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Autore: Victoria93    16/01/2014    5 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Stai dicendo che sono io la tua ossessione, signor detective...?" gli sussurrò, di nuovo vicinissima alle sue labbra.
"Non lo so...ma mi stai impedendo di pensare. E nessuno era mai riuscito a ottenere un simile risultato nei miei confronti. Direi che le probabilità che tu sia diventata la mia ossessione sono intorno al 62%".
"Odio le tue stupide percentuali" replicò lei, senza riuscire a trattenersi dal ridacchiare.
"E io amo te".- Elle è pronto per dedicarsi al caso Kira, e ben presto incontra gli agenti giapponesi e si prepara allo scontro con il colpevole, come da programma, ma stavolta...il coinvolgimento di un nuovo agente dell'FBI nelle indagini lo porterà a cambiare notevolmente le sue prospettive, in un modo che nemmeno la mente più geniale del mondo avrebbe mai potuto calcolare e prevedere. Una storia d'amore, intensa, passionale, contro cui quasi niente sarà in grado di opporsi...
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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Capitolo 6- Scelte
 
Ruri rispose con circospezione, preparandosi psicologicamente al dover parlare con quel tacchino ignorante.
“Pronto”.
“Beh, era ora! Hai idea di quante volte abbia cercato di contattarti? O magari non ti hanno insegnato che il cellulare si tiene acceso?!”.
Ruri si pronunciò in un sorrisetto disgustato, roteando gli occhi.
“Ciao anche a te, Ray. È sempre un piacere sentirti”.
“Lo immagino, Yasuba”.
“Non mi chiamare in quel modo”.
“Ah, giusto, dimenticavo i tuoi affettuosi nomignoli in codice. Sentiamo, qual è quello che utilizzi stavolta?”.
Ruri dovette trattenersi dal riattaccargli in faccia, respirando profondamente.
“Sono l’agente Ruri Dakota, Penber. Che cosa diamine posso fare per te?”.
“Lo avresti saputo prima, se solo ti fossi decisa a fare le cose come si deve…”.
“Se ti riferisci a questo fottuto telefono e al fatto che lo tenessi spento, sappi che stavo lavorando, Penber, lavorando, hai presente? Quella cosa che si fa con la forza di volontà, la costanza, la capacità, la concentrazione e anche con quell’altra cosa che tu non hai, com’è che si chiama…ah, sì. Il cervello”.
“Molto spiritosa”.
“È sempre un piacere”.
 "Allora, come va con il tuo amichetto detective? Vi state divertendo?" sghignazzò l'uomo, deridendola.
Ruri sospirò pesantemente, cercando a tutti i costi di mantenere la calma.
"Bene, Penber, adesso ascoltami, e vedi di farlo molto attentamente, perché non te lo ripeterò una seconda volta: ho appena passato le ultime dieci ore a esaminare documenti che riguardano questo fottuto caso, senza cavarne quasi un ragno dal buco. Ho un gran mal di testa del cazzo, una notevole propensione a prendere a calci qualsiasi cosa si trovi nei paraggi e una spiccata tendenza all'omicidio, tanto per rimanere in tema. Detto tutto ciò, considerando che avverto il profondo desiderio di ridurti in poltiglia anche quando il mio umore è roseo, ti suggerisco di darci un taglio con queste stronzate e dirmi per quale cazzo di motivo hai pensato bene di disturbarmi, o te ne farò pentire amaramente".
"Uuh, paura. Senti, francamente non m'interessa se oggi lo zio Fiume è venuto a farti una visitina" proseguì Penber, ghignando.
Ruri alzò gli occhi al cielo, frenandosi dallo sbraitargli addosso.
"Sei davvero disgustoso. E va bene, Penber, lo hai voluto tu; ti saluto, ho di meglio da fare che perdere il mio tempo con te".
La ragazza fece per riattaccare, quando, inaspettatamente, la voce del suo collega la chiamò indietro.
"Peccato, ero convinto che fossi interessata a conoscere il rapporto di oggi sulle mie indagini, ma se la metti così...".
"Aspetta un attimo, era per questo che mi avevi chiamata?" sbottò subito Ruri.
"Pensavi che volessi invitarti a cena? Sono sempre in tempo, bambolina...".
"Tappati quella fogna e prega che Naomi non ti abbia sentito, animale. Allora, che cos'hai per me?".
"Gentile come sempre".
"Hai intenzione di farmi perdere tutta la sera?".
"Non sarebbe una cattiva idea...".
"Penber...!!!!".
"Va bene, va bene, ho capito. Ti sembrerà strano, ma nemmeno io ho troppa voglia di discutere".
"Non si direbbe; comunque sia, ti decidi a parlare sì o no?".
"Ti dico subito che non ho trovato niente di interessante" le anticipò Ray, il tono scocciato.
"E allora perché mi stai disturbando?".
"Perché Van Hooper mi ha ordinato di fare rapporto a te e a Elle con una certa costanza, e non lo avevo ancora fatto. A proposito del disturbarti senza motivo, in effetti speravo di poter ottenere qualche risultato concreto, nel frattempo, ma non puoi ricavare niente, quando non c'è niente da ricavare".
"La tua saggezza è commovente. Parli chiaro o no?".
"Quello che voglio dire" replicò Ray, rabbioso "È che stiamo sprecando preziosi momenti da dedicare alle indagini; questi assurdi pedinamenti e appostamenti sono quanto di più inconcludente potessimo programmare, credimi".
"Sarebbe a dire?" replicò Ruri, asciutta.
"Sarebbe a dire che è perfettamente inutile mettersi alle costole di questi poliziotti e delle loro famiglie, non stiamo arrivando a niente".
"Solo perché il tuo caso non presenta anomalie, non significa che questo valga anche per gli altri. Tanto per la cronaca, è del tutto evidente che Kira abbia accesso alle informazioni della polizia: di conseguenza, è proprio da qui che dobbiamo partire. Scommetto che perfino tu sei in grado di capirlo".
"Dakota, sto cercando di essere civile. Potresti cortesemente fare altrettanto?!!!" gridò Penber dall'altro capo, quasi furioso.
"Va bene, va bene. Allora, parliamo del caso: chi ti hanno affibbiato?".
Ruri lo udì sospirare scocciatamente, e dovette trattenersi dal rispondergli di nuovo a tono.
