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Autore: Lifaen    21/01/2014    1 recensioni
Salve a tutti! Come si può evincere dal titolo, la trama ruota attorno ad un gruppo di avventurieri che affrontano i demoni che infestano il loro mondo, nel tentativo di liberarlo. Spero vi divertiate a leggere questa storia come io mi diverto a scriverla! Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Tutto qui?”.
Queste parole gelarono il sangue nelle vene di Lenn, non tanto nella loro natura in sé per sé, ma per il tono di totale noncuranza con cui erano state proferite.
Lui e Keyleth, gli unici del gruppo a potersi muovere sulle proprie gambe, erano stati convocati dalla Carezza per fare rapporto su ciò che era accaduto a Fallensun. Mildred, Nom e Lifaen, per quanto liberati dagli effetti debilitanti del veleno demoniaco, che persino Keyleth aveva avuto difficoltà ad eliminare con le proprie conoscenze, grazie alle cure dei medici della loro padrona stupenda e piena di risorse, non erano ancora in grado di muoversi a proprio piacimento, anche se andavano migliorando a ritmo rapido e costante.
Lui e l’elfa si erano presentati al cospetto della Carezza e le avevano riferito ogni singolo, macabro dettaglio di quella giornata disastrosa. O meglio, Lenn gliel’aveva riferito: per quanto gli facesse orrore rievocare quei ricordi, Keyleth gli aveva chiesto quel piccolo sacrificio, in quanto preferiva avere tempo e modo di studiare le reazioni della Carezza.
Vana speranza, amica mia si era detto lo stregone, ma aveva comunque raccontato ogni aspetto che ricordasse alla donna, che indossava uno sconvolgente abito blu notte, come sempre molto provocante, e, seduta sul suo trono a forma di fenice, sembrava veramente una dea. Si era soffermato soprattutto sulla descrizione, assai colorita e fatta in tono indignato, dello strazio a cui erano stati sottoposti i cadaveri degli abitanti di Fallensun; ma non aveva notato mutamenti nel volto dalla bellezza sconvolgente che lo stava fissando con occhi di brace. Aveva terminato il resoconto con una descrizione del catastrofico assalto al mantello bianco, tentando di indovinare se significasse per lei qualcosa il fatto che era come svanito in quella nuvola di miasma che aveva lasciato agonizzanti i suoi amici.
Non aveva avuto successo alcuno. Poi la Carezza, con deliberata lentezza e un tono di voce talmente neutro da rasentare la noia, aveva pronunciato quelle due sole parole.
Come sarebbe a dire “Tutto qui?”? pensò indignato il giovane, lanciando un’occhiata a Keyleth. L’elfa sembrava sorpresa esattamente quanto lui; evidentemente nemmeno lei si aspettava tanta indifferenza ad una descrizione simile a quella che aveva fatto Lenn da parte della Carezza.
La chierica tentò di dire qualcosa ma non riuscì a ribattere nulla alla donna, che aveva preso a tamburellare le lunghe dita bianche su un bracciolo del suo trono, mentre l’altro era impegnato a sostenere il braccio, la cui mano sosteneva la testa di fulvi capelli rossi che si era inclinata come a guardarli meglio.
Lenn si chiese come fosse possibile che Keyleth, così saggia e sempre abile ad argomentare, non riuscisse a spiccicare nulla proprio in quell’occasione. Sollevò gli occhi fino ad incontrare quelli della Carezza; e comprese perché l’elfa avesse così improvvisamente perso la favella.
Gli occhi che stava osservando erano sconvolgenti come loro solito: rossi come il fuoco e magnetici, un vortice a cui era impossibile sfuggire. Ma c’era qualcos’altro; o meglio, mancava qualcos’altro, e Lenn ci mise solo una frazione di secondo a capire cosa fosse, rimanendo sbalordito e deluso dalla risposta che trovò.
L’interessamento.
