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Autore: Luna di Angelo    20/01/2014    1 recensioni
Magmion ha deciso di prendere esempio dal Presidente Snow. Ha trovato un piano per eliminare una volta per tutte i Signori della Natura.
questa volta non fallirà, o almeno lui la pensa così.
spero di avervi incuriositi
È la mia prima fanfiction, accetto agni tipo di commenti. Aiutatemi a migliorare!:)
Genere: Avventura, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN NUOVO PIANO
 
CAPITOLO 6

 

EVERYWHERE, BUT NOT HERE


TOBY
Niente. Penso che sia la parola che descrive meglio la mia situazione. Non sento niente, non vedo niente, non provo niente. Non pens... No, sto pensando e sto anche respirando. Non sono morto! Mi sembra impossibile. Piano piano tutto si fa meno lontano, irreale, ovattato. La prima cosa che percepisco è il dolore. Ovunque nel corpo, è fortissimo. Continuo a non sentire rumori, forse però qualcosa... sì, sono fiamme che danzano e ogni tanto schioccano producendo un rumore secco, come quando si spezza un bastoncino di legno. Sento anche il vento. E' fresco sulla pelle.
Apro gli occhi, all'inizio non riesco a capire dove sono. Non riesco a muovermi, sento tutti i muscoli intorpiditi e bloccati. Lentamente la vista si mette a fuoco e vedo la volta celeste con tante piccole stelle. Giro la testa e sento le ossa scricchiolare, ma non come se si stessero rompendo, più come se fossero felici muoversi di nuovo. Un onda di terrore mi avvolge quando vedo ciò che mi sta di fronte: il Vulcano. I tessere che compongono il mosaico si incastrano perfettamente nella mia mente. Ricordo tutto. Solo... quanto tempo è passato? Poi un altro pensiero mi fulmina: se Magmion mi ha praticamente ucciso, perché ora non sono in qualche laboratorio a far da cavia a qualche esperimento? Non lo so. Decido di alzarmi e tornare a casa. Più facile a dirsi che a farsi: ho il tronco ustionato e tutti i muscoli doloranti. Il braccio sinistro non risponde perfettamente ai miei comandi e le vene pulsano più che mai. Non mi ci vuole molto tempo per capire che è rotto e non mi sarà d’aiuto per tornare a casa. Sarà l’ennesimo intralcio. Mi metto a sedere, poi cerco di mettermi in ginocchio. Sento le articolazioni ululare dal dolore. Dopo un paio di tentativi sono in piedi. Sono totalmente distrutto quando arrivo al tunnel interdimensionale. Sento di star per diventare polvere, ma mi faccio forza e torno sulla Terra. Non pensavo di riuscir a rimettere piede in casa. Esco dal portale e barcollo. Mi appoggio al muro e cado sulle ginocchia. Cerco di toccare il braccio sinistro ma una fitta più forte delle altre me lo impedisce. Provo a tornare a prendere fiato normalmente. Non mi ero reso conto di aver iniziato a respirare veloce quanto il battito del mio cuore. Chiudo gli occhi e sento i sensi che si offuscano ancora. Dolore. Trattengo il respiro e appoggio il braccio sano sul muro per riprendere l'equilibrio. Sento dei passi scendere veloci le scale. Il fianco brucia e le fitte alla nuca mi fanno stringere i denti. Sento una mano poggiarsi sulla spalla. Espiro e inspiro, ma non apro gli occhi. Mi sento debole, ma non fisicamente, sono fragile emotivamente, incline a lasciarmi sopraffare da ciò che mi ferisce, che mi ricorda che ho solo dodici anni e che non posso sostenere le imprese che mi impongo, che non posso difendere chi amo senza lasciare me senza protezione.
-Toby...
Singhiozzo e sollevo la testa. Provo a sorridere ma è una smorfia di sofferenza. Mio fratello mi aiuta ad alzarmi ma sento la forza scivolare via e mi devo appoggiare a lui. La prossima volta non accetterò di combattere con Magmion così alla leggera.
- Che cosa hai combinato?
- Non si capisce?- si intromette Lucas.
- Ehm, sentite ragazzi, possiamo litigare dopo?
Mi guardano senza capire. Indico il braccio rotto e sospiro. Usciamo dal tempio degli elementi e ci fermiamo nello stanzino tentennando su cosa fare: chiamare i miei genitori o no? Come glielo spiegheremmo? Vedo la stanza girare e mi sostengo alla parete. Come potremmo arrivare al Pronto Soccorso a piedi?
- Glielo diciamo.
Apro la porta ed esco fuori barcollando. Una sfilza di scuse mi scorre davanti. Scelgo la più ovvia. Vedo una figura pararsi davanti a me e un brivido mi scuote mentre mi lampeggia davanti agli occhi l'immagine di Magmion sopra di me.
- Tobias! Che cosa hai combinato!
- Ehm... - Lancio un occhiata a Nick, sperando che mi possa aiutare, ma anche lui mi guarda disperato. Mi fa più paura mamma che l’intero esercito di Lavion. Attacco con la scusa. - Ehm... Stavamo giocando in giardino, a calcio. Sono inciampato e sono caduto male su uno scalino...
Lei mi guarda per qualche secondo a metà tra il preoccupata e la diffidente. Probabilmente pensa che mi sia fatto male facendo qualche cretinata e direi che avrebbe ragione. Alla fine sospira.
- Andiamo, muovetevi.
Sorrido (almeno credo) e mi giro di nuovo verso mio fratello che si passa una mano sulla fronte. Voglio capire che ha Lucas, da un po' di tempo è strano. Che ce l'ha con me è sicuro, ma voglio sapere il motivo.

