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Autore: Mistful    03/06/2008    7 recensioni
“Kingsley Shacklebolt sta cercando di uccidermi,” annunciò Draco mentre si levava il mantello, marciava in cucina e sorprendeva Tiger e Goyle a pomiciare di nuovo contro il ripiano. I primi 5 capitoli di Drop Dead Gorgeous dal punto di vista di Draco ♥ (tradotta da Vale)
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: The Way We Get By (Come tiriamo avanti)

Titolo: The Way We Get By (Come tiriamo avanti)

Autrice: Maya (Mistful)

Traduttrice: Vale

Beta: Luciana, Lori

Nota della traduttrice: Ed eccoci arrivate al gran finale di TWWGB! La prossima settimana faremo una pausa (lo so che siete in trepidante attesa, ma abbiamo assolutamente bisogno di portarci un pochino avanti col lavoro per garantirvi una pubblicazione settimanale regolare, portate pazienza – e sappiate che stiamo trepidando anche noi per Maya! ^_^) e poi riprenderemo la normale pubblicazione di DDG. Mi raccomando, preparatevi, scintille in arrivo! Un bacio a tutte e buona lettura!

Capitolo quattro

Draco affrontò il cambiamento di compagno con molta calma. Di certo non voleva stare con qualcuno che non lo voleva, ed era sicuro che Theophilus Cardross sarebbe stato un grande compagno, e comunque non aveva il tempo per pensarci.

Doveva salvare suo padre.

Scrimgeour probabilmente non l’avrebbe ascoltato dopo quella sua stupida esibizione, e di certo non avrebbe potuto approfittare dell’influenza di Harry Potter. Così rimanevano soltanto i soldi e i politici.

Sarebbe stato nominato un consiglio per decidere la sorte di Lucius Malfoy. Draco doveva solo fare qualche ricerca sui cinque membri e fare in modo di ottenere una sentenza unanime.

Ne contattò due e arrivò alla conclusione che avrebbero potuto essere corrotti. Si mise a sedere in quel terribile appartamento vuoto con i documenti sparpagliati di fronte a sé a decidere se avrebbe dovuto vendere palazzo Malfoy o no.

“Casa nostra in realtà è tua-” cominciò Goyle, che era arrivato appena sentita la notizia per sottoporre Draco ad alimentazione forzata.

“Non fare lo stupido,” ringhiò Draco. “Non farebbe alcuna differenza.”

“Draco, sei sicuro che sia necessario ricorrere alla corruzione?” chiese Katie con un’espressione ansiosa. “Di certo una giusta sentenza farà-”

Draco sollevò la testa dalla sua pila di documenti e avanzò verso di lei. “Una giusta sentenza,” ripeté, e poi gettò la testa all’indietro e scoppiò a ridere. La vide sussultare. “Scrimgeour vuole un capro espiatorio per il paese, visto che non può avere un eroe, e io me lo sono inimicato. E quale capro espiatorio migliore di un Mangiamorte che è stato catturato mentre attaccava il preziosissimo Potter che allora aveva solo quindici anni, o che, come testimonieranno senz’altro i Weasley, ha tentato di uccidere la loro preziosa figlioletta undicenne?. Lo ha fatto sul serio, Katie. Ha fatto tutte queste cose. Il Bacio dei Dissennatori è la giusta sentenza. La giustizia è l’ultima cosa che voglio!”

Non aggiunse, Né per lui, né per me.

Katie indietreggiò e colpì il muro con la schiena. Il suo viso era di fianco ad uno di quei terribili quadri babbani, e per un momento apparve immobile proprio allo stesso modo.

“Tuo padre,” disse con voce piccola piccola, “non sembra una gran brava persona.”

Draco scoppiò di nuovo a ridere. Katie fece per indietreggiare, ma non aveva alcuna via di fuga. Lui allungò una mano, tracciò la linea della sua clavicola e le disse all’orecchio, con voce cattiva e tremante: “Io non sono una gran brava persona.”

Una voce nella sua testa gli disse di smetterla, perché la stava spaventando.

Lasciò bruscamente l’appartamento e uscì per una corsa sotto la pioggia, schizzando attraverso le pozzanghere gelate con i piedi intirizziti e resistendo all’impulso di colpire a casaccio i pali dei lampioni. Corse finché non scese una sera grigia e fredda, e poi si sedette su un marciapiede bagnato, si mise la faccia tra le ginocchia e cercò di fare dei respiri profondi attraverso la gola irritata.

Non poteva farlo di nuovo.

Non poteva perdere anche lei.

*

Quella notte Blaise Zabini passò dal suo appartamento. Draco alzò lo sguardo, sorpreso di vedere Zabini senza un’accompagnatrice né il suo entourage, ma gli faceva troppo male la testa per preoccuparsene.

Zabini guardò Draco e le carte sparse sul pavimento. Ogni linea del suo viso era bella da togliere il fiato e allo stesso tempo imperscrutabile.

“C’è un uomo che si chiama Everett in quel consiglio,” osservò in tono distaccato. “Hai il suo voto.”

“Ne sei sicuro?” chiese Draco.

Zabini fece una smorfia. “Dopo la giornata che ho appena passato, puoi starne certo.”

“Io-” cominciò Draco, e si fermò, commosso e intrappolato dalle sensazioni che stava provando, del tutto disarmato. Sapeva che Zabini, per quanto avesse un debole per il buffet sessuale ad entrata libera che era la sua vita, preferiva le donne. “Grazie,” riuscì a buttar fuori alla fine, accigliandosi sulla parola.

Una volta completata la missione di misericordia, Zabini si rilassò contro il muro e assunse la solita aria di quello che si godeva comodamente il suo status di uomo più attraente d’Inghilterra. “Hai un aspetto terribile,” rimarcò in tono pigro. “Peggiore del solito, intendo.”

“Quando prenderai la sifilide,” gli rispose Draco, “soffocherò dal ridere.”

“Mmmh,” ribatté Zabini, e si allungò per accarezzare con un dito indolente la linea del collo di Draco. “Sei ancora convinto di questa buffa faccenda della monogamia?” chiese. “Mi hanno detto che il sesso con un Veela ha un effetto straordinariamente calmante, visto che il piacere ti paralizza il cervello e tutto il resto. Potrei-”

“Il sesso non è la risposta a tutti i problemi della vita, Zabini.”

“Non sai quanto ti sbagli,” gli rispose lui scoccandogli un sorriso perfetto. “Hai del Whisky Incendiario?”

Bevettero insieme e poi Zabini controllò l’orologio ed esclamò: “Oddio, ho lasciato i quattro gemelli ad aspettarmi e ormai la salsa di cioccolato si sarà raffreddata,” e si Smaterializzò di punto in bianco.

Draco si sentì un po’ più confortato, fino a quando non arrivò in ufficio il giorno dopo e Theophilus gli chiese: “Sei consapevole che tutte queste proposte sono totalmente ed estremamente illegali?”

“Sei proprio un Tassorosso, Theophilus,” ringhiò Draco, e andò in sala pausa.

Lì Potter cercò di parlargli, ma Draco non riuscì a sentirlo perché era così arrabbiato che gli rimbombavano le orecchie. Anche attraverso la confusione, gli era del tutto chiaro che Potter stava solo cercando una riappacificazione di circostanza. Di certo si era reso conto che se Weasley e Pansy avessero portato avanti la loro empia unione e la Granger avesse insistito nel fare di Tiger un progetto di ricerca, avrebbero dovuto essere civili l’uno con l’altro.

Non c’era dubbio che Potter ci sarebbe riuscito, a condizione di non dover avere a che fare con lui per tutto il giorno, tutti i giorni. Notevole, da parte sua.

Potter gli afferrò il polso. Draco lo fissò e decise con un’indifferenza gelida che non aveva mai odiato così tanto qualcuno in tutta la sua vita.

Gli ringhiò qualcosa, liberò il braccio con uno strattone e si precipitò fuori dalla sala pausa dalla porta più vicina, ovunque pur di scappare, e si ritrovò nel bagno delle signore. Dove vide la nuova compagna di Potter, Chrysanthemum, seduta sul bordo del lavandino intenta a ululare in un fazzoletto.

“M-Malfoy,” singhiozzò lei, e la sua fuggevole speranza di svignarsela senza essere notato morì sul colpo.

Ebbe la tentazione di limitarsi a inarcare un sopracciglio e andarsene lo stesso, ma un vago, irritante senso di comprensione lo costrinse ad avvicinarsi al lavandino.

“Qual è, ehm, il problema?” chiese riluttante, sperando di non doversi sorbire una tiritera sugli sbalzi di umore e sui Periodi Femminili.

“Penserai che sono ridicola,” si lamentò Chrysanthemum, e crollò di nuovo nel fazzoletto.

“No,” rispose Draco, e tentò un gesto vago che, se fosse stato più vicino, avrebbe potuto essere una pacca alla schiena. “No, no. Qualche volta abbiamo solo bisogno di piangere. In bagno,” aggiunse, e poi si affrettò a specificare: “Non io, ovviamente. Sono troppo virile. Ma la gente. In generale. Ci ho fatto caso.” Si accorse che stava delirando e la fissò con uno sguardo accusatorio. “Cosa c’è? Sputa il rospo, non ho tutto il giorno.”

Chrysanthemum sventolò il fazzoletto come una bandiera che simboleggiava la sua agonia.

“È Harry,” esclamò. “È terribile – non so come hai fatto a sopportarlo, lui – non vuole parlare, ed è così lunatico, e qualche volta mi fa paura e sembra sempre tremendamente infelice. Malfoy,” continuò, mentre sbatteva le palpebre per ricacciare indietro le lacrime, “per favore, te lo riprenderesti?”

