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Autore: MissShinigami    13/01/2014    2 recensioni
La storia si svolge in Inghilterra, almeno all'inizio, dei Mezzosangue che non sanno la verità sui propri genitori, altri che sono stati inviati in missione, altri ancora che combinano casini.
Due ragazzi vogliono sovvertire l'ordine del mondo, facendo cadere gli dei ... almeno si pensa ... ma qualcuno gli metterà i bastoni fra le ruote!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre scrivevo sono impazzita, quindi fatemi sapere se ho scritto delle oscenità di cui non mi sono resa conto, grazie.



“Dove diavolo son finite quelle due?” Sonny era a prua e osservava il molo di cemento e la strada tra i container che avevano preso Aurea e Mia.
“Oh, vuoi stare tranquilla?” fece Ginny stesa su una sdraio.
“Ora arrivano, magari Mia non ha trovato le spezie alla prima e hanno girato mezza città per trovarle.” tentò di intuire Sue.
“Ce la vedo.” rise Selena.
Il sole superò completamente l’orizzonte.
Un ombra superò un container e si accasciò al suolo, qualcosa cadde tintinnando.
Sonny trasformò i suoi anelli in asce e iniziò a scendere lentamente la passerella.
“Quella è …” iniziò Ginny.
“È Mia.” disse la figlia di Zeus sporgendosi dal parapetto.
Anche Sue aveva seguito l’amica giù dalla nave e, insieme, si dirigevano verso la donna stesa a terra.
La nera si mise in posizione di difesa sulla piccola strada mentre la bruna aiutava Mia a rialzarsi.
“Cos’è successo?” le chiese.
“Siamo state … attaccate.” la donna posò i suoi occhi celesti su due pezzi di legno chiaro tenuti insieme da una sottilissima corda che con quella poca luce non si vedeva praticamente più.
“L’arco di Aurea.” grugnì Sonny.
Sue tirò in piedi Mia e la aiutò a salire sulla nave.
“Sei ferita?” chiese Ginny quando vide il graffio sulla guancia della donna.
“No, sto bene.” si sedette su una delle sdraio del ponte. “Solo che non sono riuscita a …” non riuscì a finire la frase, fu interrotta da un singhiozzo, poi iniziò a piangere.
“Aurea è …” cercò di formulare Selena, senza riuscirci.
Mia annuì. “È riuscita a farmi fuggire, a salvarmi. Ma lei non ce l’ha fatta.”
Sonny conficcò nel legno una delle sue accette con tutta la forza che aveva. “Chi vi ha attaccato?”
“No-non lo so.” scosse la testa. “Era un mezzo serpente. Aveva … aveva il busto umano e il resto del corpo era quello di un grosso serpente, con agli artigli, le zanne e ... e … non so, Aurea mi ha detto di scappare, pensavo mi seguisse!”
“Echidna? Ma l’abbiamo uccisa.” pensò Sue.
“Non avete detto che si riformano nell’Ade e ritornano?” chiese Ginny.
“Sì, ma è troppo presto.” continuò sua cugina.
“Non mi interessa, andiamo a prenderlo. Facciamogliela pagare.” ringhiò la nera riprendendosi l’arma.
“NO!” scattò in piedi Mia. “No, vi prego. Non lo fate.” afferrò Sonny per le spalle e la fissò negli occhi attraverso le lacrime. “Non sopporterei di perdere anche voi così. Non lo fate. Dobbiamo cercare aiuto.” scosse forte la testa. “Vi prego.”
La figlia di Ermes la fissò poi distolse lo sguardo da quel volto rigato dalle lacrime. “Va … va bene.”
“Grazie …” scivolò a terra la donna. “Grazie.”
Il silenzio che seguì quella scena si riempì piano piano dei singhiozzi e del pianto i tutte. Solo Sonny non pianse, fece solo tornare le accette due anelli, le mani strette a pugno lungo i fianchi.
“Mia, adesso dovresti andare a riposarti.” si riscosse Sue. “Ci penseremo noi alla cena stasera. Non dovrai preoccuparti di nulla.”
“Sì.” concordò Selena. “Sulla nave non corriamo pericoli di alcun tipo, stai tranquilla.”
Mia annuì piano, quasi non capiva più cosa le stava accadendo intorno e si fece portare in camera sua.
“Pensate che dovremmo svegliare i suoi figli? Per dir loro … cosa.” Selena si asciugò una lacrima. “Cosa è successo?” chiese una volta che furono tornate sul ponte.
“No, hanno lavorato duramente per portarci fino a qui. Prepareremo qualcosa in più per loro poi Mia saprà che fare.” pianificò Sonny.
