre,
e sapeva anche che in realtà non stava correndo… stava scappando.
Non avrebbe saputo dire dopo quanto, ma ad un certo
punto i corridoi ritornarono ad essere deserti e tutti
i ragazzi tornati nuovamente nelle classi per l’ora di lezione successiva.
Nessuno più in giro, e Harry sentì finalmente le proprie gambe rallentare il
passo, tentare ancora qualche falcata traballante sotto il peso del corpo
stanco e dei polmoni in fiamme. Si fermò infine, la schiena ricurva per
facilitare l’entrata d’aria ad ogni respiro ansante.
Rimase più di qualche minuto a riprendere fiato, prima di alzare la testa e guardare effettivamente
dove le sue stesse gambe lo avessero portato. Riconobbe quasi immediatamente l’entrata
della Biblioteca, ma se fosse arrivato lì
inconsciamente o per puro caso non ne aveva idea.
Sperando vivamente che la bibliotecaria fosse
indaffarata nell’angolo più remoto – non voleva
nemmeno pensare a cosa gli avrebbe fatto se l’avesse visto gocciolare sangue vicino ai suoi prezioso libri –
entrò con passo barcollante.
Non ebbe il tempo di trovare un reparto troppo
appartato prima che le forze gli mancassero e lo costrinsero ad abbandonarsi
contro lo scaffale più vicino. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo,
lottando contro i milioni di puntini luminosi che minacciavano di oscurargli la
vista.
Il dolore alla spalla stava cominciando a diventare
insopportabile, ora che tutta l’adrenalina gli era scivolata via dal corpo.
Voltò la testa verso il braccio, e trattenne un’imprecazione nel vedere la
macchia scura di sangue che impregnava quasi tutta la manica: doveva
assolutamente fare qualcosa.
Riuscendo in qualche modo a slacciarsi i bottoni
della veste con una sola mano, si scrollò di dosso la divisa: il rosso del
sangue quasi non si era notato sul nero della veste, ma in contrasto con il
bianco della camicia che indossava sotto faceva molta più impressione. Harry
guardò frustrato la seconda fila di bottoni che avrebbe dovuto sbottonare senza
l’aiuto del braccio sinistro e provò una certa soddisfazione
quando con troppa forza finì per strapparne uno o due.
Digrignando leggermente i denti per il dolore,
separò con delicatezza la stoffa impregnata dalla pelle del braccio, scoprendo
la ferita.
Eugh… non era un bello
spettacolo.
Il taglio era profondo, fortunatamente non fino
all’osso, ma abbastanza da essere stato fortunato che non si fosse
reciso alcun tendine o nervo. Il sangue che si era rappreso aveva
fermato parzialmente il flusso, ma i bordi della ferita erano di un rosso
acceso e sicuramente avrebbero fatto infezione se non
avesse fatto qualcosa. Se fosse stato in un ospedale babbano
gli avrebbero sicuramente messo dei punti.
Teoricamente aveva imparato a guarire ferite
simili, ma aveva avuto poche occasioni per mettere in pratica gli insegnamenti
e in ogni caso era ben lontano dall’essere un medimago.
Stavolta forse gli sarebbe davvero toccato andare in Infermeria…
No, non poteva. Troppe domande e nessuna risposta,
sia per le nuove che le vecchie ferite. E se qualunque particolare fosse trapelato si sarebbe
ritrovato in un mare di guai. No, si sarebbe dovuto accontentare di rimarginare
alla bene e meglio il taglio e lasciare che guarisse
alla babbana.
Tirando fuori dalla tasca
la bacchetta, puntò la punta verso la spalla e mormorò l’unico incantesimo che
conosceva adatto a lacerazioni del genere. Sotto i suoi occhi vide il sangue rappreso scomparire e i bordi unirsi, ma non
fu abbastanza bravo da riuscire a rendere la guarigione indolore o completa: adesso
al posto del profondo taglio di prima vi era una rossa linea irregolare incisa nella
pelle, arrossata anch’essa attorno ai contorni della ferita. Avrebbe
fatto male ancora per qualche giorno, qualche settimana forse, ma non
poteva farci niente per quello, aveva scelto il male minore.
Tirò nuovamente su la manica della camicia, non
preoccupandosi di pulirla dal sangue con un incantesimo, e gettò la testa
all’indietro con un sospiro e gli occhi chiusi.
Cosa fare adesso?
La domanda del secolo… avrebbe fatto qualunque cosa
per poter rispondere. Dio, quel che era successo era surreale: aveva lottato a
sangue contro Tom, e subito dopo
aveva capito… aveva capito…
Se n’era innamorato.
Dio, se n’era davvero innamorato.
Tom era stato un nemico, poi solo una presenza
ostile, poi un amico, poi… Harry aveva davvero
creduto che fosse stata solo attrazione fisica, ma se
solo fosse rimasto a pensare un attimo più attentamente avrebbe visto quanto poco
senso avesse avuto crederlo. Come si può essere attratti da una persona a cui
si vuole già bene come un amico, e non esserci nent’altro?