Draco sentì la bocca storcersi in un ghigno rapido e affilato. “Temo di non poterti aiutare,” strascicò. “È stato lui a scaricarmi. E visto che ha detto che preferirebbe chiunque altro come suo compagno,” continuò, facendo risuonare la parole come se stesse stuzzicando crudelmente una crosta, “non penso proprio di poterlo fare, no.”

“Oh,” mugolò Chrysanthemum, fissandolo con gli occhi spalancati. Poi seppellì la faccia nel fazzoletto. “Oh, e tu eri la mia sola speranza,” esclamò affranta. “n66; una tortura lavorare con lui, lo amo così tanto!”

Draco sbatté le palpebre. “Ma pensavo che avessi appena detto,” osservò, “che era terribile e lunatico e spaventoso e-”

“Cosa c’entra questo?” domandò Chrysanthemum, mentre il fazzoletto si gonfiava come la vela di una nave al vento. “Mi ricorda Heathcliff,” continuò con un guaito tragico.

“Non credo di essere informato-”

“E credo che non sappia neanche il mio nome!”

“Sono certo che-” cominciò Draco. “Ehm.”

Chrysanthemum tirò su col naso e lo fissò con un acquoso sguardo d’accusa. “Malfoy, cosa ci fai nel bagno delle donne?” chiese. “Stavi spiando?”

“Non di recente.”

“Sei una specie di pervertito?” strillò Chrysanthemum con una vocetta acuta.

Draco se ne andò.

Mentre usciva dal bagno gli venne in mente che in genere Potter aveva avuto compagne femmine o compagni sposati come Gillam, e questo significava che, visto che c’erano regole severe sulla Fraternizzazione tra compagni, probabilmente Kingsley Shacklebolt aveva un’idea abbastanza precisa di quali fossero le sue preferenze.

Ovviamente, Draco non era né femmina né sposato, ma era stato un’ultima risorsa e comunque il disprezzo che Potter aveva provato nei suoi confronti non era certo un segreto. Shacklebolt doveva essere stato consapevole che le possibilità che Potter si prendesse una cotta per lui erano circa le stesse che la Terra collassasse casualmente su se stessa.

Kingsley Shacklebolt, rifletté Draco, era un mistero.

Non era, tuttavia, un automa malvagio. Draco lo decise in modo definitivo più tardi quel giorno, quando Shacklebolt lo chiamò nel suo ufficio e lo informò che il quarto voto nel consiglio era sicuro, perché apparteneva a lui.

“Io-” cominciò Draco.

“Non c’è bisogno che ti sforzi, signor Malfoy,” lo precedette Shacklebolt, e indicò con un cenno il cartello appeso al muro che diceva Nessuno da solo. “Anche se soffro tutte le volte che mi ricordo che sei uno dei miei uomini. Buona giornata.”

*

Quella notte Draco, spulciando tra le vecchie carte di suo padre, trovò qualcosa su Septimus Umber, l’ultimo membro del consiglio. Mandò un sacco di Gufi a persone che ricordava di aver incontrato durante le visite di suo padre a Notturn Alley, quando lui lo portava con sé per istruirlo nell’arte di estorcere informazioni. Scrisse che avrebbe pagato profumatamente.

Poi arrangiò la vendita di palazzo Malfoy il più in fretta possibile. Era l’unica cosa pratica da fare, e comunque non metteva più piede nella proprietà da quando aveva sedici anni.

Quella notte Tiger rimase con lui. Si era portato dietro una bottiglia di Whisky Incendiario per rimpiazzare quella che aveva finito Zabini. Draco se ne scolò svariati bicchieri che gli bruciarono la gola mentre sfogliava i documenti e pensava a sua madre e alle sue vesti eleganti che frusciavano sui tappeti di casa, a suo padre che si aggirava per la grande sala echeggiante alto e autoritario come un Dio, e al suo letto.

Ogni volta che riusciva a distogliere la mente da quei pensieri ricordava Chiunque tranne lui e si ritrovava a ripercorrere disperatamente gli eventi dell’anno passato per capire cos’aveva fatto di così sbagliato.

Verso le quattro del mattino il Whisky Incendiario sciolse la lingua a Tiger, che disse: “Non capisco. Pensavo che gli piacessi.”

Draco buttò giù il bicchierino successivo, tossì mentre gli andava di traverso e continuò a tossire finché non riuscì a rispondere con un filo di voce: “Anche io.”

Il giorno dopo era stordito per la mancanza di sonno e si sentiva uno schifo, e la Granger ebbe sul serio la sfrontatezza di presentarsi in ufficio e di affrontarlo durante il suo pranzo a base di caffè.

“Malfoy,” cominciò, e poi esitò. “Avresti dovuto dirmi di tuo padre.”

“Oh, davvero?”

“Penso che Lucius Malfoy sia un bastardo,” dichiarò la Granger con occhi gelidi e duri, e per un momento Draco provò un grande rispetto per Weasley, che aveva avuto il coraggio di mettere le sue parti intime in quelle mani spietate. “Ma visto che per te è importante che venga giustiziato piuttosto che Baciato, ti avrei aiutato.”

“Ho tutto sotto controllo,” ringhiò Draco.

“Oppure potresti chiedere a Harry,” suggerì la Granger.

“Non parlarmi di lui,” ringhiò Draco. “Ha reso perfettamente chiaro che non vuole avere più niente a che fare con me, e io non potrei esserne più contento. Devo rimettermi a lavorare.”

Si alzò, ma poi rimase in piedi a guardarla, perché non si fidava per niente di quello che le stava frullando in quella testa cespugliosa. Lei alzò lo sguardo e lui le sollevò il viso e si chinò sulla sua bocca.

“Non azzardarti a dirgli una parola di questa storia,” sussurrò, guardandola dritta negli occhi. “Non accetterò aiuto da lui. So abbastanza cose da stroncarti la carriera, Hermione, quindi per una volta tieni la bocca chiusa.”

“Anch’io so abbastanza cose da stroncarti la carriera,” gli ricordò con calma la Granger.

Draco si raddrizzò e scoppiò a riderle in faccia. “Pensi che me ne freghi qualcosa?” domandò. “In questo momento?”

Quella notte, mentre Katie se ne stava seduta sul bordo del divano come un ospite insicuro di essere il benvenuto, arrivò un Gufo che prometteva i segreti osceni di Septimus Umber in cambio di un’ingente somma di denaro. Draco rispose che l’avrebbe pagata volentieri.

“Draco,” intervenne Katie. “So che sei sconvolto, ma non puoi ricattare la gente.”

Draco la fissò. “Pensi che non funzionerà?”

“Non è questo il punto-”

“Faresti meglio a sperare che funzioni,” ribatté Draco. “Altrimenti, non penso che vorrai vedere quello che farò dopo. Mi dispiace, so che ti sto deludendo, so di essere una delusione, ma-”

“Non si tratta di deludere me, si tratta di cosa è giusto e cosa è sbagliato! Draco, forse è il momento che accetti che – che le cose che tuo padre ha fatto sono imperdonabili-”

Draco avanzò a carponi verso di lei passando sopra ai documenti sparsi sul pavimento e illuminati dalla luce della luna, sopra all’atto di vendita della sua casa, e le disse sottovoce: “Lo so già.”

Katie sussurrò: “Cosa?”

“Che non può essere perdonato,” rispose lui. “Non lo merita. E nemmeno io.”

Katie rimase zitta. Draco appoggiò il gomito alle sue ginocchia e sentì il corpo di lei tremare contro al suo. La stava spaventando di nuovo: sembrava che non riuscisse a evitarlo.

“Avevo promesso di uccidere il preside,” mormorò.

“Lo so, Draco,” rispose Katie. “Ma non l’hai fatto, ed eri molto giovane-”

“Avevo promesso la mia lealtà a un pazzo e ho messo l’intera scuola nelle mani dei Mangiamorte e ho ucciso mia madre,” quasi urlò Draco.

Aveva ucciso sua madre. Era stato troppo debole per fare qualcosa per o contro i Mangiamorte e sua madre era stata costretta a proteggerlo. Aveva dovuto promettere all’Ordine che avrebbe fatto la spia per loro se l’avessero tenuto al sicuro. Era stata scoperta.

L’aveva uccisa, aveva quasi ucciso Weasley e suo fratello, aveva quasi ucciso Katie. Non era merito suo se erano ancora vivi e lui stesso aveva rischiato di morire soltanto per colpa sua, e aveva fatto tutte quelle cose per un uomo malvagio, lo sapeva, ma era stato spaventato e stupido e aveva voluto la gloria e aveva voluto salvare suo padre – e adesso stava fallendo anche in questo.

Alzò gli occhi e, attraverso le ombre e la luce fredda della luna, guardò il viso di Katie sconvolto dall’orrore.

“Ho preso il Marchio e lei è morta,” continuò a bassa voce. “Ho preso il Marchio per salvarlo e si prenderanno la sua anima. Non mi è rimasto nessuno che possa perdonarmi – solo tu.”

“Draco,” disse Katie, e si allungò tremante ad avvolgerlo tra le braccia. “Sì.”

Draco appoggiò il viso alla sua guancia umida. Era calda. “Oh, mia Katherine Bell,” sussurrò, e le baciò le lacrime che le stavano scivolando lungo il viso, la strinse a sé e si avvinghiò a lei. Sembrava piccola tra le sue mani, fragile come un uccellino, e lui si sforzò di fare piano anche se non avrebbe voluto.

Quando la aprì per lui, la sua bocca sapeva di lacrime. “Non sul pavimento, Draco,” disse lei, e lui la prese in braccio e la portò a letto, la fece stendere sulle lenzuola bianche sotto la luce della luna e non smise di toccarla nemmeno per un momento. Lei era tutto quello che gli era rimasto.

