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Autore: Swish_    26/01/2014    2 recensioni
Il protagonista in questa storia non è un assassino. Non è un mostro. Non è un quaderno né un Dio sovrannaturale annoiato. Il protagonista in questa storia è una lei, una ragazza normale e semplice che si ritroverà ad un faccia a faccia con la mente più geniale, cinica e calcolatrice dell'intero mondo.
Un caso investigativo avrà proprio lei come punto focale e a farle capire quanto quella situazione sia pericolosa per lei quanto per il resto del mondo, non sarà un'amica, un parente, o un ragazzo bello ricco e famoso. A farle fare la pazzia più grande della sua vita, a farla cambiare, a farla addirittura innamorare sarà un piccolo genio cresciuto nella solitudine di un ruolo ambito e irraggiungibile. Un ragazzo nelle cui mani sono passati i casi più difficili e irrisolvibili dell'intero globo, tra cui anche l'impossibile caso del Death Note, il quaderno della morte.
Ebbene sì, quel ragazzo sarà proprio L.
Lo stesso L che è riuscito a sopravvivere a Light. Lo stesso che è restato a guardare cosa poi gli sarebbe accaduto.
Come avrà fatto a sopravvivere?
E soprattutto come si comporterà di fronte ai nuovi problemi del caso, tra cui l'amore?
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Mello, Near
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tornata al mio appartamento mi lasciai subito abbandonare sul divano che L mi aveva ormai gentilmente concesso, e mi consolai del silenzio confortante di quell'appartamento, con triste rassegnazione.
Non ebbi le forze per visitarlo tutto, nonostante a quanto pareva sarebbe diventato ufficialmente di mia proprietà... almeno in un certo senso. O per meglio dire, non avevo le forze mentali per affrontare altre novità del genere, perché d'altra parte di forze fisiche ne avevo eccome.
Passai forse un'ora o più, stesa su quei cuscini rossi di velluto, osservando il resto della stanza: le vetrate erano lì, di fronte a me, grandi quanto l'intera parete, ed erano contornate da candide tende rossicce, quasi color rame. Dovevano essere di seta molto probabilmente. Le larghe mattonelle del pavimento erano chiare e a forma ottagonale. In effetti erano molto curiose in sé, ma in fin dei conti davano maggiore eleganza ed originalità a tutta la stanza. Il tavolino poco più avanti il divano su cui ero stesa e abbandonata era moderno e di vetro. La ceneriera che vi era riposta sopra avrebbe fatto inorridire Sarah, poco ma sicuro. Da grande fumatrice sfegatata quale era, ci teneva sempre che le sue cicche fossero riposte in una ceneriera come si deve; e quella riposta su quel tavolino era troppo semplice, di terra cotta e bordeaux. Sarah l'avrebbe definita anonima, e forse avrebbe avuto anche ragione. Un'altra cosa che notai fu che non c'erano televisioni lì. Che noia. Fortunatamente almeno c'era una grossa libreria, sulla parete di fianco. Chissà se c'era anche Fleur du Mal...
- Kanade!! -
Quel grido fu così forte e improvviso che balzai all'istante dal divano. Mi colse così sovrappensiero che non avevo sentito nemmeno prima di lui il campanello dell'ascensore.
- Chi? Che cosa? -
- Cosa penseresti di fare, eh? - esclamò Ryuzaki con tanto d'occhi sgranati, esibendo subito un indice predicatorio su di me mentre che intanto avanzasse lentamente.
- Ma, cosa!? - esclamai a mia volta, confusa.
Lo vidi continuare ad avanzare ancora fino ad un palmo dal mio naso, nonostante avessi già praticamente spiaccicato la mia schiena contro lo schienale del divano. Aveva ancora il suo indice puntato dritto sul mio viso, e restò a fissarmi così per attimi eterni senza dir nulla.
- M... Ma... - con lui così vicino alle mie labbra non riuscivo a proferire una sola parola come si deve.
- C... Che c'è? - riuscii a sputare d'un fiato solo dopo un po' che vedevo che lui continuava a non dire nulla.
- Possibile che non capisci? - scoppiò di nuovo lui, allontanandosi e fissandomi in piedi, dall'alto, con occhi pieni di disapprovazione.
Wow. Ero riuscita a suscitare veri sentimenti umani in lui, allora. Certo non era proprio amore... ma era pur sempre un sentimento da umano.
