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Autore: Fyamma    08/01/2014    4 recensioni
Crossover Shadowhunters x Hunger Games
Due mondi che entrano in collisione. Dei ragazzi che si ritrovano nell'occhio del ciclone. Una storia che parla di distruzione, di morte, di dolore, ma anche di gioia e di amore, perchè anche tra le ceneri della distruzione più totale, rimane sempre la scintilla della speranza che, se alimentata nel modo giusto, può trasformarsi in un incendio che illuminerà tutti i mondi.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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˜HOPE˜

AVVERTENZA: Capitolo eccessivamente lungo. Prepararsi psicologicamente. Passo e chiudo.

 


 

 

JACE

Il distretto 4? Che razza di posto è? Non l'ho mai sentito, e sono davvero pochi i posti che io non conosco. D'altronde è un villaggio così piccolo che non sarà nemmeno segnato sulle mappe. Ammesso e non concesso di trovarci ancora sulla terra. Quella ragazza si comporta in modo così strano che non mi sorprenderei se scoprissi che è un'aliena.

Mi volto verso il folletto malefico e, spolverando uno sguardo irresistibilmente truce giusto per fare un po' di effetto, incrocio le braccia e sbotto:

"Credo proprio che noi dovremmo fare una lunga chiacchierata."

Sbam. A questo punto dovrebbe sciogliersi ai miei piedi. Non so perchè, ma alle ragazze piace esser trattate da schifo dai ragazzi fighi, e ovviamente con me è ancora più efficace. Lei invece mi ignora totalmente, non mi degna nemmeno di uno sguardo, e si limita ad annuire con sguardo perso. Inaudito.

Questa ragazza va contro ogni legge naturale: prima si trova esattamente nel posto in cui tre ragazzi vengono teletrasportati tramite un telecomando di probabile origine demoniaca, poi si rivela essere una potenziale arma di distruzione di massa per conigli e selvaggina varia concentrata in poco più di un metro e cinquanta di altezza, e infine (cosa più assurda di tutte) ignora il sottoscritto. Inspiegabile.

Sembra quasi che non voglia darmi soddisfazione, se c'è una cosa che ho capito è che è un tipetto abbastanza testardo. La sua mente va in una direzione diversa da quella di tutte le ragazze che conosca, di tutte le persone che conosca. Affascinante.

No, aspetta, cosa? Ma che diavolo vado a pensare? Evidentemente non mi sono ancora ripreso da quel turbolento viaggio.

"Seguitemi, vi porto a casa mia. Ma ricordate che mi avete promesso di non far del male a nessuno." Dice lei, riemergendo dal suo mondo.

Sbuffo, infastidito, e ribatto: "Si lo sappiamo, ma non avremmo fatto nulla comunque."

Lei, sempre senza guardarmi (perchè la cosa mi irrita tanto?!), scrolla le spalle.

"Meglio ricordarvelo. Io devo proteggere la mia famiglia."

"Ah già, quella per cui oggi mi sono spaccato la schiena. Di un po', hai fatto scorte per tutto l'inverno? Perché tutto questo cibo basterebbe per un bel po."

Non so nemmeno perché continuo ad insistere. Forse perché il solo vedere la sua irritazione ogni volta che apro bocca è appagante.

"Beh, vi ricordo che ci siete anche voi tre adesso. Non so per quanto dovrete restare, ma immagino che mi toccherà ospitarvi fino alla vostra partenza." Sospira lei, quasi rassegnata.

"Se ti da tanto fastidio non sei obbligata." Borbotto.

"Beh, sei molto gentile" interviene Izzy, mettendomi a tacere con una gomitata nelle costole "ma non vorremmo disturbare. Ai tuoi genitori va bene ospitare sconosciuti in casa?"

Io mi massaggio il punto colpito, guardando male la mia sorella adottiva. Preferisco stare zitto, dato che intavolare una discussione con lei significherebbe stuzzicare un grizzly addormentato.

"Non so chi siano i miei genitori. Non ho memoria prima dei miei undici anni, quando mi sono risvegliata da sola nel bosco." Afferma lei con voce neutra, un po' come se ci stesse raccontando cosa aveva mangiato il giorno prima.

Blocco un commento sarcastico sul nascere, ammutolito da quella strana dichiarazione. Izzy ha la bocca semiaperta, come se volesse dire qualcosa ma non sapesse cosa. Come già detto, quella era la ragazza impossibile: nessuno era mai riuscito a far rimanere senza parole Izzy per ben due volte nel giro di poche ore.

Lei continua imperturbabile, senza fare caso alle nostre reazioni.

"Per ora vivo con i miei fratelli, siamo una famiglia parecchio numerosa."

Aggrotto le sopracciglia, c'è qualcosa che non quadra.

"Aspetta, come fai ad avere dei fratelli se ti sei risvegliata nel bosco da sola?"

Lei si azzarda a gettarmi un'occhiata, e stavolta non distoglie lo sguardo, così da permettermi di guardare finalmente i suoi occhi. Sono di un verde incredibile, dello stesso colore delle foglie sugli alberi nel bosco, con lo stesso aspetto selvatico. Unici nel loro genere, non tanto per il loro aspetto, ma per il carattere della persona che li possiede, che li anima di quella luce sconosciuta. Una luce fioca però, come se qualcosa dentro di lei le impedisse di alimentare quella scintilla.

Mi accorgo di aver assunto un'espressione ebete quando Iz mi da una piccola spallata, con uno sguardo malizioso che non capisco. La guardo come se fosse pazza, mentre lei continua a sogghignare divertita da non so cosa. Le donne sono tutte pazze.

Ignara di tutto, la ragazza che nella mia mente ho iniziato a chiamare Ginger per i suoi capelli rossissimi comincia a raccontare.