“Mi ami?” sussurrò contro il suo collo. Aveva deciso di non chiederglielo, ricordò, ma era così stanco e aveva bisogno di sapere se lei poteva amarlo o no.

Era possibile. Sua madre l’aveva amato. Gliel’aveva detto, una volta, prima di morire.

Le lacrime stavano ancora scintillando sul viso di Katie mentre la baciava, e lei mormorò di nuovo: “Sì, Draco.”

La mattina dopo si svegliò di fianco a lei al rumore di un gufo che picchiettava alla finestra, con la notizia che il ricatto a Umber aveva funzionato e che il consiglio aveva votato all’unanimità contro il Bacio.

Rimase in piedi con la schiena contro la finestra, la testa confusa e dolente per i giorni passati senza dormire e il pensiero che aveva vinto e che suo padre sarebbe stato soltanto giustiziato.

Avrebbe voluto tornare a letto di fianco a Katie, ma doveva andare al lavoro. Quel giorno si doveva occupare di un caso di incendio doloso con Theophilus, e sembrava proprio che Theophilus stesse seguendo la sua naturale inclinazione a infastidirlo di proposito.

“Malfoy, anche questo è illegale,” ripeté per la quattordicesima volta.

Draco strinse gli occhi. “So che ti stai inventando delle leggi solo per seccarmi.”

“Oh, Cristo!” sospirò Theophilus.

Mentre stavano ispezionando lo scheletro di un’altra casa bruciata, alcuni costruttori accesero una radio, che cominciò a suonare una canzone familiare. Senza nemmeno pensarci, Draco si voltò e la scaraventò a terra.

“Qual è il tuo problema?” domandò Theophilus. “Perché odi le radio? Sei completamente pazzo?”

“Controlliamo gli archivi degli Indicibili sui piromani,” suggerì Draco.

“È illegale,” dichiarò Theophilus.

“Adesso mi stai solo prendendo in giro,” lo informò Draco. “Non lo ritengo educato.”

Corse a dare un’occhiata agli archivi degli Indicibili da solo, trovò quello che pensava fosse un collegamento e trascinò Theophilus sul luogo in cui sarebbe probabilmente scoppiato l’incendio successivo.

Mentre stava cercando di escogitare un piano per rendere il perimetro sicuro e magari chiamare i rinforzi l’edificio andò in fiamme.

Il mero istinto gli fece allungare una mano per trattenere il suo compagno. “Non azzardarti a correre lì dentro, pazzo maniaco!”

Chiedo scusa?” strillò Theophilus. “Certo che non andrò lì dentro, e – e come mi hai chiamato, non ci posso credere-”

Draco imprecò, per lo più per la propria stupidità, e poi sentì un urlo che proveniva da una finestra. Alzò lo sguardo e imprecò di nuovo.

“Vai a chiamare rinforzi,” sbottò a quell’idiota di Theophilus, e si Materializzò dentro l’edificio.

All’interno era un caos di fuoco e travi che cadevano. Draco si fece strada in mezzo al fumo in direzione delle urla, e fu soltanto dopo essere stato colpito che si rese conto di quanto la mancanza di allenamento in quei pochi giorni gli avesse indebolito i riflessi.

Si svegliò in preda a un dolore lancinante e vide Katie e Tiger chinati su di lui.

“Ciao,” sussurrò Katie, e gli prese la mano.

“Ciao, mia Katherine Bell,” rispose. “Ti amo anch’io.”

Katie arrossì. “Ti rimetterai,” lo informò lei. “E sono sicura che dopo quello che è successo – sono sicura che Harry verrà a trovarti-”

“No, non verrà. E chi lo vuole?” scattò Draco, e la combinazione dell’infelicità, del dolore e dei sedativi fu troppo per i suoi nervi: affondò la faccia nel cuscino e si riaddormentò.

Si svegliò caldo e al sicuro al suono della voce di Katie, e quando aprì gli occhi Potter era lì. Sembrava teso e nervoso ma determinato, e disse che voleva tornare con lui.

Draco era – felice, imbarazzantemente felice, finché il dolore non lo risvegliò nel cuore nella notte fredda e si rese conto di cos’era che stava succedendo davvero.

Potter soffriva del complesso dell’eroe, e Draco era stato ferito mentre lui non c’era. E le cose non stavano funzionando con la sua nuova compagna. Potter doveva essere arrivato alla conclusione che lavorare con lui aveva funzionato almeno in una certa misura. Bene, poteva funzionare ancora.

Draco doveva solo elaborare un piano, fare marcia indietro e comportarsi in maniera professionale, e non commettere mai più l’errore di pensare che fossero amici.

*

La settimana seguente ritornò al lavoro e alla sua vecchia scrivania, di fianco a Potter. All’inizio fu un po’ imbarazzante, e Potter era evidentemente paralizzato dal disagio e continuava a fissarlo.

“Buongiorno,” lo salutò da perfetto collega professionale. “Potrei vedere quel rapporto?”

“Giorno,” rispose Potter, e gli allungò il fascicolo.

Draco lo aprì e lo lesse con attenzione e non fece nessun commento sferzante sulle note di Potter – anche se, oh, ne avrebbe avuti eccome di commenti sferzanti da fare.

Ogni tanto alzava lo sguardo e si accorgeva che Potter lo stava ancora fissando. Maleducato, pensò. Era stato Potter a chiedergli di tornare con lui, dopotutto: non c’era bisogno che lo guardasse come se non riuscisse a credere ai suoi occhi.

“Grazie, è stato molto utile,” disse Draco, e corse a farsi un urgentissimo caffè. Due tazze più tardi tornò indietro e chiese: “Hai avuto modo di leggere le mie note?”

“Ehm,” rispose Potter. “Sì.”

“Ottimo,” commentò Draco con estrema educazione. “Hai niente da aggiungere?”

“Non – proprio,” gli disse Potter, fissando la scrivania.

“Nessun problema,” continuò Draco in tono cordiale. “Penso che il colpevole viva a Bath, per cui la prima cosa da fare potrebbe essere procurarsi un po’ di documentazione aerea sulle risorse idriche nei pressi della città. Sei d’accordo?”

“Suppongo di sì,” rispose Potter. Sembrava un cane bastonato e Draco avrebbe voluto picchiarlo a morte con un righello, cosa diavolo stava cercando?

Draco non picchiò a morte il suo compagno con un righello. Draco si comportò in maniera incantevole e totalmente professionale, anche se la cosa gli provocava il mal di denti.

“Vuoi accendere la radio?” gli domandò Potter a un certo punto, col tono di uno che gli stava chiedendo se preferiva consegnare i soldi o la vita.

“Certo,” rispose Draco, e l’accese. “C’è qualche stazione particolare che preferisci?”

Piantala, Malfoy,” esclamò Potter.

“Non so di cosa stai parlando,” si impuntò Draco, e guardò fuori dalla finestra.

Non capiva cosa c’era che non andava, si stava comportando alla perfezione. Quella sera mise alla prova le sue maniere perfette con Katie e lei ne sembrò estremamente affascinata.

“Buongiorno,” insistette con Potter il giorno dopo.

“Giorno,” rispose lui con voce trattenuta. Draco scrisse i suoi rapporti ed evitò accuratamente di guardare Potter, lasciandogli il suo spazio.

“Vuoi fare allenamento?” domandò Potter dopo un paio d’ore.

“Se ti va,” acconsentì lui.

Durante il combattimento Draco si attenne con diligenza alle regole e assestò un paio di colpi che avrebbero steso Theophilus. Potter sembrò notarli a malapena e si avventò su di lui come un pazzo, come se più che lottare contro di lui stesse lottando contro la sua indifferenza. Più o meno quando un ammasso di muscoli furiosi lo colpì sul petto, Draco fu assalito dal panico e cominciò a reagire davvero, ma a quel punto Potter gli aveva afferrato entrambi i polsi e lo teneva bloccato a terra.

In effetti era completamente impotente, realizzò con lenta indignazione. Non che non lo fosse già da un po’, tra Potter che prendeva decisioni a casaccio e il suo tentativo di essere così maledettamente educato.

“Ben fatto,” dichiarò con calma da sotto al corpo di Potter, distogliendo lo sguardo e puntandolo su un muro. “Bella prova. Mi arrendo completamente: fammi alzare.”

No,” ringhiò Potter, col respiro irregolare contro la sua mascella mentre lo tratteneva a terra con le spalle.

No? avrebbe voluto strillare Draco. Non puoi dire di no! Non ha nessun senso! Lasciami alzare subito o ti uccido!

“Posso chiedere il perché?” domandò invece, la vittima di un pazzo più ragionevole ed educata nella storia dei tempi.

Sentì i muscoli di Potter spostarsi e tendersi contro il suo corpo e per un momento si chiese se i denti umani potessero squarciare una gola. Le sue mani erano completamente intrappolate tra il petto di Potter e il suo: non andava bene, era del tutto alla mercé di Potter, era così umiliante-

“Ti prego,” mormorò Potter contro la sua mascella.

“Come?” chiese Draco, e voltò la faccia, il che si rivelò un errore visto che Poter era davvero vicino, con il viso sospeso sopra il suo in preda a un attacco di psicosi. Draco cercò di scoccargli un’occhiataccia ma non riuscì a metterlo bene a fuoco perché era troppo vicino, e quando la sua bocca sfiorò l’angolo di quella di Potter pensò che era arrivato il momento di rivedere la sua decisione e voltò di nuovo la faccia, concentrandosi con ostinazione sul muro.

“Ti prego,” ripeté Potter, e il suo fiato caldo colpì la gola di Draco. “So che sei furioso o quel che è, va bene, puoi essere indisponente quanto ti pare, ma non puoi – parla, Malfoy, per l’amor del cielo.”