Nessuna controbatté.
“Io vado a preparare la cena … hem …” Sue si passò una mano tra i capelli e si avviò sottocoperta.
Selena e Sonny fecero per seguirla, ma la figlia di Zeus si fermò. “Ginny, tu non vieni.”
La ragazza sollevò lo sguardo dalle assi di legno. “Arrivo tra poco, sì … arrivo.”
Annuirono e scesero.
La mora restò per un po’ ad osservare la luce che abbandonava definitivamente il mare, lasciando il posto alla notte. Ripensava al sogno che aveva fatto in Nuova Scozia: il corpo a terra, circondato dal sangue … possibile fosse …
Scosse la testa, scacciando il pensiero. Si risistemò i capelli velocemente, infine si alzò per andare ad aiutare le amiche. Il suo sguardo si posò su Zefiro, il dio non si era mosso dalla torretta della caravella, neanche dopo ciò che aveva visto. Adesso i suoi occhi erano su Ginny e la osservavano severi. Lei mantenne lo sguardo finché non entrò nella porta del sotto coperta.
“Tsk, tutta sua madre.” rise l’altro.

Alla fine la cena fu portata in tavola che era notte fonda. Non sembrava che qualcuno avesse molto appetito per cui nessuno se ne lamentò. Sonny pensò che sarebbe stato carino allestire il tavolo sul ponte e mangiare al lume di candela; non faceva freddo quella sera, l’estate ormai era praticamente cominciata, quindi non ci furono opinioni opposte.
Mia si sedette a capotavola, aveva gli occhi gonfi e rossi, doveva aver pianto anche dopo che l’avevano lasciata da sola.
Mangiarono in silenzio.
Quando arrivarono alla seconda portata, quiche di formaggio, spinaci e cime di rapa allo zafferano, la donna alzò lo sguardo su Sue e disse: “Sei migliorata molto in questi giorni, sai.”
“Davvero?” chiese conferma la ragazza, lusingata e un po’ arrossita.
“Sì questa torta è fantastica.” le sorrise in risposta.
“Grazie.” la imitò la figlia di Dioniso.
Anche le altre non poterono fare a meno di fare dei timidi sorrisi.
Finirono di mangiare scambiandosi discorsi semi sussurrati.
Poi Mia si alzò in piedi con il bicchiere in mano. “Ragazze ringrazio gli dei che siate qui in questo preciso momento.” sospirò profondamente. “Non riesco ancora a credere a quello che è successo oggi, sembra tutto così irreale e assurdo. L’unica cosa di cui mi posso rallegrare è che almeno voi … voi siete qui.” due lacrime le solcarono il volto, facendola sembrare al tempo stesso più giovane e più vecchia, con le guance un po’ scavate e gli occhi stanchi. “Vorrei brindare ad Aurea.” sollevò in alto il bicchiere colmo di vino. “Se non ci fosse stata lei, sarei morta anche io oggi. La ringrazio e le auguro i Campi Elisi.”
Le ragazze si alzarono anche loro sollevarono i bicchieri.
“Ad Aurea.” fece più forte Mia.
Qualcosa volò brillando sopra il tavolo e colpì frantumando il bicchiere, i pezzetti di vetro tintinnarono a terra.
“Grazie, ma non ce n’è bisogno.”
Si voltarono tutte a prua: Aurea era in piedi sul parapetto di legno, il braccio destro lungo il fianco con la spalla abbassata, aveva un pugnale nella mano, la sinistra era sollevata, ne aveva appena lanciato uno.
“Adesso allontanatevi da lei, è pericolosa.”
Rimasero tutte immobili.
“Aurea … cosa stai dicendo?” iniziò Sue.
“Mia ci ha detto cosa è successo, siete state attaccate e …” prese parola Sonny.
“No.” la interruppe la cacciatrice. “È stata lei ad attaccarmi.” non distoglieva lo sguardo dalla donna dai capelli neri. “Non ha detto la verità … o almeno non tutta.”
Mia non sollevava lo sguardo dai frammenti di vetro a terra, sembrava come in trance, gli occhi vacui.
“Mia ...” tentò di chiamarla Ginny, che le era seduta accanto.
Nessun movimento.
“Non è il suo nome.” Aurea fece un passo avanti, saltando giù dal parapetto, e prese il coltello dalla mano destra con la sinistra.
