Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: pocketsizedtitan    24/01/2014    4 recensioni
Levi/Eren | Coffee Shop AU
Eren Jaeger lavora come barista nel caffé di sua madre, ed è uno specialista di Latte Art. E poi c'è Levi, che non è esattamente il cliente tipico perchè è brusco e rozzo (il che in realtà, secondo Eren, non è poi così diverso dal cliente tipico), ma che soprattutto non fa altro che confondere il tenero cuoricino di Eren.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Ancora la traduttrice a parlare. Vorrei ringraziare tutte le persone che si sono fermate a leggere il capitolo e soprattutto tutte quelle che hanno commentato e inserito nei preferiti/da ricordare/da seguire! L'autrice è stata felicissima di ogni singola cosa (e anche io a dirla tutta)! Se avete tempo e voglia lasciate un commento per favore, tutto viene riportato all'autrice che è iperfelicissima di ogni singolo feedback. Buona Lettura!
SULLA TRADUZIONE: Ad un certo punto c'è una citazione di "Spartacus". Siccome non lo conosco mi sono messa a cercare su google per vedere di trovare le parole esatte della traduzione italiana ma alla fine non ci sono riuscita, quindi ho semplicemente fatto la traduzione letterale. Se qualcuno capisce quale frase è quella che io ho tradotto come "Avrei delle parole" e me la vuole dire guadagnerà la mia eterna gratidtudine. Questo capitolo è stato scritto nel 2013.


The Little Titan Café
CAPITOLO 2: Chai Tea

Benvenuti al Little Titan Café
Speciale di oggi: Chai Tea

Eren inarcò le sopracciglia: se avesse potuto avere un centinaio di dollari ogni volta che sentiva una cosa del genere, adesso sarebbe milionario. “Come prego?”

“Ho detto che voglio un Tai Chi.” Un signora di mezza età, dai capelli scuri, gli lanciò un’occhiata come a dire sei-sordo-o-sei-scemo-ragazzo?

“Un Chai Tea?”

“Ti pare che abbia detto Chai Tea?” Rispose lei seccamente.

“Si chiama Chai Tea, signora. Non Tai Chi.” Biascicò Eren. Il suo livello di tolleranza per i clienti stupidi andava da zero a nulla. Ed era onestamente sorpreso che sua madre lo lasciasse lavorare al suo negozio: lei sapeva bene quanto potesse essere irascibile.

“Fammi questo Tai Chi. Caldo.”

“Che dimensione preferisce? Titano Colossale, Titano Corazzato o Titano Danzante?” Quando la risposta che ricevette fu uno sguardo vacuo, Eren continuò: “Un Titano Colossale è grande, mentre un Titano Corazzato è medio e il Danzante è piccolo.” Indicò la vetrina a fianco della cassa che conteneva tre modelli dei bicchieri da asporto, ognuno con una caricatura di uno strano mostro a rappresentare la dimensione della tazza. Sì, la proprietaria aveva sicuramente una fervida immaginazione.

“Medio. Dio, questo posto è così strano…” La donna posò una banconota da 10 dollari di fianco alla cassa. Eren fissò senza interesse i soldi e le sue unghie perfettamente curate. Ripeté il suo ordine silenziosamente mentre le dava il resto. “Fammelo da asporto.”

“Un Tai Chi, arriva.” Disse Eren con uno sguardo esasperato prima di voltarsi per prepararle da bere.

Il viso della cliente si contorse in un’espressione chiaramente indignata. “Che modo orribile di trattare i clienti. Quale commesso fa quella faccia a un cliente? Chi è così folle da lasciar lavorare qui una persona così maleducata? Dov’è il manager? Avrei due-tre cose da dirgli!”

Le labbra di Eren si contrassero nel tentativo di mantenere un’espressione neutra, ma un sorriso riuscì a districarsi senza troppa difficoltà. “Intende dire ‘Avrei delle parole’?”

La donna corrugò le sopracciglia, sbattendo gli occhi, presa alla sprovvista. “Cosa?”

