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Autore: MissShinigami    24/01/2014    1 recensioni
La storia si svolge in Inghilterra, almeno all'inizio, dei Mezzosangue che non sanno la verità sui propri genitori, altri che sono stati inviati in missione, altri ancora che combinano casini.
Due ragazzi vogliono sovvertire l'ordine del mondo, facendo cadere gli dei ... almeno si pensa ... ma qualcuno gli metterà i bastoni fra le ruote!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo par più uscito da Leverage che da Percy Jackson!


I raggi del sole giunsero sulla spiaggia che gli abiti delle ragazze erano ancore bagnati. Si trascinavano affondando nella sabbia, sempre più ad ogni passo.
“Dobbiamo toglierci di qui.” Disse piano Sue osservando le ancora poche persone che facevano jogging sul lungomare.
“E dove andiamo?” chiese Selena sconsolata.  “Abbiamo anche lasciato tutte le nostre cose sulla nave.”
“Central Park …” sussurrò Aurea con un filo di voce.
Le altre la guardavano: era distrutta, aveva ferite ovunque e camminava solo perché Sonny la sosteneva.
“Ma non possiamo andarci così: è troppo lontano per far sì che la Foschia ci copra in modo adeguato.” Sue pensava velocemente.
“Hai già qualche idea?” chiese la figlia di Apollo.
La mora iniziò a guardare dall’altra parte della strada. “Trovato!” fece indicando una palestra già aperta in cui stavano entrando due donne sulla cinquantina.
“Bene, io e Aurea restiamo qui.” disse Ginny. “Siamo quelle che danno più nell’occhio con queste … ferite.” finì con una faccia decisamente disgustata dal sangue che aveva ancora sulla camicia.
“Sì.” concordò al figlia di Dioniso. “Andiamo.”
Attraversando la strada Sue spiegò il piano alle altre due.
“Ottimo!” convenne Sonny. “La prima parte la faccio io.” e corse avanti.
Entrando nell’edificio all’improvviso, colse tutti impreparati riuscendo a scavalcare il tornello in entrata, per quale sarebbe servita la tessera d’iscrizione alla palestra.
Da fuori si avvertì il trambusto dell’interno.
“Vado io ora.” disse Selena scivolando dentro all’apertura delle porta automatiche.
La reception era vuota, chiunque sarebbe dovuto esserci al momento era sicuramente dietro a Sonny; così nessuno la notò mentre cercava nel computer la lista dei clienti e la stampava, poi sgattaiolò via non vista proprio come era venuta.
“Ecco.” porse il foglio a Sue che attendeva poggiata al muro.
“Grazie.”
“Adesso non rimane che l’ultima parte del piano.”
“No, prima …” la ragazza fissava il foglio che aveva in mano concentratissima. “Devo capire per bene come si chiama questo tizio ...” la dislessia semidivina le invertiva la maggior parte delle lettere che le si presentavano.
Dopo all’incirca cinque minuti annuì convinta ed entrò.
Adesso alla reception c’era un ragazzo un po’ rosso in viso che cercava di risistemarsi la maglia, doveva aver rincorso Sonny per mezza palestra.
“Buongiorno.” salutò cordiale lei.
“S-salve.” aveva immediatamente notato il suo abbigliamento trasandato e l’evidentissimo fatto che era bagnata da capo a piedi.
Lei sorrise ancor più cordialmente di quanto un umano potrebbe fare.
“Hem … scusa, c’è stato un po’ di subbuglio poco fa e devo riprendermi.” tentò di spiegarsi annaspando un po’.
“Non ci sono problemi, le devo solo chiedere una cosa. Sono venuta qui per conto di mio zio Braham Smith …”
Il ragazzo si accigliò pensoso. “Abrham intendi?”
“Oh sì certo … quello … quello è il … il nome che gli ho dato io da piccola, che sciocca.”
Lui la fissò un attimo un po’ scettico.
“Comunque mi ha detto che non trova più la sua felpa preferita e che forse l’aveva lasciata qui, mi ha chiesto di vedere se c’era tra gli oggetti smarriti.”
“Quando l’ha persa?”
“Ah, non lo so. Non credo lo sappia neanche lui!” rise tentando di far calare la tensione che si era creata.
Lì per lì il ragazzo non fece una piega poi sorrise leggermente e sospirò. “Bene, vieni.” Prese un paio di chiavi dalla scrivania del computer e le fece segno di seguirla attraverso un corridoio alla sinistra del bancone.
