Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: Kirara_Kiwisa    12/01/2014    2 recensioni
Volume 2. Seguito di: "Victoria's Memories. Il Regno dei Demoni".
Victoria e Nolan si allontanano prendendo due strade diverse, la protagonista vorrebbe dimenticarlo ma il marchio che il demone le ha imposto le impedisce di essere realmente libera. Pur essendo legata a lui, tenta almeno di affezionarsi sentimentalmente ad una nuova persona. Ma l'amore non può durare quando appartieni al prossimo Re dei Demoni...
"Mi rivoltai verso la persona che mi aveva afferrata, verso Elehandro. Gli saltai addosso, iniziando a combattere e a rotolarmi sotto la pioggia con un vampiro che presentava un buco nel petto.
Nonostante le ferite, alle fine fu lui che riuscì ad atterrarmi. Mi bloccò a terra, sedendosi sopra di me stringendomi forte i polsi [...] Il sangue che perdeva dal petto mi gocciolava addosso, macchiandomi. Qualche goccia mi cadde sulle labbra. Lo assaggiai, anche se non necessitavo di possederlo. Il suo sangue mi stava già crescendo dentro. "
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Victoria's Memories'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi svegliai di notte, non sapendo per quanto avessi dormito. Le fasciature sembravano comunque essere state sostituite. Scattai in bagno, scoprendo con orrore che i lenzuoli macchiati di sangue fossero spariti. Sospirai, sperando che non fosse stato il Capitano a togliergli. Riposi l’anello in tasca, prima di uscire in ava scoperta verso la mensa. La mia intenzione era capire che giorno fosse ma quello che trovai fu una massa di gente urlante durante il pranzo. Urlavano il mio nome.
I demoni si alzarono, applaudendo, gridando, chiamandomi. Divenni pallida, mi bloccai sulla porta stringendomi nella camicia di seta che copriva i bendaggi. Li fissai aggiustandomi i capelli sciolti, per nascondere ai loro occhi la ferita al collo. Li avevo fatti tornare rossi, ma di sicuro nessuno lo stava notando. Tutti mi stavano semplicemente acclamando. In quel momento mi venne in mente ciò che mi aveva detto Hunter all’inizio. Renditi indispensabile.
- Sei sopravvissuta-
Si complimentò Thos, dandomi una pacca sulla spalla, fin troppo forte.
- E’ per questo che fanno così?-
Domandai, riprendendo fiato dopo il colpo alla schiena.
- Per questo e anche perché ci hai mantenuti a galla dando un po’ di respiro al nostro vecchio amico-
Spiegò, accompagnandomi lungo lo stretto corridoio creato dai marinai.  
- Poi perché gli hai salvato la vita, lo hai liberato dalla maledizione. Lui ce l’ha detto-
Continuò, sussurrando l’ultima parte.
- Voi sapete che è stata Lu…-
Thos si pose un indice sulle labbra facendomi tacere. Ci sedemmo a mangiare mentre la ciurma, invitata dal grosso demone muscoloso, faceva lo stesso.
- Non tutti lo sanno, solo chi è su questa nave da più tempo. Chi ha potuto conoscere bene il nostro comandante in seconda sa di cosa è capace ma questa è la prima volta che ha colpito Hunter-
Concluse, usando le stesse parole di Barbas.
- Se non fosse per te, saremmo tutti morti. E di questo ne è accorrente l’intero equipaggio ma la maggior parte crede che Hunter abbia avuto un malore. Pochi sanno che lo hai salvato da un pericolo più grande-
In quel momento il diretto interessato entro nella mensa, urlando a squarciagola.
- Uomini!-
Disse.
- All’arrembaggio!-
L’intero equipaggio impegnato a mangiare scattò in piedi, impugnando le armi e riversandosi sul ponte. Fui trascinata dalla corrente, ritrovandomi separata da Thos. Scorsi Hunter in piedi su di un barile che impartiva ordini alla ciurma. Lo fissai, non sapendo neanche come fossi uscita da sottocoperta. Lucyndra comparve tra la folla, incrociando le braccia e fulminandolo con lo sguardo. Hunter abbassò lo sguardo verso di lei, facendole la linguaccia. Scese dal barile, dando il cambio alla donna su di esso.
- Fuoco!!!!-
Gridò, con tutto il fiato che aveva in corpo. Questa volta mi allontanai dal parapetto del vascello, facendo ben attenzione a non cadere in mare. Allo scoppio dei cannoni la Gold tremò.
C’era una gran confusione sul ponte ma io non sarei rimasta a guardare. Estrassi il fioretto che portavo al fianco, attendendo di valicare la passerella e abbordare la nave nemica.
La bandiera pirata della nave sventolava alla luce della luna, sotto di essa il nostro Capitano si ergeva fiero fissando i poveri malcapitati sulla nostra stessa rotta. Si voltò verso di me, sorridendomi per qualche istante. Ricambiai il sorriso, stringendo per un attimo il fioretto fra le gambe per legarmi i capelli liberamente. Feci la solita coda di cavallo, così da avere una visione libera durante lo scontro. Lo sguardo di Hyner cambiò il quel momento. Scorse le bende sul mio collo. Sorrisi nervosamente, facendo spallucce mentre riprendevo la spada in mano. Il comandante non ebbe modo di chiedermi niente, la ciurma iniziò l’arrembaggio.
I demoni armati si precipitarono sul vascello affiancato, usando le passerelle, balzandovi sopra o utilizzando le corde. Io li seguii, gettandomi nella mischia. Messo piede sulla nave abbordata, mi bloccai per la sorpresa. Si trattava di una nave da crociera per fate. Percepì un brivido di piacere lungo la schiena, la mano con cui tenevo il fioretto iniziò a fremere, al riaffioro di vecchi ricordi. Le delicate ali di quelle insulse creature mi svolazzavano davanti al naso. Terrorizzate e piagnucolanti, le fate correvano disperatamente verso le scialuppe di salvataggio, sperando di salvarsi. Si arresero immediatamente, senza farci veramente divertire. Fecero spuntare fuori oro, gioielli e viveri non appena videro le pistole. Hyner chiese che ci portassero tutto il loro liquore e le ridicole creature obbedirono all’istante. Osservai i miei compagni, notando che nessuno stava uccidendo nessuno.
Sbuffai. I pirati della mia nave non uccidevano chi non si ribellava, semplicemente facevano timore con la propria stazza e le proprie spade. Gli unici a perdere la vita furono pochi agenti dell’ordine che tentarono di respingere all’attacco pirata, uomini che avevo mancato ad uccidere. Ero arrivata troppo tardi. Sbuffai ancora, non capacitandomi come l’unica assetata di sangue lì fossi io. Una strega fra i demoni, più spietata dei demoni stessi. Provavo ancora quell’assurda sensazione.
Più fissavo le fate, più mi innervosivo. Erano tutte inginocchiate al suolo con le mani sopra la testa, lo sguardo basso verso il pavimento. Non provavano a reagire, a difendersi. Fra loro c’erano molti uomini di buona corporatura, avrebbero potuto combattere, unirsi agli agenti dell’ordine. Invece, come codardi, speravano solamente di mantenere cara la vita obbedendo al più forte. Erano una razza debole, facilmente assoggettabile. Capaci solo di arrendersi, se in quel momento avessimo deciso di ucciderli tutti, nessuno si sarebbe opposto. Pacifici fino alla morte. La furia continuò a crescere dentro di me, facendomi diventare sempre più calda. La spada iniziò a tremare, il mio braccio destro non riusciva a stare fermo.