Lo stregone si sentì improvvisamente vuoto. La Carezza, ormai l’aveva capito anche lui, non aveva alcun interesse per quei poveri innocenti massacrati a Fallensun.
Si diede dello stupido. Cosa si era aspettato? Che quella sconosciuta, perché era una sconosciuta, scendesse dal suo piedistallo e li abbracciasse e li consolasse? Che dicesse che avrebbe vendicato quelle morti orribili, che avrebbe punito il colpevole? Perché mai aveva sentito che fosse suo dovere dare loro conforto e speranza? Non so nemmeno se sia veramente umana, dannazione!
Eppure non poté fare a meno di accorgersi che aveva comunque sperato in una risoluzione del genere. Contemporaneamente, sentì che anche Keyleth era giunta alle sue stesse conclusioni.
Lenn si sentiva privo di qualsiasi appoggio o certezza. Alla loro padrona non importava nulla della vita umana.
Poi udì un sospiro. Era della Carezza.
“Non ho intenzione di nasconderlo”, disse la donna, e lo stregone sentì che la delusione cominciava a pesargli come un macigno nel petto. Eppure non poté fare a meno di pendere dalle sue labbra. “Questa svolta è stata veramente deludente, ragazzi miei. Avreste potuto fare ben di più e ottenere molte più informazioni, come che genere di rituale si fosse compiuto, o una descrizione più dettagliata di un avversario evidentemente oltre la vostra portata; ma tutto quello che vi è rimasto sono infantili insulti di uno sconosciuto e ancor più infantili reazioni. Non è tollerabile.”
Keyleth tentò di ribattere, ma lei la zittì con un gesto della mano.
“Questo genere di errori posso aspettarmelo da dei novellini, o da degli idioti” continuò la Carezza, e la sua voce era carica di indifferenza, “e non mi sembra che voi siate né l’una né l’altra cosa. Perciò ho preso una risoluzione.”
Si alzò dal trono, statuaria in tutta la sua sconvolgente bellezza. Lenn fu quasi tentato di distogliere lo sguardo; gli sembrava di profanare qualcosa di sacro.
Lei scese lentamente e con grazia indescrivibile i gradini che la separavano da loro e si fermò a pochi metri di distanza.
“Vi separerete.”
A Keyleth quasi non parve vero di sentire quelle parole. Doveva stare scherzando. Ma per qualche motivo aveva il timore che fosse terribilmente seria, a dispetto del sorriso giocoso che le aleggiava sulle labbra perfette.
“Sì, hai capito bene sacerdotessa” fece la donna meravigliosa. “Vi separerete. Avevo in mente che accadesse più tardi, ma vedo che avete assolutamente necessità di passare del tempo distanti gli uni dagli altri.”
“Ma … Come?” balbettò Lenn. “Se non riusciamo a sconfiggere una sola persona in cin-”.
“È esattamente per questo che dovete allontanarvi. Siete troppo abituati a stare in gruppo, e troppo poco a pensare con le vostre teste. Rispondete a questo” continuò prima che potessero interromperla, “se vi foste soffermati un attimo a riflettere su cosa vi trovavate davanti invece che sentirvi sicuri della forza dei numeri e rispondere con una carica su un nemico di cui non sapevate nulla, avreste potuto ottenere qualche informazione ben più utile del fatto che il vostro avversario utilizzi del veleno demoniaco, no?”.
Lenn e Keyleth rimasero in silenzio. Aveva ragione, naturalmente.
“Per l’appunto” disse la Carezza. “Perciò, non appena vi sarete rimessi tutti in sesto, vi separerete. Un periodo gli uni lontano dagli altri vi farà bene. Potete andare. Oh, e non preoccupatevi” disse, mentre li superava lasciandoli immobili dove si trovavano e si avviava verso il portone. “Lo dirò io personalmente ai vostri compagni, non dovrete farlo voi.”
 
  
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