“Il tuo braccio …” Selena aveva gli occhi sbarrati, totalmente incredula alla scena che le si presentava davanti. Istintivamente si portò una mano allo stomaco: avvertì qualcosa di circolare e duro nella tasca della felpa, era la dracma d’oro che aveva trovato neanche un mese prima sul suo cuscino, sembravano passati anni; non ce l’aveva messa lei lì.
La cacciatrice fece un altro passo avanti. “Ho capito chi sei, Mia … no …” deglutì rumorosamente. “So qual è il tuo vero nome.”
Sembrava spaventata da qualcosa, aveva timore di finire quella frase.
“Lamia.”
Un pesante silenzio schiacciò tutte le presenti.
Solo il dio del vento d’ovest sembrava al di fuori degli avvenimenti che gli stavano avvenendo sotto gli occhi cerulei.
Lentamente la donna alzò gli occhi sulla ragazza, così anche le altre poterono vedere gli occhi che Aurea aveva già visto. Bianchi all’inverosimile, avevano solo la pupilla, centrale,  ridotta ad un punto.
Il suo corpo fu scosso da forti tremori; si piegò in due.
Selena e Ginny, le più vicine, iniziarono a indietreggiare, fino quasi ad arrivare al parapetto ai lati della nave.
Il tavolo fu sbalzato via, le candele caddero a terra sul telo che avevano usato come tovaglia che prese fuoco velocemente, facendo attecchire le fiamme anche al legno del ponte.
Aurea non si era mossa, sapeva che attaccare in quel momento sarebbe stato stupido, non potendo prevedere le reazioni dell’avversaria. Ma temeva anche per le compagne, troppo vicine alla fiera. “Allontanatevi, ragazze! Avanti!!” urlò loro.
Ma non sembrava che la ascoltassero. Al contrario non sembravano davvero spaventate da ciò che stava accadendo.
“Che state facendo!? Venite via!”
“Aurea smettila! Non vedi che Mia sta male!?”
La cacciatrice rimase spiazzata dalla risposta.
Era stata Sonny a parlare, accanto a lei c’erano anche Sue e Selena. Ginny era poco più in là, troppo distante per riuscire a tirarla verso di sé.
Nel mezzo le fiamme continuavano a divorare le assi del pavimento.
“Ragazze, cosa state facendo?”
“Non lo vedi? Loro si fidano di me.”  Lamia si alzò per tutta la lunghezza del suo busto di donna più buona parte della coda da serpente, il sognalo in fondo oscillava tintinnando e sibilando. “Sono sempre stata loro vicina, come potrebbero non esserlo?” il volto sfigurato di Mia si inclinò verso quello di Sue e le accarezzò una guancia con il dorso della mano. “Se solo anche qualcun altro lo avesse fatto.” fece scivolare giù gli artigli ferendo il volto alla figlia di Dioniso che però non si mosse.
“Cosa hai fatto loro?!”
“Incredibile come la tua dizione diventi meno moderna quando sei agitata.” le rise in faccia Lamia. “Io sono una madre, come tale …” posò una mano sulla testa di Sonny, con fare protettivo. “ … ho aiutato le mie figlie a superare i loro traumi, così hanno riconosciuto in me qualcuno su cui poter contare, qualcuno di presente. Si sono fidate e adesso sono mie.”
La cacciatrice aveva i brividi tutte le volte che l’altra toccava le sue compagne, un solo movimento e avrebbe potuto ucciderle in ogni modo.
“Sei sola … Aurea anche tu. Hai perso tutto.” strisciò avanti la donna serpente. “Ti conosco, prima hai abbandonato la tua vita per inseguire l’amore, e sei stata abbandonata; tua sorella è stata rapita e ora … ora le tue compagne ti si sono rivoltate contro.” le si avvicinò senza fare rumore, evitando il fuoco a terra. “Ma potresti salvarti … se solo ti lasciassi aiutare.” era a pochi centimetri dal suo volto. “Da me.” la sua coda vibrava e il suono del sonagli era frastornante.
Aurea si sentì improvvisamente stanca: non voleva più combattere strenuamente senza sapere neanche se sarebbe sopravvissuta o meno. Tentare di contrastare l’avversario questa volta sembrava più difficile, era più forte di lei, aveva già avuto un assaggio di come sarebbe potuta morire. Il ricordo dell’acqua salata che le entrava nella ferita la fece sussultare, era stato un dolore incredibilmente acuto. Non voleva, non voleva in alcun modo rivivere una cosa del genere.
Guardò avanti, verso le sue amiche: erano ferme e la guardavano di rimando con gli occhi persi nel vuoto.
“Forse …” sussurrò.
Lamia inclinò la testa per sentire meglio.
“Forse potrei.”
