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Autore: Aledileo    07/06/2008    2 recensioni
Un prologo a tutta la serie, ambientato nel 1973, all'epoca dell'investitura dei Cavalieri d'Oro, con eventi che avranno conseguenze sul futuro.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SETTIMO: L’ORIGINE DEL MALE.

 

Gemini era in piedi, al centro di una sala poco illuminata, nei sotterranei della piramide di Tebe, di fronte all’attento sguardo di una figura ricoperta da un nero mantello, al di sotto del quale Gemini poteva scorgere due penetranti occhi rossi, intrisi di sangue e di odio. Per la prima volta il Cavaliere d’Oro tremò, mentre un brivido lo colse, sentendo quasi la fredda lama di un coltello scendere sulla sua schiena nuda, vittima inerme di fronte a un potere più grande di lui. Più grande e oscuro.

 

All'improvviso i due occhi rossi brillarono intensamente, liberando violenti raggi energetici che travolsero Gemini, spingendolo indietro e paralizzando i suoi movimenti, fermandolo a mezz’aria, incapace di muovere anche soltanto un muscolo senza intercorrere in forti striature energetiche, riflusso di un vasto e oscuro cosmo che aveva invaso l’intero sotterraneo. Un cosmo che, per quanto gli parve troppo tenebroso, Gemini temeva di avere già conosciuto.

 

Chi… chi sei?!” –Mormorò.

 

Ma la figura ammantata parve non ascoltare neppure le sue fragili parole, sollevando, con un breve cenno della mano, immense vampate di energia cosmica dal colore violaceo, quasi evanescenti figure che invasero lo stanzone sotterraneo, producendo sgomento e preoccupazione nel cuore del Cavaliere d’Oro. Sgomento che andò aumentando quando iniziò a vedervi, in quelle figura, il volto sogghignante di suo fratello, che lo accusava per averlo tradito e violentato.

 

“Ben arrivato, Cavaliere di Gemini!” –Sibilò infine la figura ammantata, iniziando a camminare intorno al paladino di Atena. –“Ti aspettavo con trepidazione!”

 

Mi… aspettavi?!”

 

“Naturalmente! Ero certo che avresti accettato il mio invito! Poiché grande era il desiderio del tuo cuore di ricongiungersi a me, a colui a cui tutto devi e al quale ubbidirai!”

 

“Che cosa?!”

 

“Gemini!” –Esclamò la voce con decisione, fermandosi di fronte a lui e permettendo al giovane di perdersi nei suoi occhi rossastri. –“Cedimi la tua vita, affinché io possa guidarla, facendone uno strumento di morte! Un’arma capace di uccidere la vergine Dea e oscurare le stelle di Grecia!”

 

“Mai!!!” –Gridò Gemini, cercando di resistere al demoniaco cosmo della figura.

 

“Resistere è inutile, Cavaliere, perché presto cadrai! Vinto dalle passioni e dai sentimenti, vinto dalla tua debolezza, vinto dalla tua eccessiva generosità! Non ritardare l’inevitabile! È vano e dispendioso!”

 

“Niente è inevitabile!” –Strinse i pugni Gemini, iniziando a bruciare il proprio cosmo luminoso. –“Ed io saprò oppormi alla violenta follia di un deicida!”

 

“Taci! Idiota!” –Lo zittì questo, puntando l’indice destro contro di lui e sprigionando un raggio di luce che travolse Gemini, scaraventandolo contro la parete retrostante, schiacciandolo con forza contro le mura interne, prima di farlo ricadere al suolo, ansimante e ferito.

 

“Chi.... Chi sei? E cosa vuoi da me?” –Rantolò Gemini, rialzandosi.

 

“Voglio la tua mano, Cavaliere! Essa stringerà il gladio con il quale ucciderai la Dea, liberando il mondo dalla sua dannosa presenza, e aprendo la strada alla rinascita dell’oscurità!”

 

“Mai!!!” –Gridò Gemini, lanciandosi avanti, concentrando il cosmo sul palmo destro, sotto forma di una brillante sfera di energia. La scagliò contro la figura, che non ebbe alcun problema a fermarla con la mano e a stringerla con forza, dissolvendola come fosse aria, stupendo Gemini che rimase ammutolito, di fronte a lui.

 

“Come già ti ho detto… Vano e dispendioso è opporsi all’ombra, perché essa tutto travolgerà, essa tutto risucchierà!” –Mormorò lo sconosciuto, facendo avvampare il suo cosmo.