"Beh, in realtà non sono i miei fratelli naturali, ma anche se lo fossimo non potremmo essere più legati. Quando mi sono risvegliata ho vagato per un po' da sola nel bosco, mangiando ciò che capitava. Sono fortunata a non aver assunto nulla di velenoso. Comunque dopo qualche giorno cominciai ad indebolirmi, non riuscivo a trovare dell'acqua e mi stavo disidratando. Quando crollai pensai che probabilmente non mi sarei più risvegliata, ma ricordo che al pensiero di morire non provavo assolutamente nulla. Mentre svenivo sentii dei rumori nel sottobosco, qualcosa si avvicinava, ed era grosso. Pensai che si trattasse di un animale, e mi sentii sollevata al pensiero che avrebbe posto fine alle mie sofferenze in fretta. Poi ricordo di aver visto qualcosa che si avvicinava, che mi prendeva in braccio, poi credo di essere svenuta. È tutto confuso. Mi sono risvegliata in un lettino, nell'orfanotrofio del distretto. Il ragazzo che mi aveva trovato mi disse che voleva portarmi a casa con lui, ma lo avevano scoperto e costretto a portarmi li. Mi fecero delle domande, ma io ricordavo solo il mio nome e... Poco altro."

La sua voce esita sull'ultima frase, e riprende precipitosamente a parlare.

"Diventammo legatissimi, l'orfanotrofio era un posto orribile. Il mio soprannome era punchingball."

Stringe i pugni, come se il ricordo la ferisse. Quando noi realizziamo cosa significa la guardiamo sconvolti. Ci credo che è così restia a fidarsi.

"Qualche mese dopo arrivarono tre gemelli. Avevano tre anni, i genitori si erano suicidati quando il figlio maggiore morì agli Hunger Games. Erano come me, continuamente tiranneggiati dai ragazzi più grandi, e mi sentii in dovere di prenderli con me, anche se ad undici anni ero a malapena in grado di badare a me stessa. Sono dovuta crescere in fretta. Mi presi cura di loro, e loro si affezionarono al punto da non voler andare da nessuna parte senza di me. Ammetto che erano delle vere pesti.

 Ride, forse per la prima volta quel giorno.

"Ma gli volevo, e gli voglio, un gran bene. Loro di conseguenza si legarono anche al mio salvatore, e diventammo un po' una famiglia. L'anno dopo lui venne sorteggiato per gli Hunger Games, a soli quattordici anni. Era convinto di non riuscire a vincere, e supplicò i genitori di adottarci, un po' come un ultimo desiderio, e loro decisero di esaudirlo. Diventarono i miei genitori adottivi, e gliene sarò sempre grata. Ho acquisito un altro fratello, l'altro loro figlio, il minore. Si chiama Jason."

Nei suoi occhi si legge un misto di tristezza e gioia, come di una felicità bruscamente interrotta da qualcosa, e che ora non potrà mai più essere completa. Alec la interrompe, intromettendosi nel racconto.

"Non capisco. Cosa sono questi Hunger Games? Che intendi con "ultimo desiderio"?"

Lei si volta verso di lui, bloccandosi bruscamente in mezzo alla strada.

"Non sapete cosa sono?" Domanda con un filo di voce.

Scuote la testa. "Non esiste nulla del genere da noi."

Il suo viso si illumina come un albero di Natale.

"Un mondo senza Hunger Games..." Mormora, portandosi una mano alla bocca.

Poi ci fa uno dei sorrisi più grandi e belli che io abbia mai visto e ricomincia a camminare, mentre nei suoi occhi comincia a brillare la luce della speranza.

"Se vi aiuto a trovare un modo per tornare a casa" inizia frenetica "mi promettete che porterete me e la mia famiglia con voi? Giuro che non vi daremo alcun fastidio, se volete non dovrete mai più rivederci, ma vi prego, vi supplico, portateci con voi."

Sembra che stia per scoppiare a piangere, le tremano le mani, ma non capisco se è per la felicità o per qualcos'altro. Scrollo le spalle.

"Non vedo perché no"

Sono un po' costretto ad assentire, dopotutto lei ci sta aiutando adesso, non possiamo non ricambiare il favore. Lei sembra scoppiare di gioia, e in uno slancio di felicità arriva a gettarmi le braccia al collo. Io mi irrigidisco, mentre sento uno strano calore salire in faccia. Sto arrossendo? Ma che mi sta succedendo? Devo riprendermi in fretta da questo viaggio.

Non faccio neanche in tempo a decidere se ricambiare o no che lei si scolla, sempre sorridente, e annuncia tutta contenta che siamo arrivati, lasciandomi per un attimo con la bocca semiaperta e un braccio sospeso in aria, mentre Izzy arriva di nuovo con la spallata e il sorrisetto. Forse la pazzia di quella ragazza è contagiosa. O forse sono entrambe in quel periodo là, che l'Angelo ci protegga.

Osservo con occhio critico la catapecchia che Ginger si ostina a chiamare casa, e non posso credere che li dentro ci debbano vivere dei bambini. Lei sembra percepire il mio disgusto, e si volta con un sorriso triste.

"Lo so che non è granchè, ma ti assicuro che l'orfanotrofio era peggio. Siamo stati abbastanza fortunati, apparteneva ai genitori dei gemelli prima che morissero, e ci è tornata comoda dopo l'incendio."

Senza darmi tempo di chiedere di cosa sta parlando, apre la porta di "casa" e viene letteralmente assalita da tre uragani in miniatura. Quelli che presumo siano i gemelli le si appendono addosso, facendole le feste, e lei ridendo ne prende in braccio uno, tra le proteste degli altri. Uno le si attacca alla gamba e l'altro la assale da dietro, arrampicandosi sulla sua schiena fino ad appendersi al suo collo.