Fissavo le ali colorate di quelle delicate creature e desideravo strapparle. Pensavo di averlo superato, dopo aver lasciato la capitale del regno delle Fate. Credevo di aver imparato la lezione, dopo tutto quello che era successo. Quella notte capii che non era così. Avevo odiato quel popolo per tutta la vita, smettere non mi riusciva.
Avevo bisogno di tempo, per perdonare la loro fragilità, la loro debolezza, la loro gentilezza e il loro modo di morire con il sorriso.
Quanto le odiavo.
Scorsi tutti i volti del gruppo di creature fatate sedute a terra sul ponte, piangenti e tremanti.
Improvvisamente più niente, solo l’oscurità.
Udii delle urla e una mano forte che mi afferrava, bloccandomi.
Sussultai, cercando cosa mi stesse fermando. Fissai il mio braccio destro e notai che era tenuto saldo da un guanto bianco, quello del Capitano.
Sbattei gli occhi, avevo appena ricominciato a vedere. Lo sguardo dell’uomo era fisso su di me, con una dura occhiata di rimprovero. Non capii a cosa fosse dovuta e cercai di capire cosa stesse fermando. Osservai ancora il mio braccio, era alzato verso l’alto. Stavo tenendo la spada come se volessi attaccare. Cercai allora il motivo, cosa potessi stare per attaccare.
Sotto di me vidi due donne con delle grandi ali a farfalla. Appartenevano alla seconda classe sociale delle fate e una di questa, la ragazza verso la quale puntavo l’arma, aveva i capelli blu.
Sussultai, rendendomene conto.
- Abbiamo ottenuto quello che vogliamo. Sarebbe stupido versare sangue inutile, non credi?-
Le voce del capitano mi riportò alla realtà e tornai a fissarlo.
- Visto che, il sangue delle fate è pure tremendamente aspro-
Indietreggiai, scrollandomi la sua mano di dosso. Gli volsi le spalle senza dire una parola. Fissai il fianco d’oro della Gold Sea, decidendo di non posare più lo sguardo su quelle creature.
- Trovo solo terribili quei capelli-
Spiegai andandomene. Feci ritorno sul ponte della nostra nave, sparendo nella stiva e senza voltarmi indietro.
 
Per un po’ non volli parlare di quello che era accaduto. Facevo finta di niente: lavoravo, appena trovavo del tempo mi esercitavo nella scherma e di giorno, quando non riuscivo a dormire, andavo in biblioteca. Chiesi scusa alla bibliotecaria di essere mancata così a lungo.
Successivamente imparai l’azione della cavazione, ovvero la schivata della lama avversaria con l’utilizzo del girarci attorno, il fendente, cioè il colpo effettuato con la parte sottile della lama lungo una diagonale, la botta dritta, ovvero il colpire il nemico con solo il braccio allungato e infine l’affondo che Hunter usava sempre per colpirmi a distanza.
Dovevo imparare solo ad usare la spada con la magia ma ogni volta che glielo chiedevo il ragazzo non faceva che rimandare. Si andò avanti in questo modo per una settimana intera.
Quasi ogni giorno mi svegliavo verso le cinque del pomeriggio, non riuscendo più a riprendere sonno. I pensieri mi tormentavano. Lucyndra non aveva più agito da quando Barbas le aveva impedito di mordermi. La quiete prima della tempesta mi esasperava. Presto sarebbe tornata ad attaccare ed io non sapevo come impedirlo. Ancora non avevo nessuna prova contro di lei.
Soffocata da questo fardello, mi dirigevo all’ultimo piano della nave. In biblioteca approfittavo della compagnia della defunta moglie di Hyner per almeno un ora, chiacchierando e leggendo i libri che parlavano di demoni.
- Sai, ti volevo ringraziare-
Sbottò improvvisamente il fantasma, un pomeriggio.
- Da quando te ne ho parlato, mio marito adesso viene a trovarmi molto spesso. Gliel’hai detto tu, vero?-
Io fui un po’ imbarazzata ma annuì.
- Temeva solo di disturbarvi ma io l’ho rassicurato dicendo che lo aspettavate…-
- Mi hai fatto una grandissima cortesia-
Disse sorridendo e sedendosi in una delle sedie del tavolo rotondo.
- Adesso calato il sole passa sempre davanti alle porte, che a quell’ora ormai sono chiuse. Mi parla tanto e mi racconta la sua giornata. Mi parla delle sue avventure ed io non faccio che ridere, però credo che non mi senta. Ho provato a fargli qualche domanda ma non risponde-
- Credo di sì, sa quelle porte sono molto spesse-
Risposi, pur sapendo che non avrei affatto dovuto incoraggiarla.
- Già, ma io lo sento benissimo. Mi ha raccontato tutto di te-
- D-Davvero?!-
Domandai sussultando e diventando completamente rossa. La bibliotecaria sorrise, togliendosi gli occhiali da lettura.
- Sì, di come hai salvato il nostro amico Hunter. Mi manca anche lui, è da molto che non passa di qui-
- E’ stato molto indaffarato-
Mi ripresi, calmandomi.
- Vi ha detto altro?-
Chiesi, cercando di capire fin dove il Capitano si fosse spinto a raccontare.
- Mi ha detto che sei stata vittima di una ferita di spada, sono molto addolorata-
- Sto bene-
Mentii, toccandomi il petto. Ancora ero costretta a portare le bende e a disinfettare l’orrenda ferita che non voleva decidersi a guarire. Continuavo anche ad avere qualche linea di febbre.
Il dottore diceva che si stava infettando ma ancora non lo avevo detto ad Hyner.
- Tutto bene al collo?-
Domandò la donna, notando una ferita cicatrizzata alla gola. La coprì con i capelli. Avevo tolto le bende da qualche giorno e la gente iniziava a notarlo.
- Una piccola discussione con Lucyndra-
Ammisi, dando ovviamente una risposta diversa da quella che avevo dato al comandante. Non aveva creduto minimamente che fosse un incidente di scherma ma fortunatamente non aveva indagato oltre.
- Quella ragazza non mi è mai piaciuta. Devi fare attenzione a lei-
- Grazie del consiglio-
Sbuffai, ricordando la delicata situazione in cui mi trovavo a causa sua.
- La prossima volta vedrò di spaccarle il muso-
La bibliotecaria bionda prese a ridere. Ci mise un po’ prima di ricomporsi e tornò a guardarmi, con i suoi affascinanti occhi verdi.
- Ti garantisco che vorrei tanto anch’io dargliele in faccia-
Mi sedetti al tavolo e cercai di approfondire l’argomento.
Iniziai chiedendo semplicemente perché non le era mai andata a genio sua cognata.
