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Autore: Sanae Nakazawa    24/11/2004    5 recensioni
Tsubasa sarebbe partito di lì a poco, eppure il desiderio di salutarlo per l'ultima volta le sembrò mancanza di volontà.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa One-Shot l'ho ritrovata su un vecchio cd ^_^. Risale circa ad un anno e mezzo fa e infatti non è scritta nel migliore dei modi, e me ne scuso ;_;.

"C'è qualcosa che mi sfugge..." disse Sanae sottovoce, quasi come se parlasse a se stessa.
Yukari, sua amica più cara, nonchè confidente, le si fece vicino e la fissò insistentemente negli occhi, elemosinando spiegazioni.
"Sei strana, Sanaechan. Troppo strana. Lo sei da una settimana circa" disse indicando il pesante piumone che avvolgeva l'amica come un involtino un pò troppo grosso. "Per di più te ne stai chiusa in casa in una giornata primaverile così bella e coperta come se fossi nuda al polo nord!" la ragazza si alzò di scatto dalla sedia ed aprì in un unico gesto le tende della camera.
Un fascio di luce si insidiò nella penombra della stanza e Sanae sbattè gli occhi più volte prima di riuscire a mettere a fuoco gli oggetti.
Tre giorni, per tre lunghi giorni si era data per malata, chiusa in quel cantuccio buio e freddo.
Il tempo non era di certo caldissimo, ma un sole accecante ricopriva l'intero paese di Fujisawa e un pò tutti sembravano completamente rinvigoriti da questo primo spazzo primaverile.
"A scuola cominciano ad essere sospettosi" riprese l'amica, sedendosi sulla sponda del letto, volutamente disfatto "Non puoi continuare a fare l'assenteista. Parla chiaro, Sanae. Malata non sei, anche se lo sembri. Sputa il rospo una volta per tutte!"
L'amica alzò gli occhi lucidi in sua direzione. Stava per piangere, lo si poteva capire guardandola anche solo per un attimo.
Yukari, maledicendo la sua tempra aggressiva, le circondò le spalle con un braccio e le diede un lieve scossone.
"E' per Tsubasa, nh? Sei triste perchè parte?"
Sanae annuì lievemente. L'amica strinse la presa e accostò la guancia contro la sua "Ieri mi dicesti che non ti importava più nulla, no? Che ormai te ne eri fatta una ragione..."
"Oh Yukari, ma ti pare possibile!" esclamò la ragazza, mettendosi dritta con la schiena e arricciando le labbra sofferente "Io non voglio che parta, mi sembra palese!"
Yukari si passò una mano tra i capelli e scosse la testa.
"Allora mi spieghi perchè ieri sera non sei venuta alla festa d'addio che gli avevamo preparato al club?"
"Avevo da fare..." rispose Sanae con fare tutt'altro che convincente.
Yukari alzò gli occhi al cielo e continuò "E mi spieghi sopratutto perchè tra neanche mezz'ora lui partirà per l'aereoporto, noi andremo a salutarlo, e tu sei ancora tutta imbacuccata nel tuo pigiama come se avessi la peggiore delle influenze?"
La ragazza non rispose, ma fissò insistentemente un punto morto della sua stanza.
In un primo momento odiò Yukari. Ebbe il malsano istinto di cacciarla fuori da casa sua e tornare a dormire per chissà ancora quanti giorni, senza dover pensare a nulla.
La sua più grande fortuna era stata che, per un lutto, i suoi genitori si erano dovuti allontanare da casa per qualche giorno. Suo fratello minore non aveva particolari pretese ed era abbastanza ometto da potersela cavare da solo.
Così aveva deciso di rintanarsi in camera sua a rimurginare sul passato e a maledire se stessa per essersi illusa di poter vedere qualche progresso in *rapporti umani* da quello stupido di Tsubasa.
Avevano condiviso parte dell'adolescenza insieme, lunghe chiacchierate e momenti importanti della loro vita fino a quel momento.
E ora lui andava via. Come se fosse la cosa più semplice del mondo. Salutare tutti sorridendo e prendere quell'aereo. Senza rivedersi chissà per quanto tempo.
Lettere, telefonate, stupidi abbagli che ti illudono in maniera crudele e spietata. Tsubasa non sarebbe tornato. Non ora che il suo sogno si stava realizzando e che l'egregio uomo dalle mille risorse, Roberto Hongo, era arrivato in salvo del povero orfanello rimasto in patria col rimpianto del Brasile.
Era stato tremendo constatare quanto Tsubasa possa essere indelicato. Non si era mostrato minimamente dispiaciuto della sua imminente partenza, nè tantomeno di non poterla più rivedere.
Si comportava come al solito, anzi in ogni sua frase risuonavano echeggianti le parole *Brasile* e *partenza*.
Sanae aveva deciso di chiudere quel capitolo della sua vita con la forza. Niente addii strappalacrime, niente false promesse, niente sorrisi di convenienza.
"Porgi i miei migliori auguri a Tsubasakun, Yucchan" disse acida, salendosi il piumone sino alla testa.
L'amica prese quel gesto come una richiesta di essere lasciata in pace così, silenziosamente, si alzò.
Osservò il groviglio di coperte con disappunto ma preferì non dire altro, afferrò le sue cose e si chiuse la porta alle spalle.
Sanae emerse nonappena sentì Yukari salutare suo fratello e la porta d'ingresso aprirsi. Seguì l'amica con lo sguardo finchè non uscì completamente dalla visuale della sua finestra.
Mille pensieri controversi le vorticarono nella mente.
Si sentì stupida, forte, razionale e fragile, tutto in meno di dieci secondi. Osservò l'orologio.