Lei, sbilanciata, rischia di cadere all'indietro, e corro a scrostargli di dosso il mocciosetto. Lui sembra accorgersi di noi in quel momento, e si divincola dalla mia stretta spaventato. Corre a nascondersi dietro le gambe della sorella adottiva insieme al fratello, mentre quello che Clary ha in braccio si stringe di più a lei.

Ricordo che aveva detto che venivano spesso aggrediti dai bambini più grandi, e capisco la loro reazione.

Lanciano uno sguardo confuso alla sorella; è divertente quando si muovono nello stesso istante. È come guardare tre cloni. Sono identici fin nell'ultimo ricciolo ramato, anche nella più piccola sfumatura azzurra degli occhi.

Lei gli sorride di rimando e gli assicura che siamo amici. Loro si rilassano, e uno arriva a trotterellare vicino a noi guardandoci curioso. Poi porge solennemente una mano ad Isabelle, presentandosi:

"Io sono Leo, molto piacere, mademoiselle." Si esibisce in un buffo inchino, e quasi mi aspetto che le faccia il baciamano.

Non posso non scoppiare a ridere alla vista di un bambino di sette anni che fa delle avance ad Izzy, e vedo anche Alec trattenere una risatina. Iz sorride, probabilmente intenerita, e sta al gioco:

"È un vero piacere monsieur, io mi chiamo Isabelle, ma mi puoi chiamare Izzy, o Iz, se preferisci."

Il fratello scoppia a ridere e si sporge da dietro le gambe di Clary, strillando:

"È fuori dalla tua portata Leo!"

Per poi mettersi a correre inseguito dall'altro bambino, ridendo come un pazzo, mentre Leo lo placca alle spalle buttandolo a terra. Cominciano ad azzuffarsi, mentre il terzo li guarda scuotendo la testa, ancora in braccio alla rossa.

"Che immaturi." Asserisce saccente, mentre Clary lo butta sul vecchio divano e inizia a fargli il solletico.

"Ma se tu sei peggio!" Esclama, cercando di evitare i calci e i pugni che gli tira quello cercando di divincolarsi. Lo lascia ad implorare pietà per un po', poi lo libera per andare a separare i due "combattenti". Per l'Angelo, è una famiglia di folli.

"Ian, va a chiamare Jason per favore, dobbiamo mangiare." Riesce a sputare fuori mentre tenta di evitare i colpi volanti.

Leo e l'altro smettono di azzuffarsi, guardandola come se avesse detto che Natale era arrivato in anticipo, mentre il bambino sul divano schizza in piedi obbediente, arrampicandosi su per le scale malandate e pericolanti.

"Hai trovato qualcosa di buono?" Domanda entusiasta l'unico di cui non conosco ancora il nome.

Riconoscerli sarà un bel problema, sono assolutamente identici. Chissà come fa Ginger.

"Si, sono riuscita a prendere un bel bottino, anche grazie a loro." Dice lei sorridente, sembra che stare con quei bambini le infonda una botta di vita. Ha sorriso di più negli ultimi cinque minuti di quanto abbia fatto in tutto il giorno.

"Anche grazie a noi? Ma se saresti stata persa senza di noi." Esclamo sarcastico, alludendo però al demone che ci ha attaccati.

Lei capisce cosa intendo in realtà, e ribatte: "Si, i conigli erano molto aggressivi oggi, fortuna che sono brava con i coltelli."

Mi fissa dritto negli occhi, sfidandomi, e tra noi ricomincia la lotta di sguardi. Veniamo interrotti da una voce alle spalle di lei.

"Oggi non hai mangiato fuori, Clary?" Si volta, incontrando lo sguardo azzurro di un ragazzo che non può avere più di quattordici anni.

Lei fa un sorriso tirato, triste, e scuote piano la testa.

"No, oggi no." Mormora, e capisco che quella in domanda era celato qualcos'altro, che non era una mera curiosità sul luogo dove la ragazza mangiava.

Alterno uno sguardo sospettoso tra i due ragazzi, ma lui è intento a guardare lei, e lei tiene gli occhi puntati a terra, il viso nascosto dai capelli rossi. Poi il ragazzo ci degna della sua attenzione, o forse si accorge solo ora della nostra presenza, e si avvicina sorridendo.

Ci stringe la mano, presentandosi, e ho la certezza di trovarmi di fronte a Jason. Noi ci presentiamo di rimando, e cala un silenzio imbarazzato. Jason si passa una mano tra i riccioli ramati, a disagio, finché la rossa non si riprende e solleva la testa, avvicinandosi.

Posa una mano sulla spalla del ragazzo, e gli mormora qualcosa all'orecchio. Lui annuisce e si allontana, andando in un altra stanza con i gemelli al seguito, incurante delle loro proteste. La ragazza ci fissa un po', poi ci fa segno di seguirla e si siede su una vecchia poltrona, logora come tutto il resto, mentre noi ci accomodiamo sul divano.

È più comodo del previsto, anche se sento le molle premere contro la schiena. Si affloscia contro la poltrona, sollevando i piedi e rannicchiandosi su di essa, cosa che la fa sembrare ancora più minuscola. Io invece mi chino in avanti, un po' per evitare di infilzarmi la schiena, e poggio i gomiti sulle ginocchia.

Lei fa un cenno pigro con la mano, per invitarci a chiedere quello che vogliamo.

"Cosa sono questi Hunger Games?" Chiedo subito, mentre vedo Alec ed Iz farsi più attenti.

Lei sospira e si passa una mano tra i capelli, mettendosi comoda. Poi fissa il suo sguardo su di noi, e nei suoi occhi leggo di nuovo il tormento.