****

Mi mordo il labbro inferiore. Vorrei urlare. Gemo. Sento il mio corpo agitarsi. Vedo le mie dita tremare, sono totalmente bianche. Anche la saletta del pronto soccorso è completamente bianca. La vedo dondolare come su una giostra. Fisso il medico che mi sta sistemando l'osso del braccio rotto. L'ingessatura è l'unica cosa simpatica. Simpatica ho detto,ma non altrettanto comoda. Esco dalla stanza cercando di trattenere i fiumi di parolacce contro il signore in camice bianco che premono dietro le labbra nel tentativo di uscire allo scoperto. Ci stiamo dirigendo all’uscita del pronto soccorso e tra poco potrò nascondermi da qualche parte e sfogarmi.
“Non pensare al dolore. Non pensare al dolore. Quello fisico ti indebolirà. Non puoi permetterti questo. Se poi sopraggiunge quello emotivo ti soffocherà. Cadresti in depressione. Non puoi permetterti che le tue manie suicide prendano il sopravvento” Penso fra me e me. E’ vero, non posso rischiare.
Mi guardo intorno per distrarmi e noto una ragazzina della mia età che corre lungo il marciapiede. Non riesco a smettere di guardarla. Indossa una gonna un po’sopra il ginocchio di velluto celeste, decorata con pizzo, fra cui spiccano borchie azzurre. Ha un pantacollant color panna con fiamme scintillanti di tutte le tonalità del blu. Dal più chiaro al più scuro. Sono gli stessi colori del cappottino che indossa, con borchie sulle spalle. Anche questo è color panna con motivi a fiamme. E’ legato in vita con una cintura. Anche qui le fiamme sono il tema predominante. Poi noto che sul cappotto è appuntata una spilla d’oro. Non ne ho mai vista una simile. Raffigura un volatile in un cerchio che impugna nel becco una freccia. Calza stivaletti lucidi bianchi. Ha il volto pallido un po’ appuntito. Ha labbra carnose, di un rosa tenue e qualche lentiggine è stata spruzzata sulle sue guance. Capelli color rame le contornano il volto. Scendono come lunghi boccoli sulle sue spalle. Indossa degli orecchini a forma di fiocco di neve e al secondo e terzo buco brillano dei punti luce bianchi e azzurri. Al sole sembra che lei scintilli come fra le fiamme. Sembra una ragazza di fuoco.
Per una frazione di secondo i nostri occhi si incontrano e mi sorride. Ha degli occhi stupendi: azzurro spento, come se fosse inscurito dalla cenere, con sfumature color miele. Ci guardiamo per un momento finché una voce non la chiama col nome di Celeste. Lei si volta e corre via. Poi noi entriamo in macchina e non la vedo più. So il suo nome, ma se dovrei rincontrarla la ricorderei come “la ragazza di fuoco”.