 

Violacee vampate di energia cosmica percorsero l’intero salone, stridendo con forza sul corpo di Gemini e bruciando i suoi vestiti, fino a lasciarlo nudo ed inerme di fronte alla figura ammantata, che nuovamente bloccò i suoi movimenti, prima di concentrare il cosmo sul braccio destro.

 

“Cedimi la tua anima, Cavaliere di Atena! Di modo che io possa farne strumento utile alla mia causa!” –Sibilò l’uomo, mentre Gemini ardeva tra le vampate energetiche, urlando disperatamente.

 

“Questo non accadrà! Dovessi morire per impedirlo, ma non accadrà!” –Ed espanse a dismisura il proprio cosmo, provocando una violenta esplosione che lo liberò dalle vampe di energia cosmica del suo assalitore, prima che un’abbagliante luce rischiarasse per un momento la stanza.

 

L’Armatura dei Gemelli, rimasta celata fino a quel momento, apparve in forma di totem, scomponendosi all’istante e ricoprendo il corpo del suo padrone. Grazie ad essa Gemini acquistò nuova forza e vigore per affrontare il nemico, il quale aveva osservato l’intera scena senza battere ciglio, minimamente preoccupato da ciò. Solamente seccato per dover perdere ulteriore tempo.

 

“Non servirà!” –Sibilò la figura, scagliando un violento raggio di energia dall’indice contro Gemini. Ma il Cavaliere d’Oro fu svelto a rotolare sul pavimento ed evitare il fascio energetico, prima di contrattaccare con il suo colpo segreto: l’Esplosione Galattica.

 

Umpf!” –Sbuffò lo sconosciuto, aprendo il palmo della mano destra avanti a sé.

 

Il violento assalto di Gemini venne contenuto dalla formidabile difesa della figura ammantata, che utilizzò il proprio cosmo per creare una barriera su cui si schiantò l’attacco del Cavaliere, prima di rinviarlo indietro, travolgendo il suo stesso creatore, che venne scaraventato a terra, molti metri addietro, perdendo l’elmo della sua corazza.

 

“No!!! Non è possibile!! Nessuno aveva mai respinto così facilmente l’Esplosione Galattica!” –Esclamò Gemini, rialzandosi preoccupato.

 

“Un simile attacco non ha effetto alcuno su di me! Sul suo creatore!” –Sibilò l’uomo, e queste parole atterrarono Gemini, più della violenza del suo stesso potere.

 

Che… cosa?!” –Mormorò il Cavaliere, non credendo alle proprie orecchie. Ma non ebbe il tempo di aggiungere altro che fu travolto da un improvviso assalto di vampe infuocate, che lo avvolsero, stridendo con forza sulla sua corazza, sollevandolo da terra e conducendolo al centro del salone, bloccandolo in aria, inerme e terrorizzato come una lepre di fronte a un serpente.

 

“Gemini! Ti ordino di uccidere Atena!” –Esclamò la figura, fissando il Cavaliere negli occhi.

 

Una pietra nera posta al suo collo brillò improvvisamente e i suoi cupi riflessi di morte invasero l’intera stanza, travolgendo i sentimenti dello stesso Gemini, piegando il suo senso di giustizia e pace, inquinando il suo animo, come già Kanon aveva iniziato a fare nei giorni precedenti.

 

N… Nn… Nooo!!!” –Gridò Gemini, bruciando al massimo il suo cosmo, e cercando di frantumare i legami che lo opprimevano. Ma l’oscura figura non gli diede tempo, travolgendolo con una violenta ed impetuosa tempesta di energia, che fece vibrare l’intero suo corpo, stridendo sulla sua lucente corazza.

 

Chi… Chi sei?!! Mostrati!!” –Ebbe la forza di pronunciare Gemini, che ancora non voleva crederci, che ancora non voleva accettare quell’ipotesi.

 

La figura dagli occhi rossi si avvicinò a lui, mentre era ancora sospeso in aria, avvolto da vampe incandescenti, e lo fissò con determinazione, sogghignando.

 

“Sono il tuo creatore! Colui che farà di te il carnefice, il traditore della propria Dea, l’uomo che in futuro verrà disprezzato dai suoi stessi pari!” –Sibilò la figura, mentre il cuore di Gemini piangeva, rigurgitava violente lacrime di sangue, vomitando una verità che troppo dolore faceva al suo cuore.

 

“Ma... maestro…” -Mormorò, con gli occhi lucidi.