"Ho dovuto farmi in quattro, una cosa da non credersi. In questi giorni, mi hanno ordinato di pedinare la famiglia Kitamura e la famiglia Yagami".
"Ah beh, ti sono toccati i due pezzi grossi, eh? E come va?".
"Principalmente, ho scelto di concentrarmi con più interesse sugli Yagami, per il momento. E considerando che il sovrintendente è quasi sempre al lavoro e che è raro che la madre e la figlia facciano molto di più che starsene in casa a guardare la televisione, ho dedicato maggiori attenzioni al figlio maggiore".
Mentre Ray continuava a parlare, Ruri si sedette alla sua scrivania, cominciando a sfogliare i documenti riguardanti gli agenti al momento indagati, che Watari le aveva fornito un paio di giorni prima: Elle aveva voluto che avesse le stesse informazioni di cui lui stesso disponeva. Scorrendo con attenzione i fascicoli, si fermò improvvisamente su quello relativo proprio alla famiglia Yagami. Con lentezza, dette uno sguardo alle foto di Sayu, Soichiro e Sachiko Yagami, per poi passare alla quarta, che ritraeva un giovane ragazzo sui diciott'anni, dal viso pulito e di bell'aspetto.
"Il figlio maggiore, hai detto?".
"Sì. Light Yagami".
"E che mi dici di lui?".
"Assolutamente niente di significativo".
"Ovvero?".
"È uno studente modello, probabilmente il migliore di tutto il Giappone. Durante il giorno, non fa altro che andarsene a lezione, studiare, trascorrere a malapena un po' di tempo con gli amici...è arrivato primo in tutte le graduatorie dello Stato, ed è anche campione regionale di basket e di pallavolo. Ha anche una spiccata propensione per il tennis, e a volte presta il proprio talento al vicino doposcuola, dando ripetizioni gratuitamente".
"Questo lo dice già la sua cartella" lo interruppe Ruri, spazientita.
"Beh, è tutto quello che c'è da sapere di lui".
"Stai scherzando, Penber?! Stai dicendo che dopo giorni che lo segui non hai ancora trovato nulla? Non hai notato davvero niente di strano?".
"Come ho già detto, è impossibile notare qualcosa, quando non c'è niente da notare".
"O magari non usi gli occhi come dovresti!".
"Vuoi ricominciare?".
"Voglio che tu faccia il tuo lavoro decentemente, per una volta".
"Non sei il mio capo, Dakota. È meglio che tu non ti faccia strane idee al riguardo".
"Già. Peccato che il NOSTRO capo ti abbia espressamente ordinato di riferire a me tutto ciò che fai, per cui direi che sono io quella a cui devi rispondere. Allora" riprese poi, zittendolo subito "Sarà meglio che nei prossimi giorni ti concentri meglio su questo Yagami; non so perché, ma ho la sensazione che sia meglio tenerlo d'occhio".
"Ti ho già detto che non ha niente di sospetto. Andiamo, è praticamente il figlio ideale...".
"Appunto" lo interruppe Ruri, lo sguardo concentrato sulla fotografia del ragazzo "Ha ottimi voti, un curriculum eccellente, fa volontariato e aspira a diventare poliziotto come suo padre...è troppo perfetto".
"Non starai dicendo che vuoi che pedini qualcuno più del dovuto solo perché ti sembra troppo perfetto? Mi auguro vivamente che tu stia facendo del penoso umorismo, Ruri".
"No, Ray, non sono mai stata così seria" replicò Ruri, a sua volta molto tagliente "Non possiamo escludere nessuna pista, e considerando con quanta facilità stai saltando a conclusioni, dati i tuoi pessimi precedenti in materia di risultati d’indagine, posso affermare che non è bene lasciar perdere questo ragazzino così facilmente. Continua a seguirlo, chiaro? E mantienimi informata su ciò che scoprirai".
"Mi sembrava di averti già detto che io non prendo ordini da te, Dakota".
"Penber...".
"E sono perfettamente in grado di gestire queste indagini a modo mio, senza che tu e il tuo prezioso Elle vi mettiate in mezzo. Light Yagami non ha niente di sospetto, è un ragazzo normalissimo, e io non ho intenzione di perdere il mio tempo seguendolo a scuola o a qualche dannato appuntamento con una ragazza!! Cristo, è solo un adolescente!!".
"Penber, il fatto che una persona compia una serie di azioni nell'arco di quattro giorni non implica necessariamente che ripeta quei gesti in ogni dannato momento della sua vita!!!" sbottò Ruri, esasperata "Certo che per essere un agente dell'FBI sei veramente un cretino!!!!".
“Va bene, adesso ne ho proprio abbastanza!! Non ho nessuna intenzione di starmene qui a farmi comandare a bacchetta da una come te!!!”.
“Ho sentito bene, Penber?!? Vuoi metterti contro i tuoi superiori?! Lo sai che perderai il caso, oltre che, probabilmente, il posto?!”.
“Questo è tutto da vedere. Per il momento, considero quasi del tutto chiusa la faccenda di Light Yagami; lo tallonerò per un altro paio di giorni, e poi basta! Non ho nessuna voglia di sprecare il mio tempo in modo così inconcludente, e se tu e il tuo piccolo, stupido detective siete disposti a farlo, questo non è affar mio! Addio, Dakota”.
“Penber, maledizione, se scopro che Light Yagami ha qualcosa a che fare con questa storia, io ti…”.
Non fece in tempo a completare la frase, poiché Ray le aveva già riattaccato il telefono in faccia.
“IO TI FACCIO CAUSA, PENBER!!!!” completò, nonostante tutto, per poi scagliare il cellulare sul divano, quasi dall’altra parte della stanza.
Esausta e snervata, nonché ancora incredula di fronte al fatto che potessero esistere esseri umani così decerebrati, si sedette nuovamente alla sua scrivania e riprese a esaminare i fascicoli sfogliati fino a poco prima.
Senza nemmeno sapere perché, non riusciva proprio a distogliere gli occhi dalla fotografia dello stesso Light Yagami; sicuramente, era tutto ciò che Penber aveva descritto. Un tipo molto intelligente, ligio al dovere, acuto, un bravo ragazzo…o almeno, così sembrava.