"Non avrei mai pensato di doverlo spiegare a qualcuno. Qui tutti sanno cosa sono gli Hunger Games, siamo costretti ad assistervi ogni anno fin da quando veniamo al mondo, consapevoli da subito che siamo tutti sorteggiabili.                                                                                                                    Forse è meglio iniziare dal principio.                                                                                          Circa sessantanove anni fa, nel paese scoppiò una rivolta. Dovete sapere che Panem all'epoca era divisa in tredici distretti, tutti sotto il dominio della capitale, Capitol City. La capitale si arricchiva a spese degli abitanti dei distretti, e mentre loro vivevano nel lusso più sfrenato la popolazione moriva di fame. Fu allora che scoppiò la rivolta. I tredici distretti insorsero e scoppiò una feroce guerra civile, che si concluse con la vittoria della capitale. Il distretto tredici fu raso al suolo, mentre tutti gli altri ritornarono sotto la dittatura capitolina. Ma ovviamente i vincitori non potevano permettere di lasciar correre e basta, dovevano trovare il modo di evitare altre future ribellioni, e idearono gli Hunger Games. Da allora ogni anno un ragazzo ed una ragazza tra i dodici e i diciotto anni, provenienti da ognuno dei dodici distretti restanti, vengono sorteggiati in una pubblica mietitura e mandati a combattere in un'arena. La lotta è all'ultimo sangue, e vi è un solo vincitore. L'ultimo a restare in vita. È il loro modo per farci capire quanto siamo impotenti, come sia facile per loro mandare a morire i nostri figli, fratelli, amici, senza che a noi sia concesso fare nulla. Ma volete sapere la cosa più crudele?"

Si alza e si sporge verso di noi, e io non posso fare a meno di tirarmi un po' indietro

"Noi siamo costretti a guardare. Costretti a vederli morire uno dopo l'altro, senza poter fare nulla. NULLA! E poi siamo costretti a festeggiare il vincitore, magari proprio colui o colei che ha ucciso un tuo caro, come se fosse un eroe! Siamo costretti a vedere dei dodicenni andare a morire con la consapevolezza di non avere scampo, siamo costretti a vedere la ragione abbandonare il loro sguardo mentre uccidono altri ragazzi per sopravvivere! Siamo costretti a vedere la fine di giovani vite e a considerarla come un GIOCO!"

Ansima, alla fine del racconto, che poi è più uno sfogo. Noi non possiamo fare altro che guardarla disgustati, increduli, addolorati. È assurdo, una cosa così non può esistere. Non è possibile che sia permesso. Per l'Angelo, in che posto siamo capitati?

 

 

CLARY

Crollo di nuovo sulla poltrona, prendendomi la testa tra le mani. Loro continuano a fissarmi sconvolti, e infondo li posso capire.

Ricordo bene la mia reazione quando mi raccontarono quella stessa storia, ad undici anni, quando ancora ricordavo a malapena chi ero. Ebbi gli incubi per giorni.

La voce di un bambino mi riscuote.

"Clary, abbiamo fatto!" Strilla Zach correndo nella stanza con l'allegria che solo un bambino di sette anni può avere.

Ho cercato di proteggerli il più possibile, ma gli anni passano in fretta, e presto sarò costretta a prepararli all'idea che sono sorteggiabili per i giochi, e che io non posso proteggerli nemmeno offrendomi volontaria. Ho passato notti insonni tormentata dal pensiero che uno di loro potrebbe morire senza che io possa fare nulla.

Mi costringo ad assumere un'espressione rilassata, e gli prendo una mano lasciandomi trascinare in cucina. Sento che gli altri ci stanno seguendo.

Cerco di non pensare all'imbarazzante momento in cui ho gettato le braccia al collo del biondo, troppo euforica per fare caso alle mie azioni. Il pensiero che ci porteranno con loro mi rincuora, dato che è probabilmente l'unico modo che ho per salvarli.

E poi, non posso fare a meno di pensare che devo avere qualcosa a che fare con il loro mondo, se uno dei miei pochi ricordi precedenti all'amnesia è il viso di quel ragazzo.

Raggiungiamo la cucina, in pratica l'unica altra stanza del pianterreno oltre al salottino. Sopra ci sono tre camere da letto, ma di solito dormiamo tutti insieme in quella più grande, un po' per stare più vicini, un po' per il freddo.

I genitori dei gemelli non erano ricchissimi, almeno non secondo gli standard del nostro distretto, ma avevano abbastanza soldi da permettersi qualche lusso. Quando morirono tutti i loro soldi vennero confiscati, ma prima di suicidarsi riuscirono a far promettere al sindaco (loro vecchio amico) di lasciare la casa per i loro figli, se fossero morti prematuramente.

L'uomo accettò, ma scommetto che non si aspettava che la "morte prematura" avvenisse così presto. Ancora non posso fare a meno di pensare che è stata probabilmente l'unica cosa giusta che hanno fatto per i bambini.

Mi siedo a tavola, per la prima volta dopo non so quanto tempo, e lascio che il profumo del cibo mi invada. Il mio stomaco borbotta impaziente.

I bambini mi mettono davanti un piatto fumante di stufato, e io li ringrazio con un sorriso. Mi trattengo dall'avventarmi sul cibo, e aspetto che tutti si siedano e comincino a mangiare. Solo allora mi porto la forchetta alle labbra, e quando il primo boccone scende giù per la mia gola tutti i pasti arretrati sembrano ripresentarsi, e fatico parecchio a non cominciare ad ingozzarmi come un animale.

Cerco di mantenere un minimo di contegno, ma evidentemente mi riesce solo in parte, perchè il biondino solleva un sopracciglio e so che sta per sparare una delle sue battutine.

"Vuoi onorare la memoria dei conigli mangiando tu per loro tutto il cibo che non hanno avuto modo e tempo di mangiare?"

