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Autore: effe_95    11/01/2014    1 recensioni
[ STORIA IN FARE DI REVISIONE ]
Claudia Rossi è una ragazza di sedici anni, frequenta il terzo anno del liceo Classico insieme a Francesco, il suo migliore amico dall'infanzia, ha una madre non troppo presente, un fratello cresciuto troppo in fretta e un padre che sembra sparito.
Yulian Ivanov ha diciotto anni, un carattere ribelle e spensierato, un passato che non vuole essere ricordato, e un'altra nazione nel cuore, la Russia.
Le vite di questi due ragazzi si incontreranno quasi per caso, per raccontare una storia passata di due persone che hanno solo bisogno di essere salvati.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Salvami, ti salverò.

57.Dritto, dritto fino a te!
 
 
<< “Poco importa come appaia in natura un paesaggio: per quanto superbo esso sia, vi mancherà sempre qualcosa, se in cielo non vi è il sole” >>
Nathan sollevò distrattamente la testa dal libro e guardò la fidanzata, che se ne stava seduta sul tappeto con le gambe incrociate e un libro aperto tra le gambe.
Aveva i lunghi capelli rosso fuoco legati in una coda di cavallo, e gli occhi vispi catturati da quelle parole, sognanti.
Lui si ritrovò a sorridere, e a non trovare più tanto affascinante quel libro di matematica, perché qualcosa di più bello e vivo aveva catturato la sua attenzione.
<< Ma tu non stavi studiando Lucano? Quello non mi sembra proprio Marco Anneo Lucano, il nipote di Seneca, quello che ha scritto il Bellum Civile o la Pharsalia, come preferisci chiamarla >>
Claudia guardò il fidanzato e sorrise divertita, facendo segno con la mano affinché lui si sedesse per terra accanto a lei, Nathan non glielo fece ripetere un’altra volta, la raggiunse su quel tappeto morbido e accogliente, stringendole entrambi le spalle con il braccio sinistro.
<< No, infatti questo è Nikolaj Gogol’. Ultimamente ho letto “ I racconti degli Arabeschi” invece di studiare Lucano, e me ne sono innamorata >>
Nathan guardò la copertina di quel libro e lo prese delicatamente, sfogliando alcune pagine con finto interesse, ma avrebbe finto altre mille cose pur di farla felice.
<< Vediamo questo, “Il corso Neva”, cioè la Prospettiva Nevskij, quella che sta a San Pietroburgo? >> Claudia strinse forte le ginocchia al petto, continuando a fissare il libro con una finta indifferenza, non voleva fare del male a Nathan, e non voleva aggiungere altre parole sul perché avesse cominciato a dedicarsi alla letteratura russa, in un certo senso, sarebbe stato come ricordare eternamente.
<< Me lo presti? Voglio leggerlo anche io, sembra bello >>
Claudia annuì e poi abbracciò il ragazzo di scatto, come se non volesse fargli vedere la sua faccia in fiamme, perché lui non leggesse i suoi sentimenti in quegli occhi così narratori.
<< Ma tu perché mi ami? Io non me lo merito uno come te >>
Nathan le accarezzò affettuosamente i capelli, tenendola stretta in quell’abbraccio disperato. Avrebbe potuto darle mille risposte, avrebbe potuto dirle tutto quello che sentiva senza la minima esitazione, ma lei non sarebbe stata pronta.
<< Posso dartelo un bacio? >>
<< Ma tu non devi chiedermelo >>
Nathan la strinse ancora più forte, come se non volesse farla andare via, come se stessero per morire li, in quel momento.
<< Vedi, io ho sempre paura che tu possa mandarmi via >>
<< Se dovessi farlo, tu non permetterlo >>
 