A Draco non era mai successo prima che qualcuno lo implorasse di parlare, sebbene un paio di volte lo avessero implorato di smetterla.

Ovviamente, sembrava che Potter lo stesse più minacciando che implorando.

“Io parlo,” sbottò Draco irritato. “Ecco una cosa che ho da dire: fammi alzare subito.”

Appena Potter allentò la presa sui suoi polsi li tirò indietro, lo spintonò via selvaggiamente, si alzò in piedi e uscì da quella stramaledetta palestra.

Il giorno dopo in macchina, dopo un paio di caute osservazioni sul tempo, rifletté a lungo e disse: “Se quando diventerai il padrone del mondo sarò in testa con i punti, penso che dovresti lasciarmi fare il re d’Inghilterra.”

Le dita di Potter si strinsero sul volante, ma la voce gli uscì quasi normale. “Se diventerò il padrone del mondo,” rispose, “e non mi hai ancora detto come dovrei riuscirci-”

“Il piano verrà rivelato a tempo debito,” dichiarò Draco in tono pomposo.

“Beh, comunque, io vivo in Inghilterra,” sottolineò Potter. “Non vedo perché dovresti averla tu.”

“Ma a quel punto non vivrai più in Inghilterra,” gli spiegò Draco. “Vivrai nella lontana Arabia. Il clima soleggiato dell’Oriente sarà molto più adatto ai tuoi ballerini.”

“Ma,” cominciò Potter, “io non voglio dei ballerini.”

Draco si chiese perché Potter si fosse preoccupato di rivelare le sue preferenze sessuali quando era evidente che non aveva il minimo interesse per il sesso. “Avrai dei ballerini che tu lo voglia o meno,” lo redarguì. “Il padrone del mondo ha una certa immagine da mantenere. Allora, potrò essere re d’Inghilterra?”

“Sì, Malfoy,” si arrese Potter, con un sospiro fatto apposta per essere udito da Draco e un sorriso che invece, Draco ne era piuttosto certo, non avrebbe voluto fargli notare. “Quando diventerò il padrone del mondo, tu potrai essere il re d’Inghilterra.”

Draco si ritenne soddisfatto. Dopo un momento, cominciò a cantare a bassa voce.

Corri alla mia destra, girati a sinistra, è la mia ribalta, sono sempre in vista-” *

“Chi è che ti fa vedere questi film?” chiese Potter. “E perché?”

Draco veniva esiliato nella stanza dei bambini con la piccola Mary tutti i primi fine settimana del mese, ma decise di non menzionare la cosa. “Evidentemente li hai visti anche tu,” sottolineò in tono altezzoso.

“Sì, perché sono cresciuto con i Babbani, li ho visti nella vecchia TV di Dudley-”

“Chi è Dudley?” chiese pigramente Draco. “Un tuo ex ragazzo?”

Uno sguardo di indicibile orrore attraversò il volto di Potter. Draco lo osservò con interesse.

“…no,” rispose alla fine, e poi tamburellò con le dita sul volante. “Ho cambiato idea,” aggiunse. “Non voglio che parli, dopotutto.”

“Non darmi ordini. Farò esattamente come mi pare,” lo informò Draco, e poi informò Maurice la radio che non vedeva l’ora di diventare re.

Non poteva cambiare con Potter, perché non aveva la minima idea di come Potter voleva che cambiasse, e a parte questo era terrorizzato all’idea di rovinare l’equilibrio che aveva raggiunto, l’equilibrio che gli aveva permesso di essere un Auror decente, che gli aveva fatto guadagnare l’amore di Katie e che gli aveva reso tollerabile ricevere il Gufo che lo avvertiva che la data dell’esecuzione di suo padre era stata stabilita.

Non l’avrebbe certo detto a Potter: non aveva niente a che fare con il lavoro. Poteva affrontare la cosa da solo.

Quando Potter accennò al terrore che aveva del Natale, Draco cedette e si lasciò sfuggire un mezzo invito, ma non era una cosa così terribile, solo non voleva ubriacarsi da solo a Natale e non voleva pensare a suo padre da solo. Non è che lo stesse caricando di responsabilità o cose del genere.

Lui e Potter si distrussero con calma il giorno di Natale, mentre il nodo di tristezza nel petto di Draco si alleviava sotto l’influenza del Whisky Incendiario. Più tardi quella sera Draco riuscì a ubriacarsi fino a perdere i sensi e si risvegliò sul divano appoggiato a Potter: lui gli aveva avvolto un braccio un po’ esitante attorno alla spalla, e Draco per un momento accantonò ogni vergogna e voltò il viso contro la sua spalla, fingendo di essere ancora addormentato.

L’ultimo Gufo da Azkaban arrivò il giorno dopo, e per la prima volta in tre anni Draco andò a trovare suo padre.

Quando arrivò sulla porta della cella vide subito che era troppo magro. La schiena si era incurvata, e l’ossatura spigolosa assomigliava alle ali caparbiamente ripiegate di un avvoltoio affamato. I capelli lunghi erano aridi e disordinati. Sotto quella luce fioca, gli ci volle un momento per rendersi conto che erano diventati bianchi.

L’uomo alzò lo sguardo e Draco vide gli occhi di suo padre in un volto scavato e irriconoscibile, e realizzò un’altra cosa. Nessuno gliel’aveva detto. E chi avrebbe dovuto dirglielo, quando era circondato da pazzi e Dissennatori?

“Non sarà il Bacio,” sputò fuori, uno stupido bambino impacciato che per l’ennesima volta non era riuscito a tenere a freno la lingua.

Le spalle di suo padre si rilassarono comunque, come se qualcuno l’avesse sottratto dalle mani di un torturatore, e Draco pensò con un’ondata di panico e di disperazione che avrebbe dovuto immaginare che nessuno gliel’avrebbe detto, che avrebbe dovuto dirglielo subito lui, che sarebbe dovuto venire a trovarlo ogni giorno, che avrebbe dovuto salvarlo.

Suo padre tossì e il suono che ne uscì fu come carta vetrata sul legno. Quando parlò, la sua voce era sottile e debole e quasi gentile. Non assomigliava per niente alla voce di suo padre.

“Come stai, Draco?”

“Sto – sto,” balbettò lui, odiandosi, cercando di pensare a qualcosa oltre al bruciante nodo di dolore che aveva nel petto, cercando di dire a suo padre qualcosa di vero, qualcosa di sufficientemente bello.

Pensò a Katie che lo amava e a Potter che era tornato da lui, agli Auror e a Tiger e Goyle felici nella loro stupida casa.

Draco ritrovò la voce e lasciò la presa sulla porta, e rispose quasi con calma: “Sto facendo del mio meglio.”

*

Il giorno dell’esecuzione di suo padre Shacklebolt mandò Potter al suo appartamento e Draco decise che alla fin fine era un automa malvagio.

Poteva farcela da solo, davvero, sapeva di potercela fare, ma Potter era lì e Draco pensò che magari avrebbero potuto – allenarsi, ma poi la rabbia e la disperazione esplosero con violenza, e non colpì Potter perché non sapeva se sarebbe riuscito a fermarsi.

Invece distrusse il suo appartamento. Tirò giù tutti quei ritratti che lo fissavano senza espressione e li frantumò in tante piccole schegge di vetro mentre suo padre moriva, e per tutto il tempo si sentì ancorato, trattenuto a terra dall’assoluta mancanza di shock di Potter, dalla calma comprensione della sua furia cieca di Draco e poi dal modo metodico in cui rimise a posto ogni cosa.

A quel punto suo padre era morto, e Draco dovette sedersi. Sentì le gambe cedere sotto al suo peso e raggiunse il divano. Non riusciva a pensare, non riusciva a fare niente, così si prese semplicemente il viso tra le mani e pensò Papà.

Era una cosa stupida. Non l’aveva mai chiamato così.

Rimase scioccato quando sentì la mano di Potter sulla spalla. Sollevò la testa di scatto e si ritrovò a fissare Potter, che era troppo vicino, ed ebbe l’impressione che l’equilibrio si stesse per spezzare e che si sarebbe messo a piangere o a raccontare a Potter di quanto era stato misero e disperato in passato o a fare qualcosa che avrebbe reso evidente che non ce la faceva, non ce la faceva ad affrontare questa cosa da solo.

Poi Katie tornò a casa e lo prese tra le braccia, e gli disse che voleva trasferirsi da lui. Draco affondò il viso nella curva del suo collo e si sentì in salvo.

Quattro giorni più tardi, dopo aver combattuto contro una casa piena di quelli che una volta erano stati una famiglia e adesso erano Inferi, Draco si stava guarendo un taglio sanguinante sulla spalla e Potter gli chiese: “Stai bene?”

Lui si bloccò con la bacchetta appoggiata sulla pelle appena risanata e rispose: “Credo di sì.”

*

Si sentì molto meno bene durante la successiva serata del poker coi Serpeverde, quando un destino crudele spostò la conversazione sulle prodezze sessuali dei maschi Grifondoro.

“Sto solo pensando di tenermelo per un altro po’,” disse Pansy. “Non significa niente.” Stava scribacchiando su un tovagliolino con una matita per le labbra dei versi davvero orrendi per la sua nuova canzone ‘Weasley Sta Con Me’. Draco si era rifiutato di aiutarla a comporla. Mentre scriveva, curvò le labbra come se si fosse ricordata qualcosa di particolarmente piacevole. “Ed è estremamente-”

Draco indietreggiò. “Ti prego,” implorò con voce tremante. “No.”

Pansy scrollò le spalle e cominciò a bisbigliare all’orecchio di Millicent Bulstrode, e Draco si voltò e sentì Malcolm Baddock dire: “Potter? È come una pantera. Una pantera del sesso.”