 

“Servimi, Gemini! Come è giusto che sia! Servi il tuo signore, ed avrai la tua ricompensa! Quando le stelle si spegneranno e la grande ombra calerà su tutti noi, ci sarà spazio per te, per un uomo che ha rinnegato i propri ideali di pace e giustizia accettando la tenebra dentro il suo cuore corroso! Nessuno salirà più in alto di te!!!” –Esclamò la figura ammantata, tronfia del suo potere.

 

“Mai!!! Mai!!! Giammai abiurerò la mia fede in Atena! Giammai!!!” –Esclamò Gemini, facendo nuovamente esplodere il suo cosmo e liberandosi dalle vampe energetiche.

 

La violenta esplosione scagliò la figura ammantata indietro, ma questi fu abile a ricadere compostamente sul palchetto, mentre Gemini si accasciò a terra, debole e ansimante, per aver messo sotto duro sforzo il suo cosmo. Inoltre, mentre tentava di difendersi dagli assalti energetici del suo nemico, doveva anche prestare attenzione al suo cuore, al suo animo, sempre più avvelenato dall’oscuro influsso di quell’uomo, che nella pietra nera che portava al collo sembrava aver condensato il male di un intero universo. Può un uomo opporsi a così tanto male? Si domandò, mentre la figura lo piegava con il suo potere, obbligandolo a prostrarsi ai suoi piedi.

 

“Perché opponi tutta questa resistenza?! Kanon non ha avuto i tuoi scrupoli!”

 

Ka... Kanon?!” –Balbettò Gemini, sempre più incredulo.

 

“Tuo fratello, che hai rinchiuso a Capo Sounion, ha accettato di buon grado la mia offerta, permettendo al lato oscuro di dominare quel che rimaneva della sua coscienza! La Pietra Nera non ha dovuto compiere eccessivi sforzi per asservire il suo animo al male!” –Spiegò l’uomo, mentre Gemini continuava ad agonizzare tra le violacee fiamme. –“Mi sono servito di lui per arrivare a te! Credevo, sbagliando, che egli avrebbe potuto convincerti, che avrebbe potuto risvegliare anche dentro di te il lato dominante, quello del fiero condottiero capace di instaurare un suo personale regno di oscurità! Ma ha fallito! E per questo lo condanno a marcire nella prigione marina!”

 

Ka... Kanon…” –Mormorò Gemini, con le lacrime agli occhi. –“Anche tu sei stato usato!”

 

“È tempo di chiudere il nostro scontro! Dove Kanon ha fallito, io trionferò!” –Esclamò l’uomo, concentrando il cosmo sulle dita. –“Grande è il tuo senso di giustizia e fedeltà a Atena, me ne rendo conto, e niente posso fare per piegarti se non prendere la tua anima! Demone dell’Oscurità!!!”

 

Un violento raggio energetico colpì Gemini in piena fronte, trapassando il suo cranio, senza danneggiarlo esteriormente, prima di farlo accasciare con le mani alla testa, come se scoppiasse.

 

“No!!! No!!! Non mi avrai!!!” –Gridò Gemini, cercando di rialzarsi. –“Esplosione Galattica!!!”

 

Ma nuovamente la figura fermò il colpo segreto con la mano destra, rinviandolo indietro, insieme a violente fiamme energetiche che travolsero il Cavaliere di Atena, il cui spirito ormai andava vacillando e perdendosi nell’ombra, in quella stessa ombra in cui i suoi dubbi lo avevano spinto.

 

“Pietra nera!! Compi il tuo dovere! A te affido l’anima di costui! Fanne lo strumento per portare anarchia e distruzione, agevolando così la discesa della Grande Ombra!” –Sibilò la figura, mentre una nera pietra, dagli oscuri riflessi, appariva nella sua mano, mostrandola a Gemini.

 

Per l’ultima volta il Cavaliere tentò di resistere, concentrando il cosmo sul palmo destro e iniziando a distorcere la realtà, ma la figura ammantata gli impedì di usare quel potere, piazzando la pietra nera di fronte a lui, cingendola al suo collo ferito, facendone uno strumento nelle mani del caos.

 

Kanoon!!!” –Urlò Gemini. E al fratello che aveva perduto andarono i suoi ultimi pensieri. Gli ultimi, prima di perdere conoscenza, e di perdere per sempre quel che rimaneva di se stesso.