Eccola, infatti. Sinceramente non so cosa speri di ottenere con queste frasi idiote, né come facciano gli altri due ad averlo sempre di fronte senza prenderlo a schiaffi. Io mi limito a scrollare le spalle, continuando a mangiare. Non vale la pena di rovinare il primo vero pasto dopo mesi per rispondere a quell'idiota.

"Un idiota molto carino" sussurra una vocina nella mia testa, ma la metto subito a tacere. O almeno ci provo, perchè in effetti non ha tutti i torti.

Avvampo e abbasso lo sguardo, sperando che nessuno abbia notato il mio rossore, e per fortuna è così. La cena procede in silenzio, gli unici rumori sono quelli delle forchette contro i piatti e qualche eventuale battutine di Jace, ma almeno stavolta importuna solo Isabelle. Sembra che la cucina di lei non sia granchè.

Poi il silenzio viene rotto dalla voce di Jason, che blocca l'ennesimo commento del biondo sul nascere.

"Oggi mi sono iscritto alle tessere." Annuncia così velocemente che faccio fatica a distinguere le singole parole, ma il messaggio mi arriva forte e chiaro.

Stavo per portarmi alla bocca la forchetta, ma a quell'affermazione la lascio cadere nel piatto per lo shock, restando con la mano a mezz'aria e la bocca semiaperta. Sbatto un po' le palpebre, pregando di aver sentito male, ma il suo sguardo basso e la sua espressione mi dicono che è tutto vero. Mi porto una mano alla bocca.

"Jason..." Sussurro, sconvolta, e lui abbassa ancora di più la testa, incapace di reggere il mio sguardo.

Vorrei chiedergli perché, come, quando, se era colpa mia, se avevo sbagliato qualcosa... Ma la parte più pratica di me prese il sopravvento e mi limitai a chiedere: "Quante?" Con voce spenta.

Mi lancia un'occhiata fugace e torna subito a fissare il suo piatto.

"Quattro. Una per me è una per ciascuno dei gemelli. Sapevo che non mi avresti mai permesso di prenderne una anche per te."

Continua a non guardarmi, e l'idea che non lo faccia perché si vergogna mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso.

"Jason" mormoro gentilmente "guardami."

Quando lui solleva timidamente lo sguardo mi sforzo di sorridere, cercando di rassicurarlo.

"Non sono arrabbiata. Capisco perchè l'hai fatto. Sono solo preoccupata. Volevo impedire che questo peso gravasse anche su di te, ma evidentemente non ho fatto un buon lavoro."

Sollevo una mano per bloccare una sua protesta.

"Ormai non ha più importanza, quel che è fatto è fatto. Ma avrei preferito che fossi venuto prima da me, e che ne avessimo parlato..."

"Ma tu non me lo avresti permesso! Mi avresti rassicurato e saresti andata tu ad iscriverti a più tessere! Ne hai già sette, una per ciascuno di noi e due in più per avere un po' di cibo extra, non avrei potuto farti avere altre nomine!"

Resto completamente ammutolita. Non avrei mai pensato che lo avesse fatto per me. Sono così impegnata a pensare sempre agli altri da non permettere agli altri di pensare a me. Boccheggio per un po', incapace di rispondere, poi un sorriso si fa strada sulle mie labbra.

"Sai che ti dico? Hai ragione. Hai assolutamente ragione. L'unica cosa che ti rimprovero è il numero delle tessere, ne bastavano due. In questo modo sommando le nostre ne avremmo avute nove, quindi due per ciascuno di voi è una per me."

Lo blocco di nuovo, sorridendo, sapendo già dove voleva andare a parare.

"Ok, ok, ne bastavano tre così ciascuno di noi ne avrebbe avuto due. Contento? Resta il fatto che ce n'è una in più."

Sembra rincuorato dal fatto che non l'abbia rimproverato, e adesso un timido sorriso aleggia sulle sue labbra.

"Beh, può tornare comoda. Adesso ci sono anche loro." Dice scrollando le spalle, indicando gli ospiti di cui, sinceramente, mi ero dimenticata.

Mi volto a guardarli, notando il loro sguardo confuso, probabilmente non avevano capito nulla del discorso. Sospiro, rassegnata al fatto che dovrò spiegargli ogni singola cosa.

"Le tessere sono una specie di bonus. Vedete, anche qui i ricchi hanno più importanza dei poveri. Mettiamo caso che stai morendo di fame e non sai cosa fare. Se rientri nella fascia di età in cui sei sorteggiabile per i giochi ti puoi iscrivere alle tessere. Ti danno una razione mensile di cereali e altre cose, anche se mai sufficienti per poter mangiare davvero, e in cambio hai più nomine. Vi ho spiegato come scelgono chi mandare nell'arena, no? Estraggono il nome da una boccia di vetro, come in una lotteria. Tutti abbiamo una nomina quando iniziamo a dodici anni, ma siccome sono cumulabili a tredici ne avremo due, a quattordici tre e così via. Ottieni una nomina in più per ogni tessera che hai, quindi io che ne ho sette ho sette nomine più una che mi spetta. A dodici anni avevo già otto nomine, e adesso che ne ho sedici il mio nome risulta in quaranta striscioline di carta, in quell'ampolla."

Ah, la sintesi. Spieghi tutto velocemente è il più delle volte lasci le persone a bocca aperta e con lo sguardo spento. È qualcosa di meraviglioso.

Intercetto lo sguardo confuso di Jason, che probabilmente si starà chiedendo che glielo spiego a fare se tutti sanno cosa sono le tessere, e borbotto:

"Storia lunga, Jason. Te la racconto più tardi."

