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Autore: AxXx    19/01/2014    2 recensioni
Vi era una città, un tempo bellissima, le cui torri erano alte come mai si sarebbe visto. L’oro, il marmo, l’argento erano i materiali degli edifici. Persino le case più semplici erano adornate. Le alte mura difendevano i palazzi, un tempo potenti. Ma ora tutto era distrutto. La città era attaccata, in alto, nel cielo, un enorme edificio, completamente in pietra nera, fluttuava sopra la città. Statue di uomini dall’aspetto deforme sorreggevano la struttura
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Per me non è solo un sogno. Per me è ciò che rappresenta il mio passato. Il mio spirito passato che un tempo combatté per difendere la terra quando ogni altra razza era stata abbattuta. Solo con un patto dei draghi aveva salvato ogni cosa e ora toccava a me e ai miei amici ricreare quel patto.
[Storia scritta a quattro mani da me e Fantasiiana, siate buoni, per favore, recensite :3 ]
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                 I MIEI SOGNI SI REALIZZANO

 

 

 

 

 

Era successo tutto così velocemente che in futuro, provare a richiamare quell'episodio alla testa, mi riuscii parecchio difficile. Era come provare a riportare alla mente un sogno o un ricordo non mio. Non so perchè di questo effetto, so soltanto che io e quel tipo avevamo appena rischiato di morire per mano di due mostri-insetto ed eravamo stati salvati da un tizio con capelli lunghi, biondi, la barba e una spada, una spada vera.

Prima del suo arrivo, per tutto il tempo avevo cercato di mantenere la calma, di ragionare con quelle creature, ma senza successo. La mia freddezza e la mia calma non mi avevano aiutata. Il mio cuore aveva preso a battere forte e mi ero fatta prendere dalla paura.

Quando rimasi sola nel vicolo, con il ragazzo moro svenuto vicino a me, su un letto di neve, persi del tutto il controllo.

Mi alzai di scatto e mi voltai verso l'uomo, che si guardava attorno circospetto. -Chi è lei? Chi erano quei cosi? Perchè ci hanno attaccati? CHE COSA VOLEVANO DA NOI?-

mi trovai ad urlare, con fredde lacrime che mi rigavano il volto pallido. Non avevo mai perso così il controllo in tutta la mia vita, ma ehi! Ero appena stata attaccata da due mostri da film in piena regola, nel bel mezzo del nulla!

Di solito, nei film o nei libri, queste cose venivano prima annunciate da una musichetta inquietante o da rumori sospetti, e si scopriva che i due attaccati avevano straordinari poteri, cosa, precisiamo, non accaduta.

-Calmati, Diane- mi disse gelido l'uomo. Sobbalzai leggermente, quando sentii la sua voce e il modo con cui pronunciava quell'ordine, con cui pronunciava il mio nome. Avvertii un vago capogiro, che combattei a fatica, cercando di concentrarmi sull'uomo.

La sua voce era profonda, calma, quasi dolce, di quella dolcezza che spirava dalle labbra di un parente, e poi sembrava vecchia di miliardi e miliardi di anni. Era quasi stanca, di chi ha visto troppo e ha vissuto troppo. Ciò nonostante, la sua figura irradiava potenza, e non solo per la spada che portava in mano.

Respirai a lungo e cercai di ritrovare la mia calma. Mi asciugai le lacrime lentamente e tornai a guardare l'uomo, gelida.

-Ecco, brava- mi disse con l'ombra di un sorriso, o forse era solo un'impressione?

-Chi erano quegl'esseri?- chiesi.

-Nemici. Per ora ti basti sapere solo questo.- Non ero pienamente soddisfatta di quella risposta, anzi, non ero soddisfatta per niente. Ma sentivo di potermi fidare di quell'uomo e in ogni caso le proprità, al momento, erano altre.

Mi voltai verso il ragazzo. -Se la caverà?-

-Sì. Ma dobbiamo fare presto.-

Annuii. -D'accordo, andiamo allora.-

Non so descrivere con esattezza la sensazione del teletrasporto. Credo sia diversa per tutti. Io, ad esempio, mi sento come trasportata via da una tempesta di sabbia, mi sembra di scivolare via, mutata in milioni di granelli di polvere, per poi ricompormi semplicemente, tutto nel giro di pochi secondi al massimo. La prima volta, però, si aggiunse anche il dolore. Era come avere una bomba nucleare nella testa e una serie di fuochi d'artifico che ti scorrono nelle vene e che ogni qualvolta scoppiano ne compongono di altri.

Niente di che, insomma!

Quando mi ripresi, capii immediatamente di non essere più a New York.

Il silenzio era assoluto e non aleggiava un alito di vento, nonostante il freddo dell'inverno si facesse sentire. Anche se... A pensarci bene era un freddo più opprimente, quasi di morte, di quello che ti fa vibrare la schiena più per la solitudine che spira in esso che per altro.

 Alla luce pallida della luna e delle stelle, potei osservare il paesaggio desolante che mi trovai davanti. Era come essere in un deserto di rocce. Davanti a noi, il panorama si stendeva per leghe e leghe di assoluta desolazione, eccetto che per le rovine lontane almeno un centinaio di metri da noi.

Erano le rovine di una città.

Le mura in pietra, un tempo forti e alte, erano crollate per metà e in più punti erano aperte da voragini nere che mi ricordavano le orbite vuote di un teschio. Oltre di esse, intravedevo il legno annerito dalle fiamme di qualche abitazione salvatasi miracolosamente dalla distruzione, ma era come osservare un fiore mezzo appassito in mezzo al deserto. Il castello, al centro della città, era per metà intatto e per metà distrutto, e nella poca luce della notte, riuscivo a mala pena intravedere le poche torri rimaste intatte.

