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Autore: Lifaen    14/01/2014    1 recensioni
Salve a tutti! Come si può evincere dal titolo, la trama ruota attorno ad un gruppo di avventurieri che affrontano i demoni che infestano il loro mondo, nel tentativo di liberarlo. Spero vi divertiate a leggere questa storia come io mi diverto a scriverla! Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“E così … Siete sopravvissuti.”
Lifaen sobbalzò, a sentire la voce. Era profonda, con un timbro abbastanza basso, decisamente virile. Molte persone che aveva sentito parlare avevano quel tipo di voce. Ma non era questo a stupirlo.
La voce che usciva da quel manto bianco che si era fermato ad alcuni metri di distanza da loro aveva un qualcosa di particolare, che l’eladrin non aveva sentito che poche volte in vita sua. E quelle poche volte era sempre stato alla presenza dell’Angelo delle Tenebre.
Anche Keyleth l’aveva notato.  Sebbene fosse chiaro che il beneficiario dell’orrore che li circondava era l’incappucciato, per un attimo si sentì assolutamente affascinata. Le parole danzavano sulla punta di quella lingua che sembrava sapere esattamente cosa dire e quando dirlo.
Ecco uno che sa dosare le parole … E sfruttarle pensò, ammaliata. Era sicura che quell’essere fosse uno dalla risposta sempre pronta.
Per fortuna fu un attimo soltanto.
Fu soprattutto grazie a Mildred che l’elfa riuscì a riscuotersi da quella sorta di ipnosi, ringraziando e benedicendo mentalmente la propria selvaggia compagna, e che Lifaen riuscì a schiodare le proprie orbite cerulee dal mantello bianco.
“Come fai a sapere di noi?” chiese la barbara con un tono che indicava quanto a fatica si stesse trattenendo dal caricare lo strano individuo dal candido vestiario. Le stava già antipatico, quel tizio. Odiava la sensazione di attrazione che esercitava su di lei, anche se le voci degli antenati la tenevano a bada. Quel miscuglio di emozioni era troppo simile a quello che provocava quell’altra donna. In più, il fatto che probabilmente fosse lui il responsabile del massacro che vedeva attorno a sé non contribuiva a renderglielo affabile.
Dal canto suo, l’incappucciato rise, una risata beffarda e viscida. Nom sentì di mal sopportare quel genere di suono, dopo essersi abituato ad ascoltare per giorni interi le dolci risate della Carezza, e strinse di più la presa sull’elsa della spada, pronto a scattare al minimo segnale che quel tizio avesse voluto attaccare. Se la sarebbe dovuta vedere con lui, se avesse provato ad alzare un solo dito sui suoi amici.
“Oh, so tante cose … Più o meno quante non ne sapete voi, miei stolidi signori” rise l’umanoide. “Che fortunata coincidenza trovarvi qui … Anche se, parlando di lei, è un po’ inappropriato usare il termine coincidenza.”
Lenn si sentì fremere di rabbia. Avrebbe solo voluto fulminare su due piedi quel mostro che, mentre discuteva con loro, terminava di assorbire le anime di quei poveri innocenti massacrati. Ma si impose la calma. Lifaen non aveva ancora fatto una mossa, così come nessuno degli altri, e quindi decise di limitarsi a preparare un paio di scariche di avvertimento.
“Oh, guarda un po’ il ragazzino come si scalda” fece l’incappucciato. “Tenetelo a bada, o rischia di farsi male.”
Lifaen gettò uno sguardo allo stregone, che tentò di darsi un contegno e riassumere compostezza. Ma era difficile, mentre quel tizio li fissava così, senza fare nulla. E gli occhi del condottiero tornarono a fissarsi sul loro avversario.
“Chi sei tu?” domandò, e per la prima volta l’intero gruppo sobbalzò, nel percepire che non c’era alcuna traccia di rispetto o gentilezza, nelle parole dell’eladrin. Anche il figuro incappucciato sembrò accorgersene, perché cambiò atteggiamento. Ora era apertamente derisorio.
“Ma che modi sono, Lifaen Mekhlaurë? Tuo padre sarebbe veramente deluso, se ti sentisse utilizzare tale volgare lessico” rispose.
Keyleth guardò il compagno con la coda dell’occhio e rimase di sasso: Lifaen aveva un’espressione che non gli aveva mai visto sul volto. Era stupita, commossa, ferita. Ma quello che davvero la lasciava sbigottita era la rabbia che leggeva sotto quel caleidoscopio di emozioni. Rabbia perché quel tizio osava nominare suo padre, di cui il condottiero parlava pochissimo. Rabbia perché aveva utilizzato quello che la sacerdotessa supponeva essere il suo cognome. Rabbia perché stava risvegliando ricordi apparentemente dolorosi. E tanta, tantissima rabbia verso sé stesso … Ma le motivazioni, quali che fossero, le erano sconosciute, e per il momento le accantonò.
Intanto l’incappucciato aveva ricominciato a parlare, questa volta a Lenn.
“E guardate il nostro giovane amico. Così esuberante, così pieno di vita, così arrogante da pensare di riuscire a proteggere qualcuno, debole com’è.”
Lenn si sentì trafiggere da quelle parole come da dei pugnali. Sentì un’espressione ferita dipingersi sul proprio viso, nonostante facesse di tutto per mantenere la calma. Eccone un altro che sapeva tutto sulle sue paure segrete! Ma se poteva accettarlo da parte della Carezza, per quel suo lato materno che lo faceva sentire protetto e al sicuro, l’intenzione con cui l’incappucciato aveva pronunciato quelle parole era meramente quella di fargli del male. Sentì montare dentro di sé una rabbia enorme, mai provata prima, e scariche elettriche cominciare a correre attraverso il suo corpo, lottando per uscire.
Nel frattempo, il mantello bianco si era rivolto a Mildred.
“Ed ecco la nostra testa calda, una barbara che alla soglia dei suoi 25 anni non ha altro scopo nella vita se non fare a pezzi e distruggere. Sai”, continuò “se non fossi così tremendamente complessata, probabilmente saresti un demone perfe-“.
Non poté terminare la frase che Mildred e Nom gli si avventarono addosso. Ma la cosa sconcertante fu che Keyleth e Lenn videro Lifaen gettarsi in mezzo alla mischia con un urlo furibondo, al fianco dei due combattenti. Lo stregone rimase come folgorato. L’eladrin, sempre così composto e aggraziato … che caricava un nemico al fianco della donna selvaggia. Avrebbe riso, se non fosse stato per la situazione in cui si trovavano.
Se avesse avuto un sorriso, si sarebbe detto più tardi, gli sarebbe morto sulle labbra.
Non appena Lifaen, Nom e Mildred giunsero in portata dell’incappucciato, dal mantello di quest’ultimo si sprigionò una strana nube viola, che coprì tutto il campo visivo dello stregone e della sacerdotessa. Una strana risata incorporea aleggiò nell’aria, mentre si coprivano naso e bocca, per evitare di inalare quello strano gas che, Keyleth aveva riconosciuto, era veleno.
“Lifaen! Mildred! Nom!” gridò lo stregone, fendendo la nebbia viola con i propri fulmini. Il gridò gli si fermò in gola, quando riuscì a vedere i propri compagni stesi a terra e privi di sensi.
Mentre Keyleth correva a sincerarsi delle condizioni dei loro amici, Lenn sentì le propria ginocchia entrare in contatto col suolo. Poggiò le mani a terra, e levò al cielo un grido di tristezza, disperazione ed angoscia.
Le lancette della torre dell’orologio batterono la mezza. Ma a lui sembrava fosse passato molto più tempo.
 
  
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