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Autore: Margaret24    25/01/2014    4 recensioni
"Dov'è Ninfadora?" chiese preoccupata. [...]
L'uomo trasse un profondo respiro, sentendo le lacrime salirgli di nuovo agli occhi. Guardò Andromeda, le labbra contratte, e scosse il capo.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Tonks, Famiglia Weasley, Remus Lupin, Teddy Lupin, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Colonna sonora consigliata: Clouds/Broken – Grant Nicholas ft. Junkie XL


Guai a sognare: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta
Primo Levi – Se Questo è un Uomo


 

Remus si risedette lentamente al tavolo, prendendosi il capo chino tra le mani. I pensieri gli vorticavano nel cervello così rapidamente che il dolore alla testa aumentò, accompagnato dalla nausea e da un leggero capogiro.
La risata di Bellatrix Lestrange gli risuonava nei timpani, e poteva sentire il corpo di Tonks ancora caldo tra le sue braccia. Il pensiero che lei non avrebbe mai visto il loro bambino crescere, che non avrebbe mai assistito ai suoi primi passi, alle sue prime magie, non lo avrebbe mai sentito pronunciare la parola “mamma”... era insostenibile. Era morta senza nemmeno sapere che la guerra era finita, senza poter gioire del meraviglioso sapore della libertà. No, non era esatto. In fondo lei lo aveva sempre saputo.

Questa guerra finirà, Remus. Io ne sono convinta. E nostro figlio vivrà in un mondo migliore. E tu? Tu ci credi?”

Teddy... Non avrebbe mai sentito il calore e l'affetto di una madre, non avrebbe mai potuto piangere sulla sua spalla, non avrebbe mai riso con tenerezza della sua goffaggine. Non l'avrebbe mai conosciuta.
Cosa doveva fare con lui? Come lo avrebbe mantenuto? Adesso sarebbe cambiato tutto. La fine della guerra significava la nuova integrità del Ministero, la sua perenne ricerca di un lavoro, uscire alla luce del sole... per essere discriminato di nuovo dal mondo magico. Forse avrebbe ricevuto qualcosa per la vedovanza. Una magra consolazione: avrebbe preferito morire di fame, se questo avesse significato rivedere Tonks ancora una volta. Il cinico e pratico pensiero sul denaro lo fece sentire disgustato di se stesso, ma Teddy ora aveva la priorità assoluta nella sua vita. Non sarebbe mai riuscito a ricevere un'equa retribuzione, lo sapeva. Questa volta non se ne sarebbe andato, poco ma sicuro.
C'era un altro problema che gli causava una profonda preoccupazione: come avrebbe cresciuto suo figlio senza Tonks? Lui non ne sapeva niente di pappette, pannolini e ninne nanne. Anche se doveva ammettere che dopo la nascita di Teddy quel genere di cose l'aveva attratto contro ogni aspettativa, Remus non si sentiva all'altezza.

E' ora che cominci a fare il padre”