Forse… forse era la parola amico
a non andare bene. In effetti, poteva dire di aver provato gli stessi
sentimenti verso Ron, o anche Orion?
Era stato così bravo a mentire a sé
stesso…
Adesso che l’aveva capito, cosa avrebbe fatto con
Tom? Dio, se solo l’altro ragazzo l’avesse sospettato…
Harry sgranò gli occhi. E se Tom lo sospettasse di già? Se lo sapesse già? Che tutte quelle provocazioni
lascive fossero state davvero rivolte specificatamente a lui? Che diavolo avrebbe fatto allora…? Non poteva scappare, non
ora che aveva la libreria a sua disposizione, ora che stava facendo qualche
progresso con le ricerche e di sicuro non dopo quello
che era appena successo.
Ripensando al duello, Harry dovette trattenere
l’impulso di prendersi la testa tra le mani. Aveva avuto paura. Aveva avuto una
paura fottuta:
il bruciore straziante alla cicatrice, il panico del dover schivare gli
incantesimi lanciati da una mano amica, la furia che aveva visto riflessa negli occhi rosso rubino di Tom…
Era andato così
vicino a perderlo – così vicino – che
il pensiero gli strozzava ancora il respiro in gola.
No, non se ne sarebbe andato. Avrebbe dovuto, alla
fine, ma fino a quel momento avrebbe passato ogni minuto del tempo che aveva a
disposizione ad assicurarsi che Tom non si trasformasse nel mostro che era
destinato a diventare. Finché gli fosse rimasto al fianco, non avrebbe mai
accettato di perderlo alla follia di Voldemort.
Ci era già andato così vicino…
Ripensando allo scontro, però, una cosa lo fece
fermare a riflettere: tutto quello che era successo, era tutto partito quando Tom era andato a cercare Alden.
Harry aggrottò le sopracciglia. Esattamente perché
Tom si era infuriato tanto con il Corvonero? Era successo sicuramente dopo
che era venuto a sapere della storia del pugno, ma… non aveva senso che avesse fatto tutto quello per… lui…
… o si?
Poteva essere che… poteva
anche solo sperare che –
“…chi mi dice che lui ricambi? Farei solo la figura dell’idiota.”
“Oh, di
quello non mi preoccuperei di certo.”
Sentì improvvisamente i suoi battiti accelerare nel
petto. Non aveva nemmeno riflettuto sulle parole che Orion gli aveva detto appena qualche giorno addietro, ma se ci
ripensava, alla luce del comportamento di Tom degli ultimi giorni… potevano
davvero significare –
E se anche Tom ricambiasse,
tu cosa vorresti fare? Abbandonarlo dopo due mesi?
Il pensiero colpì Harry come una pioggia gelata. Era
vero, lui se ne sarebbe andato via alla fine, l’avrebbe
abbandonato. E il fatto che se tutto fosse andato secondo i piani il
Prefetto non avrebbe ricordato nemmeno di averlo mai visto non
cambiava il torto che gli avrebbe fatto. Tom non era una persona qualunque,
aveva già abbastanza problemi a fidarsi delle persone che l’ultima cosa di cui aveva bisogno era un altro abbandono.
Per lui ci voleva qualcuno che fosse
disposto a stargli sempre vicino, qualcuno che lo amasse, qualcuno che non
sarebbe sparito nel nulla, che non sarebbe stato costretto ad ucciderlo, in un
futuro non troppo lontano.
Tutto quello che Harry non era e che invece era… Alden.
Un flash dalla sua immaginazione, due corpi su un
letto, baci, lenzuola, spinte, sudore, e poi Harry
scosse la testa frenetico per togliersi di mente il pensiero di Tom con il
Corvonero, che gli aveva già fatto stringere i pugni fino a fargli quasi uscire
sangue.
Però non poteva negarlo, quei
due avevano già condiviso ciò che Harry non si azzardava a sognare e, cosa più
importante, Alden amava Tom come un disperato e non
lo avrebbe mai lasciato solo.
Il solo pensiero gli fece risalire la bile in
bocca, ma non era forse quella la cosa migliore per Tom? Con una persona che ci
ama al proprio fianco, non è possibile per tutti guarire?
Dio, che egoista che era, perché non voleva, non voleva e se
lo sentiva in ogni cellula del corpo che avrebbe preferito fare qualsiasi cosa
pur di non pensare a Tom con qualcun altro. Ma se davvero amava
Tom, allora si sarebbe dovuto fare da parte, avrebbe dovut–
Un rumore improvviso gli fece voltare la testa di
scatto e staccare la schiena dallo scaffale. A quell’ora non era strano che la
biblioteca fosse frequentata, e lui non era andato proprio a cercare l’antro
più appartato, ma non serviva fare tutto quel casino per consultare un libro.