Eren scosse la testa, ancora sorridendo mentre finiva di prepararle il tè. Non c’era alcuna possibilità che la donna guardasse qualcosa come Spartacus. Il ragazzo le tese il bicchiere ancora fumante. “Ecco a lei. Un Tai Chi.”

Qualsiasi idea di parlare con il manager – non che ce ne fosse uno – lasciò la mente della donna non appena strappò la bevanda dalla mano di Eren, graffiandogliene il dorso mentre lo faceva. Con uno sbuffo, si girò e uscì dal negozio. Eren sospirò, massaggiandosi la mano.

“Dovresti disinfettarlo. O magari andare da un dottore. Quella donna potrebbe avere la rabbia.”

Eren si voltò verso Levi. Questi sedeva sullo stesso sgabello di due sere prima, e l’unica cosa che cambiava erano i suoi abiti, un po’ più casual. Le maniche della sua polo blu erano arrotolate fino ai gomiti e lo sguardo di Eren cadde sui suoi avambracci, facendogli notare l’indistinta linea di una vena e il modo in cui i muscoli si muovevano mentre batteva le dita sulla tastiera del suo portatile. C’era qualcosa di quelle braccia che gli piaceva davvero tanto, al punto da chiedersi come fossero quei bicipiti ancora nascosti dalle maniche.

“Anche le persone possono avere la rabbia?” Chiese Eren, portando il suo sguardo dalle braccia di Levi ai graffi sulle sue mani, accigliato.

“Certo.” Il clicchettio sulla tastiera si fermò e occhi grigi si alzarono su Eren. “Non senti nessun dolore o prurito?”

La preoccupazione di Eren sembrò aumentare. “Be', ora che me lo chiedi…”

“Fastidio?”

Eren scosse la testa.

“Febbre?” Forse iniziava a sentire un po’ troppo caldo.

“Mal di testa?”

Eren ingoiò. Che cos’era quel martellio che sentiva sul retro della sua testa?

“Già i primi sintomi? Non c’è modo di salvarti. Morirai.”

Eren strillò, mentre i suoi occhi si allargavano in un’espressione di orrore. “No!”

Levi lo fissò per tre snervanti secondi. Poi ridiresse la sua attenzione al computer. “Scherzavo. Ci vogliono alcune settimane prima che tu possa avvertire i sintomi. Non morirai. Non ancora, almeno.”

“C-c’è una cura?” Ci doveva essere una cura, no? Erano nel 2013, quindi doveva per forza essercene una. In quale mondo si poteva vivere se non c’era una cura per la rabbia? Eren alzò entrambe le mani, passandosele tra i capelli, mentre il panico lo bloccava.

Levi poteva praticamente sentire quel paio di occhi verdi che lo fissavano imploranti. Avrebbe potuto tirarla un po’ più sulle lunghe. C’era un qualcosa di piacevolmente divertente nel far contorcere e agitare quel ragazzo; e lui provava un distorto senso di soddisfazione nel modo in cui Eren contorceva la sua faccia in un’espressione impaurita. Le sue dita carezzarono le lettere sulla tastiera prima di intrecciarsi, per permettere al suo mento di poggiarsi sui palmi delle sue mani, mentre i gomiti si poggiavano sul bancone e le dita nascondevano il suo sorrisetto. Lasciò sudare freddo il barista per un altro paio di momenti, mentre le mani di Eren lasciavano i capelli per intrecciarsi al suo grembiule mentre questi saltellava da un piede all’altro. Levi agitò la mano in aria. “Scherzavo.”

Il naso di Eren si contrasse in confusione. Levi voleva dirgli di non fare così perché… be', non era sicuro del perché. “Stai scherzando sul fatto che stavi scherzando o stai scherzando sul fatto che ho la rabbia?”

“La rabbia si contrae solo tramite saliva, Quindi anche se quella donna aveva davvero la rabbia, a meno che tu non abbia fatto qualcosa con lei, non dovresti averla contratta a tua volta.”

“Era la prima volta che la vedevo, quindi no.” E comunque, Eren preferiva l’altro sesso. Le sue spalle si abbassarono con sollievo solo per irrigidirsi di nuovo in irritazione. “Mi stavi prendendo in giro!”