Sua moglie, invece, sembrava nata per fare la mamma. Ogni sua debolezza spariva di fronte al bambino. Miracolosamente non cadeva più, non rovesciava niente e non imprecava. D'un tratto si affacciò nella sua mente la figura di una giovane donna dai corti capelli rosa che allattava al seno un neonato dai ciuffi biondi di fronte ad una finestra con le tende tirate, la luce soffusa che illuminava la stanza. L'immagine più bella che avesse mai visto. Si era incantato a guardarli dalla porta, respirando silenziosamente per paura di interroperli. La dolce filastrocca un po' stonata che Dora canticchiava prese finalmente il posto di quella gelida risata nella sua testa.
Un nodo gli si stava formando in gola, e Remus abbandonò il capo sulle braccia, lasciandosi cullare dal canto di sua moglie.
All'improvviso udì dei passi, ma restò in quella posizione. Andromeda doveva essere rientrata. Strano, non aveva nemmeno sentito la porta. Una mano si posò sulla sua spalla.
“Remus?”
Quest'ultimo alzò la testa e si voltò. Non era Andromeda. Era Tonks.
“D-Dora” la chiamò perplesso. “Sei tu?”
Non riusciva a definirne i contorni e i dettagli, come se fosse diventato miope, ma era sicuro che era lei. Poteva distinguere il lungo cappotto bordeaux in pelle che portava quando era scesa in combattimento e i capelli biondi che le scendevano sulle spalle. Sbatté le palpebre per vederla meglio.
“Mi sei mancata” sussurrò Remus con un sorriso, ma non osava muoversi. Non capiva il perché. Mano a mano che metteva a fuoco, l'espressione di lei si faceva sempre più triste, finché riuscì a vedere le lacrime sui suoi dolci zigomi.
“Perché te ne sei andato, Remus?” chiese lei. La sua voce era ferma e tranquilla, ma quelle parole lo ferirono come una maledizione.
“No, amore, io...” finalmente lui si alzò e le prese le mani. Erano calde e rassicuranti. “Io non me ne sono andato. Te l'ho promesso, vi ho promesso che non vi avrei lasciati mai più...”
“Ma l'hai fatto. Te ne sei andato, Remus. Mi hai lasciata sola, mi hai costretta a cercarti”
“Dora...”
“Se non fosse stato per te, io sarei ancora viva” gridò Tonks. La sua delusione era quasi palpabile.
“Tesoro, ti prego, io...”
Remus non riusciva a parlare, come se fosse sotto l'effetto di un incantesimo Silencio. Voleva giustificarsi, spiegare, stringerle le mani, ma lei si era liberata della sua debole stretta, e gli mostrava le spalle.
“Dora!” la chiamò di nuovo, e la sua voce sembrava un'eco. “Dora, ascoltami... Mi dispiace!”
Tese un braccio verso di lei per afferrarle un polso, ma era come irraggiungibile... Lei prese a camminare, senza voltarsi... Lui iniziò a correre, ma le gambe erano di piombo...
Dora!

Remus si svegliò con un sussulto. Scoprì di essere ancora seduto con le braccia sul tavolo. Si passò una mano sul viso, sentendo le guance umide. Si guardò intorno disorientato, e si alzò barcollando leggermente. Camminando a fatica, raggiunse il bagno e chiuse la porta, benché non ci fosse nessuno in casa, tranne Teddy. Si avvicinò piano allo specchio e guardò il suo riflesso, ma tutto ciò che riuscì a scorgervi fu l'immagine di un uomo distrutto. Anzi, non era un uomo. Era un guscio vuoto. I capelli spettinati ormai quasi del tutto ingrigiti incorniciavano il pallore spettrale del suo volto, solcato da piccole e grandi cicatrici e rughe superficiali. Un paio di occhi verdi lo scrutavano, sperando di trovarvi un briciolo di vitalità oltre alle profonde occhiaie, con scarsi risultati. Aprì il rubinetto e cominciò a lavarsi la faccia, strofinando le mani sul viso in maniera quasi ossessiva. Fu solo quando prese l'asciugamano e vi nascose il volto che si chiese angosciato, mentre il cuore gli sprofondava, se lui sarebbe mai riuscito a perdonare se stesso.


***


Andromeda si Materializzò in una stradina di Hogsmeade, la prima che le era venuta in mente. Era uno dei pochi angoli del villaggio sul quale non si affacciavano negozi o bar, ma solo ordinarie abitazioni. Ciononostante, anche quel vicolo era affollato quel giorno. Uomini, donne e bambini di ogni età passeggiavano o si affrettavano per chissà quale faccenda, chi allegro, chi più mite, chi si era fermato a chiacchierare con qualche conoscente. Con fierezza, senza lasciar trasudare alcuna emozione dal suo sguardo, si avviò verso il castello, decisa.
Se l'è meritato, pensò, ricordando l'espressione addolorata del genero di poco prima. Era tutta colpa sua se Ninfadora se n'era andata. Sarebbe dovuto rimanere a casa, a proteggere sua moglie e suo figlio da vicino, al diavolo l'eroismo. Era quello che avrebbe fatto lei, se il suo Ted e la sua piccola fossero ancora vivi. Più o meno. Forse.
Il dolore per la scomparsa delle persone a cui teneva di più al mondo la colpì inaspettatamente come una stilettata al petto. Si fermò, appoggiandosi al muro di mattoni più vicino. Non doveva provare pietà in quel momento. Incanalare la disperazione nella rabbia era la cosa più giusta da fare. Anche nei confronti della persona sbagliata.
Ma forse... forse c'era una persona più giusta da odiare. Remus non l'aveva menzionata, aveva detto di non aver riconosciuto il Mangiamorte che aveva ucciso sua figlia. Ma qualcosa nel modo in cui si era ostinato a non guardarla, nel modo in cui si contorceva le mani le diceva che aveva mentito. Inoltre, l'aveva nominata subito dopo, come per una strana associazione di idee.

