Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: lili1741    08/06/2008    2 recensioni
"Volevo sapere quale anima era quella che aveva il privilegio di celarsi dietro a un aspetto così sublime." 1683. Eugenio di Savoia conosce il bellissimo principe di Montpensier, detto "la poupée", la bambola. Ma anche chi sembra un angelo può causare enormi sofferenze... Leggete e recensite, mi farebbe molto piacere!
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Alla fine questo capitolo si è rivelato essere abbastanza corto e di transizione, sarà il prossimo ad essere molto prolisso. Saranno due capitoli un po' tetri ma del resto c'è scritto che la storia è drammatica!

Grazie a chi mi segue e alle nuove persone che mi hanno aggiunto ai preferiti, che spero mi diranno cosa pensano del prosieguo della storia.

Per Xibalba: Sono proprio curiosa, quindi appena puoi fammelo sapere che ci tengo molto!

Per Anthilia: sono contentissima che tu apprezzi i personaggi ed ancora di più l'ambientazione. Non è un periodo che interessi a tutti, anzi credo che l'anno 1683 non dica molto a nessuno. Ma alla fine ogni periodo ha qualcosa di affascinante.

Per circa tre settimane però non ebbi alcuna notizia di Honoré. Non mi scrisse e non si presentò ad alcuna festa a Corte o a casa di amici a cui fossi presente anch’io. A quelle in cui invece non c’ero io, venivo a sapere che lui era presente. Mi stava evitando.

Provai una vergogna infinita per ciò che era successo. I miei sentimenti per lui erano un peccato agli occhi di Dio, una sconvenienza agli occhi del mondo, uno smacco per la mia virilità. Come mi era saltato per la testa di mettermi a sospirare e fremere per un giovane come un fanciulla? Un conto era fingere, come era di moda nei turpi ambienti che frequentavo, di avere relazioni omosessuali, ma spasimare veramente per un uomo era ben diverso.

Più ancora, mi vergognai di aver creduto che un giovane splendido come lui potesse provare qualcosa per me.

"Perdonami o Signore, perché ho peccato più per superbia che per lussuria. E la superbia è il peggiore dei vizi." Dicevo nelle mie preghiere.

Eppure nei momenti più inaspettati accadeva che qualcosa mi facesse ripensare a lui, e mi accorgevo di sentire ancora le vertigini come al primo nostro incontro, ma quel senso di infinitezza che provavo al mio interno si era trasformato da fonte di gioia in fonte di tormento. Mi sembrava che quel vortice potesse risucchiarmi da un momento all’altro e distruggermi per sempre. Le giornate trascorrevano monotone e dolorose, senza che io riuscissi a dimenticarmi di lui.

In una di quelle giornate arrivò a palazzo de Savoie un messo imperiale proveniente da Vienna, che recava una lettera per noi. Tutta la famiglia scese in cortile ad accoglierlo, con un tetro presentimento nel cuore.

"Signora Duchessa" disse il messo a mia nonna, con un'espressione lugubre sul volto. "Il maggiore Louis-Jules de Savoie è morto valorosamente combattendo contro i Turchi infedeli."

Il mondo crollò addosso alla casata dei Savoie-Soissons. Mia nonna a quella notizia emise un lieve gemito, poi svenne cadendo sul nudo terreno con un tonfo sordo. I miei fratelli maggiori si precipitarono a sollevarla da terra e la portarono a sdraiarsi nel palazzo, con le guance rigate di lacrime. Le mie sorelline, ancora nel cortile, piangevano in maniera straziante e prima che potessi fare nulla per consolarle mi accorsi di essere caduto in ginocchio a terra, con gli occhi così colmi di lacrime che la mia vista era completamente annebbiata.

Non c'era più il cortile, né il messo, né il pianto dei miei familiari. Nella mia mente c'era posto solo per mio fratello, il mio adorato Louis-Jules, che circa un anno prima aveva ottenuto un comando militare dall'Imperatore Leopoldo per combattere contro i Turchi, e che ora sapevo che non avrei mai più rivisto.

Louis-Jules... il più amato dei miei fratelli, da me come da tutta la famiglia... il più bello, il più ardito, il più buono di noi... il meno meritevole di morire prematuramente.

Soltanto cinque anni prima eravamo una famiglia felice. Vivevamo tutti insieme in quello stesso palazzo, che allora però non era per me una prigione, ma un luogo di dolce quiete e memorie piacevoli. Louis-Jules trascorreva le sue giornate nei giardini a prepararsi per la sua futura vita da soldato e mi insegnava a tirare di scherma come nostro padre aveva insegnato a sua volta a lui.

Ben presto diventai così bravo nell'uso della spada da batterlo: la prima volta che accadde mio fratello, per nulla geloso, si rivolse ridendo a mia madre, che sedeva a leggere "La principessa di Cléves" su una poltrona in un angolo del giardino, con queste parole: "Maman, hai visto che bravo? il piccolo Eugène diventerà lo spadaccino più valente di Francia, se non farà il prete!"