Rumore di passi veloci, probabilmente a qualche
fila di scaffali di distanza, lo sorpassarono e si persero dell’eco della
biblioteca. Harry prese con una mano lo schienale della sedia più vicina e con
l’altra fece leva s’una mensola per tirarsi su in
piedi, ancora leggermente barcollante. Fece in tempo ad appoggiarsi contro uno
scaffale e a reindossare la veste della divisa quando
il rumore di passi in corsa tornò a farsi vicino.
Con un profondo respiro, sospettando già di chi si trattasse – se c’era da fidarsi del formicolio alla
cicatrice – Harry fu pronto, con sguardo inflessibilmente puntato verso
l’apertura tra gli scaffali, quando Tom svoltò e gli si parò davanti.
Il Serpeverde aveva il fiatone e si stava
appoggiando con una mano ad uno dei ripiani per regolare il respiro: doveva essersi fatto l’intera scuola di corsa nel cercarlo.
Aveva ancora i vestiti strappati in alcuni punti e sporchi
di polvere, per non parlare del sangue incrostato sul lato sinistro del viso,
dove era colato dalla ferita alla tempia.
E agli occhi di Harry era
ancora la creatura più bella che fosse mai esistita.
Tom continuava a fissarlo senza dire nulla, anche
lui spostando gli occhi su vari particolari della figura dell’altro che – Harry
stesso sapeva – non dovevano sembrare meno malridotti di quelli del Prefetto.
Deglutendo, fu Harry a fare la prima mossa. “Alden?”
Gli occhi di Tom tornarono a focalizzarsi su quelli
dell’altro ragazzo e fece un passo avanti, giusto per avere la protezione delle
alte file di libri.
“A lui ho già provveduto.” Rispose, ma vedendo gli
occhi di Harry sgranarsi shockati dovette accorgersi di come quelle parole fossero suonate, perché si affrettò ad aggiungere, “No, non
in quel –” sospirò, “Gli ho detto di tornare in dormitorio e gli ho chiesto di
non raccontare a nessuno quello che è successo. Vedrai che non lo farà.”
Harry non si mosse. “Non era di quello che mi
preoccupavo.”
“Lo so.” Rispose il Serpeverde voltando la testa da
un lato, evitando lo sguardo fisso dell’altro. “Sta bene, in ogni caso.”
Harry abbassò la testa, lasciando che i ciuffi nero
inchiostro della frangia gli adombrassero il viso.
Perché gli aveva detto di tornare
in dormitorio? Perché non era rimasto con lui? Alden lo amava, lo amava. Possibile che Tom non capisse quanto fosse preziosa una cosa simile?
Non sarebbe dovuto essere
lì con lui, in quel momento, sarebbe dovuto rimanere con Alden,
con chi lo amava, con chi non lo avrebbe abbandonato da lì a qualche mese, con
chi avrebbe potuto fargli vedere un’altra strada. Con chi avrebbe potuto
insegnargli ad amare.
Harry non si stupì nel vedere i suoi pugni tremare,
ma nonostante ogni pensiero fosse come una nuova morsa al petto, avrebbe fatto quello che era meglio per Tom.
“Perché lo hai lasciato andare?” disse ancora a
capo chino, cercando di ignorare quanto suonasse rauca
la sua voce.
Tom non rispose, ma d’altronde Harry non si era aspettato una risposta.
“Alden ti ama.” Continuò.
“Lo so.”
“E allora che diavolo ci fai ancora qui?” ribatté
Harry alzando di scatto la testa e incatenando lo sguardo con
quello nero pece dell’altro, “Dovresti essere con lui, Tom. Ti ama: come fai a non vedere quanto è
importante?” chiese, ed era quasi un sorriso triste quello che gli si era
dipinto in volto. “Forse non lo sai, Tom, ma amare… è
la cosa più meravigliosa che ti possa capitare a questo mondo. Vivere senza
significa avere la ragione sbagliata per svegliarsi alla
mattina.”
Tom lo guardava e ancora non diceva niente, ma il
suo sguardo era ben lontano dall’essere quello freddo e impassibile, anche se
le emozioni di cui era colmo l’altro non riusciva a riconoscerle.
“Devi stare con chi ti ama, sempre.” Continuò
Harry, “E l’hai ammesso tu stesso che Alden rientra
perfettamente tra queste persone.” Abbassò nuovamente
la testa, perché sotto quello sguardo si sentiva sempre nudo ed era sicuro che
la sua espressione avrebbe tradito i suoi sentimenti.
“Che diavolo stai facendo qui allora? Va da lui!” gli urlò infine.
Passarono alcuni istanti di
silenzio, poi sentì il fruscio di stoffa e Tom muoversi. Ancora qualche secondo di
nulla, ma il ragazzo non aveva il coraggio di alzare gli occhi: lo aveva
ascoltato davvero? Se n’era andato?
“Harry, guardami.”