- Ma di che diavolo parli!? -
Lo vidi sbuffare, alzare gli occhi al cielo e portarsi una mano nei capelli, mentre mi voltava le spalle, faceva due passi e poi si voltava di nuovo verso di me tornando a fulminarmi con gli occhi.
Attesi qualche secondo aspettandomi una sua risposta, ma non arrivò. Inarcai le sopracciglia per incentivarlo, ma niente.
- Allora? -
- E' una trappola! Come puoi davvero non pensarci? -
Eh!?
- Ryuzaki... - rimasi di stucco.
Allora era quello, il suo problema? Non credevo minimamente che potesse importargliene di me fino a quel punto, e la cosa mi colse di sorpresa.
- N... Near... -
- Near doveva dare conto a me, prima di parlarne con te. - sottolineò la parola “me” con superba superiorità.
- Che io sappia dovete dare tutti conto ad un'unica persona qui, ovvero L. - sbottai.
Lo vidi aprir bocca per replicare, ma non proferì parola. La richiuse dopo pochi istanti.
- … ed L è d'accordo. - dissi poi, gelida.
- E poi... - mi alzai in piedi e incrociai le braccia in petto, fissandolo dritto negli occhi seminascosti dalla chioma scura.
- Cosa potranno mai farmi? Sono una Spector... Una macchina da guerra umana, mi definisce addirittura Near! No? -
Ryuzaki sospirò di nuovo:
- Ci sono metodi di cui Bustri si serve che nemmeno noi siamo in grado di conoscere. Ricordati... - avanzò qualche passo verso di me, tenendo gli occhi fissi nei miei.
- … che è stato lui a renderti quello che sei oggi. Saprà sicuramente anche cosa potrebbe procurarti pene e sofferenze che noi possiamo solamente immaginare. Non devi mai sottovalutare il nemico, Kanade, mai. - si fermò ad un paio di passi da me.
Continuava a scrutarmi, quasi fosse convinto di potermi far cambiare idea anche solo con lo sguardo. Ed io quasi l'avrei fatto, per quegli occhi.
D'altro canto avevo un conto in sospeso con quel Bustri, e tante domande che cercavano ancora risposte che solo lui poteva darmi, senza tener conto che finalmente sarei potuta uscire da quell'immenso grattacielo che mi teneva imprigionata già da troppo tempo.
- E tu non sottovalutare me, Ryuzaki. Non mi conosci. -
- A questo punto lo spero... - rispose a voce bassa e in tono di resa.
- ...perché se così non fosse, mi costringerai a dirti che avevo ragione. Sempre ammesso che tu sopravviva. -
Senza nemmeno accorgermene avevo superato quei due passi che ci separavano e ora riuscivo di nuovo a sentire il suo profumo, il suo respiro.
Lo sentii sospirare per l'ennesima volta, mentre scostava di poco il volto.
- Kanade... Tu... - sembrò incespicarsi nelle sue stesse parole.
- Non preoccuparti, se la tua paura è che io ti baci di nuovo, non lo farò, sta' pure tranquillo. Non mi lascio rifiutare due volte. - risposi dal canto mio, con inaspettata freddezza.
Non sopportavo quella situazione, vedendolo costretto ad allontanarsi da me con quell'atteggiamento così... strano. Era in evidente disagio, e lo vedevo bene, così decisi di voltargli le spalle e andarmene nella mia stanza lasciandolo lì da solo.
- Tu mi fai sragionare. - gli sentii dire ad un certo punto come un lamento, mentre raggiungevo l'arco del corridoio.
Mi bloccai all'istante. Certo, quella era una di quelle frasi che mai mi sarei aspettata di sentirmi dire, da lui. Mi voltai a guardarlo con aria sconvolta.
- C... Cosa? - dissi con appena un filo di voce. Eppure era tutta quella che in quel momento riuscivo ad avere.
Lo fissai con aria sconvolta.
I suoi occhi non erano mai stati così sgranati, e le sue sopracciglia mai così aggrottate. Il suo sguardo sembrava perso nel vuoto eppure era rivolto verso di me. Forse si era perso nell'abisso che aveva visto nascere dentro di me, e io ancora non lo sapevo.
- Io... Non sono mai stato così. - disse poi, stranito.
Stargli alla larga...” le parole di Mello mi balenarono violente nei pensieri.
Tutto quel suo discorso su me e lui... si stava rivelando vero. Ryuzaki non era davvero così come in quel momento era con me, ormai era certo, e quasi m'impauriva pensarlo diversamente.