“Parliamo di donne!”

Baddock lo fissò con sguardo assente. “Perché?”

Zabini sembrava divertito, cosa che riempiva sempre quelli che gli stavano attorno di un’arcana paura.

“E se non volessi parlare di donne?” chiese con voce roca, e si chinò verso Draco.

“Nessuno pensa che questa faccenda Veela sia divertente, Zabini,” ribatté Draco. “Non-”

Zabini si chinò più vicino, con le ciglia abbassate e gli occhi scuri e ipnotici, e una strana nota di fondo nella voce che risuonò in ogni terminazione nervosa del corpo di Draco.

“Baci bene, Malfoy,” sussurrò, sempre più vicino, mentre la bocca arrivava quasi a toccare l’orecchio di Draco. “Voglio rifarlo.”

Draco ebbe un improvviso ricordo, vivido e tangibile, di se stesso che cadeva di schiena con Zabini steso sopra di lui, il sangue che scorreva all’impazzata e le bocche che si toccavano, le sue mani aggrappate alle spalle di Zabini nel disperato tentativo di attirarlo più vicino. Riusciva ancora a sentire il tappeto che gli pizzicava la parte bassa della schiena.

Sbatté l’immagine di Katie come un muro tra se stesso e quel ricordo.

“No,” ringhiò. “Piantala.”

Zabini indietreggiò e fece un largo sorriso attraente. “Stai diventando davvero bravo con questa cosa dell’Occlumanzia,” disse. “Ho usato tutti i miei poteri.”

Tutti gli lanciarono tovagliolini e patatine per aver usato i suoi poteri Veela durante la serata del poker, e Draco si spostò furtivamente di fianco a Nott e chiese disperato: “Possiamo parlare di donne?”

“Ma certo,” acconsentì Nott con voce placida. “Millie fa la Vichinga a letto.”

Draco sbatté gli occhi. “Esistono – esistono donne Vichinghe?”

“Ci sono delle donne nella mitologia vichinga,” spiegò Nott. “Le Valchirie. Indossano elmetti con le corna e accompagnano i guerrieri alla morte.”

“Capisco,” commentò Draco, sconcertato dal fascino morboso della cosa.

“Millie ha un elmetto con le corna, a casa, non ho problemi a dirtelo,” continuò Nott con la sua solita voce neutra. “Qualche volta fa finta di accompagnarmi alla morte. Bel modo di andarsene, eh?”

“Adesso devo proprio andare… di là,” si affrettò a dire Draco.

*

Draco pensò che anche se lui non poteva cambiare, forse avrebbe potuto lo stesso raggiungere l’equilibrio di cui aveva bisogno se Potter fosse stato più felice, così lo portò da Rick e poi rimase ad osservare con sgomento come nessuno sembrava interessarsi a lui.

Forse riuscivano a percepire la pazzia, pensò Draco, e ispezionò da vicino Potter per vedere se aveva gli occhi da folle.

Potter si piegò sul tavolo verso di lui, e disse a bassa voce, “Uh, Malfoy, penso che questo potrebbe essere un locale gay.”

“Mi sconvolgi,” ribatté Draco in tono piatto, e infilzò l’oliva del suo drink.

Era ovvio che c’era la necessità urgente di un piano migliore.

Quell’estate, mentre pattugliavano una spiaggia per scoprire se quella particolare insenatura era il punto di ritrovo di un’altra banda di corsirene, Draco entrò in possesso di un’informazione preziosa.

Era giugno inoltrato e il sole era un cocente nocciolo di fuoco nel cielo. La sabbia che ne assorbiva il fulgore e l’auto si era trasformata in un piccolo, lugubre forno con la radio che suonava per ammansirli mentre arrostivano a morte.

Una volta finito il caffè ghiacciato Draco resistette all’incirca cinque minuti e poi annunciò: “Vado a farmi un bagno.”

“Siamo alla ricerca di corsirene,” gli ricordò Potter. Draco si sentì compiaciuto di quanto si fosse diffusa quella parola.

“Puoi farlo tu,” rispose. “Mi rendo conto che hai un deficit visivo, ma persino tu sei in grado di scorgere dei perfidi pirati pinnuti, se capiterà che si facciano vivi. E dopo potrai andare a fare il bagno anche tu,” aggiunse misericordioso, e poi si levò le scarpe e si slacciò il bottone della manica destra con i denti.

Potter fece un respiro rapido e rimase in silenzio, cosa che Draco interpretò come una resa.

Scese dall’auto, lasciandosi dietro la camicia e le scarpe, e affondò i piedi nudi nella sabbia bollente. L’acqua fu un vero e proprio sollievo, come la bocca di Katie dopo uno di quei sogni. Si immerse, fece qualche bracciata e tornò indietro, cercando di stancarsi in modo da sfogare le sue energie lì invece di impazzire in macchina. Uscì dall’acqua e fece una deviazione prima di scivolare di nuovo nei suoi jeans e poi dentro l’auto.

“Mi sento molto meglio,” sospirò ad occhi chiusi mentre appoggiava la testa bagnata contro il sedile, arcuando la schiena per non toccare il tessuto bollente.

Potter disse: “Lentiggini.”

“To’, sei pazzo,” osservò Draco, e aprì gli occhi. Potter lo stava guardando con le pupille dilatate, e Draco sbatté le palpebre e si piegò su di lui. “Hai chiaramente preso un colpo di caldo,” puntualizzò. “Aspetta, “Aspetta, ti apro il finestrino-”

“No, lo faccio da solo,” ringhiò Potter. Il linguaggio del suo corpo non avrebbe potuto urlare ‘Allontanati!’ più forte, così Draco si strinse nelle spalle e si fece indietro.

Poco dopo chiese accigliandosi, “Hai – hai appena detto ‘lentiggini’?”

“Sì,” rispose Potter scontroso, fissando il nulla con sguardo truce.

“E quindi?”

“Mi piacciono,” sibilò Potter a denti stretti.

“Oh,” commentò Draco in tono assente. Scorse l’orizzonte con lo sguardo e quando notò un ragazzo che probabilmente poteva avere le lentiggini, disse: “Ah.” Fece una pausa, poi si arrischiò ad aggiungere: “Non mi era mai capitata una di queste conversazioni, prima.”

Potter tese la linea della mascella e sbottò: “Quali conversazioni?”

“Beh, sai, confidenze maschili sulle – sulle cose che ci attraggono,” spiegò Draco agitando la mano libera per enfatizzare quello che stava dicendo. “Cioè, ho provato a fare questa conversazione con Goyle una volta durante il quarto anno e lui mi ha raccontato tutto triste di quanto gli piacessero le persone forti e muscolose e io ho sprecato un penoso quantitativo di tempo a cercare di farlo mettere insieme a Millicent Bulstrode. E poi Nott mi ha quasi assassinato. Non sono sicuro di essere molto bravo in questo genere di cose, ma – lentiggini, dici?”

Potter sembrava combattuto tra il divertimento e l’impulso omicida. “Non voglio parlarne!”

“Potresti andare a fare due chiacchiere con quel tipo,” suggerì Draco.

“Quale tipo?”

“Quello – con le lentiggini?” tentò Draco, scrutando l’orizzonte senza più riuscire a scorgere il ragazzo. “Così saremmo entrambi felici,” continuò placidamente. “Tu avresti le lentiggini, e io avrei due gelati.”

Gliene passò uno con filosofia, e cominciò a mangiare il suo.

Ciononostante, tenne conto dell’informazione. Lentiggini, dunque. In più, rifletté ripensando a Cho Chang, a Ginny Lo Dicevano Tutti Anche Se Draco Non Riusciva A Vedere Dove Fosse Così Figa Weasley e a Zacharias Niente Male Per Un Tassorosso Smith, qualcuno di molto attraente. Qualcuno a cui piacesse il Quidditch. Vista la mancanza di successo di Malcolm Baddock, qualsiasi Casa a parte Serpeverde sarebbe probabilmente andata bene.

Un giorno particolarmente torrido di luglio Draco era piuttosto di cattivo umore, visto che lui e Potter avevano avuto l’incarico di seguire Baston lungo il campo da Quidditch per tutto il giorno per colpa di un’altra ammiratrice pazza che aveva giurato di uccidere prima lui e poi se stessa. La combinazione di Baston e Potter a così poca distanza faceva sì che tutte le donne sembrassero in preda a un attacco di pazzia delirante, per cui le loro possibilità di trovare la criminale non si prospettavano delle migliori.

Fu in quel momento che Draco vide la risposta all’infelicità di Potter attraversare il campo da Quidditch. Aveva le lentiggini, teneva con sé una piuma Predi-Appunti che significava giornalista sportivo e era di una bellezza abbacinante del tipo ragazzo-della-porta-accanto-che-fa-il-modello-part-time. Draco non ricordava il suo nome ma era dannatamente sicuro che avesse fatto parte della squadra di Quidditch di Grifondoro, e stava fissando Potter come se fosse appena sceso dal Paradiso dei Giornalisti Sportivi.

“Oh, guarda, la stampa,” strascicò Draco con una voce talmente innocente che finì per suonare l’esatto opposto. “Che creduloni. Devo andare a raccontargli la nuova storia che mi sono appena inventato!”

“No,” dichiarò Potter con fermezza.

“È una storia davvero divertente,” gli assicurò Draco.

“Parlerò io con quello lì, stai qui,” ordinò Potter mentre si allontanava.

“Oh, se proprio insisti,” mormorò Draco, e ridacchiò tra sé finché non notò che la Bellezza Lentigginosa non stava facendo molti progressi, e anzi, stava cominciando ad assumere un’aria scoraggiata. Così li raggiunse e fece in modo di convincerli ad andare tutti da Rick.

