Pov Jane
Avanzo con il fiatone, cercando di tirarmi dietro
Matt.
Voglio sfuggire a quei pazzi assassini. Dobbiamo
uscirne
vivi.
Sono stata una stupida a buttarmi così
nella Cornucopia ma,
diamine, quell'arco era per me e doveva essere mio. E ora lo era ma
solo grazie
a Matt. Ed era grazie a lui che ero ancora viva e non già a
casa, a Capitol, in
una semplice cassa di legno ad essere pianta da nessuno.
Erano tutti morti.
-Lasciami qui, Jane.-
Mi giro, esasperata quasi. Matt è
caduto in una sorta di
shock così profondo che non riesco a risvegliarlo o a
convincerlo a tornare da
me. Ovviamente sono ancora più vulnerabile di prima. Ma
meglio essere
vulnerabile che morta, no?
-Ehi Matt. Guardami, guardami per favore.- dal
momento che i
suoi occhi color cioccolata sfuggono ancora ai miei, gli prendo il viso
tra le
mani e faccio incontrare i nostri sguardi - Stai con me. Dobbiamo
essere noi a
tornare. Hai capito? Matthew?-
-No... no, ho ucciso quel ragazzo...- mormora lui,
perdendosi nei miei occhi celesti.
-Sì, certo. Perché lui stava
per uccidere me... E fidati,
non sarebbe stato così disperato. Perché voleva
vivere. Per favore, andiamo.
Dobbiamo trovare dell’acqua e un rifugio.-
Ma Matt si siede a terra a fissare il vuoto. Io
sono tesa
come un arco, ho paura che tra poco Rachel o Caleb arriveranno e ci
uccideranno. Almeno sei di noi sono morti oggi, qualcosa mi dice che
quest’ultima dannatissima edizione degli Hunger Games non la
tirerà molto per
le lunghe. Io e Matt siamo la seconda coppia dei favoriti… E
Matthew è
totalmente andato, perfetto. Mi chino su di lui. Sono arrabbiata
adesso:
arrabbiata perché mi sta lasciando sola a lottare contro
tutto e tutti. La mia
mano si alza e lo colpisco in piena faccia con uno schiaffo. Vedo che
mi fissa
inebetito. Beh, perlomeno ha reagito.
-Che cosa fai…?-
-Senti non è colpa tua, ok? Se quel
ragazzo è morto, se tu
hai ucciso è solo colpa mia perché sono io che ho
disubbidito al piano. Non ho
fatto quello che hai fatto tu: fuggire. Lo sai che io non fuggo mai, di
fronte
a nulla. Tu non sei un mostro, Matt. Quello lo posso fare benissimo io
tra i
due. E’ stata colpa mia, tu mi hai solo salvato la vita.-
-Ma…-
-Niente ma. Vuoi tornare a casa? Con me? O mi vuoi
lasciare
dannatamente da sola a finire questa follia?- vorrei che la mia voce
stesse
ferma, invece trema – Stai con me. Sennò sarei
costretta a lasciarti qui e non
me lo potrei mai perdonare. Ma non riesco davvero a trascinarti per
tutta
questa dannata foresta da sola.-
-Non sono un mostro?-
-No. E mai lo diventerai. Questi sono gli Hunger
Games, devi
uccidere se non vuoi essere ucciso.-
Mi prende una mano e si alza, cercando di trovare
il
coraggio per salvarsi. O per salvare me: conosco Matthew da
così tanto tempo
che so benissimo quanto tenga a me… quanto mi ami. Ho voglia
di accarezzargli i
suoi corti capelli neri ma non mi va al pensiero di tutta Capitol City
che ci
guarda. Sono cose da fare in privato… anche se sono sicura
che Everdeen mi stia
maledicendo in questo momento: dovrei attirare più sponsor,
non fare la
sostenuta. Inghiotto a vuoto e accarezzo velocemente i capelli di Matt.
Molto
diversamente dal solito. E lui sembra trovarlo alquanto divertente
perché
sorride e se ne esce con un:
-E questo cos’era? Un altro schiaffo?-
-una carezza…- mormoro, arrossendo di
botto.
