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Autore: samubura    12/01/2014    8 recensioni
Questa storia appartiene alla serie "Peeta's Hunger Games" la riscrittura della storia che credo tutti conoscete sotto gli occhi di quello che è un po' il secondo protagonista di questa saga.
Vi consiglio di andare a leggere il primo episodio perché potrebbero esserci riferimenti ad esso, ma soprattutto perché credo che se la mia idea vi piace potrete apprezzarla meglio.
Come penso si intuisca la storia racconta i 75esimi Hunger Games visti dal ragazzo del pane quindi se non avete letto ancora "La ragazza di fuoco" correte a farlo!
p.s. con le introduzioni faccio schifo, se preferite potete seguirmi anche sulla mia pagina www.facebook.com/samubura
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Vincitori Edizioni Passate
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Peeta's Hunger Games'
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-Sappiamo tutti bene cosa significa questo tour per voi due – continua, lo seguo in camera sua mentre si infila qualcosa di pulito – Ma non sappiamo le conseguenze che un fallimento potrebbe avere.
-Esatto, quindi non possiamo fallire, giusto? – dico concludendo la sua frase.
-Giusto – asserisce. È sorprendente come un caffè e una doccia abbiano fatto riprendere Haymitch dallo stato in cui era prima – Quindi, se vuoi qualche speranza che le vostre famiglie restino vive dovrai convincere Snow e tutta Panem che siete follemente innamorati. E purtroppo per te, dovrai convincere Katniss a darti una mano. Non credo che basti la solita storiella di tu che parli e lei che sorride e arrossisce come una bambolina.
-Qualche consiglio? – chiedo, sperando vivamente che ne abbia. Mi sento terribilmente solo in questa impresa e l’appoggio di Haymitch, seppur minimo, sarebbe di grandissimo aiuto. So che non cambierebbe di molto le cose, ma meglio che niente.
-Be’ – inizia impreparato e probabilmente colto di sorpresa dalla mia richiesta tanto premente. Le parole gli muoiono in bocca e non posso che essere terribilmente sconfortato. Il mentore rimane pensieroso con la fronte aggrottata e lo sguardo perso a guardare un punto imprecisato oltre di me. Poi torna a guardarmi con attenzione, inizio a sentirmi in soggezione da quell’osservazione silenziosa e, per me, completamente priva di senso.
-Sei ancora innamorato di lei? – mi chiede dopo un silenzio che sembra durare da un secolo. Con una semplicità devastante e un’espressione seria sul volto.
Ci metto un po’ per assimilare cosa quelle parole significhino.
Un po’ di tempo fa avrei risposto sì senza esitazioni, invece mi rendo conto che adesso ho bisogno di pensarci, perché è troppo tempo che non mi interrogo sui miei sentimenti per Katniss, troppo tempo che cerco di ignorarli, tenerli distanti dalla mia vita, relegati come i miei quadri che ritraggono lei: separati dagli altri, nascosti.
Inizio a pensare ai rari incontri che ho avuto con lei dopo che le telecamere avevano smesso di seguirci ovunque. Sapevo che Katniss non mi amava, l’aveva detto con tanta semplicità in quel breve scambio di battute prima di arrivare al Distretto 12, ma avevo sperato che io e lei potessimo essere amici. Buoni amici che condividono un’esperienza fuori dal comune. Abbiamo superato insieme gli Hunger Games, la nostra vita sarà legata per sempre a quella esperienza.
Ho sempre saputo nel profondo di me che un’amicizia non sarebbe mai stata abbastanza, ma ci ho sperato all’inizio, perché poteva essere un compromesso accettabile.
Da lei non ho avuto altro che fredda indifferenza, paura, forse, di lasciarsi prendere dai sentimenti.
In ogni caso, entrambi facevamo fatica a sostenere lo sguardo dell’altro. C’è una tensione emotiva fortissima che non riesco a spiegare. Un imbarazzo eccessivo per due che hanno confessato il proprio amore davanti a tutta la nazione.
Quindi, dopo tutto quello che c’è stato tra di noi negli ultimi mesi, dopo tutta la freddezza, l’indifferenza reciproca, posso ancora dire di amarla?
Dentro di me la risposta inizia a salire e si fa strada fino alle mie labbra.
-Certo che la amo. La amerò sempre – rispondo.
-Ce ne hai messo di tempo, ragazzo, stavo iniziando a pensare che le cose stessero peggio di quanto credessi – scherza Haymitch e mi sorride incoraggiante. Ma non riesco a sorridere, sono confuso. Quelle parole, così sicure che non si addicono affatto alla confusione che regna dentro di me.
Mi chiedo da dove venga tutta quella certezza del mio amore per lei. Pensavo che si fosse consumato nel nostro continuo ignorarci e invece eccolo tornare alla ribalta, indesiderato, immutato.
-Che cosa cambia se la amo o no? – chiedo.
-Semplifica molte cose, te ne renderai conto. Non dovrai far altro che essere te stesso, il che, è molto più semplice che recitare – dice sottolineando l’ovvietà della risposta – Adesso vai, tra poco verranno per prepararti – mi congeda con un gesto della mano senza lasciarmi possibilità di replicare.
-A dopo – lo saluto incerto.
Scendo le scale frastornato. La conversazione con Haymitch mi ha lasciato particolarmente confuso, in un qualche modo arrivo alla porta, la chiudo dietro di me e faccio quei pochi metri lungo il vialetto del Villaggio dei Vincitori. Noto una macchina che non può che venire da Capitol City posteggiata davanti a casa di Katniss. I vetri oscurati mi impediscono di vedere l’interno.
Senza alcun motivo un brivido, che non è causato dal freddo, mi pervade. C’è qualcosa di sospetto in quella vettura, nera sul bianco immacolato della neve.
Forse sono venuti a preparare prima lei, sicuramente necessita di più attenzioni di me, in quanto è una ragazza, ma non capisco. Cammino più lentamente nel leggero tappeto candido che si è formato a terra, cercando di trovare indizi, ma niente.
Entro dentro casa mia dubbioso, ma non posso fare niente per risolvere le mie preoccupazioni.
Resto seduto vicino alla finestra, un occhio all’orologio aspettando, ma non succede niente e la macchina nera resta là davanti a casa Everdeen, immobile e minacciosa.
Stare là fermo senza far nulla mi distrugge, anche se cercando di concentrarmi su quello che sta accadendo fuori mi evita di pensare a quello che sta succedendo dentro di me.
Mi alzo di scatto, scalcio la sedia e mi dirigo a grandi passi verso la porta che tiene celati i miei dipinti. Il mondo dei miei sentimenti e delle mie paure più profonde.
Prendo la chiave con la mano che mi trema, la infilo nella toppa. Giro e lo scatto della serratura risuona nelle mie orecchie dove non sento altro che il mio cuore che pulsa più forte.
Entro dentro e mi fiondo su i miei dipinti, voglio vederli, vederli e sapere cosa le mie mani hanno creato, quello che la mia mente ha partorito. Adesso voglio sapere, perché so che tutte le emozioni che ho voluto nascondere le ho soffocate nei quadri.
Gli Hunger Games: la mia storia.
Riprodotta fedelmente, immagine dopo immagine. Incubo dopo incubo.
C’è tutto, tutto quello che ricordo, guardare quei disegni fa male, così realistici, così drammatici. Sangue, dolore. Persone che sono tutte morte.
Li sparpaglio per la stanza, li osservo, gli occhi di Katniss, grigi come un plumbeo cielo autunnale, ma mai freddi, anche nella finzione della mia pittura i suoi sguardi escono dalla tela e mi penetrano dentro con la loro espressività. C’è solo lei nei miei pensieri, c’è sempre stata solo lei.
Il mio inconscio ha continuato ad amarla sebbene tutto mi spingesse a non farlo. È per questo motivo che la risposta è salita alle mie labbra così spontanea prima parlando con Haymitch.
Il rumore dell’auto che si mette in moto mi richiama alla realtà. Cosa? Stanno partendo?
Mi precipito alla finestra, ma non vedo altro che la macchina che scompare fuori dal Villaggio dei Vincitori, in un modo o nell’altro la cosa non mi piace. Non è ancora neanche mezzogiorno, impossibile che stiano già portando via Katniss.
Mi trattengo dal desiderio di fiondarmi fuori e bussare alla porta della casa di fronte per sapere se va tutto bene. Ovvio che va tutto bene, nessuno oserebbe farci del male all’alba del Tour della Vittoria.
È la nostra ultima occasione per dimostrare a Panem che siamo gli sventurati innamorati, salvati dall’arena solo per la forza del nostro amore.
Nessuna ribellione, nessuna azione sovversiva.
Solo amore.
Deglutisco a fatica, chiudo la porta dello studio dietro di me e salgo al piano di sopra per farmi una doccia.
Sarà dura.