- Ryuzaki... Io ci ho pensato. - esordii, cercando di reprimere il tremore delle mie mani e il battito accelerato del mio ormai gelido cuore da Spector.
- Dopo questa operazione... Voglio andarmene. -
- Non puoi. Te ne ho già parlato. -
- Ed io voglio riparlarne. - risposi subito, decisa.
Lui mi fulminò con gli occhi ed io feci lo stesso, richiamando tutta la mia “tenebrosità” possibile. Se voleva fare la gara a chi faceva più occhiatacce, non aveva possibilità di vincere.
Dopo qualche minuto fu lui ad interrompere, sospirando fortemente e alzando una mano per poi sprofondare nei suoi capelli.
- E' troppo pericoloso, Kanade... Solo qui sei al sicuro. -
- ...E solo qui potete controllarmi per accertarmi che non sia una spia di Bustri. Non è così? -
Lo vidi esitare, anche se solo per qualche breve secondo:
- Anche. Sì. -
Sbuffai rabbiosamente, alzando le braccia in cielo per l'esasperazione. Questo era davvero troppo.
- Ma è inammissibile! - sbraitai.
- Come potete anche solo pensare ad una cosa del genere!? E se così fosse, perché mi avreste dovuto proporre di partecipare a quell'operazione stramaledetta? -
- Mello è preparato a qualunque evenienza... -
- Ma come!? -
- Kanade, noi dobbiamo prendere in considerazione tutto. Capisci? Tutto. Ogni possibilità. Se sei una sua complice... Quando ti ritroverai lì ti comporterai in un certo modo. Se invece non lo sei... Si avvarrà la mia teoria della trappola. Comunque, le probabilità che tu sia una sua complice secondo i miei calcoli equivarrebbero ad una quota molto bassa... -
- Ah sì, hai fatto i tuoi calcoli in base a cosa, se posso chiedere? - sbottai ancora, sgomenta.
- Varie cose. - liquidò lui la domanda.
- E a quanto “equivarrebbero”? - dissi ancora, scimmiottando sarcasticamente la sua voce in preda al nervosismo.
- Al 5%. - rispose con spavalda tranquillità.
- Tu sei pazzo! - tornai a sbraitare io, senza controllo.
Cominciai a vagare avanti e indietro nella stanza:
- Stai calma... -gli sentii dire.
- Come cazzo posso stare calma!? Ma dico! Io non dovrei nemmeno essere qui! -
- ...Insomma, Kanade! Smettila di piagnucolare! - scoppiò lui all'improvviso.
Le sue urla mi sorpresero, a tal punto da quasi spaventarmi per davvero. La sua voce non aveva mai raggiunto un tono così alto e scomposto. Mi fermai a fissarlo con la bocca spalancata, accigliata.
Non riuscii a dir nulla, anche perché non ebbi nemmeno il tempo di formulare un sola parola prima che il suono acustico dell'ascensore rompesse il gelido silenzio che si era velocemente formato tra me e Ryuzaki; così Mello uscì da quell'ascensore e avanzò con aria spavalda e annoiata nella stanza. Indossava una camicia esageratamente sbottonata sul petto, pantaloni in pelle scuri e anfibi con borchie che richiamavano la sua cintura. Sembrava una nuova raffigurazione di una specie di “signore del male”, con quel look così dark.
In un primo momento non sembrò accorgersi di noi; solo quando raggiunse il divano e alzò lo sguardo si accorse che sia io che Ryuzaki lo stavamo letteralmente incenerendo con lo sguardo, e allora si decise a parlare:
- Oh. - esordì con aria stupita, sbattendo più volte le palpebre.
- Ho interrotto qualcosa? -
Alzai occhi e braccia al soffitto, dando poi le spalle ad entrambi e scuotendo furiosamente la testa.
- Me ne vado, me ne vado... - gli sentii dire.
- No Mello, resta pure. Sono io che non sarei dovuto uscire dal mio appartamento oggi, ed ho già trasgredito abbastanza i miei impegni per nulla. - sentii rispondere Ryuzaki con spietata freddezza e tranquillità, quasi come se di lì a pochi secondi prima non avesse dato un urlo da spaccare i timpani.
- Hai detto bene. - risposi io voltandomi di nuovo verso entrambi, che a loro volta mi guardarono con aria strana, cauta... Come se la pazza fossi io, lì dentro.