- Perché dici? Ha un qualche centinaio di anni ma sembra una bambina mai cresciuta. Deve avere un qualche complesso nei confronti del fratello maggiore, mi sono accorta che lo ama. Fino al mio arrivo dormiva nella stanza con lui. Ho sempre saputo che si infilava nel suo letto, prima che Elehandro mi sposasse-
- Sicura?-
Sbottai sconvolta, avendone avuto l’impressione ma comunque non avendolo mai saputo per certo.
- Più che sicura-
- Ma…sono fratelli!-
La donna mi fissò ad occhi spalancati, in silenzio per qualche secondo.
- Sono fratelli vampiri, Victoria-
Continuai a guardarla, non capendo.
- Quindi?-
- Cara mia, mi stupisco. Per quanto leggi a proposito di demoni dovresti saperlo. Fra vampiri essere fratelli non vuol dire provenire dalla stessa madre. Sono stati semplicemente creati dallo stesso vampiro. Condividono la stessa maledizione, lo stesso sangue avvelenato che li ha trasformati-
- Ooh. Capisco-
- Comunque sia, per i demoni il legame fra fratelli vampiri è un legame di sangue pari a quello di due figli nati dalla stessa madre. Non è moralmente accettabile dalla comunità demoniaca, si tratta di un peccato grave-
- Lei come l’ha presa?-
La donna sospirò.
- Nonostante le credenze del culto demoniaco, non si può trattare di incesto tecnicamente. Per questo io riuscì a perdonare El per le sue scelte passate-
Ammise, con calma e compostezza.
- Comunque attraversammo un periodo difficile riguardo a questa storia. Io non potevo sopportare che il loro rapporto continuasse, ovviamente. El lo comprese ma da allora quella ragazza si comportò come un’isterica fidanzatina gelosa-
- Ma dopo che vi sposaste…la storia finì?-
- E’ proprio questo il punto. Quella donna pretendeva di infilarsi nelle sue lenzuola prima e dopo il matrimonio, vantando chissà quale diritto vampiresco su di lui-
Raccontò, ridacchiando con rabbia.
- Ovviamente io non potevo tollerarlo. Anche Elehandro era molto infastidito e cercò di tenere a bada la sorella, fu allora che iniziò…-
- Iniziò?-
La donna sospirò.
- Iniziò ad essere pericolosa oltre che gelosa. Mi faceva paura, era aggressiva nei miei confronti, mi metteva l’equipaggio contro e tentava anche di farmi litigare con mio marito. Fino a che…-
La Signora Hyner si fermò di colpo. Abbassò lo sguardo e, per un attimo, divenne trasparente. Il mio cuore sussultò. Comparvero due piccoli fori al lato dei suo collo, da dove iniziò a scaturire del sangue.
Improvvisamente svanirono, la donna tornò alla normalità, riprendendo consistenza. Mi fissò sorpresa, non ricordandosi più cosa stava dicendo.
- Di cosa parlavamo?-
Rimasi ammutolita. Pallida. Improvvisamente ricordai che non avevo mai saputo esattamente come la moglie di Hyner fosse morta.
- Oh, niente di importante-
Borbottai, tentando di non rievocare nel fantasma ricordi che avrebbero potuto distruggere la sua essenza. Salutai, andandomene sconvolta. Lucyndra nascondeva più segreti di quanto volesse far credere.
 
- Cos’è successo su quella nave l’altra notte?-
Chiese il Capitano, facendomi sobbalzare. Abbandonai per un attimo il mio gioco con una fune sciolta sul ponte, fissandolo cercando di capire a cosa si stesse riferendo. C’erano parecchie cose di cui dovevo dare spiegazione.
- Con la fata. La notte dell’arrembaggio-
Sbuffai facendo spallucce, tornando a giocare. Mi trovavo nel mio solito posticino, in bilico fra la nave e l’oceano. Seduta con le gambe incrociate, avevo il capitano innanzi a me che poggiava i gomiti sulla balaustra su cui mi trovavo. Fissava l’orizzonte completamente oscuro come se riuscisse a scorgerlo in tutta la sua interezza.
- Niente-
Risposi scocciata. Stavo benissimo senza parlarne ed ero riuscita per giorni a schivare quell’argomento, adesso invece mi si parava davanti come un muro immenso che non potevo né distruggere né scavalcare.
- Non si è trattato di niente-
Ribatte l’uomo con fermezza.
- Ti ho bloccata appena in tempo, stavi per uccidere a sangue freddo quelle donne-
- Non capisco perché dobbiamo parlarne-
Sbottai, senza fissarlo negli occhi.
- Ti è successo qualcosa Victoria, l’ho visto-
- Sapevi che ero ricercata-
Affermai, continuando a giocherellare.
- Sapevi ero un’assassina. Ti avevo detto che non ero quella che credevi. Che dovevi solamente mettermi davanti una fata per capirlo-
- Non immaginavo letteralmente-
Rispose il vampiro scoppiando a ridere. Io non risi, gettando la fune per terra e fulminandolo furiosamente, dandogli tutta la mia attenzione.
- Cosa vuoi sapere, esattamente?-
Non sapevo perché fossi così arrabbiata. L’argomento “fate” suscitava in me sempre una grande ira.
- Il motivo per cui uccidi le fate-
Ammise, facendomi sussultare.
- Non sei crudele normalmente. Ti conosco, sei una ragazza dolce. Buona, generosa. Non sei al pari degli altri assassini di questa nave-
- Non mi cosci così bene-
Spiegai, scoppiando in una gran risata. Dolce. Buona. Generosa. Questa era davvero nuova.
- Se dici questo, non mi conosci per niente-
- Io ti conosco invece-
Continuò l’uomo, afferrandomi per le spalle e stringendomi dolcemente fra le sue grandi mani.
- Io riesco a vederti. Vedo come sei e quello che fai. Ne vedo i segni sul tuo corpo-
Scacciai le sue mani, per coprirmi il collo con i capelli e sistemare meglio la camicia, in modo da nascondere le fasciature.
- Tu non mi vedi affatto. Questa è solo una facciata. In realtà sono un mostro-
Decretai, con rabbia. Il vampiro mi fissò intensamente, come se stesse cercando di scrutare ancora dentro di me. Non ne aveva il potere, non ci sarebbe riuscito. Le mie azioni sulla nave lo avevano abbagliato, facendogli credere di essere meglio di quel che in realtà fossi. Anche lui presto, sarebbe finito preda della mia oscurità.
- Ci deve essere stato un motivo-
Proseguì il demone, senza demordere.
- Scommetto che sei stata costretta ad uccidere…-
- Fermati-
Ringhiai.
- Io non rinnego quello che ho fatto a quella gente-
Sbottai.
- E neanche quello che avrei voluto fare a quelle donne-
Continuai, fissando i suoi occhi neri piena di rabbia.
- Se tu non mi avessi fermato avrei reciso quelle loro candide ali, le avrei bruciate davanti ai loro occhi dopodiché avrei toccato quella loro pelle setosa trasformandola in cenere. Sarebbe stato meraviglioso ma tu me lo hai impedito-
Il vampiro continuò a fissarmi, seriamente, senza aggiungere una parola.
- Tu non mi conosci. Io sono un mostro. Uccido esattamente come hai visto, a sangue freddo e senza un motivo-
L’uomo tacque per qualche istante, prima di pronunciare la sua sentenza.