Diamine, forse Penber aveva ragione, si stava fissando troppo su un dettaglio che avrebbe potuto rivelarsi insignificante, e certo tutti loro non avevano tempo da perdere. Eppure, c’era qualcosa…forse riguardava la pista dello studente proposta da Elle, o forse il fatto che presentasse un quoziente intellettivo così alto, o forse che avesse fatto già la sua iscrizione alla facoltà di Criminologia dell’Università di Tokyo, o forse…forse tutto aveva a che fare con la carriera di suo padre…
Non lo sapeva, ma tempo addietro le avevano insegnato a riflettere con calma, analizzando bene i fatti, ma senza sottovalutare l’istinto.
Con un gesto rapido, afferrò di nuovo il cellulare, colta da un pensiero improvviso: se davvero Light Yagami aveva qualcosa a che fare con quelle morti, non era escluso che fosse già all’erta, nel tentativo di capire se fosse osservato o meno, e di conseguenza…
*Se Light Yagami è Kira, Penber potrebbe essere in pericolo. Ma andiamo, tutto questo non ha senso…non posso saltare a conclusioni affrettate così dal niente. Non ho nulla in mano…è vero che non è opportuno lasciarlo perdere così facilmente, ma di qui a sospettare in concreto che lui possa essere il killer…beh, è decisamente eccessivo. Magari dovrei aspettare un possibile responso o qualche risultato dagli altri agenti…accidenti, sicuramente si dovranno pur rivelare più competenti di Penber, altrimenti rischio di infilarmi la pistola in bocca prima della fine di questa storia. Ma perché ho cominciato a fissarmi così tanto su quel ragazzo? Diamine, forse sto solo lavorando troppo…*.
Eppure, prima di tornare al suo lavoro, non poté in ogni caso fare a meno di mandare un sms all’amica Naomi, pregandola di tenere d’occhio Ray per quanto fosse nelle sue possibilità.
 
In quello stesso momento, Elle diede un’altra occhiata allo schermo della telecamera che stava inquadrando Ruri, rendendosi conto di nuovo d’essere quasi incapace di staccarne lo sguardo.
Passandosi una mano davanti al volto, per la prima volta in tutta la sua vita si domandò se la loro collaborazione non avrebbe potuto essere migliore, in qualche modo…magari, incontrandola di persona…
Immediatamente, si dette dello stupido: come facevano a venirgli in mente pensieri del genere? Non si era mai fidato di nessuno a tal punto, di nessuno…solo Watari aveva visto il suo volto, fino a quell’istante, e allora come diavolo poteva andare a pensare cose di quel tipo?
Si stava soltanto facendo prendere da una stupida simpatia, che forse stava nascendo in lui per quella ragazza? Cazzo, non la conosceva nemmeno…
*Beh…posso dire di conoscere qualcuno fino in fondo?*.
Riflettendoci con attenzione, si rese conto che non aveva mai rimuginato in quel modo sul suo rapporto con un altro essere umano…magari perché non aveva mai avuto uno degno di nota, fatta appunto eccezione per quello con Watari…in effetti, non era certo di conoscere bene nemmeno lui…
E poi, cosa diamine era quella stramba sensazione che provava nel guardarla tramite le telecamere, quel senso di rilassamento che avvertiva all’altezza del petto, quella voglia quasi impercettibile di sorridere nell’osservare i suoi movimenti?
Scosse la testa, ripetendosi ancora che doveva solo concentrarsi sul caso e basta.
*Qualsiasi dannata cosa mi stia prendendo, è meglio lasciar perdere. Non posso permettermi alcuna distrazione*.
 
La mattina dopo, uscendo dalla doccia, Ruri avvertì quasi istantaneamente il segnale di chiamata di Watari; dopo essersi vestita molto velocemente, si precipitò al computer, mentre il monitor si divideva all’istante fra la W, iniziale dell’uomo, e la grossa L che nascondeva l’identità del detective. Da un dettaglio del genere, capì che erano tutt’e tre in collegamento fra loro.
“Che c’è, Watari?” domandò subito Elle.
“Si sono verificati decessi per arresto cardiaco in circostanze diverse dal solito” replicò Watari.
“Diverse dal solito, hai detto?” ribatté Ruri.
“Vi invio le immagini e il messaggio che sono stati trovati”.
“Grazie”.
Pochi istanti dopo, sugli schermi di entrambi apparvero le fotografie di alcuni cadaveri, uno dei quali sembrava fosse disteso sul pavimento di un bagno, e di una stella a cinque punte, tracciata sul muro con quello che sembrava…sangue. Accanto ad esse, c’erano le istantanee di alcuni messaggi scritti su frammenti di carta…
“Sono parole di terrore nei confronti di Kira. Potrebbe trattarsi di azioni volontarie delle vittime…” dedusse Elle, non appena Watari ebbe interrotto il suo contatto.
“Tu dici?” rispose Ruri, dubbiosa “Non lo so, c’è qualcosa…guarda le loro espressioni. ‘Sai che succederà presto’…’Che cosa devo fare?’…’Gli ho detto che non c’entro niente…’…sono così confuse e deliranti…certo, è possibile che in questi giorni si siano fatti prendere dal panico, considerando che devono essere in qualche modo venuti a conoscenza di ciò che sta accadendo a tutti i criminali, ma…non lo so, ho la sensazione che ci siano troppe coincidenze”.
“Quindi, pensi che potrebbe essere opera di Kira?”.
“Non lo escludo affatto”.
“Nemmeno io…ricapitoliamo ciò che abbiamo concluso finora. Per uccidere, Kira ha bisogno di un volto e di un nome corretto corrispondente, e può controllare l’ora del decesso a suo piacimento. Ma se può fare questo…può anche manipolare le azioni precedenti la morte?”.
“Credo che tu abbia ragione. Se solo capissimo come fa a uccidere…ti confesso che mi sembra tutto così assurdo, con il passare del tempo. Perché uccidere in questo modo, inoltre? Ha cambiato il suo modus operandi…come se volesse dirci qualcosa…”.
“Mi dispiace, ma questa volta sei fuori strada”.
Ruri fissò sorpresa il monitor, alzando un sopracciglio.
“Sarebbe a dire?”.