 

“Addio, Cavaliere di Gemini!” –Commentò l’uomo, mentre il guerriero si accasciava a terra, vinto e distrutto. –“Niente più rimane del tuo incrollabile spirito! La foga di combattente di Atena ha resistito, e doveroso sarà l’impegno che la nera pietra dovrà compiere in questi anni, per reprimere la tua vena di giustizia!” –Fece una pausa, stringendo i pugni e caricando ulteriormente la pietra nera con il suo violento e demoniaco cosmo. –“Periodicamente il tuo vero io, la tua vera natura, volta alla giustizia, cercherà di riemergere, frenando le tue malvagie azioni, ma saranno solamente momenti effimeri, temporanee esternazioni di un’angoscia interiore che soffocata presto sarà! La Pietra Nera saprà farti suo, entrando dentro di te, vincendo gli ultimi patetici scrupoli di coscienza, e ti trasformerà nel demone che divorerà il Santuario, assalendolo dall’interno! I tuoi silenziosi passi di morte non saranno uditi dai Custodi del Tempio, ed essi ti guideranno ad efferati assassini, necessari per indebolire le lucenti forze che all’Ombra vogliono opporsi!”

 

La figura ricoperta da un nero mantello rimase ancora per qualche minuto a fissare il Cavaliere di Atena riverso ai suoi piedi, ormai svenuto, in preda a folli deliri universali, ad atroci visioni che stavano spezzando quel che rimaneva del suo spirito, risvegliando il malvagio lato della sua essenza ed aiutandolo a dominare l’altro, quello più equilibrato, più benigno, più giusto.

 

Una porta si aprì lentamente alle spalle dell’uomo, obbligandolo a voltarsi, per incontrare il volto sogghignante di Seth, primordiale Divinità egizia ed attuale sovrano della Piramide nera di Tebe.

 

“Lo hai vinto?” –Domandò, osservando il giovane al suolo.

 

“Non io! Ma i suoi dubbi! La sua umanità!” –Commentò la figura. –“Abbandonatelo su qualche spiaggia del Mediterraneo, vicino ad Alessandria! Là saprà trovare una nave per la Grecia! Per qualche ora, o forse qualche giorno, non ricorderà niente, ma lentamente i suoi confusi ricordi diverranno nitidi ed egli saprà finalmente chi è! Un servitore dell’oscurità, futuro assassino di Dei!”

 

“Se egli ucciderà Atena, potremo prendere possesso del Grande Tempio ed estendere l’occhio del male fino alla Grecia!” –Commentò soddisfatto Seth.

 

“E pensi di riuscirvi, Dio della Siccità?”

 

“Dubiti dei miei poteri, uomo?!” –Ribatté stizzito il Dio.

 

Ma l’ammantata figura preferì non rispondere, per quanto il termine con il quale lo aveva etichettato l’aveva mandato in bestia, volendo evitare uno scontro con il suo provvisorio e scomodo alleato.

 

“Hai avuto ciò che volevi!” –Commentò Seth. –“Adesso lascia a me ciò che io desidero!”

 

“Accomodati!” –Rispose la figura, senza troppo interesse, incamminandosi verso la porta. –“Atene è tua! Se riuscirai a conquistarla!”

 

E se fallirai, come è ovvio che accada, contribuirai comunque ad indebolirla, portandola sulla strada del declino a cui io, quest’oggi, l’ho condannata! Rifletté la figura, abbandonando i sotterranei, nell’oscura notte d’Egitto. Comunque sia, io ho vinto! Sono riuscito a piazzare un’ombra all’interno del Santuario di Atena, ed essa mi permetterà di realizzare i miei piani, distruggendo il Grande Tempio dall’interno, facilitando la discesa della Grande Ombra!

 

***

 

Quella stessa notte, pochi chilometri a est di Tebe, al di là del fiume Nilo, in un antico santuario, il più spiritualmente potente dell’intero Egitto, un giovane dai biondi capelli camminava inquieto per i corridoi della fortezza. Le mani unite dietro la schiena, lo sguardo perso nelle piastrelle del pavimento, la mente in continua agitazione.

 

Cosa sta accadendo aldilà di queste mura? Si domandò Febo, fermandosi e concentrando i suoi sensi per superarle, per andare oltre, attraversando il Nilo e raggiungendo la città di Tebe. Percepisco una forte volontà oscura che mi inquieta, che non mi dà pace! E l’impossibilità di agire, di fare qualcosa, anche soltanto verificare cosa sta accadendo, mi indispone ulteriormente!