“Oh, guarda, alcol,” esclamò non appena si furono messi a sedere. “Devo andare subito a entrare in comunione con lui, scusatemi.”

Potter sembrò sconcertato. Il Lentigginoso lo guardò con interesse a malapena celato. Draco fece un piccolo cenno e si allontanò con noncuranza in direzione del bar.

“Parlami del tuo listino dei cocktail, Rick,” disse Draco al barista. “Cosa ti ha ispirato? Hai sempre voluto scrivere un listino dei cocktail? Era il tuo sogno fin da quando eri un bambino?”

“Non c’è tempo per queste cose,” ribatté Rick risoluto. “Torna al tuo tavolo, Draco, qualcuno sta cercando di rubarti quello splendore del tuo ragazzo.”

“Quel chi?” domandò Draco. “Del mio cosa?”

Si voltò per dare un’occhiata al Lentigginoso e a Potter, catturò per un attimo lo sguardo di Potter e improvvisamente ebbe la risposta sbalorditiva al perché nessuno ci avesse mai provato con Potter mentre erano da Rick.

Draco scoppiò a ridere, in parte per la propria stupidità e in parte per l’imbarazzo. “Ehm, non è il mio,” cominciò, e si ritrovò totalmente incapace di pronunciare la parola. “Siamo solo colleghi,” spiegò, e ripensò a quando Potter se n’era andato e aggiunse malignamente: “Non siamo nemmeno amici. E vorrei qualcosa da bere.”

La cosa importante fu che Potter, per la prima volta nella storia dell’umanità, ottenne un appuntamento. Con leggera sorpresa da parte di Draco, l’appuntamento andò bene e durante l’estate Potter cominciò a prendere con un po’ più di calma i suoi casi al lavoro e a muoversi più lentamente, illanguidito dal sesso.

Draco non poteva chiedergli Sei più felice? ma decise che doveva essere così.

*

A Katie piaceva Ritchie Coote che, a quanto pareva, era il nome del Lentigginoso. Aveva dovuto fare lei da guida ai piccoli della squadra di Quidditch, visto che Potter non era stato di certo il capitano più premuroso del mondo. Propose un’uscita a quattro.

Così andarono allo zoo. A Katie piaceva andare allo zoo di domenica, spesso con la piccola Mary, e ormai Draco conosceva il posto a menadito, compresi i sentieri tortuosi vicino ai pellicani dove poteva baciare Katie sotto l’ombra degli alberi.

Le cose con lei andavano molto meglio adesso che il difficile equilibrio era stato raggiunto, adesso che viveva con lui e che lo amava. Draco stava cercando di capire quando sarebbe stato il momento opportuno per chiederle di sposarlo.

Potter e Coote li stavano aspettando. Coote sembrava felice ed eccitato, e Draco si fece l’appunto mentale di prendere a schiaffi Potter perché non portava mai il suo ragazzo da nessuna parte.

Sul sentiero per i pellicani Katie si staccò da Draco e andò educatamente a fare conversazione con Coote, visto che sembrava che lui e Potter non parlassero tra loro.

“Lo aveva preso sotto la sua ala protettiva a scuola, a quanto pare,” spiegò Draco quando Potter si ritrovò a camminare con lui. “Ed ecco come siamo arrivati fin qui: io con una Incantevole Donna Più Grande e tu con un Ragazzino Giocattolo.”

La bocca di Potter si incurvò leggermente all’insù. “Lui ti piace, allora,” disse in tono esitante.

No, non gli piaceva. “Beh-”

A quel punto Katie lo salvò tornando indietro e prendendolo di nuovo a braccetto. “Smettila di flirtare in modo oltraggioso con dei deviati,” la sgridò Draco, scostandole i capelli dagli occhi e fermandosi per baciarla. “Ricordati che sei la mia fidanzatina.”

Coote stava facendo ciondolare la mano, con le dita aperte in un richiamo silenzioso e pieno di speranza. Potter non sembrava averlo notato: aveva le mani in tasca e teneva risolutamente lo sguardo fisso davanti a sé.

Draco si stava giusto chiedendo come fare per spiegare a Coote che Potter era incapace di intrattenere delle relazioni sociali normali e che lui avrebbe dovuto agguantarlo e basta quando raggiunsero la fontana di fianco alla gabbia delle tigri e all’area picnic. Era larga e profonda, con il fondo verde chiaro, e Draco la fissò pensieroso mentre un’idea cominciava a girargli per la testa.

“Potter,” lo chiamò lentamente, e sorrise quando vide che si stava guardando attorno.

Pian piano sul viso di Potter comparve un sorriso smagliante.

Draco lasciò andare le dita di Katie e scavalcò con disinvoltura il bordo della fontana, ritrovandosi nell’acqua fino alle ginocchia. Mentre arretrava di qualche passo uno zampillo d’acqua lo colpì in testa e gli gocciolò giù per il viso. Sentì il suo sorriso allargarsi contro la sua volontà, si scrocchiò le dita e disse: “Vieni.”

Potter rise, una risata incerta e sollevata, e lo raggiunse. Entrò nell’acqua con una piccola smorfia, come un grosso animale non abituato a nuotare e non troppo a suo agio in quell’elemento, ma pronto a sopportarlo visto che aveva una meta precisa in mente.

Draco sapeva che non era a suo agio, ovviamente. Ognuno sfrutta i propri punti di forza, quando può.

“Si stanno allenando,” sentì che Katie stava spiegando a Coote al di là del circolo d’acqua, mentre stendevano la coperta per un picnic. “Lo fanno per tenersi in forma.”

L’acqua che gli zampillava davanti agli occhi era un velo scintillante sotto la luce del sole: Draco scosse la testa per scrollarsi le gocce dal viso e Potter fece uno scattò e balzò su di lui. Draco afferrò la statua al centro della fontana mentre si abbassava e si voltò, più agile nell’acqua di quanto non fosse Potter, per piantargli allegramente il gomito nella nuca. Era proprio sul punto di colpirlo quando qualcuno lo spinse contro la statua.

“Ehi!” esclamò Coote, col pugno chiuso sulla camicia di Draco. “Non puoi-”

La mano di Potter sbucò dal nulla e afferrò il polso di Coote, allontanandolo senza troppa delicatezza. “Lascialo,” ringhiò, emergendo dall’acqua con i capelli che gocciolavano. “Stanne fuori.”

Draco fece un ghigno a Coote. “L’hai sentito.”

Era vagamente consapevole che non era quello il modo di ingraziarsi il ragazzo di Potter, ma comunque Coote non avrebbe dovuto interferire. Quel circolo d’acqua luccicante era il loro spazio: era solo per lui.

Non appena distolse lo sguardo Potter lo placcò e Draco finì sott’acqua a dimenarsi e a lottare per sfuggire alla sua presa. Tornò in superficie boccheggiando e riuscì quasi a vincere sbattendo violentemente la testa di Potter contro la statua, ma i capelli bagnati gli scivolarono tra le dita e poi si ritrovò di nuovo sott’acqua, a ridere e ad affogare, con gli occhi e i denti di Potter che brillavano sopra di lui.

“Mi arrendo,” riuscì a dichiarare senza fiato, emergendo in superficie con un gomito alla gola di Potter. Gli guarì la ferita sulla nuca non appena ebbe finito di tossire acqua.

Una volta che si fu trascinato fuori dalla fontana, crollò di fianco a Katie e si stese sull’erba.

“È stato un po’ – violento, Draco,” commentò lei.

“Davvero?” chiese lui, sbattendo gli occhi per fare uscire l’acqua. “Scusa. Vieni a darmi un bacio.”

Katie sorrise e scosse la testa. “Sei tutto bagnato.”

Dall’altra parte della coperta per il picnic, Coote stava fissando Potter con uno sguardo che diceva che a lui personalmente non sarebbe importato bagnarsi un po’. Potter si sedette gocciolante e si studiò le mani.

“Lo so,” rispose Draco in tono adulatorio. “Vieni a darmi un bacio lo stesso.” Strattonò la manica di Katie e lei sorrise, si arrese e si piegò su di lui. Draco si allungò, le mise una mano sul collo e la attirò in un lungo bacio lento e dolce. Il sole brillava nelle goccioline d’acqua intrappolate tra le ciglia di Draco, che si lasciò sfuggire un piccolo gemito.

“Prendetevi una stanza,” sbottò Potter.

Draco si astenne dal menzionare l’ovvio, e cioè che Potter era terrorizzato al pensiero che Coote potesse aspettarsi una simile dimostrazione di affetto in pubblico.

“Scusa,” disse invece con disinvoltura. “Mi passereste la limonata?”

Si prospettava una giornata piacevole, dopotutto, finché non arrivò un Gufo da parte di Shacklebolt che li richiamava al dovere.

“Quell’uomo è un automa malvagio,” dichiarò Draco alzandosi in piedi e posando un bacio gocciolante sul viso sollevato di Katie.

“Ciao,” si limitò a dire Potter a Coote, e si alzò anche lui.

Draco lo inchiodò con uno sguardo intenso, inarcò le sopracciglia e in generale cercò di trasmettere a Potter l’idea che era il peggior fidanzato del mondo e che sarebbe stato scaricato, magari da un edificio alto e senza la sua scopa. Potter si accigliò, ritornò a chinarsi e baciò il suo ragazzo come si deve, con le dita abbronzate a tenere ferma la mascella di Coote e la bocca aperta con un leggero accenno di denti.

Ne uscì con le labbra arrossate e il respiro un po’ accelerato, e si allontanò a grandi passi. Coote rimase a fissarlo come se avesse visto la luce di Dio, e Draco dovette sbrigarsi per raggiungerlo.