- ...Proprio per nulla. Stasera andrò al Central Park, e domani voglio discutere con L in persona. -
- L non ha tempo da perdere con te. - rispose subito Ryuzaki, cercando di mantenersi fintamente indifferente mentre invece i suoi occhi mi stavano divorando con furia.
- E invece dovrà perderlo, se vorrà trattare con me. Altrimenti sarà lui a perderci. -
-Trattare cosa, Kanade? COSA? - rispose lui, cominciando a far sentire di nuovo qualche nota rabbiosa nella sua voce.
- ...Trattare con il suo Spector/sospettato/prigioniera o come mi ritiene lui, sul fatto che me ne vado! Capito? ME NE VADO. Io sono una persona e deve darmi ascolto, se mi vuole ancora al suo fianco almeno nelle indagini. -
- Ma se non contribuisci in niente! -
- Perché tu non mi fai contribuire in niente! - urlai a mia volta, furibonda.
Passai lo sguardo da Ryuzaki a Mello, che intanto ci fissava con gli occhi sgranati e un sorriso distorto, meravigliato.
- Diglielo tu, Mello, DIGLIELO! E' vero che è colpa sua se non partecipo alle indagini? -
Mello alzò le mani in alto, scuotendo la testa e indietreggiando di un passo:
- Oh no, no, no... In queste discussioni io non ci voglio proprio entrare... Potrei non uscirne vivo. - concluse, guardandomi con quell'irritante sorriso divertito sulle labbra.
In quel momento avrei tanto voluto spaccargliele, quelle bellissime labbra.
Cominciai a parlare di nuovo continuando a tenere gli occhi fissi su Mello, sperando con tutta me stessa di riuscire a sbriciolarlo con lo sguardo:
- Ad ogni modo sappi che il mio è un avvertimento, Ryuzaki. O mi fai parlare con L, o io me ne vado lo stesso... Con la differenza che non mi vedrete mai più. - conclusi, incrociando di nuovo le braccia in petto con tanto di broncio e faccia seria.
- E tu credi che non abbiamo mai preso in considerazione l'idea che tu potessi scappare via? Credi davvero che non mi sia preparato anche per questa evenienza? Come si vede Kanade, che sei tu a non conoscere ancora me... -
Tornai a voltare la mia furiosa occhiataccia su Ryuzaki, con un sopracciglio inarcato.
- Non riuscirai a fuggire da quest'edificio. - insistette, con aria minacciosa.
- Lo vedremo. - ribattei.
Mello continuava a fissarci con gli occhi sgranati, evidentemente divertito. Ma di che rideva?!
Ryuzaki sbuffò per l'ennesima volta, alzando gli occhi al cielo e voltandomi le spalle:
- Questo non è un gioco, Kanade... - disse poi, con tono cupo.
Avanzò verso l'entrata dell'ascensore, ancora aperto, poi si voltò e prima di premere il pulsante del suo piano, continuò:
- Vuoi andare al Central Park? Per te è una passeggiata, o almeno così pensi, non è così? Beh, va' pure. Ma non aspettarti nessun riconoscimento, se ne uscirai viva. - e detto ciò, pigiò il dito su uno dei pulsanti e le porte si chiusero davanti a lui senza darmi nemmeno il tempo di rispondergli.

E vorrebbe cavarsela così? Con quest'uscita di scena degna di un Oscar!?”
Avrei voluto fare a pezzi il mondo intero in quel momento. Ma tra le mani avevo solo... Mello.
- Tu! Brutto figlio di puttana io ti spacco la faccia! - dissi, catapultandomi diretta su Mello furibonda.
- Ehiehiehiehi! Calma eh! Io non c'entro niente! -
- “Io non c'entro niente!” - scimmiottai, una volta fermatami ad un passo di distanza da lui.
- Ti calmi o no?! -
- Tu non sei nessuno per dirmi che devo calmarmi. - sibilai a denti stretti.
- Infatti non era un ordine, ma solo una domanda a puro scopo informativo. Se ne hai ancora per molto, magari torno più tardi... -
- Eccone un altro! -
- Che c'è?! -
- Ma come fai a lavartene sempre le mani, di ogni fottutissima cosa!? -
- Ehi, vacci piano con le parole okay, tigre? Io non mi lavo le mani delle cosa importanti... - sottolineò.
- …e non voglio entrare in merito a questioni che non mi riguardano. - concluse, con tranquillità.