 

“Cosa tormenta il tuo animo, figlio mio?” –Esclamò una voce di donna, interrompendo le riflessioni del giovane.

 

“Madre!” –Mormorò Febo, i cui pensieri lo avevano assorto a tal punto da non aver sentito l’avvicinarsi della donna.

 

“Mi chiami sempre madre, nonostante io non ti abbia generato!” –Sorrise serenamente la donna, orgogliosa dell’affetto che il giovane provava per lei.

 

“Voi siete per me la Madre! La mia Dea!”

 

La donna non era molto alta e di corporatura media, con un abbondante seno, su cui ricadevano in parte i suoi lunghi capelli castani, fermati sopra la testa da un originale copricapo simboleggiante il trono: due lunghe corna ed un disco dorato al centro di esse. Il viso era bianco come la neve e pareva non avere età. Dai suoi occhi grigi non traspariva alcuna sensazione alcuna, né di giovinezza né di vecchiaia, semplicemente essi parevano ricreare il vento, di cui la donna era il simbolo.

 

“E non vuoi confidarti con me, con Iside, Signora della Maternità e della Fertilità? Forse potrei aiutarti a capire cosa si agita da qualche giorno nel tuo animo? Perché tale angoscia è forse anche dentro di me!” –Domandò la donna, mentre il ragazzo iniziava a girarle intorno.

 

Neanch’io riesco a spiegarmelo, madre! Ma sento un’ombra aleggiare su di noi, su tutti noi!”

 

“Su Karnak?!” –Domandò subito Iside, con preoccupazione.

 

“E non soltanto! Forse anche su Tebe e sull’Egitto!” –Precisò Febo. –“Non poter uscire, non poter guardare il mondo che si muove attorno a noi, mi fa sentire in gabbia e impossibilitato ad agire!”

 

“Sai che è per il tuo bene che tuo Padre agisce così!” –Esclamò Iside, con tono docile. –“Egli teme per noi, per i suoi familiari, ed ha scelto di estraniarsi dal mondo, dalle moltitudini di guerre che continuamente esplodono su questa Terra! Guerre di uomini contro Divinità, guerre di uomini contro uomini, come quelle che a lungo hanno imperversato in queste lande sabbiose!”

 

“Questo non toglie che mi senta prigioniero! Mi sembra di soffocare tra queste mura!” –Sbottò Febo, scalciando come un toro.

 

“Misura le tue parole, figlio di Grecia!” –Lo zittì improvvisamente una terza voce, irrompendo nella conversazione tra i due.

 

Iside e Febo si voltarono verso il corridoio centrale e là intravidero una figura avvicinarsi loro. La luce delle fiaccole affisse ai muri laterali rischiarò il sogghignante viso di Anhar, il consigliere di Ra, l’unico che avesse ultimamente accesso alle sue stanze. Un uomo apparentemente sui trent’anni, alto e moro, con occhi scuri, a tratti iniettati di sangue, ed un viso ruvido, molto virile, solcato da una profonda espressione ostile. Indossava una lunga veste nera con cappuccio, fermata in vita da una fusciacca scarlatta, che lo faceva assomigliare a un frate di un qualche monastero cristiano.

 

Umpf… cosa vuoi da me, Anhar?” –Domandò Febo freddamente.

 

“Che tu mostri maggior rispetto verso colui che ti ha salvato da morte sicura, donandoti un tetto sotto il quale abitare e crescere, offrendoti l’amore di una famiglia e la certezza di una vita serena!”

 

“Non ho dimenticato i favori che ho riconosciuto dal Sommo Ra, consigliere!” –Esclamò Febo, senza timore. –“Grande è la riconoscenza che provo per mio Padre! Ma grande è anche il mio desiderio di conoscenza, di scoprire cosa vi è all’esterno di queste mura!”

 

“Non vi è niente che possa interessarti, Febo di Grecia!” –Lo chetò Anhar.

 

“Perché devi ripeterlo ogni volta? Ti turba forse che io sia figlio anche della Grecia antica?”

 

“Turbarmi?! Affatto! Ma mi irrita e mi offende il tuo atteggiamento irrispettoso nei confronti del mio Signore, nonché tuo Padre, il Sommo Ra! Sei sempre scontento e insoddisfatto di ciò che hai, e miri sempre avanti, ad accrescere la tua conoscenza! Vuoi forse rivaleggiare con Amon Ra?” –Sibilò Anhar, e Febo avvampò d’ira nel sentire tali parole pronunciate da quella viscida figura.