“Guarda ancora le immagini che ci ha inviato Watari: una stella a cinque punte dipinta sul muro. Il referto che la polizia ci ha mandato indica che il detenuto si è tagliato un dito poco prima di morire, e che è con il sangue che ha potuto disegnare quel simbolo. Un’altra vittima è evasa dal carcere ed è morta poco dopo, nei bagni del personale. Il terzo morto anomalo ha lasciato questi messaggi…”.
“E tu pensi comunque che Kira non stia cercando di dirci niente?”.
“Forse sì, ma non è questo il suo vero obiettivo. Come puoi sicuramente dedurre, quest’alterazione del suo modus operandi è completamente contraria agli aspetti base del profilo psicologico che hai tracciato”.
“È vero, ma la psicologia non è una branca della scienza che può essere sicura al 100%, Elle”.
“Lo so; eppure c’è qualcosa sotto tutto questo…resta in linea” le disse, per poi avviare subito la comunicazione con il quartier generale.
“Sovrintendente” disse, non appena l’immagine degli uffici della polizia fu di fronte agli occhi di entrambi.
La sua voce fece sollevare lo sguardo a tutti i poliziotti presenti, incluso lo stesso Yagami.
“La pregherei di limitarsi a comunicare ai media che queste morti sono avvenute per arresto cardiaco, senza aggiungere altro. È possibile che Kira stia effettuando qualche test sui criminali…in tal caso, è probabile che aspetti una conferma da noi”.
“D’accordo…capisco” replicò Yagami, conciso.
Ruri si passò una mano fra i capelli, il gomito destro appoggiato alla scrivania e la stanchezza che le pesava sulla fronte. Test sui criminali? Possibile che Elle avesse di nuovo ragione? Ma se davvero stava effettuando delle verifiche, usando quei detenuti come cavie…allora qual era il suo vero scopo?
“Non può essere, li ha uccisi per fare un test…” commentò un agente, incredulo.
“È terribile…”.
“Non può permettersi di giocare in questo modo con delle vite umane. La pagherà, per questo” dichiarò Yagami.
Osservandolo in volto, Ruri capì che anche lui doveva essere davvero esausto.
Dannazione, non poteva permettere che quella faccenda le sfuggisse di mano! Che diamine stava facendo, quel pazzo?
In contemporanea, sia Elle che Ruri tornarono a guardare le immagini della stella a cinque punte e dei messaggi terrorizzati lasciati dalla terza vittima.
*Se è arrivato a usare delle vite umane come cavie…a che cosa mira?* pensarono, nello stesso momento.
Interrompendo il contatto con gli agenti giapponesi, Ruri tornò a fissare la L gotica di fronte a sé.
“Sei proprio sicuro che quel disegno e quei messaggi non abbiano un significato più concreto?”.
“No, non del tutto. Ma comunque sia, escluderei subito qualunque pista da ricollegarsi a quella ridicola stella”.
“E perché?”.
“Perché si tratta soltanto di un grottesco tentativo di farci credere che questo assassino abbia qualcosa a che vedere con qualche dannata setta, o qualcosa del genere. No, Kira è ben altro che un occultista o un fanatico religioso. La sua motivazione è profonda e personale. Inoltre, un simbolo di quella natura sarebbe fin troppo scontato per un tipo come lui, non sei d’accordo?”.
“Probabilmente è vero, ma suggerirei di esaminare comunque con interesse questa parte della documentazione: magari troviamo qualcosa”.
 
A distanza di diverse ore, quella sera, gli occhi di Elle non si erano ancora staccati dalle foto che ritraevano le ultime parole delle vittime di quel giorno: sicuramente, Ruri aveva ragione, doveva pur esserci qualcos’altro…uno come Kira non avrebbe mai scelto dei termini a caso, considerando che era la prima volta che, sulla scena del delitto di uno dei suoi omicidi, venivano ritrovate delle missive…
*Perché Kira ha svolto dei test servendosi dei criminali? Sta per fare qualche mossa…? Se agisse ora, l’FBI si accorgerebbe di un individuo che si comporta in maniera sospetta…e se invece…fosse tutt’altro che un test, se il suo obiettivo fosse un altro? Se questa frase e il disegno nascondessero un altro messaggio?*.
Improvvisamente, alla sua vista balenarono le parole iniziali di ognuna delle frasi che aveva di fronte, volte a formare un altro periodo, che, tuttavia, restava incompleto…
*Ma certo!!*.
 
Subito dopo, al portatile di Ruri giunse un altro segnale di richiesta, che indicava l’arrivo di una mail: sedendosi e aprendo il file, la ragazza scorse il nuovo messaggio che il detective aveva ricomposto…
*Un anagramma, eh? ‘L, lo sai che gli…’…ma che cosa significa?*.
Con un gesto deciso, cliccò sul pulsante di chiamata e avviò la comunicazione con Elle.
“Ti stai dilettando con giochi enigmistici?” scherzò, per poi tornare subito seria.
“Che te ne pare?”.
“Ah, non saprei proprio. Direi soltanto che al nostro uomo piace giocare con te; sicuramente vuole dirti qualcosa, ma è come se volesse che tu scoprissi tutto per gradi. Dà l’impressione di volerti attrarre in una specie di trappola, e senz’altro è convinto di poterci riuscire”.
“Non se faccio in modo che ci finisca lui per primo”.
“Questo tizio sta diventando sempre più infantile, o forse lo è sempre stato, e stiamo scoprendo il suo disturbo psicotico per gradi”.
“Come profiler professionista…ti sentiresti di affermare che davvero non è sano mentalmente?” le domandò a bruciapelo Elle, lasciandola stupita.
“Beh, non è quello che ho detto. Di sicuro è un megalomane, ha manie di protagonismo e di onnipotenza, è nevrotico…ma tutto questo non significa che sia pazzo. Quantomeno, non nel senso comune del termine” rispose, riflettendo con calma.
“Che cosa intendi dire?”.
“Intendo dire che è perfettamente cosciente di quello che fa, e dubito che qualsiasi magistrato arriverebbe a pensare il contrario”.
“È esattamente quello che mi interessava. Come stanno procedendo le indagini dei tuoi colleghi?”.
Ruri sospirò, scuotendo il capo e versandosi un po’ di caffè.