“Congratulazioni per essertene finalmente reso conto. E comunque,” Levi ignorò il guaito di indignazione di Eren per raggiungere la tasca davanti della sua borsa e lanciargli una bottiglietta di gel igienizzante. Eren quasi la fece cadere, “disinfetta quei graffi. E lavati le mani dopo.”

“Sì, mamma.” Levi gli lanciò un’occhiataccia alla battuta, ma Eren stava facendo come gli era stato detto. Restituì la bottiglietta a Levi. “Grazie, ma rimani cattivo.”

Se solo avessero avuto in negozio un Muro della Vergogna come voleva Eren… avrebbe fatto una foto a Levi, stampato una gigantografia e l’avrebbe appesa nella sua camer-…ehm sul Muro della Vergogna. Sì, lì. Al luogo a cui apparteneva. Questa era solo il loro secondo incontro e Levi lo stava già mettendo in difficoltà.

“Succede spesso?”

“Clienti che mi lanciano bottigliette di disinfettante?”

Levi sbuffò. “No. Clienti che ordinano un ‘Tai Chi’.”

Era difficile seguire i pensieri dell’uomo. Eren si appoggiò al bancone. “Sì, purtroppo. E’ stato divertente le prime tre volte, ma ora non lo è più tanto.” Si sporse un po’ di più, per dare un’occhiata allo schermo del pc, ma Levi lo inclinò abbastanza da non permetterglielo. “Cosa stai facendo?”

“Lavoro.”

“Che tipo di lavoro fai?”

“Cose di lavoro.”

“Be' ovvio.” Davvero, quanto irritante poteva essere quest’uomo? Stava iniziando a diventare sempre meno attraente. Levi poteva mostrare quelle braccia quanto voleva, ma ciò non cambiava quello che in fondo sentiva Eren. No. Nemmeno un po’. Ma poi Levi arrotolò le maniche un po’ più su per riprendere a lavorare e il bracciò di Eren crollò dal bancone e urtò la sua spalla nel processo. Levi alzò uno sopracciglio senza dire nulla mentre Eren arrossiva e si raddrizzava.

Seriamente, Eren Jaeger? Di tutte le cose per le quali disturbarsi e accaldarsi: un paio di braccia? Non era più uno studente delle scuole medie con i suoi stridolini. Fortunatamente, il suono del campanello lo distrasse dal dare un senso ai suoi stessi pensieri mentre salutava il nuovo cliente con il solito “Benvenuto al Little Titan Café!”




“Sai di non aver ancora ordinato niente?” Eren accennò, guardando il suo telefono mentre controllava Facebook e masticava la sua gomma. Ventitré e cinque. Cinquantacinque minuti alla chiusura. Sospirò.

“Potresti giocare con il telefono durante il tuo turno?” Levi chiese, anziché rispondere alla domanda. “E smettila di masticare con la bocca aperta.”

Eren fece un palloncino e lo risucchiò in bocca con un ‘pop’. “Non c’è nessuno a lamentarsi. E la maggior parte dei clienti che viene a quest’ora o è troppo ubriaca o è troppo preoccupata con il lavoro e la scuola per interessarsene. Di quale tipo sei tu?”

“Nessuno dei due.”

“Potresti tranquillamente passare per uno studente.” Lo sguardo affilato che gli fu riservato gli fece alzare le mani in segno di resa. “E’ un complimento. Sto dicendo che sembri giovane e non un vecchietto.”

Levi non si disturbò a graziare Eren di una risposta. Finì di digitare, cliccò un paio di volte sul touch pad e chiuse il pc. “Ordinerò qualcosa.”

Eren infilò il telefono nella tasca del suo grembiule. “Ok, spara.”

In tutta onestà, Eren avrebbe dovuto capire cosa stava per succedere da kilometri di distanza. “Prendo un ‘Tai Chi’ Colossale.”

Dannazione a quest’uomo, alle sue braccia, al suo fascino e alla sua astuzia.

“Ti odio.”

  
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