"Certo che lo diventerà." aveva risposto lei, lieta di vedere i miei progressi. "Eugène diventerà tutto quello che vorrà."

Quell'istante di infantili gioie ed illusioni era così vivido al momento nella mia mente che potevo ancora vederli davanti a me, lei e lui, mia madre e mio fratello. Avevano gli stessi riccioli castani, la stessa grazia nel muoversi, gli stessi lineamenti armonici e dolci (nostra nonna non sembrava aver mai notato la somiglianza tra Louis-Jules e la mamma, e non si rendeva conto di lodare in lui la bellezza della donna che chiamava prostituta, e di criticare in me l'aspetto fragile e l'espressione perennemente sbigottita tipica dei Savoia e di suo figlio). Il mondo me li aveva tolti entrambi proprio in quel cortile. Avevo visto mia madre per l'ultima volta proprio in quello stesso punto. Era vestita con un elegante abito di broccato rosso e, bellissima e piangente, mi aveva abbracciato mentre diceva con voce implorante: "Non ho avvelenato vostro padre. Te lo giuro, bambino mio. Tu mi devi credere!". Ora venivo a sapere proprio lì che mio fratello, il più caro dei miei fratelli, era morto in una nuvolosa giornata del maggio viennese, tra la polvere e le grida di battaglia dei Turchi, i maledetti infedeli.

Tutti erano ritornati nel palazzo a piangere quel lutto, io solo giacevo ancora su quella terra fredda e nera, incapace di muovermi e con la gola dolorante per i lamenti che erano così profondi da non riuscire a sgorgare da essa.

Sentii una mano massiccia posarsi sulla mia spalla. Alzai il volto, e vidi il messo imperiale porgermi una lettera.

"È dell'Imperatore Leopoldo" mi disse. Il suo contegno rivelava che anche lui stava soffrendo per quella morte.

"Eravate uno degli uomini di mio fratello?" gli chiesi, mentre prendevo la lettera e spezzavo lo spesso sigillo di ceralacca scarlatta.

"Sì, signor Duchino." I suoi occhi erano diventati lucidi ed il rude soldato abbassò lo sguardo per cercare di nascondermelo. "Un giovane così buono e un comandante così dedito ai propri sottoposti..."

Fui commosso dalla tristezza di quello sconosciuto che provava un così grande affetto per mio fratello. Mi alzai e lo abbracciai, piangemmo uno sulla spalla dell'altro come due commilitoni, come se avessimo condiviso le fatiche di mille battaglie.

Quando quell'abbraccio si fu sciolto, il messo biascicò: "Perdonatemi, signor Duchino, non avrei dovuto permettermi..." e risalì sul suo cavallo, che partì al galoppo lasciando nel nostro cortile una piccola scia di polvere.

Rimasi ancora più solo nel cortile, stringendo nel pugno la lettera dell'Imperatore, che non era destinata a me ma a mia nonna e a mio fratello maggiore, e che mai avrei dovuto aprire.

"Noi ci uniamo al lutto della famiglia Savoie-Soissons per la perdita del maggiore Ludwig Julius..." lessi per sbaglio mentre guardavo il sigillo irreparabilmente spezzato. Non potei fare a meno di aprirla del tutto e leggerne il contenuto.

"Noi ci uniamo al lutto della famiglia Savoie-Soissons per la perdita del maggiore Ludwig Julius, uno dei più nobili e onesti ufficiali delle Nostre truppe. Il Maggiore ha scelto di essere sepolto qui a Vienna, vicino ai suoi uomini ed al campo di battaglia sui cui ha compiuto le sue imprese e Ci auguriamo che un giorno voi possiate venire a rendere omaggio alla sua tomba, accolti con gli onori dovuti ad una famiglia nobile come la vostra ed imparentata con un giovane così straordinario. Egli è stato un uomo giusto e buono, un figlio per Noi e un fratello per gli Arciduchi Josef e Karl. Abbiamo un debito nei confronti del vostro illustre casato, per averci donato uno dei suoi figli migliori.

Leopold von Habsburg S. R. I. Rex Bohemiae & Hungariae, Dux Austriae..."

La notizia era pessima. Il corpo di mio fratello sarebbe rimasto a Vienna ed io non avrei mai potuto piangere sulla sua tomba, nonostante l'invito dell'imperatore. Ma l'affetto che l'uomo più potente della terra gli dimostrava in quella lettera mi garantiva che essa non sarebbe mai rimasta priva di fiori.

Fui commosso dal fatto che Leopoldo d'Asburgo si fosse preoccupato di scrivere di suo pugno quella lettera per confortarci e per onorare mio fratello. Re Luigi avrebbe scritto parole simili per un suo giovane ufficiale? La sola ipotesi mi sembrava assurda: il nostro Sovrano non aveva certo tempo per i cadetti delle casate cadute in disgrazia!

Il Sacro Romano Imperatore era un uomo migliore di lui. E mio fratello Louis-Julius era stato l'uomo migliore sulla faccia della terra.

Et in aeternuum frater, ave atque vale...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: lili1741