Aprì la prima porta sulla sinistra e le mostrò una stanza con una serie di ceste in plastica di vari colori con sopra un cartello su cui probabilmente c’era scritto ‘Oggetti smarriti’.
“Grazie.” disse mentre si avvicinava al cesto più vicino.
“Figurati, non appena hai fatto potresti chiudere e riportare la chiave alla reception? Io dovrei andare a sistemare delle cose.” fece scusandosi prima di allontanarsi.
Sue non poteva sperare in qualcosa di meglio: rovistò tra gli abiti, la gente lasciava un sacco di cose in palestra. Trovò anche due zaini, uno nero e uno arancione, dove stipò le cose. Poi si voltò, nella stanza non c’era molto altro, qualche mobiletto pieno di quaderni ad anelli, cartelline e altre scartoffie; poi però trovò quello con le scorte per l’infermeria della palestra di fasciature e cerotti. Così ne ficcò alcune in una tasca laterale dello zainetto arancione e prese anche una boccetta di disinfettante.
Finito di razziare il posto, si affacciò cautamente nel corridoio: nessuno. Si chiuse la porta alle spalle e corse all’entrata. Prima vi svoltare per la reception controllò che il ragazzo non fosse ancora tornato, per sua fortuna era così. Schizzò via gettando in malo modo le chiavi sul banco.
Due minuti dopo era ansimante accanto a Selena e Sonny che le presero gli zaini.
“Hei questa roba è enorme.” si lamentò Ginny.
“O questo o vai in giro nuda.” le fece notare Sonny.
“Okey, okey ...”
Avevano trovato dei cabine aperte per i bagnati vicino ad un bar sulla spiaggia. Le due si parlavano attraverso la porta.
La figlia di Afrodite uscì rivestita, aveva una gonnellina bianca da tennista, l’unica cosa davvero decente in entrambi gli zaini, una T-shirt rossa enorme annodata all’altezza della pancia e una felpa, sempre bianca, più grande di lei di almeno due taglie sulle spalle. “Spero che almeno questi cosi che ho addosso siano puliti.”
“Sì, certo. Ho preso solo le cose pulite.” rispose Sue. Lei indossava una maglietta corta sformata con su scritto ‘NEW YORK GIRL’ in nero su fondo bordeaux sopra ad un paio di pantaloni da ginnastica neri, stretti il più possibile in vita dai lacci.
“Sempre meglio di niente.” concordò Selena mentre stacca un filo dai pantaloncini grigi che si era fatta tagliando un paio troppo lungo di una tuta da ginnastica con il coltello di Aurea. “Almeno la mia maglia mi piace.” sorrise, infatti era bene o male nel suo stile, di cotone leggero blu scuro con le maniche lunghe.
“Se dovesse farti caldo poi, puoi sempre usare nuovamente il coltello per modificare qualsiasi cosa.” fece Aurea seduta a terra con la schiena poggiata al muro della cabina. Si era disinfettata le ferite e, con l’aiuto delle altre, si era bendata e rivestita, adesso una grande camicia a scacchi verde copriva le fasciature e anche buona parte jeans da uomo.
Ginny intanto stava rovistando nuovamente tra i vestiti emettendo versi di disgusto ad ogni maglia XXL di colori improponibili che trovava.
“Che stai facendo?” la riprese Sue.
“Prendo un cambio anche per Fran.”
“E perché?” continuò Selena.
“È passata una settimana da che siamo partite, quindi è una settimana che lei indossa quei pantaloni neri e l’orrida maglia del Campo Mezzosangue!” mentre diceva questo ripiegava alla meno peggio una maglia nera con il logo di BatMan e un paio di jeans da uomo tutti strappati.
“Bene, adesso siamo vestite ma manca ancora una cosa.” Sonny se ne uscì dalla stanzetta vestendo un paio di pantaloni al polpaccio di stoffa nera con un top sportivo, sempre nero, coperto da una felpa gialla.
“Cosa?” domandarono di rimando le cugine in coro.
“Il cibo! Non mangiamo da ieri a pranzo e con tutto quello che è successo, anche se ancora non l’ho capito, dobbiamo rimetterci in forze.” spiegò pragmatica. “Soprattutto tu, Aurea.” aggiunse poi guardando il colorito biancastro dell’amica.
Lei annuì. “Ma non abbiamo danaro.”