Torno a fissare il mio piatto, notando sconsolata che lo stufato è ormai freddo. I gemelli non hanno prestato la minima attenzione alla conversazione, ci hanno ascoltati solo un po' quando Jason ha sganciato la notizia bomba, guardandolo preoccupati, poi quando il peggio è passato hanno ricominciato a mangiare in tutta tranquillità parlottando tra loro come fanno sempre.

A volte mi sorprendo a pensare che mi sarebbe piaciuto avere un gemello, qualcuno che ti conosce letteralmente da quando sei nato e che non ti tradirà mai. Ma io ho già i miei fratelli, quindi della cosa alla fine mi importa ben poco.

Comunque ormai hanno finito di mangiare, e noto che Zach sta per addormentarsi con la faccia dentro il piatto, mentre gli altri due si strofinano gli occhi e sbadigliano. Guardo l'orologio, in effetti si è fatto abbastanza tardi. Sono quasi le undici, e noi di solito dobbiamo svegliarci all'alba.

Divoro il mio stufato in tutta fretta, e lo finisco in tempo record. Metto il piatto sporco nel lavandino, e chiedo a Jason di lavare le stoviglie mentre io metto a letto i piccoli mostri. Ian e Leo protestano affermando di non avere sonno, tra uno sbadiglio e l'altro, mentre Zach non ne ha nemmeno la forza.

Lo prendo in braccio con un piccolo sbuffo, stanno crescendo e si stanno facendo pesantucci. Lui poggia la testa sulla mia spalla e sbadiglia, già pronto ad addormentarsi. Ian mi segue senza fare troppe storie, anche se si lamenta un po' dicendo che ormai è grande.

Leo è quello che fa più storie di tutti, ogni sera. Ma stavolta c'è Isabelle che, vedendomi in difficoltà, lo prende in braccio. Lui è così sorpreso che ammutolisce, e lo vedo arrossire. Ridacchio divertita, facendo segno con la testa alla ragazza di seguirmi. Credo che forse potremmo diventare amiche, anche se non ho mai avuto un'amica prima d'ora.

Guido Isabelle nella stanza dove dormiamo di solito, la più grande, e apro la porta con una spallata. Aiuto i bambini mezzi addormentati a mettersi il pigiama, poi li infilo sotto le coperte e faccio per andare. Leo mi afferra una manica, bloccandomi, e mi chiede se vengo anche io a dormire con loro. Io gli sorrido dolcemente e gli scosto i ricci dalla fronte, rimboccandogli le coperte.

"Vi raggiungo tra poco. Voi intanto dormite." Sussurro.

Do un bacio in fronte a ciascuno di loro ed esco dalla stanza, seguita dalla mora.

"Te la cavi con i bambini." Dico così, tanto per fare conversazione. Lei sorride.

"Ho un fratello più piccolo a casa. Ma direi che tu sei molto più brava di me. Come fai a farli obbedire così?" Chiede, ammirata. "Io ne ho uno solo è a volte vorrei strozzarlo. Credo impazzirei con tre."

Rido, quando esco con i gemelli molte madri mi fanno la stessa domanda, e le rispondo come faccio con loro: "Io non faccio niente. Sono loro che sono dei veri angeli per la loro età, anche se a volte fanno qualche capriccio, come è giusto che sia."

Torniamo di sotto, e troviamo Jason e gli altri nel salotto, mentre chiacchierano del più e del meno. Mi siedo tra mio fratello e Alec, mentre Isabelle e Jace si siedono sulle due poltrone.

"Allora" inizio, sistemandomi meglio per stare più comoda "credo che ora sia arrivato il vostro turno di parlare."

Sento gli occhi del biondo su di me, ma mi sforzo di guardare Isabelle. È quella con cui ho più confidenza. Lei scrolla le spalle.

"Cosa vuoi sapere?" Mi chiede.

"Beh, potreste iniziare dicendomi cosa diavolo è successo in quella radura." Affermo, inarcando un sopracciglio.

Lei guarda truce Jace, e gli dice:"Prego, a te l'onore." in tono di sfida.

Lui ricambia l'occhiataccia e inizia a raccontare.

"D'accordo, iniziamo dal principio.Dice fissandomi, citando quanto ho detto io poco prima.

"Noi siamo Shadowhunters, o Nephilim, il nostro compito è quello di cacciare demoni, come quello che ci ha attaccati. Veniamo addestrati fin da piccoli a questo scopo, ogni bambino che nasce è destinato ad una vita di cicatrici e morte. Veniamo cresciuti con la consapevolezza che i nostri parenti potrebbero uscire dalla porta di casa e non tornare, dando la propria vita per proteggere le persone senza ricevere nulla in cambio, dato che nessun essere umano normale sa della nostra esistenza. Nessuno si può tirare indietro, perché essere Shadowhunters non è una scelta, è il nostro sangue ad imporcelo. Non siamo completamente umani, in noi è presente anche del sangue di angelo, dell'Angelo Raziel per l'esattezza."

Si ferma per vedere le nostre reazioni. Jason è a dir poco stupito, io invece mi limito ad aggrottare le sopracciglia. Il mio cervello va a mille. Penso a come mi sono risvegliata da sola, nel bosco, di come ricordassi quegli occhi dorati come se li avessi davanti... Ma come potevo conoscere un Nephilim? L'ha detto lui stesso, il loro è un mondo segreto, noto solo a chi ne fa parte. Ciò significa che io avevo a che fare con i Nephilim, in un modo o nell'altro.

Intanto Jace continua a raccontare della vita di uno Shadowhunter, del fatto che lui ed Alec sono parabatai, guerrieri legati per la vita, dei demoni, degli angeli, di come nacque la stirpe dei Nephilim, delle rune. E io ascoltavo, cercando di capire quale fosse il mio posto in quel mondo. Poi, una volta spiegate le cose fondamentali, ci spiega come sono arrivati in quella radura.