- Non ci credo-
Divenni ancora più nervosa, stringendo i pugni ed avanzando minacciosamente verso di lui.
- Tu stai amando la parte sbagliata di me-
Sussurrai a denti stretti sotto il cielo stellato in un momento in cui il ponte era deserto, privo di ogni marinaio.
- Quella che non esiste. Io ho bisogno di qualcuno che mi ami per quello che sono davvero-
- E cosa sei davvero?-
- Un mostro!-
Urlai, straziata.
- Quante volte dovrò ripetertelo?!-
Hyner rimase in silenzio, un istante.
- Ti hanno chiamato mostro così tante volte che hai finito per crederci, non è vero?-
Sussultai, facendomi indietro. Quelle erano le stesse parole di Nolan. Mi strinsi il marchio coperto dal polsino nero, ricadendo nel suo ricordo.
- Quella che ho visto, non eri tu-
Spiegò Hyner.
- Non sembravi neanche sveglia. Hai iniziato a muoverti come incantata e i tuoi occhi si erano fatti pieni di oscurità. Quando ti ho bloccata sei rinsavita e solo allora sono tornati normali-
- Quella è la mia oscurità!-
Ammisi, gridando forte. Sfogando tutto il dolore che provavo.
- Quella con cui sono nata. Quella che mi distingue-
- E se anche tu fossi vittima della stessi oscurità di Hunter? Posso aiutarti…-
Scoppiai a ridere. Immensamente, fragorosamente. Risi come poche volte avevo riso. La mia voce venne trasportata dal vento, innanzi allo sguardo perplesso del vampiro. Mi fissò a bocca aperta, forse per la prima volta, finalmente, inquietato.
- L’oscurità non può farmi vittima, Elehandro-
Affermai, con i capelli sciolti al vento.
- Io sono fatta d’oscurità. Ci sono nata, è all’interno del mio sangue. Sono io che la impartisco, che la domino. Io la respiro, l’assaggio. Ho assorbito l’oscurità di Hunter, assaporandola, conquistandola, assoggettandola. Non vedermi come qualcosa che puoi salvare, Elehandro. Io non posso essere salvata. Dedicati ad un’altra impresa-
Voltai le spalle per andarmene, quando sentii ancora la sua voce, con una domanda.
- Perché uccidi le fate?-
Sospirai. Mi fermai, voltandomi per insultarlo. Lui mi bloccò, pregandomi di rispondere per libera associazione di idee.
- Sei uno psichiatra adesso?-
- Ti prego-
Sbuffai di nuovo.
- Perché le odio-
- Perché le odi?-
- Perché sono deboli-
Ammisi, sempre rispondendo per libera associazione.
- Odi le cose deboli?-
Annuì.
- Odio le cose che posso distruggere facilmente, odio le persone che posso uccidere subito-
Il volto del vampiro non trapelava nessuna emozione, così proseguì.
- Non ho molti amici-
Iniziai a spiegare.
- In realtà, non ne ho mai avuto nessuno. Finisco sempre per ferirli, per bruciarli-
Smisi un attimo di raccontare, prendendo aria come se mi mancasse.
- Le persone…sono troppo fragili. Per questo io le ferisco e di conseguenza soffro. Preferisco allora circondarmi di persone forti ed eliminare fin da subito le deboli-
- Stai proteggendo te stessa-
Ipotizzò l’uomo. Mi venne da ridere, ponendomi una mano sugli occhi.
- Hai finito di psicanalizzarmi?-
L’uomo annuì ed io me ne andai, furiosa con lui per avermi costretto a quella conversazione.
 
Non gli parlai per qualche giorno. Lo evitai, arrabbiata non sapendo nemmeno io di cosa precisamente. Lo evitavo, temendo di finire giudicata nuovamente dal suo sguardo. Mi dedicai pienamente alla scherma e al lavoro. In quei momenti non riuscivo a pensare, non potevo. Dovevo rimanere concentrata, altrimenti finivo infilzata dal fioretto di Hunter o rischiavo di sparare a Barbas con una delle avancariche. Non avevo la possibilità di pensare a tutto quello che mi preoccupava, mi infastidiva. Raggiungevo la quiete, per qualche momento. Il lavoro nella polveriera non era affatto noioso. Continuamente arrivavano da noi marinai per consegnare o ritirare le proprie pistole, io e il vecchio demone correvamo su e giù per aggiustare in tempo ogni arma. Facevo sempre qualche sbaglio, qualche errore, qualche disastro. Non ero affatto brava, dunque non potevo pensare ad Hyner, a Lucyndra, o a lui. Per questo, quando i suoi occhi d’oro mi comparirono davanti al volto, me ne stupì.
Eravamo soli, io e Barbas. La fine del turno si avvicinava e l’equipaggio si dirigeva a cenare. Non c’era nessuno, al momento in cui al viso di Nolan seguì un terribile dolore al braccio.
Mi piegai in ginocchio, urlando. Un fucile scarico mi cadde sul pavimento, la polvere da sparo fuoriuscì completamente. Dopo un attimo di smarrimento capì che il dolore proveniva dal polso, non dal braccio. Una luce fuoriusciva dal polsino nero. Come un fuoco, che stava divampando sopra di me e che mi stava ustionando. Barbas mi raggiunse correndo, afferrandomi chinato a terra e domandandomi cosa avessi. Non riuscì a rispondere, ero capace solo di urlare. Il dolore non faceva che aumentare, stritolandomi. Sembrava che una parte della mia anima stesse morendo, bruciando.
Si stava trasformando in cenere, dissolvendosi.
Scostai il polsino, scoprendo il marchio che portavo sul polso. Era completamente illuminato da quella luce rossa fuoco, a cui il disegno stava soccombendo. Il marchio stava scomparendo.
Barbas rimase senza fiato, a bocca aperta fissando ciò che sembrava aver riconosciuto. Non ci mise molto ad allontanarsi da me, spaventato.
- Il marchio di un demone-
Borbottò. Non avevo tempo per quello, non avevo tempo per preoccuparmene. Il dolore mi schiacciava a terra, in una morsa che non riuscivo a vincere. Continuavo a stringermi il polso al cuore con una sola consapevolezza.
- Sta morendo-
Sussurrai con le lacrime agli occhi. Il vecchio demone mi fissò ad occhi sbarrati, fermo a mezzo metro di distanza. Alzai lo sguardo, incrociando il suo, così preoccupato, inquietato.
- Sta morendo-
Ripetei, singhiozzando.
- Nolan sta morendo-
Chiusi gli occhi, stracolmi di lacrime. Mi strinsi a terra, rannicchiandomi quasi non percependo più il dolore fisico. Non avevo pensato a lui per molto, molto tempo. Lo avevo lasciato al passato, sulla terraferma. Ma il suo dolore ora mi stava raggiungendo, ricordandomi che lui esisteva. Lui esisteva, stava soffrendo ed io non ero lì ad impedirlo. Lo avevo abbandonato. Me ne ero andata, lasciandolo ai suoi guai, in balia di cose più grandi di lui. Fissai il polso, allontanandolo lentamente dal mio petto. Fra quella luce abbagliante, potevo scorgere il marchio intento a scomparire.