 
“ Infine i sogni divennero la sua vita, e tutta la vita sua, da quel tempo, prese una piega strana; si può dire che egli sognasse da sveglio e vegliasse sognando”
Francesco non faceva altro che rileggere quella frase, gliel’aveva inviata quella mattina Claudia, che a sua volta l’aveva presa da uno dei racconti di Gogol’ che stava leggendo, quello intitolato “ Il corso Neva”, e lui non poteva fare a meno di pensarci.
La sua vita era diventata esattamente così, si protraeva in avanti senza un fine, trascinata dal tempo. Aveva cominciato a prendere voti alti a scuola e aveva anche già preso la patente per la macchina.
Tutto quello che lui non avrebbe mai fatto, stava diventando un bravo ragazzo.
<< Cos’è che guardi? E’ da un po’ che sei distratto con il cellulare >>
La voce di Agneszka lo fece risvegliare nuovamente, e lui si sentì in colpa.
Era stata lei a chiedergli di accompagnarla in giro, Francesco avrebbe dovuto essere più presente, meno distratto, e lei non si era nemmeno lamentata.
<< Stamattina Claudia mi ha inviato un messaggio, non riesco a togliermelo dalla testa. >> Agneszka si aggrappò al suo braccio e gli lasciò un bacio sulle labbra, li, mentre camminavano, davanti a tutti.
<< Mi dispiace di averti costretto a venire con me >>
Francesco si sentì ancora più in colpa, ed ebbe il forte desiderio di urlare contro quella ragazzina fragile e colpevole allo stesso tempo. Perché non lo insultava? Perché non lo mandava via? Perché lui l’amava e la odiava allo stesso tempo?
Lei si aggrappò ancora di più al suo braccio, tanto che Francesco trovò faticoso camminare, e con il viso nascosto nel suo braccio, lei parlò.
<< Mi dispiace se l’altra volta non sono riuscita a stare con te >>
<< Basta Agnezska. Quella volta è stata colpa mia, non dovevo nemmeno provarci >>
<< No! >> Francesco si bloccò di colpo quando sentì quell’urlo disperato, non era di collera, ma solo di frustrazione << Sono io che non funziono più bene. Me l’avevano detto, io ci vado dallo psicologo, ma non cambia nulla, io ci provo, davvero ci provo! >>
Francesco le afferrò il viso tra le mani e poi la baciò, perché per la disperazione non avrebbe ascoltato più una sola parola.
Era lui che non funzionava bene, tutto li.
<< Amore mio non dirle più queste cose, va bene così, basta >>
<< Scusami >> Lei continuava a tenere il viso nascosto sulla giacca del moro, e lui non sapeva più cosa dire, cosa fare, aveva voglia di stringere altre mani, quelle gelide e affusolate di un’altra ragazza, aveva una voglia disperata di tornare indietro, ma indietro non si poteva tornare.
<< Ti va una cioccolata calda? >>
Lei annuì tranquillizzata e disse che voleva andare un attimo nel bagno, lui aspettò e poi il telefono squillò.
Era un numero stranissimo, un numero che Francesco non conosceva.
Ma lui era stupido, e rispose lo stesso.
<< Pronto? >>
Dall’altro lato sembrava non esserci nessuno, aspettò altri cinque secondi e poi decise di agganciare.
<< Non chiudere! >>
A quell’urlo, se Francesco avesse potuto congelarsi per sempre, l’avrebbe fatto.
Rimase con il cellulare attaccato all’orecchio, le mani tremanti e il cuore che batteva forte, sembrava voler uscire dal petto, stava provando una sensazione già vissuta in passato, come l’innamoramento del primo amore.
<< Sei tu? >> Disse con la voce tramante del pianto.
<< Sono io. >> Quell’accento strano, ancora più accentuato adesso che non era stato più abituato a parlare quella lingua, la voce forte, un po’ stridula al telefono.
Piansero entrambi ricordi.
<< Ma sei proprio tu? >> Francesco sembrava uno stupido con quel telefono tra le mani, un bambino che aveva visto la felicità.
<< Mi manchi amore mio, vieni a prendermi, ti prego, non voglio più starci qui >>
<< Sto arrivando, ho appena preso l’aereo. Tra poco atterrerò, tu correrai tra le mie braccia vero? >>
Lei singhiozzò al telefono e biascicò una risposta un po’ stridula, ma che Francesco aveva sentito altre mille volte.
<< Si >>
<< Eccomi, sono arrivato. Adesso prendo il taxi, e poi cammino sulla Prospettiva Nevskij, dritto, dritto fino a te! >>
Rimasero in silenzio entrambi, come abbracciati in un muto silenzio.
Francesco poteva quasi immaginarla, li, piccola davanti a lui, con un bel vestito bianco e i capelli biondi legati in una lunga treccia, le braccia aperte ad accoglierlo.
<< Dritto, dritto fino a me >> Ripeté lei, e lui sospirò.
<< Resisti ancora un po’, perché verrò >>
Francesco l’aveva capito finalmente, che doveva tornare da lei.
<< Dritto, dritto fino a me >>
<< Ho ancora alcune cose da fare, ma tu aspettami. Puoi farlo, Iliana? >>
<< Si, Francesco >>
 