“Siamo a un punto morto. O il nostro serial killer è veramente bravo come sembra, oppure stiamo semplicemente girando in tondo”.
“Propenderei per la prima ipotesi. Sono passati solo cinque giorni, dopotutto. Aspettiamo ancora un po’”.
“D’accordo. Ti manterrò informato, se scopro qualcosa”.
 
Il giorno dopo, intorno alle 23.00, Ruri si svegliò di soprassalto, il respiro ansimante. Rialzandosi a sedere sul letto e scostandosi dal volto i capelli madidi di sudore, capì di aver avuto un altro incubo. Sospirando, si trattenne dallo scoppiare a piangere o dal dare sfogo al suo isterismo, ingoiando nuove pillole e bevendo un lungo sorso d’acqua; nell’alzarsi in piedi, lanciò un’occhiata allo specchio che aveva di fronte, regalandosi uno sguardo molto critico.
I suoi lunghi capelli neri, di solito lisci, erano arruffati e scomposti, i suoi occhi azzurrissimi erano ancora più cerchiati di nero di qualche giorno prima, e in quei giorni aveva finito per perdere altri cinque chili. Magari non dormiva nemmeno quanto avrebbe dovuto, soprattutto considerando che quei maledetti incubi, costellati di ricordi, non smettevano di assillarla…forse era per questo che non desiderava mai chiudere gli occhi.
Cercando di darsi una sistemata ai vestiti stropicciati che non si era nemmeno tolta, essendosi addormentata nel bel mezzo di un’ulteriore analisi del caso, finì per impiegare alcuni secondi per capire che il suo cellulare stava squillando nuovamente.
Prima di rispondere, fissò il display, quasi stralunata. Naomi la stava chiamando in piena notte.
“Pronto” rispose, ancora frastornata.
“Ruri, sono Naomi”.
“Questo l’ho già constatato. Naomi, cosa c’è? Sono le undici passate…”.
“Mi dispiace, non volevo disturbarti. Stavi dormendo?”.
Tentando di ignorare il fastidiosissimo mal di testa che la stava assillando, Ruri si spostò nel salotto della suite, sedendosi sulla consueta poltroncina.
“No, a dire il vero stavo lavorando…devo essermi appisolata un momento. Che cosa posso fare per te?”.
Ruri la udì rimanere in silenzio per un tempo considerevolmente lungo, con titubanza.
“Naomi…”.
“Ruri, posso fidarmi di te, non è vero?”.
Il suo tono serio e preoccupato destò la sua attenzione, portandola a sedersi più dritta.
“Naomi…”.
“Posso fidarmi di te?” ripeté la giovane, con insistenza.
“Sì, certo che puoi. Naomi, è successo qualcosa?” le domandò, ora preoccupata.
Abbassando considerevolmente il tono, Naomi le rispose dopo un’altra pausa.
“Volevo parlarti di Ray”.
“È lì con te, adesso? È per questo che parli piano?”.
“Esatto. Si è appena addormentato”.
“Che ti ha fatto, quel pezzo di merda?!”.
“Non mi ha fatto niente, Ruri, ti prego, calmati” la implorò l’amica, senza smettere di sussurrare.
“Va bene, va bene. Che cos’è successo?”.
“Hai visto il telegiornale, questa sera?” le chiese poi, ansiosa.
“Sì, perché?”.
“Hai sentito del dirottamento dell’autobus 174 diretto a Spaceland? È successo stamattina, intorno alle 12.00”.
In tutto il tempo in cui aveva avuto modo di conoscerla, Ruri era certa di non averla mai sentita così agitata.
“Sì, vagamente, era nel notiziario delle 20.00. Naomi, che ti prende?”.
“L’uomo armato che aveva preso il controllo del pullman, Kichiro Hosoreda…lo avevi già sentito nominare?”.
“Per quanto ne so, aveva rapinato una banca, un paio di giorni fa. Sembra che fosse un tossicodipendente…Naomi, vuoi spiegarmi che diamine…?”.
“Ruri, Ray oggi era su quell’autobus!”.
Quella dichiarazione la colse di sorpresa; Penber era presente sul mezzo diretto a Spaceland, che quel giorno era stato dirottato? Probabilmente, stava pedinando qualcuno…qualcuno dei sospetti…forse lo stesso Light Yagami?
“Mi dispiace, Naomi. Ray sta bene?” le domandò subito dopo.
“Sì, sì, sta bene. Senti, tu non ci vedi niente di strano, in tutta questa storia?”.
“Che cosa intendi dire?” le chiese, cauta.
“Io non penso che si sia trattato di un caso”.
“Sarebbe a dire?” insistette Ruri, attenta a non perdersi nemmeno una parola.
“Ray si trovava quell’autobus perché stava pedinando qualcuno, giusto?”.
Ruri assunse un’espressione spazientita, alzando gli occhi al cielo.
“Te lo ha detto lui?”.
“Ruri, per favore…”.
“Eppure dovrebbe sapere che queste fottute informazioni sono riservate!!”.
“Ruri, calmati…”.
“No, non mi calmo, Naomi! Senti, mi dispiace veramente che tu non possa collaborare con noi alle indagini, ma sei stata tu a decidere di dare le dimissioni, ok? Adesso non posso dirti niente di concreto, non sono autorizzata a farlo, e non lo è nemmeno quell’idiota!!”.
“Ruri, non mi ha detto niente! È solo un mio sospetto, niente di più: proprio non puoi confermarmelo?”.
“Se mi dici che cos’è che ti preoccupa tanto riguardo a questa storia, potrei anche fare un’eccezione, ma non voglio che ti ci abitui, Naomi. Sono ancora un’agente dell’FBI”.
“Lo so. Allora, puoi confermarmi che stava seguendo qualcuno?”.
Ruri sospirò un’altra volta, versandosi un sorso di vodka.
“Sì…sono quasi del tutto certa che lo stesse facendo, ma chiaramente non posso rivelarti i nomi delle persone che è stato incaricato di sorvegliare. Allora, che cosa volevi dirmi?”.
Dall’altro capo del telefono, Naomi sospirò nuovamente.
“Il punto è che…che il dirottatore è morto poco dopo aver preso il controllo dell’autobus. Pare che sia sceso di corsa e che sia finito sotto una macchina”.
“Sì, questo lo so già. Ma di cosa stai…?”.