Il ragazzo alzò la testa di scatto, più per la
sorpresa di sentire la voce dell’altro tanto vicina che per le sue parole: Tom
era adesso a solo qualche passo di distanza, il nero dei suoi occhi quasi vivo sotto la luce soffusa della
Biblioteca e lo sguardo che gli faceva formicolare incessantemente la
cicatrice.
“Ti sei mai chiesto perché, tra tutti gli sciocchi
spasimanti che mi ronzano intorno, lascio che si avvicini solo Principe?”
chiese, quasi a bassa voce.
Harry se l’era chiesto, più di una volta.
Soprattutto dopo aver scoperto fino a che punto si fosse
spinta la relazione fra i due, aveva passato più di una sera a fissare
il soffitto del letto a baldacchino chiedendosi quali fossero i sentimenti di
Tom verso il Corvonero.
“Fu il primo a dirmi che
mi amava.” Riprese il Prefetto, scuotendo l’altro dai suoi pensieri. Harry lo
guardò, ma nulla era cambiato nell’espressione del
Serpeverde a quell’affermazione. “Successe due anni fa. Fu probabilmente solo il
primo ad avere il coraggio di dirmelo, ma fu il primo in ogni caso.”
Fece un altro passo avanti e ricominciò a parlare,
stavolta fissando uno degli scaffali alla sua destra. “Amore… Dio quanto ho odiato questa parola
– anzi, non è odio, è disgusto. Gli
innamorati sono degli illusi che si comportano in modo semplicemente folle, e Alden ne è il perfetto esempio. Fa compiere azioni immonde, procura disgrazie: è per amore
che Principe ti ha rotto il naso, è per amore che mia madr
–” si bloccò di colpo stringendo i pugni, prima di prendere un profondo
respiro.
“Ma ero curioso.” Riprese,
“Non l’avrei mai ammesso, ma hai ragione tu: l’amore è un sentimento che mi è
sempre stato alieno. Ed era ciò di cui quell’idiota di
Silente continuava a blaterare, la sua arma migliore: non è forse la miglior
tattica quella di conoscere le armi del nemico?” finì con una risatina
irrisoria.
Harry, concentrato com’era su Tom non fece nemmeno
caso all’insulto rivolto al suo amato preside. “E hai
scoperto qualcosa infine? Hai imparato niente?” chiese.
Tom tornò a guardarlo, e il suo sguardo sembrava
così carico che Harry si sentiva un idiota per non riuscire a capire che cosa stesse
cercando di trasmettergli.
“No, non ho imparato niente da Alden.”
Harry sospirò. “E allora
cosa è cambiato?”
Un passo, e il ragazzo si accorse improvvisamente
di quanto vicino fosse il Serpeverde: se solo Tom avesse allungato un braccio
avrebbe sicuramente toccato lo scaffale a cui Harry aveva appoggiato la
schiena. Poteva vedere benissimo ogni centimetro della pelle diafana del suo
viso, ogni curva delle labbra, ogni singola ciglia e
la linea appena visibile che divideva il nero dell’iride con il nero ancora più
profondo della pupilla.
“Ora,” rispose Tom, il cui
respiro arrivava a solleticare il viso dell’altro, “credo di non averne più
bisogno.”
Harry lo fissò, confuso, intento nel cercar di non
far cadere lo sguardo sulle labbra a così poca distanza, ma poi quelle parole
si fecero finalmente strada nel suo cervello e gli
occhi gli si spalancarono. Riuscì a riconoscere, in quel momento, il fuoco
negli occhi dell’altro che fino ad allora non era
riuscito a capire.
“Tom…” cercò di parlare, sorpendendosi
di quanto la sua voce suonasse sospirata, ma la temperatura sembrava essersi
improvvisamente alzata ed ogni singola fibra del suo organismo era
dolorosamente consapevole di quanto fosse vicino il corpo di Tom.
Una delle braccia del Serpeverde fece esattamente
quello che Harry aveva prima pensato, andandosi a piazzare a pochi centimetri
dalla sua testa, quasi chiudendolo tra lui e lo scaffale. Harry deglutì, non
riuscendo a distogliere lo sguardo da quello dell’altro, mentre sentiva tutto il
sangue affluirgli dalla testa verso il basso e la cicatrice pulsargli in
fronte.
“Tom, non hai idea di quanti motivi ci siano per cui questa
sarebbe una cattiva idea.” Riuscì a dire infine, deglutendo più di una volta
per non inciampare ad ogni parola.
Il volto di Tom si abbassò fino a toccarlo,
andandogli a sfiorare la mascella con il naso. “E quale sarebbe, sentiamo, la
cosa giusta da fare?” gli sussurrò in un orecchio, mandandogli brividi lungo tutta la schiena.
“L-la cosa giusta?”
ripeté Harry balbettando, perché era come se improvvisamente la testa gli si fosse
riempita di ovatta.
“Mmh, mmh.”