- Sei stata marchiata da un demone-
Continuò il vecchio, scioccato. Alzai nuovamente lo sguardo verso di lui, cercando di fissarlo attraverso le lacrime.
- Devo raggiungerlo-
Affermai.
- Devo andare da lui-
Dopo qualche secondo di titubanza, Barbas chiuse la bocca, che fino ad allora era rimasta aperta, e annuì. Annuì più volte, comprendendomi. Si avvicinò a me, inginocchiandosi alla mia altezza e fissandomi dritto negli occhi.
- Va da lui-
Disse, sorprendendomi. Nel suo sguardo capì che non gli importava se ero salita a bordo, pur appartenente ad un qualche demone. Non gli interessava che portassi su di me una magia così antica e potente, qualcosa che poteva mettere a rischio tutti loro. Semplicemente mi diede una pacca sulla spalla, incitandomi ad andare.
- Se per te la sua vita è tanto importante, allora devi fare di tutto per salvarla-
Le sue parole mi toccarono il cuore, aprendomi la mente. Aveva ragione, completamente. Non avrei dovuto abbandonarlo alle grinfie di nemici così potenti. Dovevo preservarlo, questo era quello che mi ordinava il cuore.
Mi alzai di scatto in piedi, improvvisamente rinvigorita. Afferrai il fioretto che tenevo appoggiato al muro quando lavoravo. Lo impugnai, non sapendo cosa avrei trovato dall’altra parte.
- Come faccio?-
Chiesi, ricordandomi solo allora di non saper usare il potere del marchio.
- Come raggiungo il demone a cui appartengo?-
- Le leggende dicono…-
Iniziò il vecchio avvicinandosi a me, toccandomi con attenzione il polso.
- Che i contraenti del patto possono sempre raggiungersi l’un l’altro, in ogni momento. Devi solamente pensare a lui, intensamente. L’incantesimo farà il resto-
Annuii, pur non essendo proprio sicura. Presi un bel respiro, chiudendo gli occhi. Immaginai il suo volto, il colore dei suoi occhi, i suoi capelli, la rabbia che mi procurava averlo vicino, il piacere che provavo standogli accanto. Lasciai che il suo dolore ci collegasse. Seguì quello strazio come una scia, per giungere sino a lui. Come un ponte delicato, in bilico su di una strada che non conoscevo, che non avevo mai percorso. Attraversare la distanza che ci separava non sarebbe stato altrettanto facile se non avessi avuto la sua sofferenza come guida, la sua paura, le sue emozioni. Lo vidi, un attimo prima di saltare nell’abisso che si era aperto ai miei occhi. Vidi la foresta in cui si trovava, a nord del Regno dei Demoni. Troppo a nord. Non si trovava nelle sue terre, nei suoi possedimenti, bensì in quelli di Abrahel. Vidi la sua figura a terra, privo di conoscenza. Allora saltai, lasciandomi alle spalle la realtà su di cui poggiavo i piedi. Vagai per qualche istante in un tunnel di luce, trascinata dalla magia del marchio. Provai una forte nausea ma dovetti ignorarla. Prima che potessi accorgermene ero dall’altra parte del mondo, sulla terra ferma, nelle terre a nord dei demoni, incrociando la spada di Abrahel.
Ebbi uno scatto, trovandomi innanzi improvvisamente gli occhi verdi del demone. Feci pressione sul fioretto, bloccando così la spada nemica che avevo davanti al naso. Anche Abrahel ebbe un sussulto, per un attimo la sua lama perse potenza, preda dello stupore. Mi fissò sbalordito, agitando gli occhi, fissandomi da parte a parte chiedendosi se fossi un miraggio. Dopo qualche istante, in lui scorsi un sorriso.
- Non è possibile-
Mormorò.
- Questa sì che è fortuna-
Il sorriso si allargò, divenendo una vera e propria risata. Continuò a tenere la spada contro la mia, facendo sempre più forza, man mano che si riprendeva dalla sorpresa. Mi volsi istintivamente, cercando la persona che stavo proteggendo con il mio corpo, colui che avevo salvato dalla spada di Abrahel. Provai una fitta allo stomaco, scorgendo Nolan dietro le mie spalle. Oltre la mia schiena, il demone giaceva svenuto con le vesti stracciate. Disarmato, ferito e pieno di lividi. Abrahel lo aveva ridotto parecchio male. Strinsi i denti, furiosa nel vedere che qualcuno che non fossi io si era permesso di conciarlo in quel modo.
Feci forza contro l’arma del principe dei Demoni, cacciandola via. Lo feci arretrar, ma non perdere il suo sorrisetto divertito. L’uomo abbassò per un attimo la spada, osservando la mia figura.
- Ma dove sei stata fino ad ora?-
Chiese, facendo cenno ai miei vestiti. Mantenni il fioretto in posizione di difesa, lasciando che il demone mi deridesse. Non mi importava.
- Ecco perché non riuscivamo a trovarti-
Proseguì, fissando maliziosamente la mia camicetta bianca, i miei pantaloni neri, i capelli tornati lunghi legati in una coda di cavallo.
- Stavi solcando i setti mari-
- Vattene Abrahel-
Consigliai, avanzando di un passo, mantenendo nascosta la figura di Nolan dietro di me.
- Vattene finché te lo permetto-
Il principe rise, spargendo la sua voce nella foresta, facendola rimbalzare da albero ad albero.
- Tu lo permetti a me? Non sei nella condizione di farlo, ragazzina-
- Non chiamarmi ragazzina-
Ringhiai, continuando ad avanzare verso di lui con l’arma protesa verso il suo corpo.
- Sono abbastanza nervosa-
Spiegai.
- Mi hai trascinato qui nel bel mezzo del lavoro, dall’altra parte del globo. Ho la nausea per questo e mi fa male il polso se non lo hai notato-
Il demone fece caso al marchio illuminato. Il bagliore si era affievolito, come la sofferenza. Il disegno aveva smesso temporaneamente di svanire ma Nolan si trovava ancora in pericolo.
- Giusto, quel maledetto marchio-
Constatò Abrahel, fissandolo attentamente.
- Non preferiresti essere liberata dal legame? Fare quello che vuoi, dove vuoi, senza dover correre qui ogni volta che qualcuno attenta alla sua vita?-
- Non te lo lascerò fare-
Ripetei, come molte altre volte prima di allora.
- Non lascerò che tu lo uccida-
- Ci sarà sempre qualcuno che proverà ad ucciderlo-
Spiegò il principe, mantenendo la spada abbassata, senza l’intenzione di combattere contro di me.
- Andiamo Victoria, potrebbe seriamente diventare Re. Non ci hai pensato? Ci sarà sempre qualcuno ad attentare alla sua vita e il marchio continuerà a bruciarti-
Andò avanti, colpendomi con le sue parole.
- Ogni qualvolta tu sarai vicina a farti una vita, ad essere felice, quel stramaledettissimo marchio si illuminerà e tu dovrai scattare a salvarlo. Per sempre. Non credi che sarebbe più facile per te, lasciare che io faccia il mio lavoro?-
Vergognosamente, mi presi qualche momento per pensarci. Rimasi ad ascoltarlo, senza trovare la forza per controbattere, senza trovare le parole per replicare.