-Puoi fare di meglio, lo so.- dice lui,
avvicinando le
labbra al mio orecchio e non facendo altro che provocarmi ancora. Lo
odio
quando fa così.
Senza dire niente lo incito ad aprire il suo zaino
per
controllare il contenuto delle nostre provviste: alla fine siamo
riusciti ad
avere entrambi dei sacchi a pelo, un coltello, il mio arco con le mie
10 frecce
e una dose generosa di gallette e carne essiccata. Dovrebbe durare per
un po’,
almeno spero che le capacità di caccia di Matthew possano
migliorare nel tempo
passato ad allenarsi con i nostri mentori.
Proseguiamo in silenzio la nostra marcia,
totalmente
distrutti dall’esperienza del primo giorno dei giochi e,
riscendendo a valle,
riusciamo a trovare un piccolo ed esile fiumiciattolo, la nostra fonte
di
salvezza dalla disidratazione. Subito beviamo assettati dal caldo della
foresta
e dalla stanchezza e ci laviamo il sangue dai nostri corpi. Non sapendo
arrampicarci sugli alberi e volendo stare vicini decidiamo di fermarci
lì e di
fare i turni, assicurandoci così di essere il più
sicuro possibile da un
attacco.
-Farò io il primo turno, riposati.-
-No, sarai stanca anche tu. Mi hai trascinato per
metà
foresta.-
-Tu mi hai salvato la vita… quindi
almeno questo fallo fare
a me. Prometto che ti sveglio appena mi sarà impossibile
tenere gli occhi
aperti.-
Senza altre proteste, dal momento che
dev’essere davvero
esausto, Matt si addormenta nel suo sacco a pelo. Per fortuna che
abbiamo preso
due zaini, altrimenti staremmo morendo di freddo. In lontananza sento
10 colpi
di cannone. I giochi stanno correndo… non penso che la
tireranno per le lunghe:
siamo rimasti in 14 e solo due tornano a casa. Devo uccidere altre 12
persone,
quindi. Non mi interessa se io muoio. Basta che Matt sopravviva. Comunque la gente mi odia:
sarebbe quasi una
beffa avere la nipote di Snow, l’unica ad essere
sopravvissuta nella sua
famiglia, come vincitrice degli Hunger Games. Gli strateghi non lo
permetterebbero mai… O forse sì? Magari potrei
uscire davvero viva da questa
follia. Sbuffo: sto impazzendo e sto ondeggiando dal “devo
vivere” al “ma sì,
meglio salvare Matt visto che tanto mi uccideranno comunque”. Mi mordicchio le unghie,
tormentata da
pensieri senza senso. Sento Matthew agitarsi nel sonno e subito sono su
di lui
ad accarezzargli i capelli per impedirgli di svegliarsi. I ricordi
prendono
sopravvento su di me e non posso fare a meno di pensare al nostro
incontro,
avvenuto ormai 7 anni fa.
**
Sono nella camera da letto a me assegnatami nel
palazzo
presidenziale. La casa di mio nonno: anche se definirla casa
è sempre stato un
po’ strano. A me, ragazzina di 9 anni, sembrava una grande
prigione dorata in
cui passavo ore e ore da sola, ad annoiarmi. Niente fratelli o sorelle
per me.
Mia madre faceva già un pessimo lavoro solo con me,
figuriamoci con più figli.
La porta si apre e, con mia grande sorpresa, vedo proprio quella donna
bellissima ma gelida che si avvicina a me con un vestito celeste che
dovrebbe
arrivare a coprire appena le mie ginocchia. Non vedo mia madre da
più o meno
una settimana. Dev’essere che oggi succederà
qualcosa di importante. Mi si
avvicina e cerca di sorridermi, accarezzando i miei capelli castano
scuro. Le
sue mani sono gelide.
-Tesoro… arriveranno degli ospiti.
Amici del nonno- Caro
nonnino. – Vengono qui per te. Hanno un figlio che ha
più o meno la tua stessa
età. Forse un anno di più. Fatti vestire, adesso.-
Indietreggio- Posso vestirmi anche da sola. Me la
cavo
piuttosto bene anche senza di te.- mormoro, velenosa. Non la voglio,
non voglio
neanche conoscere questo pupillo di Capitol City, di sicuro un altro
beota che
tentano di rifilarmi come amico. Certo è …che mi
annoio così tanto da sola. Mia
madre non mi ascolta e mi veste facendo passare un nastro attorno alla
mia
vita.