Annuì l’altro, allontanandosi quello che bastava per poter tornare a guardarlo
negli occhi.
Harry scosse la testa per snebbiare i pensieri, poggiando
entrambe le mani sul petto dell’altro per tenere le distanze, ma più che di
separarlo, l’effetto fu quello di accendergli il desiderio di sentire com’era
toccarlo senza tutti quegli strati di vestiti.
“Sarebbe che tu ti allontanassi e tornassi da Alden e – e… te l’ho già detto, no? Come fai
a non vedere che occasion–”
“E tu,” lo interruppe Tom
posandogli l’altra mano s’un fianco, zittendolo efficacemente, “come fai a non
vedere che tra te e lui, quello che voglio sei tu?”
Un verso strozzato, a metà tra un gemito e un
mugolio uscì dalla bocca di Harry, e le sue mani non poterono fare a meno di
stringere in due pugni la divisa sul petto di Tom,
così caldo, così vicino.
Non avrebbe saputo dire chi avesse tirato a sé chi,
ma in un attimo stava stringendo la veste dell’altro contro il proprio petto e
una mano di Tom era salita ad accarezzargli la nuca,
inclinandogli la testa leggermente all’indietro quanto bastava per poter
arrivare a lui, e nel momento in cui Harry sentì le labbra di Tom sulle
proprie, qualcosa dentro di lui si spezzò.
Si spinse contro il corpo dell’altro, lasciando
andare i suoi abiti per poter affondare le mani nei suoi capelli, mentre la
lingua di Tom scivolava tra le sue labbra semiaperte, assaggiando, esplorando,
divorando, svuotando completamente la mente di Harry se non per le sensazioni
di quelle morbide labbra che si muovevano sulle proprie, di quella lingua che
accarezzava la sua.
Sentì l’altro braccio di Tom circondargli la vita e
una volta posata la mano sulla sua anca le dita lo strinsero in una morsa possessiva,
mandando in fiamme la pelle di Harry sotto i vestiti, tanto da fargli scappare
un gemito subito soffocato tra le loro labbra.
Afferrò i capelli ancora sporchi di terra e polvere
del Serpeverde, strattonando in un modo che doveva aver sicuramente fatto male ma di cui nessuno si lamentò, e alimentò il bacio di
tutte le emozioni che si erano rincorse senza tregua nelle ultime due ore, in
uno sfogo di tutta l’impotenza di fronte a quel desiderio che aveva tentato di
reprimere tanto faticosamente nei giorni passati.
Le mani di Tom si stavano muovendo, sulla sua
schiena, sui suoi fianchi, sul suo collo, quasi strattonandogli i vestiti e
Harry non riusciva a fare nulla se non gemere, e nella frenesia avevano
entrambi completamente dimenticato di respirare perché ormai a corto di ossigeno si dovettero staccare ansimando, col cuore a
mille e il sapore metallico di sangue in bocca, ancora vicini, ancora
aggrappati l’un l’altro.
Harry, boccheggiando, cercando di ridare un filo ai
propri pensieri, guardò Tom che aveva ancora gli occhi socchiusi, ad un soffio dal
suo viso, mentre riprendeva fiato, le labbra bagnate e le guance così
inconsuetamente arrossate.
E poi alzò anche lui gli occhi, e nel momento in
cui i loro sguardi si incontrarono la cicatrice esplose.
Una scarica di piacere gli
percorse tutto il corpo, correndogli lungo la spina dorsale, facendogli
arricciare le dita e arcuare la schiena, mentre un calore incontenibile si
diffondeva ovunque. Lasciò andare la testa all’indietro, sussurrando uno
strozzato “Oh Dio…” e abbandonandosi nella presa di Tom visto che i suoi
muscoli sembravano essersi sciolti come burro.
Si sentiva in fiamme, ogni punto di contatto con il
corpo dell’altro un fuoco insopportabilmente caldo ma sempre non ancora abbastanza
vicino. Brividi di piacere gli
percorrevano ogni nervo, partendo dalla fronte pulsante fino
ad arrivare all’inguine costretto nei pantaloni della divisa.
Si rese distrattamente conto che stavano
indietreggiando, lui sempre sostenuto dalle braccia forti di Tom, fino a quando non sentì lo spigolo di uno dei tavoli della
Biblioteca premergli contro la schiena e la sensazione di essere sollevato.
Cercò di snebbiarsi i sensi, come assuefatti dal piacere che gli stava ancora
facendo formicolare la pelle, almeno quanto bastava per rendersi conto di
essere finito seduto sul tavolo, con le braccia attorno al collo di Tom e il
suo viso finalmente all’altezza giusta.
Attraverso le palpebre semichiuse poteva vedere dritto negli occhi neri dell’altro, che
avrebbe giurato sembravano bruciare.