- Se solo tu non fossi uno Spector... - borbottai sgomenta, allontanandomi da lui e raggiungendo il corridoio.
- Che fai? Dobbiamo parlare di questa notte! -
- Va' a farti fottere tu, Near, Ryuzaki, L e tutti gli altri psicopatici di questo posto infernale! Compresi parenti e famiglie fino alla settima generazione! - urlai, mentre continuavo a camminare dritta lungo il corridoio.
- Suvvia, Kanade! Vuoi tornare a ragionare? - gli sentii urlare dal salone, mentre io entravo nella mia stanza.
- Dai, parliamone... - disse poi con tono più calmo e pacifico.
- Ti avviso, ti sto raggiungendo in camera... Vengo in pace! Okay? - sembrava stesse avendo a che fare con un animale selvatico.
Come se poi un animale selvatico potesse capirlo!
Mi fermai appena dopo l'entrata della mia stanza, senza però dir nulla in risposta alla sua domanda.
- Okay, come si dice lì da te? Aspetta... Chi tace... acconsente? Sì, chi tace acconsente, quindi lo prendo come un sì... - sentii la sua voce farsi sempre più forte man mano che avanzava nel corridoio. Sentivo addirittura lo scricchiolio dei suoi anfibi che avanzavano sulle piastrelle lisce.
Sospirai quanto più silenziosamente possibile, cercando di darmi una calmata.
Chiusi gli occhi ed attesi.
Ecco, ora era alle mie spalle, lo sentivo. Sentivo addirittura il suo calore arrivare fin sotto i miei vestiti, quasi come se sfiorasse per davvero la pelle della mia schiena.
Sentii le sue mani carezzarmi lentamente le spalle, e il suo viso ad un fiato dal mio.
- Ciao. - sussurrò poi, con tono gentile.
- ...Ti sei calmata? -
Sospirai ancora, cercando di eliminare del tutto la tensione che sentivo ancora pervadermi i sensi.
- Mh? - continuò lui.
Ora sentivo le sue labbra sfiorarmi la guancia... E non riuscivo più a capire se la tensione che provavo in quel momento fosse quella reduce della sfuriata con Ryuzaki, oppure fosse dovuta a qualcos'altro... Tipo Mello, che mi aveva praticamente stretta a sé con quel suo fare improvvisamente così... diverso.
Ci stava forse provando?

Ed io forse lo stavo facendo fare?
Ma in fondo... Cosa sarebbe cambiato? Ryuzaki non era fatto per me. Ryuzaki non era fatto per nessuno. Quindi, cosa sarebbe cambiato? Non potevo stare con l'uomo che amavo, cos'altro mi rimaneva?
Una dignità.” rispose all'istante la mia coscienza.
Già. Cosa mi stava passando per la testa? Forse era tutta quella situazione così... contorta, così strana... che mi stava divorando anche quel poco della vecchia Sofia che mi rimaneva. No, non dovevo fare in modo che mi abbandonasse anche quell'ultima parte. Non doveva succedermi. Non potevo abbandonarmi.

- Mello, sarei molto grata se allontanassi le tue mani dal mio corpo... Prima quelle, e poi anche il resto. Se permetti. - lo strattonai e mi liberai dalla sua presa. Con mia grande sorpresa lui mi lasciò fare senza alcun tipo di opposizione, restandosene semplicemente calmo e in silenzio. In effetti non me l'aspettavo.
Mi allontanai da lui di qualche passo, prima di voltarmi per guardarlo dritto negli occhi.
Mi fissò con sguardo assorto, dritto nei miei. I suoi ora erano blu cobalto, di una tonalità che quasi avrei potuto giurare di non aver mai visto prima. Cercai di tenere il suo sguardo col mio, in parte stregata dalla profondità di quegli occhi. Sembrava soffrisse per davvero, dietro quel blu cobalto. Eppure le sue labbra sorridevano.
Alla fine distolsi lo sguardo, puntandolo dritto sul pavimento:
- Di cosa dobbiamo parlare? Credevo fosse semplice la questione di stanotte. Si va lì, si aspetta Dio solo sa cosa, si reagisce, diamo un calcio in culo a Bustri e finisce lì. No? -
- Magari fosse così semplice... -
- Lo è. -
- Sei proprio come me... - gli sentii dire, sorridendo di gusto mentre scuoteva la testa.
- Hai mai pensato di avere ancora qualcos'altro da sapere a proposito delle tue nuove capacità? -
La domanda mi colse alla sprovvista.
