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Autore: Torma    25/01/2014    7 recensioni
Immaginate i personaggi di Hunger Games in un contesto del tutto differente di quello di Panem. Niente guerra , niente dittatura, niente Hunger games come tutti noi li conosciamo. Solo semplice vita universitaria, amicizie, lezioni ,feste e amori. Una Katniss più aperta e socievole alle prese con un Petaa che le farà battere il cuore. Tutto condito con leggerezza e allegria. Buona lettura- Torma
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Katniss Everdeen, Madge Undersee, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Buon Sabato! Oggi "festeggiamo" una settimana dalla nasciata della fanfiction :) Grazie a tutti quelli che si stanno affezionando alla storia e a me ;) detto questo un grosso abbraccio e buona serata. P.S. non fate troppo tardi ;) .A presto- Torma

7.
Sono passate alcune settimane, trascorse tra le lezioni con Petaa, i pomeriggi con le consorelle, le uscite con Madge e Gale.E’ quasi la fine di settembre.  Lunedì 23 . Guardo fuori dalla finestra e mi accorgo che il tempo sta cambiando. Gli alberi che fino a poco tempo fa erano verdi e rigogliosi stanno iniziando a diventare più pallidi e spogli mentre il loro colore sfuma nelle diversi tonalità di rosso, arancione e giallo .Le giornate si accorciano e gli abiti estivi nell’armadio hanno lasciato spazio a indumenti più pesanti. Mi infilo un paio di jeans lunghi un maglioncino verde e prima di infilarmi le scarpe cerco nell’armadio la mia giacca di pelle. Era di papà. Un regalo di mamma nei loro primi anni di fidanzamento. E’ marrone, morbida, e anche se è usurata è uno dei più cari oggetti che possiedo, perchè mi ricorda lui. A volte quando la indosso mi sembra quasi di sentire ancora il suo odore e il calore di  quando mi stringeva in lunghi abbracci. Questo indumento è come uno scrigno di vecchi ricordi. Le gite al lago . Papà che mi insegna ad andare in bicicletta. I picnic al parco. Cose che nessuno potrà mai portarmi indietro. Metto alcuni libri nella borsa e scendo le scale. La sede è deserta forse perché tutte le consorelle sono impegnate a seguire i propri corsi. Esco e mi lascio alle spalle la casa verde mela. Mentre cammino sul vialetto mi accorgo che l’aria è più fresca e umida del solito. Forse pioverà. La mattinata trascorre lenta anche perché sono presa da una strana malinconia. Dovrei chiamare il mio analista, il dottor Aurelius, ne sento il bisogno , ma ignoro la mia coscienza. Finita la lezione di drammaturgia musicale. Decido di saltare il pranzo. Nell’angolo della grande aula c’è un pianoforte a coda . Mi siedo. Sfioro i tasti con le dita e le note di “Riven flows in you” si liberano nella stanza. Ho i brividi lungo la schiena ma non riesco a fermarmi. Continuo. Non sento le lacrime scorrermi lungo il viso. Suono come atto liberatorio. Sfogo tutte le mie emozioni, non grido, non parlo: suono.Immagini di mio padre mi scorrono davanti. Durante questo periodo dell’anno gli incubi si fanno più frequenti e rivivo i miei undici anni. Mi lascio scivolare sulla panca per pianoforte e affondo il viso nella seduta imbottita. Faccio fatica a respirare. Devo calmarmi. Chiudo gli occhi e li vedo, i volti di Prim e mamma. Non posso lasciarmi andare . Non posso spezzarmi. Devo farlo per loro. È solo un momento passeggero . Alzo la testa. Guardo fuori dalla finestra, il vento soffia e fa muovere i rami degli alberi. Il cielo si sta annuvolando. Non mi va di vedere nessuno. Mi nascondo in biblioteca dietro la sezione scientifica, a quest’ ora c’è meno possibilità che qualcuno venga qui. Prendo alcuni spartiti e li passo in rassegna. Sfoglio pagine di libri presi a caso dagli scaffali. Sono