"Fammi capire" lo interrompo massaggiandomi le tempie doloranti "tu trovi questo congegno addosso ad un demone in un vicolo, lo porti a casa, e poi premi il pulsante?" Chiedo, incredula.

Lui aggrotta le sopracciglia.

"Così la fai sembrare una cosa stupida." Dice.

"Perchè È una cosa stupida!" Esclama Isabelle, alzandosi e mettendo le mani sui fianchi, gettando a Jace un occhiata che avrebbe dovuto trasformarlo in una macchiolina sul pavimento. Ovviamente però quel ragazzo ha una sorta di immunità.

Sospiro, cercando di metabolizzare tutte quelle informazioni. Jason sembra affascinato.

"Come funzionano esattamente queste rune?" Chiede curioso.

Jace sorride malandrino.

"Ti faccio vedere."

Prende un pugnale dalla cintura, e si incide profondamente il palmo della mano. Sobbalzo, alla vista di tutto quel sangue, e lui ridacchia divertito dalla mia reazione. Prende dalla tasca uno strano cilindretto argenteo luminoso e appuntito, grande come un dito, e se lo poggia sulla pelle sopra la ferita, iniziando a tracciare un complicato disegno. Quando la punta dell'aggeggio viene a contatto con la pelle essa emana del fumo, come se fosse marchiata a fuoco. Quando finisce il taglio inizia a rimarginarsi, finché non rimane solo una sottile cicatrice che scompare in fretta. Però al posto del marchio nero rimane una cicatrice argentata, una delle tante che percorrono il corpo del ragazzo.

Jason lancia un fischio ammirato, mentre io gli afferro la mano per guardarla più da vicino, incredula. Lui ridacchia di nuovo, e io gli lascio la mano.

"Comodo." Commento, ancora stupita.

Lui annuisce, compiaciuto, e ripone il coltello e l'aggeggio, che mi spiega essere uno stilo. Dice che i marchi si possono fare solo su un Nephilim, e che farebbero perdere la ragione ad un normale umano, pardon, mondano.

"Aspetta" dico io, mentre un'idea mi balena in mente "se siete arrivati con quel telecomando, allora è possibile che vi faccia anche tornare indietro, giusto?"

"È possibile" concorda Alec grattandosi il mento pensieroso "ma non era vicino a noi quando ci siamo ritrovati nella radura, o almeno io non l'ho visto."

Guarda i suoi compagni, che scuotono la testa. Nessuno di loro aveva il telecomando. Mi accascio contro lo schienale del divano, delusa, mentre penso ad una soluzione. Ed essa mi giunge da sola, mentre ascolto distrattamente un commento di Isabelle.

"Sarà rimasto a New York." Mormora pensierosa, mentre io scatto come una molla.

"Dove?" Domando, a voce decisamente più alta del dovuto.

Loro mi guardano confusi.

"A New York. È da li che proveniamo." Dice Jace.

Io alterno lo sguardo su loro tre, pensando, spremendomi le meningi. Torno a sedermi, ma stavolta non sono affatto rilassata, anzi, sono quasi febbrile, mentre la mia mente vede chiaramente cosa è successo. Mi alzo di nuovo, incapace di stare ferma, e inizio a camminare per la stanza tormentandomi le mani. Poi mi blocco, voltandomi verso gli altri occupanti della stanza, che mi guardano confusi, Jason compreso. Sbuffo, pensando alla mia deduzione, ma non c'è altra spiegazione.

"Ragazzi." Inizio, scandendo bene le parole. "Che anno è?" Chiedo, cercando di far capire quanto sia cruciale quella domanda.

Loro mi guardano come se gli avessi chiesto di che colore è il cielo. Come se fossi pazza.

"Rispondete e basta, per favore." Dico io bloccando le loro domande. Vedo che anche Jason ci sta arrivando, mentre sul volto gli si dipinge una smorfia concentrata.

Jace sbuffa. "Hai battuto la testa per caso? Siamo nel 2013, anzi, quasi nel 2014." Afferma sicuro.

Jason sobbalza al punto da fare un salto sul divano, esclamando:"Porco Snow!" A gran voce.

Lo rimprovero con lo sguardo, ma non ci faccio troppo caso. Sorrido, avevo ragione.

"Credo di aver capito cosa vi è successo." Affermo.

Loro si voltano tutti verso di me, in attesa di spiegazioni.

"Fino ad ora avete supposto che il telecomando vi ha fatto viaggiare da un posto all'altro, o addirittura da una dimensione all'altra. È corretto?"

Loro si limitano ad annuire, cercando di capire dove volessi andare a parare.

"E se non fosse così? Se, invece di spostarvi nello spazio, vi foste spostati nel tempo?"

Finalmente arrivano alla mia stessa conclusione, e vedo il loro sguardo farsi meravigliato.

"È per questo che ci hai chiesto l'anno prima? Di un po', che anno è questo?" Mi chiede Jace, serio.

Io lo fisso per un po', poi rispondo con voce che è appena un sussurro.

"È il 2573."

 

 

JACE

Scoppia l'inferno.

Le parole della ragazza all'inizio ci congelano sul posto, poi Isabelle si alza e si mette ad elencare tutte le imprecazioni che conosce, alcune delle quali non riconosco nemmeno io; Alec pare sotto shock, mentre io scatto in piedi e inizio a camminare avanti e indietro, tirando persino un pugno al muro, sbucciandomi le nocche.

E probabilmente avremmo continuato per molto, se una voce decisa non avesse urlato: "BASTA!"

Ginger è in mezzo alla stanza, furiosa. È stata lei ad urlare, sembra un pulcino che arruffa le piume.