No. Eccola la risposta.
- Immagino di no. Beh, prima di andare in avanscoperta sarebbe il caso che le conoscessi tutte, quanto meno... -
- Oh... - riuscii solo a dire, accigliata.
- Già. -
- E... Come...? -
- Ci penserò io a spiegarti tutto, e te lo farò anche provare. Oggi ti aspetta una dura giornata di allenamento! -
- Oh che bello. - borbottai, alzando gli occhi al cielo.
- Se fossi in te sarei davvero entusiasta. Non disdegnare così presto la tua nuova... “te”. - esibì un altro sorriso.
Ma sorride sempre?!
- Okay... - sospirai rassegnata.
- Dammi solo un attimo, okay? -
- Ci alleneremo in un bel posto... - disse con aria compiaciuta.
Lo guardai scettica.
- Non potrai andarci da sola, per cui... Tornerò fra un quarto d'ora. Non di più! - continuò, alzando l'indice come una maestrina fa ad un suo alunno.
- Usciremo dall'edificio? -
- Mhhh... Tecnicamente sì. -
L'idea di respirare aria fuori da quelle mura mi diede subito alla testa:
- Okay! Ci vediamo fra un quarto d'ora! - dissi subito, spintonandolo fuori dalla stanza.
- Ehiehiehi okay! Me ne vado! Non c'è bisogno di spingere! -

Feci di tutto pur di trattenere le risa che sentivo crescere sulle mie labbra, o almeno feci il possibile per nasconderle a Mello. Forse non erano nemmeno risa sincere, di quelle che si fanno quando ci si diverte. Probabilmente erano più risa di isteria... Ma che importava? Si ride per non piangere!
Lo vidi allontanarsi lungo il corridoio. Arrivato alla fine si voltò verso di me, che intanto lo osservavo dalla porta, e mi fece l'occhiolino.
- Era un occhiolino quello? - chiesi vagamente perplessa, ormai tra un sorriso e l'altro.
- Cosa credi? Io ci so fare con le donne! Non sono mica come Ryuzaki! A proposito... - indietreggiò ancora di un passo.
- Già litigate come marito e moglie? -
In preda di nuovo alla rabbia presi la prima cosa che mi capitò sotto mano e gliela tirai contro. In quel caso, lo spiacevole compito capitò ad una pantofola che fino a poco tempo prima non avevo nemmeno minimamente notato.
Gliela scaraventai contro e ancora prima di vedere se lo avessi colpito o meno entrai di nuovo nella stanza e chiusi con rabbia la porta alle mie spalle.
Serrai subito gli occhi per concentrarmi al meglio sull'udito: bam, solo un rumore secco. Forse c'ero riuscita...
- Mancato! - gli sentii urlare con tono divertito.
- Ahh! - sbraitai fra me, alzando le braccia al cielo.
Possibile che con tutti i poteri da Spector che dovrei avere non sono capace di centrare una persona!? Dannato Mello! Dannato Ryuzaki!
Tra una maledizione e l'altra, mi scappò un altro sorriso. Certo che almeno Mello riusciva a farmi sorridere, nonostante tutto. Forse non era poi così male come mi era parso all'inizio...

- Arrivati! - esclamò Mello, uscendo dall'ascensore poco prima di me.
Tornò a prendermi precisamente dopo quattordici minuti. Era davvero un fissato allora. Ero riuscita appena a cambiarmi i pantaloni per qualcosa di più comodo, come dei leggins.
Una volta entrati insieme nell'ascensore poi, tutte le mie vere speranze di allontanarmi da quel grattacielo morirono. Ebbene sì, gli allenamenti si sarebbero tenuti sul palco dell'edificio. Avrebbe fatto bene Mello a precisarlo sin da subito, che saremmo stati sopra l'edificio, e non fuori.
Anche lui si era cambiato, ora indossava una semplice t-shirt bianca a mezze maniche e dei pantaloni da ginnastica scuri. Senza dir nulla, ricacciò dalla tasca una chiavetta simile ad una USB, e la inserì in una piccola fessura poco sotto la fila dei pulsanti che corrispondevano ai piani del grattacielo.
- Solo con questa si può raggiungere il palco... - mi disse, esibendola ad un palmo dal mio naso. Era piccola... e blu. Nient'altro di così significativo. Eppure aveva un certo ruolo importante...