Prima, la nera, la guardò un po’ crucciata. “Vero.” disse quando ebbe tradotto. “Idee?”
“Di rubare ancora non se ne parla.” disse Sue.
E concordarono tutte.
Sonny si sedette accanto alla cacciatrice e prese a fissare l’oceano. “Servono cose già pronte, possibilmente a lunga conservazione. Non sappiamo quanto ci vorrà ancora per arrivare gli Inferi.”
“Per non parlare dell’uscirne.” concluse Aurea.
Selena calciò via un po’ di sabbia da un asse di legno della passerella su cui erano poggiate le cabine e si mise le mani nelle tasche dei pantaloncini. Le dita urtarono qualcosa di freddo e duro, lo riconobbe subito ed estrasse la mano in fretta: sul palmo della mano era adagiata una dracma d’oro, in tutto e per tutto uguale a quella che aveva lanciato addosso a Mia.
“Hem, ragazze …”
Tutte sollevarono lo sguardo su di lei.
La figlia di Zeus sventolò la moneta all’altezza del viso, un po’ basita.
“Certo, dev’essere un dono di tuo padre. Tutte le volte che la userai ti tornerà in tasca.” spiegò Aurea. “È un po’ come il nostro arco.”
“Ma il tuo si è rotto.” le fece notare Ginny.
“No.” sollevò il braccio sano come se si stesse togliendo una tracolla e l’arma le comparì da nulla in mano. “Solo che non ho più frecce.”
“Adoro le cose divine …” sospirò la ragazza giocherellando con i suoi due braccialetti.
Sonny si alzò. “Idea! Usaimola!”
“Cosa?” chiesero le altre.
“La dracma!”
“Perché?!” scattò Selena.
La figlia di Apollo la guardò un po’ scocciata. “Se ti torna sempre in tasca puoi spenderla tutte le volte che vuoi!”
“V-vero … ma cosa vedranno i mortali?”
“Vediamo.” la prese sotto braccio e la condusse al bar lì vicino.
Era un posticino piuttosto piccolo ma dietro ai vetri del banco c’erano tante cose da mangiare.
Sonny si diresse al frigo e prese una semplice bottiglietta d’acqua poi andò alla cassa dietro la quale c’era una signora anziana con un’evidente parrucca bionda con tanti complicati boccoli e troppo rossetto sulle labbra.
La ragazza porse ciò che aveva preso dicendo: “Purtroppo abbiamo solo questo.”
Selena sollevò la dragma per meglio mostrarla.
La proprietaria sgrano gli occhi e aprì un po’ la bocca sorpresa. “Dovrò andare a prendere altri soldi sul retro per il resto …” iniziò.
“Oh, sì certo, aspetteremo. Non ci sono problemi. Grazie!” rispose la nera.
“Grazie mille.” le fece eco l’altra, sospirando sollevata dal lavoro della Foschia.
Tornarono che avevano comprato anche alcuni tramezzini e altre bottigliette d’acqua.
“Ci ha dato anche il resto.” raccontava Sonny mentre mangiava il panino a grandi morsi. “A fare un piccolo calcolo sembra che la dracma valga cento dollari.”
“Siamo a cavallo!” esultò Sue.
“A te è tornata in tasca?” chiese Ginny a Selena.
La ragazza controllo subito e tirò fuori la moneta tenendola tra indice e medio. “Sì! Per fortuna.”
“Non dubitarne.” le fece Aurea. “Artemide mia che fame che avevo! E giurare che non mi sembrava finch non è arrivato il cibo!” rise.
Finirono i tramezzini e decisero di fermarsi in un market sulla strada per Central Park per poi prendere la metropolitana solo nel tratto finale. Riempirono gli zaini di cibo e acqua, poi presero anche altre bene e fasciature per Aurea e in caso di necessità.
Arrivarono a destinazione che era mezzo dì. Central Park era pieno di turisti, persone che correvano, portavano a spasso il cane o facevano dei pick-nick o semplicemente di impiegati che prendevano una scorciatoia per l’ufficio con le loro ventiquattrore luccicanti strette in mano.
“Adesso che siamo qui dove andiamo?” chiese Sue ad Aurea.
“Non lo so.”
“Che?” si voltò di scatto Sonny. “Allora perché ci hai fatto venire qui?”