Il sorriso mostruoso che solcò il volto della fiera era raccapricciante.
Aurea chiuse gli occhi per non vedere, sentiva però il respiro dell’altra e ancora il suono della sua coda.
“Ma preferisco di no.”
Sollevò di scatto il sinistro e lo conficcò con tutta la forza che aveva sotto la mascella di Lamia.
Lei urlò disumanamente per il dolore. Afferrò la cacciatrice per il braccio sano e la scaravento contro le assi di legno, che si incrinarono graffiando la schiena della ragazza.
Lamia continuava ad urlare per il dolore, il sangue le colava tra gli artigli con i quali si teneva lo squarcio, mentre Aurea si alzava tenendosi la spalla destra perché le si era riaperta la ferita.
La bionda avvertì un rumore di passi dietro di lei, si voltò di scatto appena in tempo per evitare un colpo di accetta di Sonny, che perse l’equilibrio e dovette allontanarsi con un salto.
“Dannazione!” mormorò la cacciatrice a denti stretti. Non immaginava che fossero sotto il suo controllo in questo modo.
Le fiamme erano diventate alte ed il fumo non le consentiva di vedere oltre il suo braccio steso. Avanzò lentamente, tenendo il coltello davanti a se, non avrebbe voluto combattere con le sue amiche ma doveva difendersi in qualche modo.
Un rumore a destra. Roteò su se stessa per schivare un fendente, era Sue con il suo bastone a doppia lama.
Ma la perse di vista in fretta.
“Per la misera!” fece un altro passo indietro. “Maledizione!” si abbassò per evitare un accetta volante.
All’improvviso andò a sbattere con la schiena contro qualcosa di duro, era arrivata sotto la torretta della nave. Si voltò: la porta di sotto coperta.
Riuscì ad entrare e a chiudersela dietro.
Un urlo disumano sconquassò l’aria.
Lamia era su tutte le furie, iniziò a cercare Aurea a colpi di coda tra le fiamme ed il fumo, che seguiva i suoi movimenti, non le interessava cosa colpiva, distrusse completamente il parapetto da babordo per poi ritrovarsi sui frammenti di ciò che una volta era il tavolo su cui avevano cenato. Avvertì un movimento alla sua sinistra, menò un altro colpo di coda e centrò il bersaglio.
Ginny fu scagliata contro l’albero maestro, sbatté la testa sul legno e si afflosciò a terra chiudendo gli occhi.
La donna serpente non capì quello che aveva fatto e continuò a infuriare sul ponte, fino ad arrivare sotto la torre di poppa. Vide la porta di sotto coperta chiusa, la perforò con gli artigli e la sradicò gettandola in acqua. Riconobbe l’odore del sangue fresco di Aurea, conduceva alle cabine di tribordo.
Quando entrò nel corridoio vide che solo le stanze di destra erano aperte, solo le camere dove dormivano i suoi figli. Vide roso: nessuno poteva disturbare il sonno dei suoi piccoli.
Aurea era nella terza stanza. Sapeva che Lamia la stava cercando ma aveva già trovato ciò che cercava. Fece sporgere di poco la lama del suo pugnale fuori dalla porta: non vide nessuno nel corridoio, doveva muoversi in quel momento o l’altra l’avrebbe presa.  Scattò fuori ma il fiato le si mozzò, le costole rotte le procuravano molto dolore, rendendola goffa e lenta.
Per questo Lamia la sentì e la vide passare davanti alla porta della camera in cui era. Fece saettare l propria coda e la afferrò per una caviglia.
Alla ragazza scappò un urlo tra il dolore e la rabbia.
“Sei mia!” sibilò la donna sollevandola da terra.
Aurea era tenuta a testa in giù, appesa per una gamba alla coda dell’altra, le era scivolato di mano il pugnale, o meglio: lo aveva lasciato cadere per non perdere ciò che adesso stringeva tra le braccia.
Anche Lamia se ne era accorta e la annusava come avrebbe potuto fare con del cibo. “Ti mangerò per prima, ho deciso. Per fortuna che non sei morta in mare, sarebbe stato un peccato perderti.” Gli occhi bianchi le brillarono famelici. “Ma prima, cos’hai preso dalla camera di mio figlio?”
La cacciatrice la colpì con il piede libero e la suola della sua converse si stampò sul muso della fiera, facendo schizzare il sangue della ferita alla mascella ovunque.
“Sei una ragazza davvero ostinata, ma sei anche giovane. Purtroppo per te però non potrai capire i tuoi errori. Morirai prima!”
“Ho più di ottant’anni, di errori ne ho capiti in notevole quantità.”
