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Autore: asyouwishmilady    09/01/2014    2 recensioni
Dopo il sortilegio di Peter Pan (3x11), gli abitanti di Storybrooke perdono la memoria per la seconda volta. Emma, l'unica ad essere riuscita ad andarsene dalla città in tempo, torna alla sua vecchia vita a Boston, nuovamente ignara di essere la Salvatrice, la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro e la madre di Henry. Dopo un sogno particolarmente realistico, però, le torna in mente tutto. Dove saranno Henry e gli altri? Saranno ancora in questo mondo? E come sarebbe riuscita a salvarli?
Scrivere questa fanfiction è l'unico modo che ho per sopravvivere fino a Marzo. Spero che aiuti anche voi ad uccidere l'attesa!
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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«Uncino» mormorai, scuotendolo dalla spalla. Era sdraiato accanto a me, completamente vestito, nell’enorme letto matrimoniale a baldacchino, in quella che avrebbe dovuto essere la mia stanza: la più sicura del palazzo.

«Svegliati!» gli ordinai nuovamente, a pochi centimetri dal suo orecchio. Perché diamine doveva sempre avere il sonno così pesante?
Finalmente mugolò qualcosa e, pian pianino, spalancò gli occhi assonnati.

Alla buon’ora. Se mi avesse rallentato, sarei andata da sola. Non avevo bisogno di essere scortata da nessuno.
Ma mi avrebbe fatto piacere averlo con me…

«Cosa c’è, splendore?» fece, con la voce resa flebile dal sonno, mentre alzava le braccia in aria per stiracchiarsi.

«Ariel!» gli ricordai, alzando il tono. Forse avrei davvero fatto meglio ad andare da sola. Non solo perché, in quel momento, Uncino era meno reattivo di una scarpa, ma perché volevo proteggerlo. Non volevo rischiare che gli accadesse qualcosa, solo perché io ero un’inguaribile testarda.

«Oh, giusto» rammentò, passandosi, pensieroso, una mano tra i capelli scuri.

«Adesso ti proporrò una cosa» esordì, sorridendomi, malizioso «Visto che ormai siamo svegli, potremmo intrattenerci in un altro modo, se capisci cosa intendo»

No, ti prego, non ora.

Scivolò sul materasso, finché le nostre gambe non andarono a toccarsi.

«So che lo vuoi» sussurrò, sfiorandomi orecchio con le labbra. Un’ondata di eccitazione m’investii, ma feci di tutto per ricacciarla indietro.

Dovevo trovare Ariel. E poi c’erano Ruby, Geppetto.
«Smettila» poggiai una mano sul suo petto, e lo spinsi via in malo modo «So perché lo stai facendo»

«Ah, sì?» ridacchiò, divertito, alzandosi dal letto «Quindi, sai che lo faccio perché averti in un letto accanto a me, senza avere la possibilità di toccarti, è incredibilmente frustrante»

«No» risposi, fredda, alzandomi a mia volta. Sembrava proprio che non sarei andata a cercare Ariel da sola «Stavi cercando di persuadermi a non andare là fuori. Sai una cosa?»

Afferrai uno stivale, e me lo infilai con un gesto stizzoso, mentre lui mi fissava confuso «Sono stufa di avere sulle spalle tutta la responsabilità del regno. Come se essere la Salvatrice non fosse già abbastanza, adesso dovrò anche avere un figlio. E non ce la faccio più ad essere una pedina sulla scacchiera di Tremotino e Pan»

Sentii le lacrime scendere veloci lungo il mio viso. L’espressione di Uncino andò ad addolcirsi, mentre mi si avvicinava per asciugarmi le guance.

«Da quando hai saputo della bambina, non fai altro che lamentarti di non essere che una pedina. Hai mai provato a guardare oltre ai fatti concreti? Ti sei mai fermata a pensare perché abbiamo concepito quella creatura?»

«Serviva per salvare il regno» mormorai, testarda, nonostante sapessi perfettamente che non era esattamente così.
Uncino sospirò, rassegnato, ed abbassò lo sguardo «Perché ci amiamo. O, almeno… Io ti amo»

Aveva ragione. Detestavo ammettere che ci amavamo ma, inspiegabilmente, mi piaceva da morire sentirlo dire da lui.

«Ti amo anch’io, lo sai, te l’ho già detto» biasciai, accennando un debole sorriso.

Lui ricambiò il sorriso e, stringendomi dai fianchi, mi attirò a sé «Mi piacerebbe se tu me lo ricordassi più spesso»
Posò le labbra sulle mie, in un bacio dolce e bisognoso. Avrei voluto ricordarglielo più spesso, come avrei voluto vivere senza imbarazzo la mia vita con lui, ma era tutto nuovo per me. Io non ero Biancaneve, tantomeno una principessa. Ero un’orfana.

Prima che il mio corpo cominciasse a chiedermi più di un bacio, lo allontanai dolcemente «Adesso andiamo a cercare quella sirena».

«Credevate di prendermi in giro?» la voce di mio padre rimbombò, severa, nella stanza. Merda. Ci voltammo di scatto, scambiandoci uno sguardo preoccupato. Come diavolo era entrato?

«David» feci, in tono colpevole, avvicinandomi a lui. Era completamente vestito, e aveva un espressione indecifrabile. Non lo avevo mai visto così. Doveva essere davvero molto arrabbiato.