****

In una stradina laterale di Venture Falls due ragazzine stavano chiacchierando. Erano molto diverse l'una dall'altra, ma avevano qualcosa che le rendeva simili. Una era appoggiata al muro con un aria annoiata e stava giocando con un fiammifero. L'altra era seduta su un borsone da palestra nero e stava disegnando su un blocco.
- Fai attenzione con quel fiammifero.
La ragazza in piedi guardò di sottecchi la sorella, poi tornò a passare il dito sulla fiamma.
- Di che dovrei preoccuparmi? Noi giochiamo da sempre col fuoco. Lui si può domare, può diventare docile come un cagnolino. Ma questo lo sai, ce l'ha insegnato il nostro Maestro quando avevamo quattro anni. Sei tu che dovresti fare attenzione . Quello che stiamo per fare è abbastanza pericoloso, più di infilare le mani in un falò. Ci vediamo qui, domani.
La ragazza seduta sorrise sollevando gli occhi dal foglio. L'altra mise in tasca la scatola di fiammiferi sollevando il proprio borsone e lo sistemò in spalla.
– Ricorda chi è il vero nemico.
- Che i giochi abbiano inizio.- mormorò l’altra di risposta, prima che la sorella si allontanasse nell'oscurità.

****

TOBY
“Sono un codardo”. E’ la frase che sto ripetendo da almeno dieci minuti. Sono appena scappato (di nuovo), ma stavolta non ho intensione di tornare. Di ritorno dall'ospedale mi sono rifugiato in camera mia, fra i pantaloni e le giacche nel mio armadio, prima che Lucas potesse iniziare a urlare il resoconto delle imprese “eroiche” che ho compiuto. Ho già i rimorsi. Se adesso iniziassero a dirmi quanto sono stato incosciente e stupido probabilmente non potrei più guardarmi allo specchio. Ho preso un borsone e ci ho infilato qualche vestito, il cellulare, l'i-Pod, qualche libro e i miei risparmi (che non sono molti). Ho strappato un foglio da un quaderno e ho lasciato un messaggio a Nick. Mi dovrei preoccupare di cosa spiegherebbe a mamma e papà, ma tanto Lucas è bravo a mentire, non avranno problemi a inventare qualcosa.
Ora sto correndo per le strade del centro, non molto lontano dal mio quartiere ma abbastanza affollato da nascondermi. Non so dove andare, ma ho bisogno di allontanarmi da tutto quello che conosco e che amo. Come potrei fare qualcosa che aiuti se ho bisogno del suolo solido sotto i piedi anch'io? Le cose stanno accadendo troppo velocemente, non ho più certezze. Basta filosofia, ora ho bisogno di un posto dove passare la notte. Penso che rimarrò sveglio fino all’alba. Non sono abbastanza spietato da dormire tranquillamente dopo quello che ho fatto. Sta iniziando a far buio e io continuo a camminare sul corso illuminato. Attraverso una piazza per passare in una stradina laterale dove c'è una bella fumetteria. Qui non è ben illuminato come tra i negozi perché sono per di più case e così non mi accorgo di una figura che cammina verso di me così ci scontriamo. Mi trovo davanti due occhi azzurri, ma non proprio azzurri, grigio azzurri con delle sfumature color miele. So a quale volto appartengono quegli occhi. Lei per lo spavento lascia cadere il borsone per terra. Sbatto le palpebre e mi sveglio da un incanto momentaneo, farfugliando delle scuse. La ragazza sorride e si china per riprendere la sacca.
- Mi sembra di..
- Di avermi già vista? Anch'io ho la stessa impressione, sai?
- Forse... Davanti all'ospedale?
Fa scivolare lo sguardo dal mio viso al braccio ingessato e di nuovo al mio viso.
- Direi di si.
Inizia a diffondersi un imbarazzato silenzio. Intanto i suoi occhi brillano alla fioca luce di un lampione in lontananza. Accanto al viso una ciocca dei suoi capelli color rame è raccolta in una treccina, legata con un elastico con una piuma azzurra. E’ strano. Mentre lei mi fissa, mi sento come se quello sguardo scrutasse i miei sentimenti. Poi un pensiero mi folgora:
-Cosa ci fai qui a quest’ora con un borsone da palestra?
Nel momento stesso in cui articolo quella frase mi rendo conto che è molto ovvio: starà tornando a casa dopo un pomeriggio trascorso in palestra!
– Beh, potrei proporti la stessa domanda!
In quell’istante capisco che non sta tornando a casa. Non ci tornerà più. Abbiamo le stesse intenzioni. E, a conferma della mia ipotesi, non indossa alcuna tuta.
In quel momento, un lampione dietro di noi si accende e ci abbaglia. Stropicciamo un po’ gli occhi, finche non riesco a mettere a fuoco un livido che deturpa quel bel viso che avevo visto poco tempo fa.
- Non tornerai più a casa. Vero o non vero?- Mi azzardo a chiedere.
Lei scuote la testa. – Nemmeno tu. Vero o non vero?
-Vero. Dove stavi andando?- Lei fa qualche passo avanti. Fa scorrere le sue dita lungo il mio palmo, finché non afferra la mia mano. I suoi polpastrelli sono insolitamente caldi. Sanno di fuoco, di camino, di cenere, di casa. Insieme ci dirigiamo verso una strada coperta dalla semioscurità. So che di lei mi posso fidare, al contrario di molte altre persone.