Si leccò le labbra, improvvisamente asciutte e lo sguardo di Tom venne come
calamitato sulla sua bocca, prima che facesse un verso strano, a metà tra un sibilo
e un ringhio, e si avventasse sul suo collo leccando e
mordendo, lasciando una scia di baci bagnati ovunque si posasse la sua bocca. Harry
fece cadere la testa all’indietro con un gemito sospirato, poggiando le mani
sul tavolo dietro di sé per non cadere.
Dio, non stava capendo più niente e le mani di Tom
non aiutavano, tirandogli fuori la camicia dai pantaloni e intrufolandosi
sotto, con foga, quasi distrattamente, passando dall’accarezzargli gli
addominali ad afferrargli una spalla e…
… e Harry si fece scappare un sibilo di dolore quando le dita dell’altro si strinsero sopra la
ferita da poco rimarginata, causandogli una fitta abbastanza acuta da
sovrastare l’annebbiamento della sua mente.
Tom s’immobilizzò. Lentamente, si allontanò dal
collo dell’altro per poterlo guardare in faccia, uno sguardo solo per metà interrogativo
e per l’altra tormentato, come se in fondo avesse già
saputo la risposta. Con movimenti calmi, misurati, lasciò la presa sulla spalla
dell’altro e prese tra le dita la veste della divisa
del ragazzo, sfilandogliela lentamente.
Un mugolio d’angoscia lasciò le labbra del
Serpeverde, e Harry non aveva bisogno di girarsi per sapere che
cosa stesse guardando, per sapere che sotto la veste nera della divisa
c’era il rosso sangue, vivo, acceso, contro il bianco della camicia e lo
squarcio nella stoffa che lasciava intravedere la linea a zig
zag di una ferita maldestramente ricucita insieme,
ancora arrossata.
Con la mente lucida, riportata alla realtà dal
verso tormentato di Tom, Harry lasciò l’appoggio del tavolo per tirarsi
propriamente a sedere, afferrò le braccia dell’altro e sospirò.
“Tom… Tom, non è così–”
“Sono stato io…” lo interruppe il Serpeverde, senza
dare alcun segno di averlo nemmeno sentito parlare, gli occhi puntati sulla sua
spalla.
Harry si affrettò a tirarsi su nuovamente la veste
per coprire tutto quel rosso e finalmente la testa di Tom scatto
verso il suo viso, guardandolo negli occhi con un fervore completamente diverso
da quello di pochi istanti prima, ma di intensità identica.
“Harry…” disse, sollevando le braccia e prendendo
il viso dell’altro tra le mani, strofinando appena un pollice contro una delle guance, “Harry, Harry... ascoltami ti prego, guardami:
ti prometto che una cosa del genere non succederà mai, mai più; che ingoierò la mia stessa bacchetta prima di ferirti e
che il primo che ti torcerà un capello sarà morto prima di poter chiedere
scusa. Te lo giuro.”
E Harry si lasciò sfuggire una
risata tra le labbra, strozzata, soffocata, felice e disperata, perché per una
volta c’era determinazione e sincerità nello sguardo di Tom e quella era una
promessa che era così destinato ad
infrangere… anche se adesso non poteva saperlo.
Non potendo dire niente, non potendo
affermare né rifiutare, si sporse in avanti e catturò nuovamente le labbra
dell’altro, questa volta con calma, assaporando, quasi confortando. E le mani di Tom lasciarono il suo viso e scesero ad
abbracciargli la vita, tirandolo verso di sé finché non fu di nuovo con i piedi
sul pavimento, in piedi contro il suo petto, baciandolo lentamente.
Era completamente diverso dai baci di prima, da
quella foga quasi irreale: questi erano movimenti studiati, sentiti, tanto che
nonostante la cicatrice stesse ancora formicolando
piacevolmente, solo in quel momento Harry realizzò che sì, stava – davvero, finalmente, non ci credo –
baciando Tom e che Dio, quanta poca
importanza aveva qualunque pensiero su Alden quando
le labbra dell’altro si muovevano sulle sue esattamente come stavano facendo le
proprie.
Sospirò e allacciò le braccia dietro al collo di
Tom, avvicinandosi fino a far aderire il proprio corpo perfettamente a quello
dell’altro, volendo godersi appieno quei momenti di beatitudine prima che la
stanchezza tornasse a farsi sentire, prima che –
“Tom?!”
I due ragazzi si staccarono di scatto, voltandosi
sorpresi verso l’apertura tra gli scaffali che dava
sul resto della Biblioteca, da dove era provenuta la voce.
A qualche metro di distanza da loro c’era Meredith,
con gli occhi sbarrati e un gruppo di libri ai piedi, probabilmente lasciati
cadere dalla sorpresa.
Harry si sentì arrossire fino alla punta dei
capelli, e si affrettò ad allontanarsi il più possibile da Tom. O almeno tentò
di farlo, visto che non fece in tempo a fare un passo
che un braccio dell’altro ragazzo lo afferrò immediatamente per trattenerlo lì,
stretto a lui.