 
Chiudere quella telefonata per Iliana fu come darsi una coltellata nel cuore.
Era stato più forte di lei, non aveva saputo resistere all’impulso di sentirsi amata, di sentire quella voce, di sapere che era stato un errore chiudere i contatti, cercare di crearsi un’altra vita, se la vita che volevano era solo quella li.
Quella dove loro due crescevano insieme.
Iliana non aveva potuto sopportare le parole di Jurij.
Non aveva potuto sopportare di perdere qualcun altro.
E adesso si trovava sotto la casa di quel suo compagno di banco, con le mani sudate strette intorno al cellulare, il viso bagnato dalle lacrime e una nuova forza nel sangue.
Tese il dito sul citofono, ma il portone si aprì bloccando il suo gesto.
<< Iliana Aleksàndrovna Ivanovna, cosa fai qui? >>
La voce di Jurij le trapanò le orecchie, era troppo allegra per quello che le aveva detto qualche giorno fa, era troppo allegra perché lei potesse tollerarlo.
<< Tu sei uno stupido, Jurij Vladimirovich Todorov! >> Iliana non sapeva nemmeno perché avesse avuto quella reazione spropositata, perché fosse così nervosa.
<< Sei arrabbiata? Non fa bene arrabbiarsi, devi stare più tranquilla >>
<< Ma come fai a ridere Jurij? Come fai? >>
Jurij si girò a guardarla con i suoi occhi acquerello, aveva il viso più pallido del solito, un cappello strano sulla testa e dei libri stretti tra le mani, aveva smesso di sorridere, e Iliana non l’aveva mai visto smettere di sorridere.
<< E allora devo piangere Iliana? Devo piangere perché non ho vissuto nemmeno un quarto di quanto avrei potuto? Perché ho fatto così tante chemio che ormai non ce la faccio più? Perché non potrò amare mai nella mia vita? Perché non potrò avere quel figlio a cui dare il nome che avevo scelto da sempre? Perché non potrò laurearmi, farmi una vita? Perché questo tumore mi sta lacerando dentro?  A cosa mi serve? Io devo ridere, io ho bisogno di ridere. E non te l’ho detto perché tu mi compiangessi >>
Iliana continuava ad asciugarsi il viso inondato dalle lacrime.
<< Ma non è giusto >>
Jurij infilò una mano nella tasca del giubotto ed estrasse un pacchetto di fazzoletti, ne porse uno ad Iliana, che lo prese con mano tremante, accostandolo al suo viso bagnato di lacrime e mille altre cose.
<< Quante cose sono giuste in questa vita Iliana? La metà di quella che potrebbe essere la metà >>
Iliana sentiva il desiderio pungente di abbracciare quell’amico trovato da così pochi mesi, ma che era riuscito a non farle sentire tutta quella mancanza incolmabile, che le stava ricordando anche in quel momento che nella vita bisognava sempre andare avanti, che un senso ce l’aveva, l’abilità stava solo nel saperlo coglierlo.
<< Che cosa significa? Non lo capisco >>
<< Nemmeno io >>
Jurij le accarezzò affettuosamente la testa, ma ad Iliana non bastava una carezza, gettò la faccia sul petto dell’amico stringendo forte quel giubotto di lana blu come la notte più profonda, che profumava di fresco, di speranza, di innocenza.
<< Sei diversa, hai trovato la speranza Iliana? >>
Forse si, forse no.
<< No, solo che adesso ci credo davvero >>
<< Sai, se avessi potuto amare in questa vita, credo proprio che avrei amato te>>




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Effe_95

Buonasera a tutti.
Questa volta credo di non essere stata troppo ritardataria nel postare, questo è un vero e proprio miracolo per me.
Passando al capitolo, ci tengo a ribadire che le citazione da me riportate sono di appartenenza a Nikolaj Gogol', scrittore russo/ucraino nell' 800, del quale vi consiglio assolutamente la lettura.
Per il resto spero che vi sia piaciuto, grazie mille a tutti in anticipo.
Alla prossima.

 
 
  
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