 

Si mosse, caricando il pugno destro, per colpire il Consigliere con un diretto sul viso, ma Iside intervenne in tempo, per prevenire eventuali guai.

 

“Consigliere Anhar! Quando potrò incontrare il Sommo? Ho bisogno urgente di conferire con lui!”

 

“Incontrarlo?! E perché mai vuoi prenderti l’ardire di disturbare il suo riposo, donna?” –Brontolò Anhar. –“Non vi ho forse informato che il desiderio del nostro Signore è quello di non essere mai disturbato per motivo alcuno? Non vi ho forse ripetuto più volte che egli mi ha nominato suo Oracolo, nonché tramite tra la sua volontà, che è legge per tutti coloro che dimorano in questo splendido tempio di Karnak, e voi? Oseresti forse disobbedire agli ordini del Sommo, tu, che sei Divinità a lui inferiore e devota?”

 

“Non è mia intenzione ribellarmi agli ordini del Sommo Amon Ra, Consigliere Anhar! Ma poiché da molto tempo non ho occasione di confrontarmi con lui, in un sereno dialogo, gradirei rimediare a questa mancanza! E soprattutto gradirei chiedere al mio Signore notizie su mio marito e mio figlio!”

 

“Questo non è adesso possibile!” –Sentenziò Anhar, frenando le richieste della Dea. –“Ra sta riposando ed è immerso in una profonda meditazione, come vi avevo in precedenza spiegato! Sarà lui stesso, quando lo vorrà, per bocca mia, che lo rappresento, a chiamarvi a sé!” –Nient’altro aggiunse il servitore di Amon, scomparendo nell’ombra del corridoio dei sacri templi di Karnak.

 

Iside rimase amareggiata da quelle fredde parole, pronunciate senza comprensione alcuna, e si lasciò cadere sulle ginocchia, strusciando la veste color cremisi sul pavimento, abbandonandosi a lenti singhiozzi.

 

“Madre!” –Esclamò Febo, precipitandosi su di lei, per aiutarla a rialzarsi. –“Non fate così!”

 

“Perdonami, Febo! Perdona questa stupida donna che non sa essere forte, che non sa tirar fuori la propria natura divina, e continua ad essere succube dei sentimenti!” –Mormorò Iside, aggrappandosi alle spalle del biondino.

 

“Questi sentimenti sono la vostra forza, madre! Essi vi danno dignità, vi rendono quello che siete, la nostra Dea della Maternità e della Fertilità, la Madre delle genti che in voi trovano conforto e speranza! Non denigratevi per ciò che siete, ma sentitevi degna di voi stessa!” –La confortò Febo, incamminandosi con lei verso le stanze della Dea.

 

“Sono in pena per Osiride e per Horus! Così tanto che il pensiero di loro sovente mi ritorna in mente, e non mi dà pace, non mi dà tregua! È come un requiem di morte che suona dentro di me! Ed io non riesco a farlo tacere, non riesco a trovare un modo per spegnere questa musica che mi angoscia l’anima, che mi fa presagire oscuri segni di un futuro più incerto che mai!” –Mormorò angosciata la Dea, lasciandosi distendere dal ragazzo sul grande letto al centro delle sue stanze.

 

Il letto in cui a lungo aveva giaciuto con il suo consorte, il Dio Osiride, prima che il Sommo Ra gli affidasse un prestigioso, a sentir lui, incarico. Per bocca di Anhar.

 

Per bocca di quel maledetto Anhar! Soffocò un singhiozzo Iside, rotolandosi convulsamente sulle lenzuola di seta. Dove sei, Osiride? Da troppo tempo manchi in questo letto! E dov’è Horus, nostro figlio? Cos’è accaduto nell’Oltretomba? Si domandò per l’ennesima volta. Senza ottenere risposta.

 

Febo sospirò dispiaciuto e accennò qualcosa da dire alla Madre, ma non trovò niente con cui confortarla, nessuna parola che potesse valere quanto la speranza di sapere suo figlio e l’amato al sicuro. Lentamente uscì dalle stanze di Iside e nuovamente si ritrovò nei corridoi del santuario di Karnak da solo. A pensare e a meditare. Senza giungere a soluzione alcune. Tranne la più ovvia, la più semplice. Era ancora in gabbia, e per il momento non riusciva a trovare strada alcuna per liberarsi da tale soffocante prigionia.

 

 

   
 
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