«”David” è un bel nome, ma io preferisco “Peter” o “Pan”» esclamò, divertito, avvicinandosi di due passi. No. Non poteva essere. Regina e Tremotino sorvegliavano la stanza.

Pochi istanti dopo, la figura di mio padre si dissolse, lasciando spazio alle vere sembianze di Pan. Deglutii a fatica, e strinsi il braccio di Uncino. Dovevamo chiamare gli altri. Se mi avesse ucciso, e se avesse ucciso la creatura che avevo in grembo, non ci sarebbe più stato un lieto fine. Per nessuno.

«Stai lontano da lei» ringhiò Uncino, andandosi a posizionare davanti a me, a mo’ di barriera. Cosa diamine stava facendo? Io, con la magia e tutto il resto, ero molto più potente di lui.
Se solo Pan l’avesse sfiorato con un dito…

«Rilassati, Capitano. E, ah, dove il tuo Uncino?» domandò il ragazzino, retoricamente.
Uncino contrasse la mascella e si voltò verso di me, incrociando il mio sguardo «Sono cambiato»

«Oh, giusto» Pan si diede un leggero colpetto sulla fronte liscia «Per il bene della bambina! Quindi non vedi l’ora di diventare papà?» il suo tono era ironico e minaccioso, ma io non avevo paura. Non che mi sentissi particolarmente coraggiosa: era solo che mi sentivo passiva, impotente, rassegnata. Pregavo solo che non facesse del male alla mia famiglia. E ad Uncino.

«Forse hai ragione, Pan» ribatté Killian, sorridendo, altrettanto ironico.

«Io, però, sono qui per uno scambio» fece Pan, sporgendosi oltre Uncino per guardarmi.

«Ho un patto da proporti, Emma» sentivo la sua voce pacata e sinistra, ma non lo potevo vedere: Uncino, determinato a proteggermi, era ancora tra me e lui.

«So che non sei pronta a prenderti cura di questa bambina» esordii, e aveva ragione da vendere.

«So che non te la senti di mettere al mondo una creatura alla quale non puoi assicurare la sua possibilità migliore. E so che temi che Henry si possa sentire invidioso, in secondo piano, dimenticato»

Non potevo permettere che Henry si sentisse dimenticato. Dovevo almeno stare a sentire cosa mi proponeva Pan. Magari non sarebbe stato poi tanto male.

«Uncino, spostati» gli posai dolcemente una mano sulla spalla e, dopo un istante di esitazione, lui si mise al mio fianco.

«Non ascoltarlo» sussurrò, senza staccare gli occhi da Pan.

Lo ignorai «Continua»

«Io ti propongo uno scambio favorevole ad entrambi: tu mi dai la bambina, ed io lascerò la Foresta Incantata per sempre, e non interferirò mai più nelle vostre vite»

Non era una cattiva idea. Sarebbe stato circa come spezzare il sortilegio, ma senza portarsi il fardello di una nuova vita.

«Pensaci, Emma» disse Pan, cercando di decifrare la mia espressione.

Non ero pronta per un altro figlio. Henry ne avrebbe sofferto. Io ne avrei sofferto. Ero sul punto di accettare, quando avvertii la mano
fredda di Uncino prendere la mia.

«Non farlo, Emma» mi supplicò, con gli occhi azzurri che minacciavano di riempirsi di lacrime «E’ nostra figlia»

Strinsi forte la sua mano «Non posso essere una madre» singhiozzai poi, mordendomi il labbro inferiore. Non potevo. Sapevo di non essere capace. Sapevo amare a malapena.

«Con lui non sarà felice. Te ne sei già pentita una volta» proseguì Uncino, accarezzandomi la mano con il pollice «Non sei sola, questa volta. Ci sono io. Ti ho già detto che non vi lascerò mai sole»

Ritrassi di scatto la mano, irritata «E’ solo il sortilegio quello che conta. Per tutti»

«Ti sbagli, Emma» cercò i miei occhi, mentre mi asciugava le lacrime col dorso della mano «A me importa solo di voi due. Amo questa creatura dal primo istante che ho saputo della sua esistenza. Ed imparerai ad amarla anche tu»

«Io la amo già» biascicai, commossa dalle sue parole. Era sincero. E mi amava. Forse ne sarebbe nato davvero qualcosa di buono. Forse sarei stata felice con lui, con la nostra piccola.

«Regina! Tremotino!» strillai con tutto il fiato che avevo in gola.

Pan si avvicinò alla finestra, allarmato «Se non darai a me quella bambina, non la vedrai nemmeno nascere»

Detto questo, scomparve. E, a quel punto, iniziavo ad avere paura. Avrebbe fatto del male alla bambina? L’avrei persa? Sfinita, mi lasciai cadere sul letto a baldacchino, con le gambe che mi tremavano.

Quando Tremotino e Regina giunsero da noi, intuii dalle loro espressioni che spezzare il sortilegio non sarebbe stato così semplice come pensavamo.



Argh. So che mi odiate. Spero vi sia piaciuta la svolta che ha preso la storia. Credo che abbiate notato i continui cambiamenti d'idea di Emma. Nascondersi o amare? Mi dispiace che non ci siano stati aggiornamenti su Ariel e gli altri, ma (forse forse) arriveranno presto. Fatemi sapere che ne pensate.
Cosa farà Pan adesso? Perché vuole proprio quella bambina? Emma riuscirà ad accettare tutti questi nuovi cambiamenti? Stay tuned. Aggiornerò presto. Bacione.
Claudia
   
 
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