L'aereo sarebbe decollato alle 18 e 30 in punto. Ed erano da poco passate le 17.
Una forte voglia di fiondarsi fuori casa verso la prima navetta disponibile le balenò il cervello. Sospirò sconsolata rendendosi conto che la sua forza di volontà si stesse infrangendo poco a poco.
Non voleva dare nè a Tsubasa nè agli altri la soddisfazione. Voleva che Tsubasa imparasse una volta per tutte che il suo atteggiamento infantile aveva rovinato tutto.
Eppure una vocina remota nel suo cuore la incitava a correre, più veloce che poteva, verso l'aereoporto.
La sua parte razionale e irrazionale si combattettero in una lunga battaglia, alla fine la vocina incitante ebbe la meglio.
Sgusciò in un lampo fuori dalle coperte e si chiuse in bagno, cercando di domare la chioma dopo tanti giorni di abbandono. Infilò la prima tuta che aveva abbandonata sulla sedia e schizzò fuori casa, lasciando suo fratello sbigottito.
Uscì in strada e si diresse più veloce che poteva alla stazione dei taxi guardando insistentemente l'orologio. Fortuna volle che addocchiò un taxi libero e, dopo neanche 15 minuti, si trovava il vetro della porta scorrevole dell'aereoporto a dividerla dalla folla che lo intasava.
Strinse i pugni, più decisa che mai ed affrontare il suo destino e avanzò con cautela oltre la porta. Il brusio elevato che la attorniava le fece perdere la cognizione per qualche minuto, vagò con sguardo perso nell'enorme sala, cercando di identificare gli amici.
Stava quasi per rinunciare quando una mano le si appoggiò sulla spalla facendola sobbalzare di spavento.
"Sanaechan..?" lei si voltò con occhi sgranati. Tsubasa le apparì davanti, con un sorrisino incerto e un grosso zaino sulle spalle.
Lei sorrise di rimando sentendo un fastidioso grappo allo stomaco "Tsu...Tsubasakun...temevo fosse troppo tardi..."
Lui alzò le spalle "Ti sbagliavi. L'imbarco c'è tra mezz'ora" e indicò il grosso orologio elettrico che sovrastava il tabellone delle destinazioni.
Il silenzio più imbarazzante cadde sui due. Tsubasa si grattò l'estremità del ciuffo e guardò altrove "Che...ne dici se ci sediamo un pò?"
La ragazza annuì e lo seguì docilmente.
La folla intorno sembrava schiudersi al loro passaggio. Sanae si sentì come se protetta da una barriera e per poco le gambe non le cedettero quando raggiunsero i sediolini impolverati, disposti in una fila linghissima.
"Sei emozionato?" Tsubasa la guardò stranito prendendo posto accanto a lei "per la partenza, intendo"
Il viso del ragazzo si illuminò "Non sai da quanto aspetto questo momento Sanaechan! Tutto sembra troppo perfetto. La partenza, il mio arrivo lì. E poi credevo non venissi a salutarmi, invece sei qui!"
Lei lo guardò in viso e una fitta le attraversò lo stomaco a vederlo così entusiasta "Tutto quello che fai è sempre troppo perfetto, capitano"
Tsubasa si adombrò e si fermò a riflettere qualche secondo. "Non è vero" assentì con rammarico "Può sembrarlo ma non lo è"
Il silenzio calò nuovamente. Tsubasa giocherellò per interminabili minuti con le cinghie del suo zaino poi si decise a parlare "Ti ho cercata, in questi giorni. Capisco che ormai non siamo più compagni di classe ma..."
"Sono stata ammalata" esclamò Sanae con voce stridula.
"Molto strano..." continuò il ragazzo osservandole le mani "...tuo fratello mi ha giurato che tu non fossi in casa"
La ragazza si sentì tremendamente colpevole. Aveva obbligato il fratello a raccontare a chiunque la cercasse, salvo Yukari, che lei fosse uscita. Oggettivamente che Tsubasa l'andasse a far visita era l'ultima cosa che si aspettava "Credo che sia quasi ora, capitano. Il tuo aereo parte tra non molto".
Fece per alzarsi, ma la mano del ragazzo la bloccò con forza costringendola a voltarsi. Lui aveva un'espressione stranamente seria e la presa le indolenzì il polso.
"Mi mancherai molto, Sanaechan"
Quelle parole furono come una doccia ghiacciata. La ragazza ostentò un'espressione meravigliata ma si rese conto di avere la gola completamente secca e non disse nulla.
"In realtà sono terrorizzato. Non riesco a valutare la mia vita senza tutto quello che per me è più importante. E tu sei importante" sussurrò con voce roca.
Lei si limitò ad annuire sentendo il fuoco arrivarle alle guance.
Tsubasa si alzò in piedi lasciando la stretta e le si parò davanti porgendole la mano per aiutarla.
"Mi mancherai molto anche tu, capitano" riuscì finalmente a dire "ma tornerai, no? Dico io non starai lì per sempre..."
Lui annuì sorridendole. Il suo sguardo era talmente cristallino che Sanae si fidò all'istante.
"Ti telefonerò ogni settimana e poi...beh poi ci scriveremo..."
Sorrise anche lei e, in uno slancio coraggioso, gli prese la mano e la strinse nella sua "Ma se ti dimentichi verrò fin lì e ti sbatterò il pallone in faccia. Così avrai il naso come Ishizaki!"
Scoppiarono entrambi a ridere e Tsubasa ricambiò la stretta. Sanae arrossì di botto, resasi conto solo in quel momento di tanta disinibizione.
Sicuramente, se avesse seguito la sua parte razionale, in quel momento non sarebbe così felice.

  
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