Mi sentii gelare il sangue nelle vene. Quel panorama era in un certo senso... familiare. Chiusi gli occhi, e con mia grande sorpresa scoprii di avere le guance umide di pianto. La visione di quella distruzione totale venne sostituita da quella di una città fiorente, meravigliosa, prospera e colma di gente vociante e felice. Sorgeva su una pianura fiorita circondata da una foresta da un lato, da campi di grano in un altro e attraversata da un fiumiciattolo che splendeva alla luce del sole e che scorreva placido sul suo letto comodo, gorgogliando allegro. Riaprii gli occhi di scatto, con il fiatone.

Avevo appena visto la città che ogni notte mi appariva in sogno. Seguii l'uomo all'interno della città in assoluto silenzio, come ad un funerale. Mi guardavo intorno, senza sapere bene perchè, alla ricerca del più piccolo segno di vita. Ma non c'era nulla lì, tranne che rovine su rovine.

La cenere aveva invaso il panorama e tutto era nero. Le lacrime continuavano a scorrere e ogni qual volta chiudevo gli occhi, anche solo per pochi istanti, la città del mio sogno si ripresentava in tutto il suo splendore. Era come guardare il passato fiorente di quella città ormai distrutta, angolo per angolo.

Una casa distrutta, con il tetto crollato e i mobili in pezzi e poi una famiglia che mangiava allegra intorno ad un tavolo, le loro risate che echeggiavano nella mia testa. Mi voltai verso la schiena dell'uomo che avanzava ritto di fronte a me, il ragazzo moro in braccio. Anche lui stava in completo silenzio.

Dopo un po', superate le lunghe e innumerevoli vie e piazze con fontane distrutte al centro, arrivammo sotto le mura del castello. Il portone era nuovo di zecca, segno che qualcuno lo aveva sostituito ad uno ormai distrutto. L'uomo spinse il portone a doppio battente e mi guidò all'ingresso del castello.

Il pavimento era attraversato da grandi crepe e in alcuni punti le piastrelle erano saltate del tutto. Le mura erano sbiadite, ma in alcuni punti si intravedevano ancora pitture e raffigurazioni di draghi e cavalieri, tipiche dell'era medievale. La cosa più strana era che in quella stanza non vi erano macerie, neanche il più piccolissimo granello di polvere. L'uomo posò il ragazzo moro a terra, nel centro esatto della sala, e si voltò verso di me.

-E' meglio che tu vada di sopra a rifocillarti.-

-Un... un momento- balbettai come risvegliata da un sogno. Improvvisamente, tutto quello che era successo mi piombò addosso con il terribile senso di consapevolezza che quello non era un'invenzione della mia mente o del mio subconscio.

Stava accadendo davvero...

-Non mi ha ancora detto dove siamo, o chi è lei- dissi cercando di rimanere fredda, ma le labbra mi tremavano.

-Io sono Ansem, e questa- allargò le braccia -è la città ormai caduta di Dragavaar.-

Dragavaar... Quel nome mi echeggiò nella mente per quella che mi sembrò un'eternità.

-Che ci facciamo qui? E perchè questa città è uguale a quella del mio sogno?-

-Tutto a suo tempo: sei troppo stanca ora- mi disse.

Abbassai gli occhi, sconsolata.

-Non preoccuparti, Diane. Domani mattina tutto avrà finalmente un senso. Fidati di me.-

Annuii.

-Sappi solo che non è questa città ad essere uguale a quella del tuo sogno.- Lo guardai interrogativa. -E' esattamente il contrario-

aggiunse lui con mezzo sorriso. Ricambiai volentieri, sentendomi scaldare il cuore.

Ansem si voltò a indicarmi una scala intatta. -Al piano di sopra troverai le stanze. Scegli pure la tua.-

Si voltò e si inginocchiò accanto al ragazzo, facendomi intendere che la conversazione era bella che chiusa. Mi diressi alla scalinata che capii essere di marmo e la salii tutta d'un fiato. Arrivai ad uno stretto corridoio con una serie di porte aperte in legno che mostravano le camere al loro interno.

Ve n'era una tutta verde, una nera, una rossa e così via.

Oltre l'ultima porta, invece, vi era una stanza interamente azzurra con mobili bianchi.

Vi entrai con aria sognante e rimasi lì ferma ad osservare ogni singolo angolo e particolare di quella meraviglia. Il letto a baldacchino aveva tende bianche così candide da sembrare fatte d'acqua, il tappeto a terra era di pelo e solo a guardarlo mi veniva voglia di stendermici sopra e stringerlo forte, lo ammetto.

 C'erano anche un cassettone e un alto specchio dove la mia figura si rifletteva. Avevo gli occhi stravolti, il viso colmo di lacrime e la treccia sfatta. Accanto al cassettone vi era anche una porta aperta da cui si intravedeva un bagno.

-Un bagno tutto mio?- mi lasciai sfuggire. Avrei voluto entrarci, farmi un bagno e schiarirmi le idee, ma ero troppo stanca per fare anche solo un altro passo.

Mi sfilai gli stivali e il cappotto neri, mi infilai sotto le lenzuola di flanella e mi coprii fino alla testa con il piumone azzurro. Il sonno mi accolse fra le sue braccia calde appena chiusi gli occhi, e la città di Dragavaar tornò a fiorire nella mia mente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualcuno mi fermi. Fantasiiana è diecimilamiliardi di volte migliore di me. Lei si che rispetta i termini di consegna. Non è come me che ci metto 15 anni a dare un solo capitolo -_-
Ma chi se ne frega! Ora ce l’abbiamo, no? ;)
So che molti non apprezzano questa storia, ma mi piacerebbe sapere perché. Noi accettiamo anche recensioni negative.

AxXx e Fantasiiana.

 

  
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