Ciao ciao ciao,
so che questo capitolo è molto breve, ma il caro Peeta non è considerato abbastazna importante da ricevere visite dal presidente di Panem, quindi...
L'attesa è stata parecchia e mi scuso, cercherò di migliorare.. per il prossimo capitolo manca poco, ma preferisco farvi aspettare un po' di più ogni volta e portarmi avanti in modo da non farvi attendere tantissimo se mi trovassi in difficoltà.
Detto ciò spero che il capitolo vi piaccia e se sì che me lo facciate sapere. Questa storia sta già andando a gonfie vele e vi ringrazio tutti :D

Passiamo a delle comunicazioni "tecniche":
Mi rivolgo agli autori della sezione che seguono questa storia... stavo pensando che si potrebbe creare una pagina tutti insieme per allargare un po' il giro delle fanfiction a chi non conosce efp, se l'idea vi piace contattatemi oppure datemi qualche suggerimento su quelle che potrebbero essere idee migliori... non lo so, mi è venuta questa idea e mi sembrava carino proporvela :3

Sempre agli autori faccio una seconda proposta... magari non subito, ma intanto la butto lì, mi è venuta di scrivere una storia a 4/6 mani, magari anche interattiva. Ho pensato che potrebbe essere carina una collaborazione del genere. Anche se al momento sono occupato con questa storia (e immagino voi con le vostre) se la cosa vi interessa vi invito a dirmelo e magari se ne riparla tra un po' :)

Questa volta sono stato esageratamente prolisso e mi scuso, ma c'è stata questa confluenza di idee che mi andava di proporvi spero che qualcuno mi caghi.
Grazie a chi è arrivato a leggere fin qui, baci, a presto
-samubura-
   
 
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