"Adesso" dice piano "vi sedete e mi state a sentire, in silenzio, perché se svegliate i bambini vi serviranno parecchi di quegli iratze. Chiaro?"

Annuiamo all'unisono, affrettandoci ad ubbidire. Poi un dubbio mi assale.

"Come fai a sapere come si chiama? Io non ti ho detto che il nome di quella runa è "iratze"."

Lei pare spiazzata. E confusa.

"Io... Io non lo so. In qualche modo lo sapevo ma..." Scuote la testa. "Al momento non è una priorità. State a sentire la mia idea. Se, come ha supposto Isabelle, il telecomando è rimasto a New York, significa che nel 2013 si trova lì. Ora, provate ad immaginare. Cosa succederebbe se tre ragazzi scomparissero nel nulla lasciando dietro di se solo un telecomando? Cosa farebbero gli altri Shadowhunters?" Chiede.

"Beh, immagino che prenderebbero il telecomando e lo studierebbero, poi se non riuscissero a trovare niente lo registrerebbero negli archivi e lo custodirebbero." Risponde Alec.

"E dove lo terrebbero?" Domanda ancora.

"All'Istituto, immagino. Ma, non vedo come ci possa aiutare." Rispondo io.

Lei annuisce, pensierosa, e riprende.

"Allora, negli anni successivi ai vostri ci sono stati numerosi disastri climatici, guerre nucleari e stermini di massa, dai quali sorse Panem. Ma nessun attacco di demoni o cose varie, il che comporta la presenza dei Nephilim. Ciò significa che anche oggi, da qualche parte, ci sono dei Nephilim. Mi seguite?"

Annuiamo, cercando di capire come ciò ci possa aiutare.

"Quindi, se ogni oggetto di possibile origine demoniaca viene schedato, significa che da qualche parte c'è un documento che parla di quel telecomando..."

"Spiegando magari dove è stato spostato negli anni! Potremmo capire dove si trova ADESSO, in questo tempo!" Intervengo io, riuscendo finalmente a capire. Possibile che lei ci avesse pensato fin dall'inizio?

"È una speranza vaga. Ma parlare con quegli Shadowhunters potrebbe aiutarci lo stesso. Dobbiamo sperare che non sia andato disperso, o addirittura distrutto, dopotutto sono passati cinquecento anni. È possibile che anche qualcun altro lo abbia azionato. Ma, se è rimasto integro e funzionante in tutti questi anni, forse potrebbe riportarvi a casa."

Si lasciar andare ad un sorriso soddisfatto, mentre una nuova speranza anima i nostri cuori. Quella ragazza è assolutamente geniale.

"Dovremmo iniziare con il cercare che fine ha fatto l'Istituto di New York. Anzi, cerchiamo direttamente che fine ha fatto New York." Propongo io.

Lei assume un'espressione concentrata.

"La maggior parte delle città è andata distrutta, ma so che alcuni edifici dei distretti e della Capitale sono riusciti a sopravvivere, anche se sono stati ristrutturati, ovviamente. Forse sulle rovine di New York è stato costruito un Distretto. Non ricordo... Se vi dessi una mappa, mi sapreste dire dove si trovava la città?"

"Penso di si. Potremmo provare. Il primo passo sta comunque nel trovare gli altri Nephilim." Dico io soddisfatto.

 

 

CLARY

Siamo tutti d'accordo. Inizieremo le ricerche domani, ora è meglio riposare, siamo tutti stanchi.

Sto per mostrargli le loro stanze, quando il rumore della serratura che scatta ci blocca. Stiamo tutti immobili, e io per sicurezza tiro fuori un pugnale, venendo subito imitata dagli altri.

Sentiamo un colpo alla porta, il rumore delle chiavi che cercano di far scattare la serratura e qualche imprecazione, poi la porta si spalanca e una sagoma familiare si delinea in controluce.

Lascio cadere l'arma, che tintinna sul pavimento attirando l'attenzione del ragazzo.

Un sorriso enorme mi si dipinge in faccia.

"Finnick!" Esclamo, poi vado a gettare le braccia al collo del mio fratellone.

 

 

 

LE COIN DE L'AUTEUR

Saaaalve :3

oddio sembro Bruna Vespa D:

Sono tornata e non sono passati mesi! Miracolo! (Non sono passati mesi, vero?)

Comunque, questo capitolo è abbastanza lunghetto, forse un pò troppo... ma è indubbiamente il mio preferito della storia, o almeno quello che mi fa meno schifo .-.

Cioè, è il primo capitolo dell'anno! Amiamolo! *^*

A proposito, buon anno a tutti! Mi sento come il tizio della pubblicità della tim, quello che arriva vestito da Babbo Natale a gennaio .-.

Comunque, che ve ne pare del capitolo? C'è Finnick, c'è Finnick! gioiamo!

Direi che parecchie cose vengono svelate, mentre altri misteri calano sui nostri personaggi *voce alla Adam Kadmond*

Clary non è geniale? Ho scritto quel pezzo mentre davano doctor Who (*^*) e devo dire che è stata fonte di ispirazione ^^ Quell'uomo è un genio, nonchè mia unica speranza da quando non ho ricevuto la lettera da Hogwarts.... Sono ancora sotto shock. insomma, come possono lasciare una strega in balia di questi babbani? *si dondola in un angolo*

Come è stato il ritorno a scuola? Io sono rimasta traumatizzata. Ora mi è venuta un pò di influenza, quindi oggi l'ho scampata *balla la conga*

Vorrei ringraziare tutti coloro che recensiscono e che hanno inserito le storia tra le liste, questa storia non esisterebbe senza di voi! *hugga*

Bien, fatemi sapere cosa ne pensate, alla prossima!

 

Un bacio,


Fyamma ;)


*getta un fumogeno per terra e se ne va tossendo*


  
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