- Cosa stavi facendo qualche minuto fa? Avanti raccontami. Ho tutto il tempo che vuoi, sai. Scommetto che ti stavi ricreando una famiglia, da qualche parte. Con persone che non ti conoscono, con gente con cui potevi ricominciare totalmente da capo. Per caso hai già sostituito il mio caro fratellino?-
Indietreggiai, pensando istintivamente ad Hyner. Quel mio gesto, fece allargare il sorriso maligno ad Abrahel.
- Ma certo che lo hai sostituito. Hai trovato qualcuno che ti dia sicurezze, una certezza. Qualcuno che ti protegga, senza che abbia bisogno di essere costantemente protetto da te. Ma per caso ha scoperto che sei stata marchiata da un altro demone?-
Arretrai ancora, come folgorata mentre il principe prendeva ad avanzare.
- Cosa farebbe, se dovesse saperlo?-
Spalancai leggermente la bocca, cercando di parlare, cercando una risposta che non c’era.
- Non credo che la prenderebbe bene, sapendo poi di quale demone stiamo parlando. Mezzo demone, mezzo diavolo. Il discendente dei Lancaster. Non voglio azzardare ma credo che ti mollerebbe in tronco-
Provai una forte rabbia dentro di me, tale da farmi attaccare il principe senza neanche pensare. Abrahel si difese prontamente, parando la stoccata e attaccando a sua volta, iniziando finalmente a combattere. Lo attaccai, furiosamente, continuando semplicemente ad affondare il fioretto, tentando in ogni modo di ferirlo.
- Lascia che ti aiuti-
Urlò la creatura dagli occhi verdi, ridacchiando mentre schivava la mia spada.
- Lascia che ti liberi dal suo patto e tu riavrai la tua vita-
- Non mi fido di te Abrahel!-
Trovai finalmente il coraggio di pronunciare.
- So che non mi lasceresti mai andare! Sei solo un bugiardo-
Ci fermammo, ansimando da una parte all’altra della radura nel centro della foresta. Ci sfidammo con lo sguardo, ignorando completamente il corpo di Nolan ancora steso a terra.
- Un bugiardo?-
Ripeté con il fiatone.
- Pensi che lui sia meglio di me?-
Mi volsi verso il ragazzo svenuto al suolo, sapendo esattamente che non stavo proteggendo un santo.
- Lascia che ti liberi da quella magia fastidiosa, poi se manterrò la mia parola di lasciarti andare è una faccenda fra me e te-
Con una mano indicò qualcosa nell’oscurità, oltre il corpo di Nolan. Mi volsi, constatando che non ci trovavamo in una foresta. Era un cimitero. Circondate da alti alberi, si stagliavano numerosissime lapidi in pietra. Una in particolare emergeva su di una fossa ancora aperta, vuota. Facendo attenzione, scorsi poche incisioni sulla lastra. Portava il nome di Nolan. Sussultai, capendo che Abrahel gli aveva già preparato la tomba. Doveva semplicemente gettarlo dentro.
- No-
Affermai, tremando alla vista della sua lapide.
- Non ti darò la sua vita-
- Sei una stupida!-
Sbottò l’uomo rabbiosamente.
- Ti ostini ancora a proteggerlo! Dopo tutto quello che ti ha fatto! Stava per ucciderti, te lo ricordi? Lui ti ha tradita, ingannata! Hai capito che stava per sacrificarti? Sei solamente la cavia del suo esperimento!-
- Quella, Abrahel, è una faccenda fra me e lui-
Ripetei, a denti stretti. Come risposta il demone si avventò su di me, ricominciando a combattere. Le nostre lame si incrociavano nel buio. La mia, per la prima volta incontrava quella di Abrahel. Dovetti mettere in pratica tutto quello che avevo imparato, anche quello che ancora non avevo fatto in tempo ad imparare. La sua tecnica era completamente diversa da quella del Capitano, da quella di Hunter. In lui non c’era alcun principio della scherma, della spada. Mirava semplicemente ad uccidermi. Mi spinse verso il corpo del fratello, fino a gettarmi accanto a lui. Caddi al suo fianco, scaraventata a terra dalla forza del demone.
- Visto che ci tieni tanto, ti seppellirò assieme a lui-
Strinsi i pugni dalla rabbia, a terra innanzi alla figura imponente di Abrahel. Non ero ancora abbastanza brava per batterlo. Tentai di scrollare Nolan, di svegliarlo invano. Lo scossi, chiamando il suo nome, incitandolo a rendersi utile.
- Non mi importa quanto tu sia ferito-
Mormorai mentre Abrahel alzava la spada verso di noi.
- Svegliati maledizione e portaci via di qui-
Dovetti rialzarmi, riprendere a combattere illuminati semplicemente dal marchio. Come un faro nella notte, guidava i nostri movimenti, tuttavia deconcentrandomi. Non riuscivo a pensare, il dolore costante che provavo mi impediva di raggruppare le forze e scagliare qualche incantesimo. Anche il controllo del sangue era fuori uso. Alzai lo sguardo al cielo, scoraggiata.
- Ma dov’è quel maledetto pipistrello?-
Borbottai, continuando a parare i colpi di Abrahel.
Abaddon aveva promesso di proteggere il suo padrone, tuttavia non c’era, lasciando a me lo sgradito compito. Mi sembrava di combattere da un’eternità, dando tutto il tempo all’uccellaccio di arrivare a salvare il suo principe. Sbuffai, constatando che non sarebbe arrivato, che non avrei potuto contare su di lui. Gli augurai di essere morto, di essere stato sconfitto e ucciso da Abrahel, perché altrimenti lo avrei fatto io.
- Per quanto andremo avanti Victoria?-
Chiese divertito il demone.
- Sei ancora in tempo per salvarti la vita, se chiedi perdono-
Disse, dandomi l’ultima possibilità di decidere. Non voleva realmente uccidermi, gli servivo. Lui voleva usare i miei poteri, non privarsene. Mi bloccai, non sapendo come risolvere la faccenda.
Le nostre forze non si equiparavano, non con il dolore di Nolan che provavo sul mio corpo. Sentivo la sua stanchezza, le sue ferite mi indebolivano. Il legame che ci univa ci avrebbe ucciso entrambi, chi aveva ideato quell’incantesimo avrebbe meritato di morire atrocemente.
Sì, il dolore mi rendeva estremamente nervosa.
- Ci sei vicina-
Continuò a blaterare Abrahel.
- Guardalo. Un colpo e sarai libera. Se vuoi, lascerò a te il privilegio di ucciderlo-
Le sue parole mi diedero estremamente fastidio. Afferrai furiosamente il fioretto nella mano sinistra, lasciando la destra libera. Mi avventai sul principe chiudendo gradualmente il palmo man mano che mi avvicinavo al suo volto. Gli assestai un pugno mentre lui ancora cercava di ferirmi con la spada. Lo gettai a terra, ustionandogli parzialmente la guancia. Iniziò ad urlare stridulamente per questo, preoccupato del suo fascino possibilmente deturpato. Lo ignorai, voltandomi furiosa verso l’inutile corpo di Nolan ancora a terra.