“Non pensi che possa entrarci Kira, in tutta questa storia?”.
Quella frase la lasciò sbigottita per qualche momento, costringendola a inumidirsi il palato prima di proseguire.
“Kira…? Ma si è trattato di un incidente stradale…”.
“Lo so. Ma non siete ancora certi riguardo al suo modus operandi, dico bene? Forse…forse l’arresto cardiaco non è il solo modo con cui può uccidere le sue vittime”.
Ruri rifletté per qualche istante sulle parole della sua ex collega, l’espressione pensierosa.
“Non saprei, Naomi…sarebbe la prima volta concreta che abbiamo a che fare con un repentino cambio della modalità con cui perpetra gli omicidi. Forse stai solo correndo troppo con le ipotesi…”.
“Non lo so, Ruri, ma sono preoccupata…Ray mi ha anche detto di aver mostrato il suo distintivo a uno dei passeggeri…”.
“CHE COSA?!?!?” sbottò Ruri, balzando in piedi “Sono SETTIMANE che gli dico di non andare in giro a sbandierare la sua identità, e quel DEMENTE pensa bene di schiaffare le sue generalità sotto il naso del primo sconosciuto con cui ha a che fare?!? È veramente un IMBECILLE!!!!!”.
“Ruri, non alzare la voce, ti prego”.
“Sì, scusami” replicò la moretta, chiudendo gli occhi nel tentativo di calmarsi “Scusami, è solo che questo caso mi sta uccidendo”.
“Senti, lo so che non puoi dirmi nient’altro…ma parlerai delle mie teorie con Elle? Lo so che magari sono farneticazioni, ma ho una strana sensazione al riguardo. Puoi fare questo per me?”.
Dopo qualche istante di silenzio, Ruri le rispose, con un altro sospiro.
“Va bene, gliene parlerò. Non è escluso che tu possa avere ragione, anche se ho dei dubbi, in merito. Ma nel frattempo, Naomi…cerca di restare fuori da questa storia. È pericoloso, e io non posso aiutarti, lo sai. Sta’ lontana da questo pazzo omicida”.
“Va bene, ti prometto che starò attenta”.
“E soprattutto, Naomi…per nessuna ragione, per nessuna ragione devi rivelare a qualche estraneo il tuo vero nome. Hai capito? Per nessuna ragione. Non possiamo fidarci di nessuno: non uscire dall’albergo, non presentarti ad estranei e tieni gli occhi aperti. Hai capito?”.
“D’accordo, Ruri, farò come mi hai detto”.
“Adesso cerca di riposare. A presto”.
“Ciao”.
Non appena ebbe terminato la chiamata, Ruri sentì un nuovo squillo provenire dal computer: avvicinandosi, vide che Elle le aveva appena inoltrato un’altra fotografia di un ulteriore messaggio lasciato dalla nuova vittima di Kira.
Anagrammando le parole in modo corretto, si rese conto che si trattava del seguito della precedente frase che avevano letto il giorno prima…
*‘L, lo sai che gli dei della morte…’…gli dei della morte? Ci sta prendendo in giro? Che cosa significa?*.
 
Dopo aver inviato il file a Ruri, Elle tornò a fissare lo schermo con titubanza, riflettendo su ciò che aveva appena letto.
*Gli dei della morte…Kira…stai forse cercando di dirmi che esistono gli dei della morte?*.
“Ascolta, Watari” disse, avvicinandosi al microfono “Di’ alla polizia di tenere gli occhi puntati sulle prigioni, perché potrebbero arrivare altri messaggi dai carcerati”.
“Ricevuto”.
 
Esattamente una settimana più tardi, nel tardo pomeriggio del 27 Dicembre, Ruri concentrò ancora una volta lo sguardo sulla frase che lei ed Elle avevano ricomposto, cercando di capire a cosa potesse fare riferimento. Gli dei della morte? Perché Kira stava accennando agli shinigami giapponesi? Sapeva poco delle antiche tradizioni di quel Paese, ma quell’accenno doveva essere dannatamente importante. Poteva darsi che stesse identificando se stesso come una sorta di dio giustiziere, come aveva ipotizzato Elle tempo prima? Oppure, il significato era da ricercarsi dietro la stessa figura mitologica presa in esame…quel giochetto stava iniziando a stancarla.
Prima che potesse ulteriormente proseguire, un nuovo avviso di videochiamata attirò la sua attenzione; immaginando che si trattasse di Elle, si preparò a illustrargli le sue parziali conclusioni su quella vicenda, ma dovette ricredersi.
Di fronte ai suoi occhi sorpresi, era appena apparso il nome di James Van Hooper.
Non appena ebbe accettato la richiesta, al suo sguardo apparve il volto del capo dell’FBI, pallido e trafelato.
“Misaki, sta bene?!?” le domandò subito, a metà fra il sollevato e l’incredulo.
Ruri lo fissò con espressione stralunata.
“Certo che sto bene, direttore. Ma non mi chiami così: sono l’agente Ruri Dakota”.
“Certo, capisco…ma…ma come…”.
Non riusciva a spiegarsi per quale motivo fosse così spaventato e stranito.
“Capo, si sente bene?”.
“Ma…ma lei è viva!!”.
“Certo che lo sono. Ha bisogno di un referto medico che glielo confermi?”.
“Dio sia lodato…” disse, asciugando il sudore che gli stava imperlando la fronte calva.
“Direttore, posso chiederle che diamine sta succedendo?”.
Prima di proseguire, James bevve un lungo sorso d’acqua e poi riprese a fissarla, molto serio.
“Agente, i suoi collaboratori inviati in Giappone sono tutti morti!!”.
Quella notizia le giunse come un colpo al cuore, mozzandole il respiro: morti?!? Tutti morti?!? Ma come diamine era possibile?!?!
“Che significa che sono tutti morti?!?” sbottò, battendo un pugno sul tavolo.
“Significa quello che le ho appena detto. Sono deceduti tutti in seguito ad arresto cardiaco”.
“Arresto cardiaco?!?!”.
“Sì…è opera di Kira, non ci sono dubbi al riguardo”.