E così, nel silenzio del mio scontento e del suo divertimento, arrivammo a questo fatidico palco. E in qualità di palco, non aveva proprio niente di speciale. Nemmeno (e soprattutto) le ringhiere.
- Sarà sicuro non avere quanto meno le ringhiere? -
- Kanade... Qui sopra non ci sale nessuno, a parte me e adesso te. E noi siamo Spector, non dimenticarlo. -
Per quel che mi riguardava poteva dire ciò che voleva, ma l'idea di ritrovarmi a cinquanta piani da terra senza protezione mi metteva comunque una certa tensione, e anche abbastanza difficile da gestire.
Avevo da sempre sofferto le vertigini, almeno nella mia precedente vita, quindi in quell'occasione trovarmi così in alto non mi aiuto per niente.
Vidi Mello correre fino al centro dello spiazzo. Non ci mise molto. Anzi, ci mise appena tre secondi. Quella visione mi sbalordì, nonostante dovessi ormai aspettarmelo da uno Spector.
L'aria lassù era calda e in quel momento tirava appena qualche leggero alito di vento, forse perché era un orario molto caldo o forse perché in America il vento non si comportava come in Italia, ovvero soffiare sempre di più man mano che si aumentava l'altitudine. O forse questi pensieri erano solo frutto di un forte senso di panico che mi stava assalendo.
Mi bloccai a metà strada tra le ante dell'ascensore, ancora aperte, e Mello, ormai completamente terrorizzata.
Mello si voltò verso di me e, sorridendomi, mi porse la mano. A tre metri di distanza.
Il vento gli scompigliava appena i capelli e il sole di primo pomeriggio lo illuminava così intensamente da farlo sembrare quasi un angelo, con quelle sfumature dorate che evidenziavano ancor di più il rossiccio della sua chioma, e la sua pelle che aveva preso qualche tonalità più dorata.
Sembrava mi stesse sorridendo per davvero in quel momento, che quasi sembrava realmente felice. Eppure non stava accadendo nulla. Assolutamente nulla. Era lì, sperduto, con una sconosciuta a cui doveva insegnare di nuovo tutto. Come con una bambina che doveva imparare di nuovo a camminare, e a muovere i primi passi. Cosa c'era da essere così felici?
Cosa ci sarebbe rimasto in futuro di questo giorno, da essere così felici?
Forse era proprio questo il punto. A lui non sarebbe mai rimasto nulla, come sempre. Vivere in quel modo, come fantasmi, doveva davvero essere difficile. Doveva accontentarsi sempre di quello che aveva al momento, di quello che gli capitava. E anche solo vivere in sé doveva essere già un grande regalo... Se quella era vita.
E allora a me cosa sarebbe toccato di diverso, ora che mi accorgevo di essere così simile a lui? E cosa mi sarebbe rimasto?
Beh, in quel caso forse potevo scegliere.
Mi voltai verso l'ascensore alle mie spalle, lo fissai per qualche breve istante e poi di nuovo guardai Mello al lato opposto davanti a me, che ancora mi tendeva la mano.
Cosa avrei dovuto scegliere, chi sarei stata? Perché, davvero si può scegliere chi essere, oppure ci illudiamo solo di avercela una scelta quando poi invece siamo semplicemente ciò che siamo? E quanti intanto preferiscono tenere ancora gli occhi chiusi a sognare qualcosa o qualcuno che in realtà non saranno mai?
Chiusi gli occhi e respirai a fondo.
Non sapevo più chi ero, questo era certo, ma non mi sarei lasciata disorientare da questa presa di coscienza.
Sarebbe stato semplice, avrei solo dovuto imparare a conoscermi di nuovo.
Tutto sommato quindi la mia non era una vera possibilità di scelta, in quel momento. Era chiaro: quell'ascensore alle mie spalle non mi avrebbe mai portato da nessuna parte, mentre il ragazzo che adesso mi tendeva la mano... Poteva portarmi in posti rinchiusi in me stessa che forse senza di lui non avrei mai più potuto scoprire.

Riaprii decisa gli occhi, ricambiai il suo splendente sorriso, e una volta raggiunto gli strinsi la mano ancora tesa verso di me.
- Mostrami. - gli dissi, mentre sentivo la sua mano stringere forte la mia.
Posò lo sguardo per qualche secondo sull'orizzonte, che si estendeva tra nuvole e squarci di cielo, poi mi guardò di nuovo, e sorrise.

   
 
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