rapita dalle immagini. Mi estraneo dal resto del mondo, immagino, fantastico su dove vorrei poter scappare. Ma poi ci arrivo, non si può scappare da se stessi. Sono i miei ricordi che mi perseguitano. Spesso mi comporto come una ragazza normale ma la perdita di un padre non si può dimenticare. Ormai fuori è buio. Prendo le mie cose e mi dirigo verso l’uscita. Appena varco il portone delle gocce mi bagnano il viso. Sta piovendo. Corro spedita in sede senza farmi prendere dal panico. Sembro un pulcino bagnato. Sento le voci delle mie consorelle provenire dalla sala da pranzo. È ora di cena, ma non ho fame. Salgo i gradini due alla volta . In camera mi spoglio infilo il pigiama di seta. Mi rimbocco le coperte fino a sopra la testa. Voglio dormire . Non voglio sentire la pioggia tamburellare sui vetri delle finestre. Odio la pioggia.E' la cosa che più mi terrorizza, mi riporta sempre a quella notte. Sono a piedi scalzi in mezzo a una pozzanghera. Riconosco questa strada. È proprio quell’incrocio. Ci vedo dentro la Chevrolet .Osservo la scena da fuori sotto a un lampione, la macchina sta per attraversare l’incrocio –FERMO PAPA’!!- grido ma lui non si ferma. La jeep. Lo schianto. Urla. Mi lascio cadere in ginocchio sulla strada, mi sbuccio la pelle, il mio viso si riga di lacrime mentre l’acqua continua a scendere sul mio corpo. Nooo. Mi agito . rumore di tuoni. –Kat! Svegliati. E’ solo un incubo- apro gli occhi sono a letto il cuscino è umido a causa delle lacrime. Sono sudata. Madge è seduta accanto a me. Mi passo una mano tra i capelli. Sospiro. Il mio respiro è affanato. Lo sguardo di Madge è preoccupato- Come stai?non ti ho visto per tutto il giorno ieri- -St-sto be-bene- riesco a dire. La sveglia sul comodino segna  le tre. Madge si sdraia accanto a me –Allora io sto qui .sai che neanche a me piacciono i temporali- dice tirando un po’ la coperta dalla sua parte. Non dico niente. Lo so che lo dice per me. L’anno scorso dopo un paio di mesi di convivenza Madge  ha capito che durante i temporali i miei incubi si fanno più frequenti e ha iniziato a infilarsi a letto con me dicendo che aveva paura dei tuoni. Non l’ho mai ringraziata per questo. E’ un tacito accordo il nostro, nessuna ne parla mai. Con Madge accanto mi addormento. Mi sveglio verso le undici. Madge è a lezione . Fuori piove ancora e  decido di non abbandonare il letto. Durante queste giornate preferisco darmi malata. La pioggia mi fa uno strano effetto. Cado nell’oblio per il resto della giornata,Rannicchiata sotto le coperte, gli occhi fissi su un punto lontano, non sono in grado di fare niente. Sento un peso opprimente sul mio cuore. Dormo tutto il pomeriggio e mi risveglio quando Madge sale dopo cena con un sacchettino in mano –Eih Kat- mi porge il sacchetto- questo te lo manda Petaa.- Petaa ? La lezione di storia!  Lo apro mentre Madge dice- mi ha chiesto di te e gli ho detto che non stavi bene- focaccine al formaggio . sorrido. Ora che ci penso l’ultima volta che ho mangiato è stato al forno. Ne addento una . E’ buona, ma più del solito. Prendo il telefono e  gli scrivo un messaggio “Sono buonissime. Grazie mille. Kat” dopo qualche minuto ricevo la risposta “Non c’è di che dolcezza” alla fine del messaggio c’è un fiore giallo brillante. E senza sapere perché quel simbolo cancella per un attimo il senso di angoscia e terrore di questi giorni. Lo interpreto come un segno che qualcosa di buono può esserci lo stesso. La speranza contro il dolore e la tristezza.E’ buffo. Focaccine e un fiore in un messaggio: quello che serve a Katniss Everdeen per rimettersi in piedi.Sorrido. Campi con distese di denti di leone è tutto ciò che sogno quella notte.
  
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