“Tu sei una stupida!” urlò Lamia, poi si innalzò sfondando il soffitto.
Aurea fu sbalzata in aria e ricadde al suolo tra fiamme e fumo. Sollevò la testa di poco, era intontita e non capiva dove si trovava di preciso.
Le fiamme avevano divorato quasi tutto e stavano aggredendo anche l’interno della nave; l’albero maestro era caduto di lato, ora era riverso per metà nell’acqua dell’oceano.
La cacciatrice si sentì tirare su da due paia di mani, ciò che era riuscita a stringere fino a quel momento le scivolò via. Si voltò per vedere che la sosteneva: erano Sonny e Selena, ancora con gli occhi vacui ed inespressivi. Accanto, Sue le puntava una lama alla gola.
Davanti le si parò Ginny, fissava quello che le era caduto.
Aurea tentò di divincolarsi ma le doleva tutto il corpo e il filo dell’arma della mora era molto fine, un rivolo di sangue le colò dal mento alla clavicola.
“Cos’è?”
La cacciatrice sollevò il volto verso l’amica.
Ginny la guardava negli occhi, una striscia di sangue le segnava il lato del volto dalla tempia al mento, macchiandole la camicetta, ma era lei. Era lei.
“Ciò che potrebbe salvarci.”
La figlia si Afrodite si spostò di lato quando sentì Lamia che si avvicinava, nascose le mani dietro la schiena.
“Dov’è?!” chiese urlando in faccia ad Aurea la donna serpente.
“Cosa?”
“LO SAI!” e caricò il colpo.
Ginny si intromise. “È qui!”
Lamia si voltò e vide che la ragazza teneva alta sopra la testa un orsacchiotto di pezza, fatto di stoffa scura, sciupato e rattoppato in più punti. “Volevi questo!?”
“LAMIA!” la chiamò ancora la cacciatrice. “Quello è tutto ciò che rimane dei tuoi figli!”
La fiera urlò al cielo, si prese la testa tra le mani e ruggì: “MENTI!”
“MIA! Tu mi hai colpito!” urlò più forte che poteva Ginny.
Il mostro si fermò, tremava. “No … no, non avrei mai … potuto …” sembrava la solita voce di donna che aveva avuto fino a quel momento.
La ragazza, con ancora il pupazzo in mano, fece un passo avanti. “Lo hai fatto. Guardami.”
Lamia abbassò lo sguardo su di lei e vide il suo volto e il sangue. Urlò ancora, molto più forte di prima. Era straziata dal dolore.
Aurea scivolò a terra, le altre avevano mollato la presa e Sue non teneva più alta l’arma.
“Cosa diavolo sta succedendo!?” chiese a voce molto alta Sonny.
“Aurea!” Selena si abbassò per riprenderla.
“Dobbiamo spostarci, se perde il controllo di nuovo ci ucciderà tutte prima di poter far qualcosa.” disse loro la cacciatrice.
Però mentre tentavano di spostarsi la coda di Lamia colpì la schiena della figlia di Zeus facendole cadere a terra.
Aurea si ritrovò di nuovo ad osservare il pavimento, poi vide brillare qualcosa poco distante dalla sua faccia: una dracma d’oro, sopra vi era inciso il profilo di un uomo. Ne aveva già viste di simili e riconosceva il volto: era Zeus. Un’idea folle e sconsiderata le balenò in testa. “Selena!”
L’amica la sollevò per la spalla buona.
“No, non devi pensare a me! Prendi quella dracma e lanciala verso Lamia!!”
“Cosa? La dracma?!” guardò avanti, era la sua, le era scivolata di tasca.
La prese, al tatto le sembrava calda e molto più leggera di quello che forse non era.
“Lanciala!!” le urlò ancora Aurea.
Lei non capiva ma si preparò a farlo.
Lamia ancora urlava come una pazza, sembrava spaventata da Ginny o da quello ciò che teneva in mano.
Selena non poteva credere a quello che stava accadendo, non capiva cosa era successo e come era potuto succedere. “Padre aiuto.” lanciò la dracma verso Mia.
Un fulmine si abbatté su di lei.
Una luce abbagliante costrinse tutte a distogliere lo sguardo e un fortissimo colpo fece tremare la caravella che, già mal ridotta com’era, non resse lo schiantò e si spezzò.
“VIA!!” urlò Sonny mentre si issava sulle spalle Aurea.
Poi tutte si gettarono in mare alla ricerca di un punto in cui salire a terra.



Pensavate fosse morta he!!!
Non potrei uccidere nessuno U.U ... non ancora ...
  
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