Quando ci riuscì, Potter si stava strofinando selvaggiamente la bocca col dorso della mano, come se Coote gli avesse lasciato delle tracce di rossetto.

“Adesso sei felice?” ringhiò a Draco.

Non è questo il punto, avrebbe voluto ribattere lui. Eri tu a dover essere felice, stupido, stupidissimo idiota.

Invece disse soltanto: “Se io fossi stato il tuo ragazzo, penso che ti avrei ucciso all’incirca dopo tre giorni.”

“Davvero?” chiese Potter, storcendo la bocca. “Beh, non lo sei.”

Draco pensò che era giunto il momento di fare quella chiacchierata con Coote.

*

“Come osi?” gli domandò Coote.

La chiacchierata non stava andando bene.

“Harry non è uno stupido,” continuò Coote, fulminandolo con lo sguardo. “L’unica cosa che non va in Harry sei tu.”

Draco sbatté le palpebre. “Chiedo scusa?”

“Lo fai lavorare troppo e lo rendi irritabile,” proclamò l’altro. “E i tuoi modi di investigare, ho sentito delle storie, stai diffamando il buon nome di Harry! Non mi sarei aspettato niente di diverso da un Serpeverde, ma lascia che te lo dica, non appena io e Harry – ci capiremo meglio, la prima cosa che farò sarà dirgli di mollarti come compagno!”

“Ma davvero,” commentò gelidamente Draco.

Coote si alzò e buttò i soldi sul bancone. “Katie mi fa pena, visto che deve avere a che fare con te.”

Dopo che Coote se ne fu andato, Draco rimase a fissare il suo bicchiere. Tipico di un Grifondoro, fargli sapere le sue intenzioni in anticipo: gli aveva dato l’opportunità perfetta di riempire di frottole la testa di Potter finché tutta questa faccenda del nuovo ragazzo non si fosse sgonfiata. Solo che in realtà non poteva farlo: questa era la prima volta in tanti anni che Potter cercava un’interazione umana con qualcuno di sua spontanea volontà. Draco pensò al modo in cui Potter allungava sempre una mano per tentare di afferrare qualcosa appena sveglio, e si sentì confusamente e genericamente triste.

Si disse che Coote era giovane, ecco tutto. Era ancora fresco di scuola, e l’aria di scuola era satura di competitività, e faceva diventare pazzi.

A parte l’aria di Serpeverde, ovviamente. I Serpeverde erano avanti!

Quando Shacklebolt gli chiese di infiltrarsi all’interno dell’ultimo gruppo di Mangiamorte che si stavano preparando a rapire il Ragazzo Che Era Sopravvissuto, Draco ricevette finalmente un ordine a cui fu felice di obbedire, perché pensò all’istante che se Potter si fosse trovato davanti all’evidenza che era un Mangiamorte e nonostante tutto non ci avesse creduto, allora lui avrebbe avuto la prova che non – che non se ne sarebbe andato. Draco si sarebbe potuto sentire più al sicuro. Draco voleva sapere cosa avrebbe fatto Potter.

Infiltrarsi tra i Mangiamorte fu facile. Usare l’Occlumanzia per far sapere solo quello che voleva fu un gioco da ragazzi. Dirigere i Mangiamorte nella missione di rapimento fu una cosa da nulla.

Entrare nella cella di Potter il primo giorno fu dura, ma soltanto per qualche momento. Potter lo fissò ma non tentò di ucciderlo, il che significava che sapeva quello che stava succedendo.

Fu un tale sollievo.

Poi i Mangiamorte cominciarono ad agitarsi su una questione irrisoria come quella del riscatto, e Draco non sapeva ancora tutti i loro nomi e cominciava a innervosirsi ogni volta che uno di loro si avvicinava alla cella di Potter. La scampò per un pelo quando ne bloccò uno e lo Schiantò nei sotterranei proprio mentre stava per scoprire gli ultimi nomi.

Quando Shacklebolt e gli altri gli fecero sapere che i Mangiamorte stavano per essere catturati era abbastanza stanco da collassare, e poi fece uscire Potter, che alla fin fine non sapeva niente ed era così distrutto che Draco non poté nemmeno gridargli contro.

Lo accompagnò a casa e mandò un Gufo a Coote chiedendogli di raggiungerlo, e poi si mise a sedere sul tavolino di fianco al divano di Potter e si prese la testa tra le mani. Ogni volta che gli veniva in mente un nuovo piano per liquidare Coote, Potter (nel sonno, Cristo) faceva un leggero movimento verso di lui, come per afferrarlo, e lui si sentiva istantaneamente e orribilmente in colpa. Non poteva farlo.

“Shhh,” disse al viso esausto e addormentato di Potter. “Non dicevo sul serio. Non lo farò.”

Quando Coote arrivò gli lanciò uno sguardo truce, e Draco si alzò e lasciò subito che prendesse il suo posto. Coote si mosse con fare protettivo attorno a Potter e lo guardò con occhi furiosi.

“So che in un modo o nell’altro è colpa tua,” lo accusò, e cos’avrebbe potuto rispondergli? Aveva ragione.

“Prenditi cura di lui,” disse, e se ne andò.

Il giorno dopo arrivò in ufficio e trovò Potter e il caffè alla sua scrivania, e si preparò psicologicamente per – qualcosa, non sapeva ancora cosa, e chiese come stava Cootie.

“Abbiamo rotto,” rispose Potter, fissando il suo rapporto.

“Oh,” ribatté Draco, e subito, prima di poter pensare a quello che stava dicendo, aggiunse: “È colpa mia? E' per il caso? Posso spiegargli, sono sicuro che riuscirai a risolvere-”

“Sono stato io a rompere,” tagliò corto Potter. “Non voglio parlarne, non voglio che spieghi niente a nessuno, e non voglio lui, per cui – lascia perdere e basta, Malfoy, ok?”

“Va bene,” disse Draco in un soffio.

Era stata una maledizione schivata, comunque, anche se non sapeva come o perché. La cosa lo mise piuttosto di buonumore almeno fino a quella sera, quando mentre usciva dalla porta gli capitò di voltarsi e vedere Potter ancora seduto alla sua scrivania con la testa chinata, e la linea delle sue spalle gli ricordò quella di suo padre, e avrebbe voluto andare da lui e chiedergli, Dimmi, dimmi cos’è che ti sta rendendo così infelice, qualsiasi cosa sia, così potremo elaborare un piano per ucciderla.

Ma non lo fece. Doveva preservare l’equilibrio: uscì dalla porta.

*

L’anniversario del loro terzo anno come compagni fu segnato dall’incidente dei vampiri.

Lui e Potter erano chinati sul rapporto della missione a escogitare un modo per introdursi in un covo di vampiri. Beh, Draco stava escogitando, visto che era abbastanza sicuro che Potter più che altro stesse pensando alle enormi spade che avrebbero usato per decapitarli.

“Aha,” esclamò Draco con misurato trionfo. “Ho un piano. Prevede che tu faccia da esca.”

Potter si accigliò. “Non credo proprio. Perché non puoi farlo tu?”

“Perché l’esca si troverà a portata di spada,” puntualizzò Draco ragionevolmente. “Potrei essere ucciso!”

Potter lo guardò da sopra gli occhiali.

“Io uso la testa più di te,” argomentò lui. “Ne ho più bisogno.”

“Io uso la spada meglio di te,” ribatté Potter. “Per cui io userò la spada e tu farai da esca, e ci terremo entrambi le nostre teste.”

“Va bene,” si arrese Draco, imbronciato. “Ma se mi decapiti, tornerò da fantasma a tormentarti. Diventerò membro dei Cacciatori Senzatesta e ti lancerò la mia in continuazione. Sarai davvero terrorizzato.”

“Adesso che me l’hai detto, no.”

“Lo sarai. La mia testa mozza sarà così spettrale che te la farai sotto,” lo informò Draco con sepolcrale soddisfazione. “Gocciolerà ectoplasma. Te la farò vedere io.”

Potter lo colpì piano sulla testa col suo rapporto. “Vai in giro per Ashvale Street, stasera,” disse. “Vestiti da vittima.”

Draco imprecò contro Potter e quella sera uscì a corteggiare la morte zannuta in agguato.

La morte zannuta in agguato apparve sottoforma di un vampiro tarchiato con gli occhi e i canini scintillanti che saltò fuori da un cespuglio e lo assalì.

“Oh, caspita, sei un tipo sinistro,” constatò Draco con la voce di una Vittima Innocente. “Spero tu non voglia arrecarmi alcun danno!”

A quanto pareva i vampiri erano non soltanto immortali, ma anche immuni al sarcasmo. Draco pensò a quanto sarebbe stato del tutto impotente il professor Piton di fronte a uno studente vampiro e rimase ad aspettare che sbucasse Potter roteando la sua enorme spada da decapitazione e uccidesse il suo aggressore.

Il vampiro attirò Draco in un abbraccio vigoroso, gli diede una viscida leccata sul collo e lo morse con forza.

Potter uscì allo scoperto, roteò la sua enorme spada e decapitò il vampiro.

Draco spinse via il cadavere e lo fissò con uno sguardo accusatorio. “Bleah,” si lamentò schifato. “Quel vampiro mi ha leccato.”

Potter rivolse un’occhiata significativa al suo collo sanguinante.

“E mi ha morso, sì, che cosa orribile, sono stato marchiato da un non morto, vedo l’abisso davanti ai miei occhi,” continuò Draco in tono poco convinto. “Dovresti sentirti veramente in colpa. Ma almeno ero psicologicamente preparato ad essere morso da un vampiro. È il loro modo di fare vampiresco. Non sapevo che prima ti leccassero. Mi chiedo se è per rendere più tenera la carne o per pulirla o cosa.”