- Nolan!-
Urlai, dandogli un calcio. Non ci fu risposta. Strinsi i denti, ancora più furiosa. Posi le unghie sul marchio che mi aveva impresso, stringendo e graffiandolo attraverso la luce che ci stava unendo.
- Svegliati maledizione!-
Gridai con tutto il fiato che avevo in corpo.
Il corpo del ragazzo ebbe un sussulto improvviso. Si alzò di scatto, ponendosi a sedere sull’erba umida della foresta. Si guardò intorno per un attimo, cercando nel buio fino a scorgere la mia figura, la luce del marchio. Mi guardò, ignorando totalmente il fratello a terra che ancora si lamentava.
- Victoria?-
Domandò, sbalordito.
- Sei proprio tu?-
Abrahel si stava rialzando, avevamo poco tempo.
- Sei tornata?-
Continuò a domandare, intanto che io lo afferravo per la maglietta e lo costringevo ad alzarsi.
- Ma come sei vestita?-
- Portaci via di qui stupido-
Incalzai, indicando il secondogenito Lancaster che stava per avventarsi rabbiosamente su di noi.
- Subito!-
Ripetei ad alta voce, notando che Nolan stava temporeggiando. Il ragazzo rinsavì, tentando di aprire un portale per fuggire. A causa delle sue ferite non ci riuscì ed io mi ritrovai nuovamente la spada di Abrahel addosso. La bloccai con il mio fioretto, coprendo Nolan con il mio corpo.
- Fa qualcosa!-
Esortai. Nolan allora mi afferrò per un braccio, pronunciando poche parole di magia nera. In un istante fummo avvolti da un fumo nero, che tagliò fuori completamente Abrahel. La mia spada squarciò il vuoto, come anche quella dell’avversario dopo la mia scomparsa. La nube oscura ci trascinò lontano, in una grande stanza dalle mura in pietra. Cademmo a terra, avvolti dalla luce fioca di alcuni lampadari. Il marchio aveva smesso di illuminarsi, così come il dolore che finalmente era scomparso. Nolan era salvo.
- Era così difficile?-
Borbottai stesa a terra, alzando il naso verso gli alti soffitti di quello che sembrava essere un castello. Il lampadario mi colpì subito. Di legno e ferro, così grottesco.
- Alle volte sembri proprio impedito-
Proseguì sgridandolo. Mi posi a sedere in ginocchio, scuotendomi gli abiti dalla polvere delle antiche pietre del pavimento. Fissai malamente il demone, che non accennava a rispondermi. Avrei giurato che avrebbe iniziato a riempirmi di frecciatine, che avremmo litigato. Al contrario, dopo avermi osservato per un tempo che parve lunghissimo, tentò semplicemente di alzarsi in piedi. Fallì, ricadendo in ginocchio, ansimando.
- Stai bene?-
Domandai, contenendo il mio istinto di correre verso di lui, di soccorrerlo. L’orgoglio me lo impediva.
- Sono stato peggio-
Rispose Nolan, senza voltare lo sguardo verso di me. Al secondo tentativo, riuscì ad alzarsi, a stabilizzarsi in piedi. Sotto i miei occhi, si diresse verso una grande sedia, posta al centro della stanza. Sobbalzai, riconoscendola. L’avevo vista molte volte, nei miei sogni. Quello era il trono in cui il principe sedeva sempre, affiancato da numerose figure che lo consigliavano.
- Scusami, se ti ho portata al castello-
Affermò il ragazzo, raggiungendo l’enorme poltrona a fatica, gettandosi su di essa con grande sollievo.
- A quanto pare sono riuscito a pensare solamente…a casa-
- Non fa niente-
Risposi, alzandomi riafferrando il fioretto poggiato al mio fianco.
- Posso tornare indietro da ogni punto in cui io mi trovi, credo-
Nolan annuì, chiedendomi allora cosa stessi aspettando ad andarmene. Mi congelai a quella domanda. Rimasi in silenzio, immobile, a fissare i suoi occhi d’oro. A lungo avevo pensato al momento in cui ci saremmo rivisti. Avrei giurato che mi avrebbe pregato, supplicato di restare. Credevo che non mi avrebbe più lasciata andare, che avrebbe piagnucolato qualcosa sul non poter vincere la sua ridicola faida familiare senza di me.
Qualche mese. Era passato al massimo qualche mese e davanti mi ritrovavo una persona completamente diversa.
- Sto aspettando Abaddon-
Sbottai, avanzando verso il trono.
- Voglio strappargli le ali personalmente-
Nolan sorrise, iniziando a giochicchiare con le dita sul bracciolo della sedia.
- Anche io mi domando dove sia. Riferirò il tuo messaggio comunque-
- Non basta. Lui doveva proteggerti. Era il suo compito, il suo unico compito e lo ha fallito-
Il sorriso di Nolan si allargò.
- Per caso ti sei preoccupata per me, Victoria?-
Il mio cuore sussultò, le guance involontariamente iniziarono ad arrossire.
- Affatto-
Dichiarai.
- Sono corsa solo perché questo mi faceva un male cane-
Spiegai, mostrando il marchio sul polso. Il demone annuì, pregandomi di avvicinarmi a lui.
Lo feci, senza perdere il contatto visivo con i suoi occhi.
- Questo è un problema facilmente risolvibile-
Spiegò il ragazzo, attendendo che gli porgessi il braccio.
- Te ne libero-
Ritrassi istintivamente il polso.
- Davvero?-
- Certo-
Affermò il principe.
- Non c’è motivo che io e te continuiamo ad essere legati, non credi?-
Domandò, aspettando una risposta da me che, stranamente, tardò ad arrivare.
- Infatti-
Risposi, tornando a porgergli il polso. Nolan lo sfiorò, quando qualcosa colse la sua attenzione.
- Cosa sono quelle?-
Scorse le bende sotto la camicetta bianca semi aperta. Era saltato qualche bottone durante lo scontro con Abrahel, mostrando la ferita al cuore che proprio non voleva saperne di guarire. Tentai di richiuderla ma Nolan me lo impedì. Si alzò in piedi, raggiungendomi.
Delicatamente, pose le dita sui bendaggi all’altezza del cuore. Evitando la stoffa della camicia, stazionò sulle bende con molta concentrazione, quasi stesse ascoltando qualcosa oltre esse.
- Magia nera-
Borbottò.
- Sei stata ferita dalla magia nera-
Scorsi un fuoco nei suoi occhi, prima che con entrambe le mani strappasse la fasciatura che mi cingeva il petto. Urlai dalla sorpresa, ritraendomi. Il demone mi trattenne, svelando ai suoi occhi la terribile ferita che ancora portavo al cuore. La fissò impietrito, notando quello che io già sapevo. Peggiorava di giorno in giorno.
- Sanno che sei un angelo?!-
Domandò, inquieto.
- Io non sono un angelo!-
Replicai, offesa.
- Questa ferita ti ucciderà. Lo sa chi ha cercato di curarti?-
Scossi il capo, finalmente riuscendo ad allontanarmi da lui e a coprirmi il seno che Nolan aveva lasciato scoperto.