Quel gesto almeno sembrò risvegliare la Corvonero
dal suo stupore: aprì e chiuse un paio di volte la bocca, ma non ne uscì alcun suono
Fu Tom a sbloccare la situazione. “Qualche
problema, Donill?”
E per la prima volta, Harry
vide Meredith lanciare a qualcuno uno sguardo furioso, diretto però unicamente
a Tom, come se lui non esistesse. “Problema?
Chi – chi diavolo… Che cosa stai facendo?! Sei
impazzito?!”
Il Serpeverde si limitò ad alzare le sopraciglia, ma Harry rimase di stucco, completamente
spiazzato dalla reazione dell’amica, e anche un pochino ferito. Perché sembrava tanto contrariata? Che
trovasse una cosa del genere disgustosa? Non l’aveva presa per una persona
intollerante, visto che sopportava tutti i discorsi di Orion,
ma la sua espressione…
“Meredith, aspetta, non trovi –”
“E tu chiudi il becco,
nessuno ti ha interpellato!” lo interruppe di colpo lei, rivolgendogli per la
prima volta la sua attenzione.
Il ragazzo si zittì, lanciandole uno sguardo
sbigottito e scambiando un’occhiata spiazzata e perplessa con Tom, che però più
che confuso, ora sembrava cominciare ad arrabbiarsi.
“Non so con quale autorità stai giudicando quello
che facciamo della nostra vita privata e non c’è nulla che mi potrebbe
importare meno della tua opinione,” le disse in un
sibilo, “ma se gli parli un’altra volta con quel tono ti ritroverai dalla parte
sbagliata della mia bacchetta, Donill.”
“Non è la mia opinione quella importante!”
ribatté Meredith, “Ma non hai pensato a Harry? A come si sentirebbe? Non era
lui quello che volevi?!”
I due ragazzi si fermarono a fissarla, oltre che
confusi – almeno Harry – anche con un briciolo di preoccupazione: ma che
diavolo stava dicendo?
“Dopo tutto quello che è
successo, tutto il tempo che avete passato assieme, adesso te la fai col primo
che capita?! In Biblioteca per giunta, con tutte le ore che Harry passa qua
dentro! E se ti avesse visto? Non hai nemmeno un
briciolo di considerazione? E pensare –”
E mentre la ragazza continuava a
urlare contro Tom, Harry venne preso improvvisamente da un dubbio e si passò
immediatamente una mano tra i capelli, staccandone uno e portandoselo davanti
agli occhi.
Nero.
“Meredith!” la interruppe a metà
sfuriata lui, “Io sono Harry!”
“Non ti avevo forse detto di chiudere–
Cosa?” si bloccò confusa.
Il ragazzo si districò dalle braccia di Tom –
impresa non proprio facile, data la reticenza del Serpeverde a lasciarlo andare
– e si avvicinò alla ragazza fino a che non fu a qualche passo di distanza e
non vide gli occhi di lei sgranarsi in segno di
riconoscimento.
“Harry? Ma… sei tu?”
chiese esitante.
Il ragazzo annuì con un sorriso, mentre vedeva Meredith
assottigliare gli occhi per guardarlo meglio.
“Ma che diamine hai fatto
ai capelli?”
Il sorriso gli svanì dal volto. “Ehrm…” cominciò, senza saper bene cosa dire. Che scusa avrebbe inventato questa volta? Si voltò verso Tom
per cercare un po’ d’aiuto, ma lo trovò appoggiato con noncuranza ad uno
scaffale, con le braccia incrociate e un piccolo ghigno – sadico, a detta di
Harry – sul volto.
“Su Harry, perché non glielo dici? Non è una tua
amica?”
“Dirmi cosa? Harry, che sta
succedendo?” chiese la ragazza, alternando lo sguardo da uno all’altro.
‘Grazie mille Tom.” Pensò lui, lanciando
un’occhiataccia al Serpeverde che prometteva vendetta. Gli bastava abbassare la
guardia un secondo e subito il Prefetto ne approfittava
per estorcergli qualche informazione in più. Tornò a guardare Meredith,
passandosi una mano tra i capelli con fare nervoso, indeciso sul da farsi.
Alla fine sospirò.
“D’accordo, d’accordo. Ma
non parliamone qui, potrebbe passare chiunque.”
Rispose Harry, guardandosi intorno, “E sarà meglio chiamare anche Orion, tanto
vale farlo una sola volta per tutte.”
Meredith, però, sembrò semplicemente più confusa. “Ma di che stai parlando…? Che c’entra
Orion?”
Il ragazzo si morse un labbro, cercando di trovare
le parole giuste. “No, è che… non sono stato del tutto sincero con te, o con
Orion, e ho avuto le mie buone ragioni, credimi, ma… almeno questo ve lo devo, suppongo.” Sospirò di nuovo, “Tu va
a chiamare Orion, e ci vediamo tra un quarto d’ora al settimo piano, davanti
all’arazzo di Barnaba il Babbeo, d’accordo?”