Ruri si prese la testa fra le mani, cercando disperatamente di pensare. Morti, tutti morti…ma com’era possibile? Kira non poteva averli incontrati tutti…non poteva conoscere i veri nomi di tutti loro…come accidenti…Improvvisamente, ripensò a Dylan, a tutti i colleghi che non avrebbe mai più rivisto…e senza nemmeno accorgersi di ciò che le stava accadendo, pensò anche a Naomi e a Ray.
“Avete avvisato le famiglie?” domandò poi, tentando di mantenere la voce ferma.
“Beh, non tutte. Non ne abbiamo avuto materialmente il tempo”.
“Capisco. Ha chiamato l’agente…voglio dire, la signorina Misora è stata informata della cosa?”.
“No, non ancora”.
“Allora non fatelo. È meglio che glielo dica io” concluse Ruri, passandosi una mano davanti agli occhi.
“Credevo che fossi morta” le disse poi il suo capo, rivolgendolesi con un tono confidenziale e paterno “Ho avuto molta paura…”.
“Sto bene, direttore, non deve preoccuparsi per me. Proprio non capisco come sia potuto succedere…” proseguì Ruri, incredula “Elle lo sa?”.
“Sì, l’ho chiamato poco fa per informarlo” replicò Van Hooper, grave.
“D’accordo. Questo è stato un colpo davvero basso, ma non possiamo permettergli di distruggerci. Adesso dobbiamo solo pianificare le prossime mosse e poi…”.
“Non mi ha lasciato terminare” la interruppe l’uomo, con aria ancora più grave “Ho appena comunicato ad Elle che l’FBI ha ufficialmente abbandonato le indagini in Giappone”.
Ruri rimase impietrita di fronte a quelle parole, lo sguardo fisso e i profondi occhi azzurri spalancati.
“Sta scherzando” concluse infine, serissima.
“Non lo farei mai, in una situazione del genere”.
“Lei…lei non può parlare sul serio!!!” sbottò Ruri, incredula.
“Posso, eccome. Agente Yasuba…agente Dakota” si corresse subito Van Hooper, fissandola con espressione indecifrabile “Non possiamo più confrontarci con questo serial killer. Non abbiamo i mezzi per poterlo contrastare, lo capisce?! I nostri uomini stavano agendo nel più completo anonimato, nemmeno la polizia giapponese era a conoscenza del loro arrivo in Asia, e Kira è riuscito comunque a scovarli e a ucciderli! Non posso permettere che questo massacro vada avanti!”.
“E di conseguenza, abbandona il caso! Io questo non lo chiamo fermare e catturare un assassino, lo chiamo gettare la spugna!! Vuole che quegli uomini siano morti invano?! Vuole che le loro famiglie non ricevano giustizia?!” sbraitò Ruri, gesticolando freneticamente.
“Voglio solo evitare di dover consolare altri orfani e altre vedove, nelle prossime settimane” affermò Van Hooper, stancamente.
“Pensavo che fosse consapevole dei rischi a cui andava incontro, accettando questo caso” replicò Ruri tagliente, a braccia incrociate.
“Forse non sono più sicuro nemmeno di questo…” rispose lentamente l’uomo, riprendendo a fissarla dritto negli occhi “In ogni caso, non ho nessuna intenzione di investire altri fondi e altro tempo in questa faccenda. È troppo pericoloso. Mi dispiace molto, agente, ma l’FBI si chiama fuori. Darò disposizioni affinché possa tornare a Washington il prima possibile”.
James fu sul punto di aggiungere qualcosa, ma Ruri lo precedette.
“No” disse, implacabile.
“Come?!” replicò Van Hooper, ancora più smarrito.
“Le ho detto di no, direttore. Lei non farà niente del genere. Io non mi muovo di qui”.
“Ma…ma si rende conto di quello che sta dicendo?!?!” gridò il direttore, battendo un pugno sulla sua scrivania.
“Perfettamente” ribatté Ruri, impassibile.
“Ruri, ascoltami bene, questo non è un gioco. Sei stata inviata in Giappone allo scopo di catturare Kira…”.
“E le ho anche giurato che lo avrei spedito sulla forca, costasse quello che costasse. Io non mi rimangio la parola” rispose Ruri, di nuovo tagliente.
“Non si tratta di rimangiarsi la parola!! Le ho appena spiegato che l’FBI ha abbandonato le indagini!!”.
“Ho capito, direttore”.
“Lei non può semplicemente…lei è un’agente dell’FBI!! Mi dispiace, ma non può fare di testa sua!!” gridò l’uomo, quasi in preda al panico.
“Non posso abbandonare questo caso!!” sbottò a sua volta Ruri “Non posso andarmene adesso! È lei che non si rende conto di ciò che sta facendo, non può semplicemente lasciar perdere!!!”.
“Ruri, lo sai che per me sei come una figlia…ma gli ordini non si discutono. Tornerai a Washington con il primo volo, fine della discussione!”.
“No, io non lo farò” ripeté Ruri, nuovamente irremovibile.
“Se non obbedisce…se non rispetta le mie disposizioni…sarò costretto a sospenderla dal suo incarico di agente e a condurla di fronte alla disciplinare!” la minacciò infine Van Hooper, quasi non sapendo più a che santo votarsi.
“Si risparmi il fastidio. Mi dimetto” gli disse lei, glaciale.
Il sentirla parlare in quel modo lo portò a cambiare colore molto velocemente, bloccando qualsiasi sua invettiva.
“Non parli sul serio” concluse infine.
“Oh, parlo sul serio eccome. Se lavorare a queste indagini non può convivere con il mio essere un’agente dell’FBI, allora do le dimissioni. Le invierò il modulo fra pochi minuti via fax, e farò in modo che lei abbia indietro il mio distintivo e la mia arma il prima possibile. Chiederò a Watari di occuparsene, sono sicura che non sarà un problema” continuò Ruri, asciutta.
“Ruri…cerca di riflettere, questa è una follia!!”.
“L’unica follia in circolazione è quella che le ha invaso la testa” ribatté la ragazza, ancora fredda “Ancora non posso credere che voglia arrendersi a questo criminale…”.
“Ti ho spiegato le mie motivazioni!! Dannazione, potresti cercare di capire!! Come ti salta in mente di lasciare l’organizzazione?! Hai sempre detto che questo lavoro era tutto per te!!”.
Ruri sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi per qualche istante prima di riprendere a parlare.