****

In un isolato della cittadina si sente un tonfo. Un ragazzo occhialuto è inginocchiato ai piedi di una scrivania. In mano regge un foglio di carta a righe rozzamente strappato dalle spillette di un quaderno. Sopra c’è scritto qualcosa con inchiostro verde, ma non è firmato. Non c’è bisogno che vi sia riportato un nome. E’ fin troppo chiaro chi sia l’autore di quel biglietto.
Nick si alza piano dal pavimento e fa scorrere le dita sullo scranno di legno. Pensando a una scusa da presentare ai genitori per giustificare l’assenza del fratello. Quel vigliacco del fratello che pensava sempre e solo a sé. Mai al dolore che avrebbe provocato a lui e ai suoi genitori con un comportamento simile. Senza mai riflettere.
Con un gesto della mano si pulisce le guance rigate da una ed una sola lacrima, che scompare, sostituita dal rossore della rabbia. Velocemente va in cucina, raggiungendo i genitori che, perplessi domandano al figlio
–E tuo fratello?
-Non ha fame e vuole essere lasciato in pace, ha chiuso la porta a chiave-dice lui facendo roteare l’oggetto di metallo nelle tasche della felpa –Dice di avere la febbre e che non dovete preoccuparvi per lui. Domani non andrà a scuola, ma vuole che voi andiate a lavorare. Non mangerò nemmeno io.
Queste sono le sue ultime parole, prima che scompaia in camera sua. Nick sfila le scarpe e prende una felpa azzurra dall'armadio. Mentre se la infila pensa alle parole scritte su quel pezzo di carta: "Everywhere, but not here". Senza deciderlo si infila nel letto accanto al proprio e si rannicchia nella maglia del ragazzo che probabilmente non tornerà più.
Però, per quanto sia arrabbiato non può nascondere che gli manca, che sta creando un vuoto nel suo cuore. Perchè nonostante tutto Toby è suo fratello e anche se prendesse le decisioni più sconsiderate, sarebbe sempre stato un po' dalla sua parte.                                                                                      