Ancora un po’ incerta la ragazza annuì. “D’accordo.” Rispose. Poi, la testa le scattò improvvisamente da un lato,
in direzione di Tom, poi di nuovo su Harry, posando lo sguardo stupito ora su
uno, ora sull’altro, collegando solo in quel momento
quale situazione avesse interrotto. Arrossì completamente, raggiungendo un
colorito che avrebbe fatto pandan con la Sala Comune
di Grifondoro, e sembrò farsi piccola piccola,
mentre si sporgeva oltre Harry per potersi rivolgere anche a Tom, ancora
appoggiato allo scaffale.
“Ehm… scusate per… per prima,”
cominciò, riprendendo la sua caratteristica voce flebile, “Non volevo attaccarvi
così, è che pensavo che… si insomma…” lanciò un’altra occhiata ai ragazzi e
arrossì ancora più di prima, “VadoachiamareOrion!”
finì tutto d’un fiato prima di voltarsi e uscire di corsa dalla Biblioteca.
Harry scoppiò a ridere, scuotendo la testa di
fronte al comportamento della ragazza. Si voltò poi, e Tom era ancora lì, a
braccia incrociate contro la libreria, che lo fissava senza alcuna
espressione in volto.
L’interruzione di Meredith aveva come spezzato quel
momento, quell’atmosfera irreale, e li aveva fatti tornare coi
piedi per terra. Quello che era successo… Harry si era fatto trasportare dalle
proprie emozioni, troppe, troppo forti, troppo in fretta, tutte insieme; ma ora
la mente era lucida, nonostante la stanchezza e la spossatezza. Quella era la
realtà e tutto aveva un altro peso.
Guardò Tom, ma il ragazzo si limitava ad osservarlo
impassibile, senza alcuna indicazione che avesse
intenzione di fare qualcosa, nonostante Harry sapesse che era solo una maschera
quella che portava in volto, e non c’era bisogno del formicolio alla cicatrice
per confermarlo.
Prese un bel respiro e cominciò ad avvicinarsi. Il
Serpeverde non reagì, non si mosse nemmeno di un centimetro, nemmeno
quando ormai l’altro gli fu proprio davanti, continuando a fissarlo
imperturbabile. Avrebbe dovuto esserci una regola, da qualche parte, per quanto
uno sguardo fosse autorizzato a farti sentire nudo.
Harry aprì la bocca per parlare, ma sinceramente
non gli veniva in mente niente di giusto da dire. Quindi la
richiuse, fece un altro passo in avanti si lasciò appoggiare contro il
corpo dell’altro, cingendogli la vita e appoggiando la fronte su una delle sue
spalle.
Un secondo, e poi sentì le braccia di Tom
avvolgerlo e ricambiare l’abbraccio, e il volto piegarsi leggermente in avanti
per toccargli la testa con il naso. Calore, profumo di
shampoo e il viso di Tom affondato tra i suoi capelli.
Quella era la realtà, e Harry poteva farci davvero
poco.
“Pensavi che mi sarei rimangiato ogni cosa?” chiese
con una nota canzonatoria nella voce.
Le braccia dell’altro si strinsero leggermente, e
un piccolo sbuffo gli sollevò una ciocca sulla testa. “Tutti quei discorsi su Alden certo non rassicuravano. Sei abbastanza testardo che
non mi stupirei se ora ti girassi e te ne andassi,
probabilmente pensando di farlo per il mio bene.”
Harry rise, ancora appoggiato alla spalla
dell’altro. “Francamente, non so se ne sarei capace anche se
lo volessi, non dopo…” ma lasciò la frase in sospeso, non sapendo bene come
finire.
Tom lo allontanò gentilmente, slegandolo
dall’abbraccio. Con una mano gli prese il mento, gli sollevò la testa e lo
baciò di nuovo, per qualche secondo, prima di tornare a guardarlo.
“Dopo questo?” chiese, il
suo ghigno strafottente di nuovo stampato in faccia.
E Harry, mentre attirava nuovamente Tom a sé, calcolò in fretta
che dovevano avere almeno dieci minuti buoni, prima di dover raggiungere gli
altri.
N.A.: ehm… hello… mmh, si…. Ok, d’accordo, ho
spiegato un paio di cose sul mio blog, dove metterò anche
le risposte alle recensioni al più presto. Vorrei davvero fare un bel commentino su questo capitolo (di cui ci sono scene che amo
come scene che odio a morte) perché, come avete visto, è piuttosto importante
^^. Purtroppo mi mancano completamente le forze, e ho un altro milione di cose
da fare prima che la giornata finisca, quindi forse metterò qualcosa insieme
alle risposte, speriamo.
Mi
scuso anche qua per l’ignobile ritardo, e prego come voi che il prossimo arrivi
molto prima!
Ah,
e… mi uccidete se vi chiedo di lasciare comunque un
commentino? ^^”