Ci teneva a vedermi in quello stato...”

Chi altri avrebbe potuto godere così tanto della sofferenza altrui come lei? Tutti i Mangiamorte erano noti per questo, certo, ma... solo lei avrebbe voluto eliminare il sangue sporco dal suo albero genealogico uccidendo la figlia di sua sorella.

Bellatrix.

No, non era possibile. Bellatrix la odiava, sì, ma non le avrebbe mai fatto questo. Eppure quel pensiero ossessivo si era ormai impadronito di Andromeda, mentre con passo deciso varcava i cancelli di Hogwarts, abbattuti.
Remus aveva ragione: la scuola era irriconoscibile. Buona parte delle torri era crollata, il cortile era raso al suolo, e, quando entrò nella Sala Grande non poté non notare un'anta dell'enorme portone principale a terra. Vi era un silenzio innaturale nella stanza, rotto solo dai passi e dai movimenti di studenti e insegnanti che tentavano di riparare ciò che era stato distrutto. Nessuno parve accorgersi di lei, tanto erano indaffarati nel loro lavoro. Solo una ragazza rimase pietrificata quando incrociò il suo sguardo. Andromeda non aveva dimenticato la sua somiglianza con la sorella. Lo stesso Harry Potter aveva avuto l'istinto di attaccarla quasi un anno prima per quel motivo. Poi li vide.
Al posto del tavolo dei professori sul rialzo in fondo alla Sala, giacevano una cinquantina di corpi coperti da candide lenzuola. Andromeda avanzò piano verso di loro. Si avvicinò cauta a quella che riconobbe come Madama Chips, l'infermiera della scuola, che in quel momento parlava sommessamente ad uno studente, dicendogli di somministrare una pozione a qualcuno.
“Madama Chips?” la chiamò. La donna si voltò verso di lei e sussultò. Poi la osservò meglio, e capì.
“Signora Black...”
“Tonks, la prego” la interruppe, sentendo una morsa gelida alla bocca dello stomaco, mentre ricordava chi con insistenza doveva aver pronunciato quella frase migliaia di volte.
“Signora Tonks” si corresse l'altra. “Cosa posso fare per lei?” chiese gentilmente.
“Vorrei... Vorrei vedere mia figlia, Ninfadora T... Lupin”
Madama Chips fece un profondo respiro e annuì. Con un movimento complicato della bacchetta evocò una grande pergamena e la studiò. Andromeda riuscì a leggervi dei nomi – troppi nomi – prima che l'infermiera l'abbassasse.
“Mi segua” disse. Raggiunsero l'ultima fila, proprio all'estremità. Madama Chips indicò il terzo lenzuolo. Col cuore in gola, Andromeda si inginocchiò. Tese una mano tremante e lentamente tirò via parte della stoffa.
Il cielo di Hogwarts sembrò squarciarsi sopra di lei.




Angolo autrice
Eccomi qui. Lo so, questa storia è molto molto triste, ma che vogliamo farci, Ispirazione ha deciso. Per adesso non succede molto, Remus e Andromeda devono superare il lutto. Ho introdotto solo alcune cose, ad esempio com'è stata uccisa Tonks, i problemi e i sensi di colpa di Remus, i dubbi di Andromeda su Bellatrix... Piano piano farò entrare altri personaggi.

A me non sembra, ma se ritenete che sia troppo Angst per il rating verde, ditelo e lo cambio.
Remus ha gli occhi verdi, secondo Harry Potter Wiki (*.*), ergo non è una mia invenzione.
Spero sempre in qualche recensione ^^ Grazie mille a chi ha letto, a chi ha recensito finora e a chi ha inserito la storia tra le seguite e le ricordate ;) Un abbraccio
Meg

  
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