                                                                                ****
TOBY
Sta quasi per sorgere il sole. Le montagne lasciano passare qualche fioco raggio del sole fra le loro cime. Sono circondato da erbetta umida, in un parco di ciliegi. E’ un posto stupendo e il mio sacco a pelo è caldo e confortevole. Questo luogo sa di casa. E’ proprio questo che turba i miei pensieri.
Volto la testa in direzione della mia accompagnatrice. Ha i capelli sul viso e le coprono le lunghe ciglia. Anche se non posso vederle, so che quelle palpebre sono rimaste sollevate per tutto questo tempo. Sempre. Nel silenzio della notte riuscivo a sentire il suo cuore palpitare fra qualche singhiozzo trattenuto. Scommetto che lei ha i mie stessi rimorsi. Ho un disperato bisogno di parlare con qualcuno.
- Hei!? Sei sveglia per caso?- Anche se so che lo è glielo chiedo ugualmente. Non voglio farle capire che ho sentito i suoi pianti.
- Si, ma credo che tu lo sappia già. Non farmi credere che sono stata molto brava a mimetizzare il rumore della mia scontentezza- dice lei rimanendo sdraiata nel suo sacco a pelo. Non posso fare a meno di fare un piccolo risolino. Lei intanto scoppia a ridere. Volta la testa, poggiando il mento sul piccolo cuscino, mostrando un sorriso radioso e portando un ciuffo di capelli dietro all’orecchio sinistro.
–Come ti chiami? Non ci siamo mai presentati, non so il tuo nome .- Altra bugia, ma ho un disperato bisogno di parlare e non sono bravo a trovare argomenti .
- Lo sai che non sai mentire? So benissimo che conosci il mio nome, Celeste. L’hai sentito quando mi hanno chiamato sul marciapiede! Oppure l’hai già dimenticato?-
-No, no l’ho dimenticato-.
La sua bocca si allarga in un sorrisetto compiaciuto. Intanto anche io assumo la sua posizione, così posso guardarla dritta negli occhi.
-Comunque io sono Toby. Come mai eri davanti all’uscita del pronto soccorso?
-Per via di mia sorella, Bianca. Credevamo che si fosse fratturata un dito giocando a pallavolo. E’ la mia gemella. Non ci somigliamo granché all’apparenza e siamo abbastanza diverse. Non siamo come acqua e fuoco, perché sarebbe una lotta eterna per la supremazia di uno dei due elementi. Siamo più che altro come aria e acqua. Una in cielo, l’altra in terra e non possiamo neutralizzarci. Condividiamo le stesse passioni, ma le manifestiamo in modi completamente differenti-. Lei continua a guardarmi aspettandosi che dica qualcosa. Ma le sue parole mi hanno ricordato di qualcuno: Jessica e me. Aria e acqua. Una in cielo l’altra in terra, ma noi siamo divisi per davvero. Questo pensiero balena nella mia mente. Non posso continuare a fingere di star bene. Ma non posso fidarmi di nessuno. Vero o non vero? Celeste ha notato il mio volto malinconico. Anche i suoi occhi hanno cambiato espressione.
-Qualcosa non va?- Mi chiede. “Non vero”, penso. In quel momento capisco chi è degno di tenere la chiave della mia fiducia. In tutta risposta le dico:
–Ti devo parlare-.

ANGOLO DELLE AUTRICI
Prima di tutto: scusate il ritardo, ma non riusciamo a scrivere un capitolo in meno di un mese. scusate, Scusate SCUSATE!
Per seconda cosa vorrei ringraziare quei due santi di _eternity0_ e alinasasusaku02 che hanno recensito questa cosa, che senza FloxVaniglia Luna starebbe ancora cercando di farla passare come storia, perché i suoi scheletri di capitoli…
grazie Grazie GRAZIE per aver recensito!
Ora parliamo del capitolo vi è piaciuto? Speriamo di sì. Vogliamo aggiungere due persone alla storia, crediamo e speriamo che vi staranno simpatiche.
PARLA FLOX
Mi diverte tantissimo scrivere! E’ un gioco e un’esperienza fantastica. Poi abbiamo raggiunto 7 pagine word con questo capitolo. 7! Non sono solo tante, ma è il numero che adoro. 7! Qualcuno mi capisce? Ho voluto inserire riferimenti anche ad alcune saghe di libri in questo capitolo, come farà anche la mia amica Luna. Insieme siamo due LUNATICHE. Questi riferimenti faranno impazzire chi come noi adora alcune saghe e saranno stati gradevoli alla lettura per chi non le conosce. Vorrei ringraziare mio fratello che mi ha suggerito il cognome per le gemelle, anche se voleva che Toby si innamorasse dell’infermiera del pronto soccorso. Vi aspetto nelle recensioni per il mio solito appuntamento con l’anagramma del titolo del capitolo successivo e con la trama di quello che accadrà nella prossima puntata. Restate sintonizzati su questa frequenza d’onda se siete divorati dalla curiosità e ci vediamo alla prossima!
VI SALUTANO LE DUE PAZZE

ps: l'editor che usavo non mi funziona più. ora ne sto usando un altro ma non riesco a capirlo bene. spero che si legga tutto. :P

  
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