“Sta’ a sentire,” concesse Potter con indulgenza, chinandosi a raccogliere la testa mozzata. “Terrò in vita uno dei vampiri così potrai chiederglielo.”

Potter lanciò a Draco la sua spada, che lui afferrò per l’elsa con un po’ di difficoltà, poi si fermò a guardarlo.

“Ehm,” disse. “Come ti sei vestito?”

Draco abbassò lo sguardo sulla sua maglietta rossa con la scritta ‘TASSOROSSO ’98.’

“Avevi detto di vestirmi da vittima.”

Potter salì le scale che portavano al covo del vampiro e riuscì a farsi aprire usando l’espediente di tenere alzata la testa mozza davanti allo spioncino.

Draco si congratulò con se stesso per la brillante efficacia del suo piano mentre la porta si apriva e Potter decapitava il vampiro all’ingresso. Poi contò il numero di mantelli impilati sull’appendiabiti e si rese conto che doveva essere in corso un qualche genere di festa vampiresca.

“Penso che potremmo prenderli tutti,” rifletté Potter.

“Penso che mi piacerebbe istituire proprio oggi la Giornata Nazionale Del Non Farsi Squarciare La Gola,” dissentì Draco. “Torniamo un’altra volta, quando non hanno ospiti. È una questione di educazione.”

A quel punto un rumore di passi risuonò da dietro una porta, e Draco e Potter si lanciarono dentro a un’altra. Si ritrovarono in una piccola stanza buia.

“Potter, ci sono all’incirca quaranta vampiri lì fuori,” ragionò Draco. “Se proviamo a Smaterializzarci lo percepiranno, e se ci scoprono siamo nei guai.” Rifletté per un momento. “Va bene, se entra qualcuno, fai finta di mordermi.”

Scusa?

“Fai finta di essere un vampiro,” spiegò Draco con impazienza. “Sto già sanguinando: è evidente che qualcuno mi ha morso, e il profumo del sangue ci coprirà. Se ci sono quaranta vampiri, qui, è possibile che non si conoscano tutti l’un l’altro. Ci farà guadagnare qualche secondo e potremo uccidere chiunque entrerà.”

Potter apparve estremamente incerto, il che era oltraggioso perché ormai avrebbe dovuto sapere che i piani di Draco erano tutti brillanti. Aveva ancora un’aria incerta quando sentirono un rumore di passi vicino alla porta. Draco arretrò contro il muro, e Potter si decise e scattò in avanti.

Sollevò il mento di Draco con una presa decisa, gli voltò il viso di lato per scoprire il morso sul collo e si avvicinò. I suoi capelli arruffati gli solleticarono il viso e a Draco venne voglia di ridere, finché non realizzò che Potter stava tremando lievemente. Doveva essere arrabbiato perché era costretto fare una cosa del genere, e Draco curvò una mano attorno alla sua spalla in un gesto rassicurante, come per dirgli Va tutto bene, lo so che non mi farai male e Potter si strofinò appena contro il suo collo, alla cieca, e Draco lo strinse e – gli passò la voglia di ridere.

All’improvviso ebbe la sensazione che nella stanzetta buia fosse venuta a mancare un sacco di aria. Fece quasi per spingerlo via, ma poi un asse del pavimento che dava l’impressione di essere proprio davanti alla porta scricchiolò e Draco si ritrovò a non saper bene come dire a Potter che stavano per morire di una morte efferata perché il collo era il suo punto debole.

Il respiro di Potter era irregolare sulla pelle di Draco, la sua bocca calda: si chinò di un centimetro e lo leccò delicatamente, sul marchio del morso, lungo la curva della gola, e poi quando ogni terminazione nervosa del corpo di Draco cominciò a urlare in cerca di attenzione e le sue scapole tentarono di scavare nel muro per uscire da quella situazione perché, Dio, che imbarazzo, mentre lui si sforzava di resistere all’impulso di dare un ceffone a Potter perché aveva preso quella stupida finzione troppo sul serio

Beh, in quel momento, grazie a Dio, un vampiro si precipitò nella stanza, afferrò Potter per i capelli e gridò: “Muori, creatura demoniaca!”

Si scoprì che erano Edred Worple e il suo amico Sanguini, i due scrittori che dopo il successo di Fratelli Di Sangue avevano intrapreso una carriera come cacciatori di vampiri per rimuovere gli elementi veramente sgraditi prima di scrivere Amanti Di Sangue, il seguito che avrebbe svelato tutta la verità sulla società dei vampiri. Visto che adesso erano quattro contro quaranta, Draco acconsentì a proseguire con il piano uccidiamoli-tutti.

A battaglia vinta si incamminarono verso il quartier generale per comunicare l’avvenuta pulizia del covo. Worple stava barcollando un po’ per via delle conseguenze della lotta, ma si avvinghiò al braccio di Potter e gli raccontò in tutta serietà di come il mondo fosse in attesa della sua storia.

“E così sei un vampiro cacciatore di vampiri,” disse allegramente Draco a Sanguini. “Com’è?”

Lo sguardo di Sanguini era fisso sul suo collo, cosa che lo preoccupava non poco. Draco stava per tirare fuori la spada quando Potter fece uno dei suoi versi bizzarri, un ringhio con strane armonie in sottofondo, e Sanguini lo prese come un suggerimento a spostare lo sguardo.

*

In realtà fu tutta colpa di Potter se Draco sperimentò la roba dell’armadietto delle prove.

Era seduto fuori sul portico dei Bell con la piccola Mary, con la sensazione di essere stato esiliato. Si era solo lasciato sfuggire che non voleva figli.

Faceva un lavoro pericoloso, aveva sottolineato, e aveva già spiegato a Katie che non lo poteva lasciare – aveva un equilibrio da mantenere, era stata lei a dirgli che tipo d’uomo le sarebbe piaciuto che diventasse, non era giusto che adesso cambiasse idea – e anche se avesse lasciato il lavoro non avrebbe comunque voluto figli.

E se avesse avuto un figlio e non fosse riuscito ad amarlo? Questo non lo aveva detto. E se il bambino avesse provato e provato a farsi amare e lui semplicemente non ci fosse riuscito e non avesse potuto far altro che rimanere lì a guardare le conseguenze?

Un’altra cosa che non aveva detto era che non voleva figli che non fossero purosangue.

Fu un sollievo quando la macchina di Potter apparve nel cielo e si fermò davanti al cancello. Draco si appoggiò alla fiancata del lato passeggero e aprì la portiera di scatto davanti agli occhi increduli di Mary.

“Andiamo, Malfoy, un affare di droga. Shacklebolt pensa che qualcuno cercherà di resistere all’arresto.”

Draco si raddrizzò e Mary decise di passare all’azione.

Disse: “Potter” e collassò faccia a terra in quello che sembrava un attacco di estasi in piena regola.

“Lo fa con tutti,” minimizzò Draco. Si chinò per controllare che Mary non fosse veramente morta di gioia, e poi salì in macchina.

L’arresto fu abbastanza veloce. Nessuno fece resistenza più di tanto. Forse avevano scorto gli occhi da folle di Potter. Mentre esaminavano i pacchetti di carta stagnola, Draco si sentiva ancora un po’ depresso, e all’improvviso pensò di essere quasi sicuro che avessero il giorno libero.

Potter lo vide occhieggiare speculativamente un particolare pacchetto.

“Dai,” disse, con un’alzata d’occhi al cielo. “Ti sfido.”

Più tardi avrebbe dichiarato che non diceva sul serio, ma perché mai qualcuno avrebbe dovuto dire cose che non pensava davvero?

“Non mi sento per niente diverso,” commentò Draco dopo un momento.

“Signor Malfoy, signor Potter,” cominciò Shacklebolt, incedendo a grandi passi verso di loro. “- Signor Malfoy, cos’è successo alle tue pupille?”

“Qualche volta penso che lei sia un automa malvagio,” gli confessò Draco con voce sognante. “Ma altre volte no.”

“Malfoy si sente – poco bene,” spiegò Potter, poi lo afferrò per un braccio e lo trascinò immediatamente verso la macchina. Lo sgridò per tutto il tempo, ma Draco stava ascoltando attentamente e non pensava che fosse davvero arrabbiato. Bene. “Vai a farti un sonnellino sul sedile posteriore. Idiota,” aggiunse Potter, e lo aiutò quando lui non riuscì a spostarsi da solo.

Una volta che Draco si fu disteso scoprì che stava guardando Potter alla rovescia, il che era molto divertente. “Ciao,” disse, e si mise a ridere.

“Ciao,” mormorò Potter, e gli toccò i capelli. Era strano ma a quanto pareva significava che Potter gli voleva bene.

Fu carina anche la partenza, con la musica di Maurice la radio che si mescolava al ronzio uniforme del motore, e quando l’auto si lanciò nel cielo la luce del sole riempì tutto il piccolo abitacolo ronzante. Draco pensò a Katie e realizzò che anche da quel punto di vista andava tutto bene: lei lo amava, glielo aveva detto, e quelle discussioni sui bambini significavano che forse stava considerando l’idea di sposarlo.

“Sono felice,” annunciò. Potter si voltò a dargli un’occhiata e Draco scorse l’angolo del suo sorriso.

“Sì?” ribatté. “Bene.”

L’auto stava salendo sempre più in alto, colmandosi di luce dorata. Draco voleva chiedere a Potter se anche lui era felice, visto che era altrettanto importante, ma poi la musica, il calore e la felicità ebbero la meglio.

L’auto continuò a salire sempre più in alto, come se stessero volando verso il sole, e Draco si addormentò.

* Everybody look left, everybody look right, everywhere you look I stand in spotlight, dalla canzone “Voglio diventar presto un re” (originale: I just can’t wait to be king), tratta dal film “Il re leone”.

  
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