“Lo so. Ho accettato questo caso per permettere alla mia carriera di proseguire in modo brillante, ero entusiasta all’idea di lavorare con Elle perché credevo che questo mi avrebbe permesso di acquisire meriti come agente, ma adesso c’è qualcosa di più. Non so ancora cosa, ma non è solo una questione di lavoro” rispose lentamente, calma.
“Lei sta camminando sul filo del rasoio…è stato Elle a convincerla a fare questo, non è vero?” le chiese Van Hooper, preoccupato.
“No” rispose Ruri, guardandolo dritto in volto “Elle non c’entra assolutamente niente. È una mia decisione, tutto qui. Tempo fa, le ho detto che la carriera era tutto ciò che avevo: ma se lavorare a questo caso comporta il doverla sacrificare, allora sono pronta a farlo. Questo pazzo omicida non può continuare con questa folle serie di delitti…e io non posso lasciare che Elle faccia tutto da solo. Ha richiesto la mia collaborazione, e io non intendo abbandonarlo”.
“Ruri, potresti morire…” tentò ancora Van Hooper, quasi implorandola.
“Sono pronta a correre il rischio”.
“Ruri…”.
“Le invierò le mie dimissioni controfirmate fra pochi minuti. Spero che sia felice, nel suo essere pavido per tutta la vita. Forse ci rivedremo il giorno in cui io ed Elle consegneremo Kira alla giustizia, così magari potrò dirle quanto si sbagliava. Addio, direttore”.
“Ruri…!!”.
La ragazza chiuse la comunicazione senza aggiungere un’altra parola, prendendosi il volto fra le mani; diamine, era sicura di quello che stava facendo? Aveva agito d’impulso, senza riflettere? Eppure, la sola idea di abbandonare il Giappone senza aver combinato nulla di concreto…no, non poteva arrendersi, non poteva lasciare che tutto finisse in quel modo!! Dodici agenti morti…
Riflettendoci con attenzione, per la prima volta finì per domandarsi perché lei stessa non fosse deceduta. Se Kira aveva avuto accesso alle informazioni che riguardavano tutti loro, allora come…
Per la prima volta da quando Van Hooper l’aveva avvertita di quei decessi, riuscì a sorridere soddisfatta: certo, se Kira era venuto a conoscenza delle caratteristiche del suo volto, sicuramente le aveva abbinate al nome ‘Misaki Yasuba’, che nessuno al mondo, salvo lei e Robin, sapeva fosse falso…
Prima che potesse riflettere ulteriormente, le giunse una chiamata da parte di Elle; con mano tremante, gli rispose.
“Elle”.
“Ruri…”.
“Hai sentito tutto, immagino” affermò la ragazza, accennando alla stanza disseminata di telecamere.
“Sì”.
“Beh, non è una gran bella situazione. Non avrei mai pensato che il mio capo potesse essere un tale codardo…e non avrei mai pensato che Kira disponesse dei mezzi per giungere a tanto. Sono morti tutti, è una cosa incredibile…”.
“Sei sicura di quello che stai facendo?” le domandò lui a bruciapelo, lasciandola sbigottita.
“Di cosa stai parlando?” replicò, incrociando le braccia.
“Vuoi veramente rimanere in Giappone e continuare ad aiutarmi con le indagini?” le chiese ancora.
“Certo che lo voglio. Hai dei dubbi, in merito?”.
“Mi chiedo soltanto se tu ti renda conto fino in fondo di quello che dovrai affrontare” disse Elle.
“Sono pienamente consapevole dei rischi che sto correndo. Ma per il momento, dubito che Kira riesca a uccidermi, anche se non è escluso che lo faccia in futuro. In ogni caso, ho già comunicato a Van Hooper la mia intenzione di lasciare l’FBI”.
“Vuoi davvero abbandonare il tuo lavoro? Sai che posso proseguire nelle indagini anche da solo. Sei certa di voler sacrificare così la tua vita? Credevo che l’FBI fosse tutto, per te”.
Ruri sospirò per l’ennesima volta, passandosi una mano sulla fronte.
“Sì, lo credevo anch’io. Ma la sola idea di lasciare questo caso…mi dà la nausea, non posso nemmeno pensarci. Elle” disse poi, guardando lo schermo con una nuova aria risoluta “Hai espressamente richiesto la mia collaborazione per catturare questo serial killer. Non voglio che la nostra cooperazione si concluda in questo modo assurdo. Ti prego, lascia che continui a lavorare insieme a te. Sono sicura che potrò esserti d’aiuto”.
Elle rimase in silenzio per un lungo momento, prima di riprendere a parlare.
“Tu moriresti per catturare Kira…?”.
Quella domanda non la sorprese particolarmente, ma la portò bensì a sorridere, in maniera quasi del tutto indecifrabile.
“Tu moriresti nel tentativo di impedirmelo?” gli domandò, di rimando.
 
Nella sua stanza, Elle fissò l’immagine della ragazza, lo sguardo color oltremare determinato, fiero e sicuro. Era certo di non aver mai visto occhi più belli in tutta la sua vita.
Prima di avvicinare di nuovo le labbra al microfono, esitò solo per un altro istante, ma continuare a guardare quel volto gli donò la forza di proseguire.
“Ruri…vorrei che ci incontrassimo”.
 
Continua…
 
Nota dell’Autrice: Eccociiiiiiiiiii!!!!! Ho aggiornato!!! Fine sesto capitolo!!!! Eheheheh, che ne pensate?!? Al prossimo il tanto atteso incontro, yeeeeeeh, non vedo l’ora!!! Beh, che dite?! SCHIIIIIIFOOOOOO, vero? Lo so, lo so…L Ricordate bene il loro scambio finale di battute, in futuro sarà molto importante!!! Grazie ancora per le bellissime recensioni ad AnonimaKim, norahmckey, Pinkamena Diane Pie e Annabeth Ravenclaw, e grazie anche a Rack12345 per aver accettato il mio invito e aver recensito a sua volta, grazie di cuore!! Mi raccomando, fatemi sapere che cosa ne pensate, tornerò il prima possibile con il settimo e tanto atteso capitolo!! Adesso scappo a mangiare la pappa, bacioni a tutti!!!!! E ancora grazie dalla vostra Victoria <3 <3 <3 
   
 
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