- Sei una stupida-
Sbottò il ragazzo, tornando ad afferrarmi rabbiosamente. Urlai ancora, non capacitandomi di cosa volesse fare. Mi bloccò fra le sue braccia, ponendomi una mano sul cuore da cui iniziò a scaturire una luce colma di oscurità. La riconoscevo, era la stessa che mi aveva salvato dal pugnale di Isaac.
- Solo la magia nera può curare la magia nera. Te lo sei scordata?-
Tacqui, imbronciata e tuttavia lasciando che il demone finisse.
- Possibile che io non sia riuscito a far entrare niente in quella zucca vuota?-
- Zucca vuota sarai te-
Urlai, scostandomi da lui quando finalmente la ferita fu chiusa. Era sparita. Ogni segno di quel brutto incidente se ne era andato, lasciando solamente l’ultima cicatrice di quando una lama mi aveva quasi trapassato il cuore. Richiusi la camicetta, non riuscendo a fissarlo negli occhi.
- Era tanto difficile tornare per chiedere aiuto? Avrei potuto sistemarla in un baleno. E quella cos’è??-
Domandò improvvisamente, facendo cenno ai segni che portavo alla gola. Mi posi una mano su di essa, nascondendo il tentativo di Lucyndra di tagliarmi la giugulare.
- Ma si può sapere dove sei stata fino ad ora?-
- Che ti importa?-
Nolan tacque qualche istante prima di tentare una risposta.
- Credevo niente-
Ammise.
- Perché pensavo che tu te la sapessi cavare. Ma questo dimostra…-
- Cosa dimostra?-
Incalzai, già furiosa.
- Avanti, sentiamo-
- Dimostra che non sei ancora pronta-
Concluse il demone, seriamente. Il mio volto al contrario si contorse in un risolino isterico. Mi posi una mano sui capelli, abbassando per un attimo lo sguardo dal suo volto.
- Non sono pronta-
Ripetei borbottando, divertita.
- Perché tu sei meglio di me-
Affermai ironica, puntando il dito allo stato malconcio in cui lui si presentava.
- Se non sbaglio Abrahel stava per staccarti la testa. Sei vivo solo grazie a me-
- Si tratta di Abrahel-
Puntualizzò Nolan, oltraggiato.
- Sai che non posso batterlo da solo! Per questo ti ho chiesto…-
- Lo sapevo-
Lo interruppi, portandomi una mano sugli occhi.
- Se lo sapevi…-
- No, sapevo che lo avresti detto. Stavo solo aspettando che tu mi rinfacciassi di averti abbandonato-
- Io non ti sto rinfacciando un bel niente-
Si difese il demone.
- Ma tu sparisci e ti ripresenti in questo…modo-
Spiegò, puntando entrambe le mani verso di me.
- Piena di cicatrici, una ferita mortale che stava avvelenando il tuo corpo. Cosa dovrei pensare?-
- Intanto io non mi sono ripresentata. Sono stata chiamata, da questo maledetto scarabocchio per salvarti il sedere-
Ricordai, in caso il demone soffrisse di perdite di memoria.
- Secondo, dove sono stata e dove sto per tornare non è a far tuo-
Gli volsi le spalle, facendo qualche passo, prima di rendermi conto di non sapere come raggiungere la Gold. Il marchio mi aveva condotto fino a Nolan, non potevo tornare indietro. Per quello, dovevo usare un altro modo.
- Cosa c’è?-
Chiese il principe, notando che mi ero bloccata di colpo.
- Ho bisogno che mi fai tornare indietro-
Ci volle poco, prima che le sue risate riempissero la sala del trono. Si sedette sulla sua grande poltrona, sistemandosi comodamente per squadrarmi divertito.
- Quindi hai bisogno del mio aiuto-
- E’ colpa tua-
Affermai.
- E’ colpa tua se sono stata costretta ad andarmene. Ora voglio tornarci-
- Ah sì? Ed io cosa ci guadagno?-
- Nolan-
Pronunciai a denti stretti. Lo raggiunsi, puntandogli il fioretto alla gola. Il ragazzo si sedette compostamente, fissando prima la lama e poi i miei occhi. Nonostante la punta del fioretto ad un soffio, non perdeva il suo sorriso.
- Fammi tornare. Subito. Non ho tempo da perdere-
- Davvero? E cosa stavi facendo di tanto importante, a parte vestirti da piratessa e imparare ad impugnare goffamente una spada-
- E’ un fioretto-
Corressi.
- Quello che è-
- E non lo sto impugnando goffamente. E’ grazie a chi mi ha insegnato la scherma che sei vivo-
- Uuh, ti sei fatta degli amici-
Comprese divertito il demone, canzonandomi per averci messo così tanto.
- Non mi sembra che tu possa darmi lezioni a riguardo-
Feci notare, abbassando leggermente l’arma.
- Sbaglio o non c’era nessuno un attimo fa quando Abrahel ti stava per tagliare in due?-
Finalmente, Nolan perse il sorriso.
- Ti farò tornare-
Sbottò, sorprendendomi. Allontanai la spada, ascoltando la sua proposta.
- Ma non ti libererò dal marchio-
- Non puoi farlo!-
Contestai.
- Avevi detto…-
- Quello che ho detto-
Interruppe, precisando.
- E’ che non vedevo un motivo per rimanere legati. Adesso lo vedo-
Accennò alla ferita al cuore ed io percepì la rabbia divampare in me.
- Sei un bastardo!-
- Di questo ormai ne sono tutti a conoscenza-
Rispose deridendomi, facendo riferimento alla propria condizione di nascita. Tacqui, perdendo ogni parola. Lo fissai attentamente, non riuscendo più a riconoscerlo. Feci un passo indietro, continuando a scrutare la sua figura su quel trono così imponente. Per la prima volta mi chiesi chi fosse Nolan. Se lo spensierato ragazzo che avevo incontrato per strada oppure un sovrano lunatico e arrogante.
- Perché fai così?-
Domandai, mormorando. Nolan mi ignorò, alzandosi in piedi e raggiungendomi lentamente.
- Tu hai bisogno di me per tornare indietro, ricordatelo-
Affermò, duramente.
- Puoi andare a piedi se vuoi. Ma non illuderti, non uscirai mai dal mio regno. Questo te lo garantisco-
Rabbrividii, comprendendo che il Principe dei Demoni non mi avrebbe mai lasciata andare.
- Io voglio essere libera da te-
Continuai, quasi supplicandolo.
- Non avere niente a che fare con la tua stupida battaglia per il trono-
- Abbandoni dunque la tua vendetta?-
Domandò, sorprendendomi.
- Cosa mai è stato tanto potente da farti rinunciare alla vendetta? O forse dovrei chiedere, chi?-
Arretrai, fissando i suoi occhi già colmi di furia. Rispondere a quella domanda non avrebbe migliorato la situazione.
- Io sono felice dove sono adesso. Ti prego…-
- Si tratta di un uomo, non è vero?-
Divenni rossa in volto, non sapendo bene come rispondere.
Alla fine tacqui, rassegnata comunque al fatto che non sarei mai riuscita a sfuggirgli.
Probabilmente non avrei più rivisto Hyner. Scegliere di salvare Nolan mi aveva allontanato per sempre dalla Gold.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Kirara_Kiwisa