“Perché mi è stato consigliato. Ecco … a volte sento la voce di Artemide che mi parla. È come se vegliasse su di me …”
Il silenzio che scese sul gruppo fu molto strano, non proprio teso ma si sentiva che c’era qualcosa che non andava. Non doveva essere per tutte così.
“Credo … credo sia capitato anche a me.” si espose Ginny. “In Nuova Scozia ho fatto un sogno … penso si riferisse a Mia … possibile che mia madre mi stesse mettendo in guardia?”
Aurea annuì convinta e l’altra sorrise.
Ripresero a vagare per le strade e le stradine del parco, finché non decisero di fermarsi a riposare; nessuno le avrebbe notate: molte persone approfittavano del caldo per farsi un pisolino stesi sull’erba, in più avevano trovato un posto riparato tra alcune piante. Si misero a sedere a terra e decisero di dividere una barretta di cioccolato.
“Mentre attendiamo il prossimo intervento divino.” iniziò Sonny un po’ sulle sue. “Qualcuno spiega cos’è accaduto ieri notte?” e addentò il suo pezzetto di dolce. “Tu hai chiamato Mia Lamia, perché?” domandò confusa rivolta ad Aurea.
“E cosa ci ha fatto, soprattutto. Perché eravamo in quello stato?” aggiunse la figlia di Dioniso.
La cacciatrice finì di masticare il suo ultimo pezzetto di cioccolata e sopirò. “Lamia era una giovane e bellissima donna, regina di Libia, era tanto belle che addirittura Zeus se ne innamorò. Ebbero dei figli insieme, ma quando Era scoprì della storia del marito andò su tutte le furie e li uccise … Lamia sconvolta dall’accaduto divenne una bestia: divorava i figli delle altre donne, succhiando loro il sangue.” ebbe un brivido ripensando ai commenti della fiera sul sapore delizioso del suo. “Così il suo aspetto cambiò, diventando quello che avete visto ieri sera.” finì la storia. “Ritengo che vi avesse stregato, facendovi credere che era lei vostra madre non vi sareste mai messe contro di lei. Si è approfittata delle vostre insicurezze e le ha usate contro di voi.”
“Perché con te non ha funzionato?” domandò Ginny.
“Io ho anche due madri.” sorrise. “Atena non mi sarà stata vicina nella mia vita mortale ma non gliene faccio una colpa, non credo che non ci vogliano bene quando non si fanno sentire. Non si mostrano perché ormai sentono di non far più parte di questo mondo.” poi alzò lo sguardo al cielo come a cercare conferma di ciò che stava dicendo. “È infinitamente lontano il tempo in cui erano loro a governare il mondo e adesso i mortali li stanno dimenticando …”
Il mondo intorno a loro era pieno di rumori, risate e abbaiare di cani ma loro erano quasi come escluse da tutto quello. Erano a metà tra due mondi.
“Comunque Mia è stata una bella bastarda a fare così, eppure sembrava una persona fantastica!” tornò sull’argomento precedente Sonny.
Selena e Sue concordarono annuendo, solo Ginny rimase zitta a giocherellare con la cerniera della felpa.
“Non penso che Mia avrebbe mai voluto farci del male.” disse.
“Neanche io.” la seguì Aurea.
“State dicendo che Mia voleva mangiarci senza farci del male? Cioè non ci masticava, giusto?” fece Selena confusa dalla loro affermazione.
“No, solo che forse Mia non è Lamia. La prima volta che mi ha attaccato l’ho costretta a farlo.” ammise la cacciatrice. “Avevo scoperto chi era, avevo scoperto che i suoi figli erano morti. Sono entrata nelle loro cabine e l’ho capito immediatamente. Credevo che dicendoglielo si svelasse, invece non l’ha fatto. Almeno non subito è rimasta scioccata, non capiva che le stessi dicendo. Poi si è trasformata.”
“È accaduto lo stesso sulla Dear Dafne. Quando sei ricomparsa era sotto shock …” contribuì la figlia di Afrodite. “Mia e Lamia erano due persone distinte a livello cosciente. Mia non mi avrebbe mai attaccato, quando si è resa conto di cosa aveva fatto Lamia è impazzita.”
“In  termini psicologici potremmo dire che Mia era bipolare.” enunciò Sue.
“Bei pazzoidi che ci capita di affrontare!” sbottò Sonny gettandosi all’indietro sull’erba.


A questo giro devo ringraziare Gin che mi ha aiutato nella scelta del vestiario! (proprio figlia di tu' ma!)
  
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