-Ah, se solo fossi esile come me alla tua
età. Ma assomigli
in tutto e per tutto a tuo padre.-
Cerco di trattenermi e di non piangere davanti a
lei.
Non farle vedere le tue emozioni, Jane. Non farle
capire
quanto ti faccia male.
Cerco di fare un po’ di conversazione
anche se mi sembra
sciocco.
-Ci sarai anche tu?-
-Oh no, sarete da soli ma il nonno ti
accompagnerà al
salone, giusto per scambiare qualche chiacchera con i suoi genitori,
poi
dovranno discutere di affari tra grandi e sarete liberi di fare quello
che
volete, come sempre.-
Sì, come sempre. Libera sino a quando
non si deve mettere un
piede fuori da questa dannatissima casa/prigione. La sento posare la
sua mano
sulla mia testa e darci su una pacca: sono un cane, adesso? La sento
chiudere
la porta dietro di se e sospiro per il sollievo. E’ sempre
imbarazzante stare
nella stessa stanza. Ho sentito che Finnick Odair viene in
città stasera…
almeno so con chi tradisce mio padre.
Non mi sposerò mai.
Sento bussare alla mia porta e, appena la apro,
vedo mio
nonno in persona che mi abbraccia. L’odore di sangue
è forte. Non so come
comportarmi con lui… E’
così…incute timore, mettiamola così.
So che odora
sempre di sangue perché è malato ma non capisco
il perché. Nessuno me lo vuole
dire.
-Andiamo su, tesoro.-
Con una sua mano sulla spalla mi dirige verso il
salone e
così vedo lo strano trio che si erge davanti a me. Non degno
quasi di uno
sguardo gli adulti. La mia attenzione è per quel ragazzino
dagli occhi color
nocciola che mi sorride timidamente. I riccioli neri sembrano essere
totalmente
allo sbaraglio, nonostante il gel che è stato applicato con
generosità. Mio
nonno mi da un colpetto e mi manda avanti e lui protende la mano e
prende la
mia, stringendola.
-Piacere, Matthew. Ma tu mi puoi anche chiamare
Matt.-
**
Da quel momento in poi, io e Matt fummo
inseparabili.
Ci volle un po’ di tempo
perché io mi innamorassi di lui.
Per essere più precisi, mi ci volle la
rivoluzione. E poi la
morte della mia famiglia.
Non sopravvissi per grazia dei ribelli:
sopravvissi perché
Matthew mi nascose nella cantina di una vecchia casa abbandonata alle
porte di
Capitol City. Non potevo dirmi dispiaciuta per la morte di mia madre.
Ma ero
piuttosto confusa e spaurita per la morte di mio padre e di mio nonno.
Non si
poteva dire che lo ammirassi…ma…era mio nonno. Il
giorno della sua morte, due
ragazzini di appena 12 anni si dettero il primo
“bacio”. Quella che seguì fu
un’amicizia che poi si trasformò in
amore… solo all’età di 14 anni, quando
ormai le acque si erano apparentemente calmate, riuscii ad uscire di
nuovo allo
scoperto e grazie all’aiuto di Matt e della sua famiglia,
risparmiata perché
non così importanti per gli affari della vecchia dittatura,
mi potei comprare
un piccolo appartamento accanto a loro.
Ma non ho mai dimenticato ciò che
Katniss Everdeen ha fatto
alla mia famiglia.
Più che altro ciò che ha
fatto alla mia persona: vengo
odiata perché, per tutta Panem, io rappresento il simbolo di
ciò che mio nonno
ha fatto. Vorrei tanto togliermi di dosso questa immagine. Io non
c’entro
niente. Io non ho fatto niente. Ammiravo Katniss Everdeen per quel suo
amore
così straordinario e per essere riuscita a portare anche il
suo amato in salvo.
Lei era un’eroina per me.
O forse lo era ancora, non lo so.
Ma adesso mi dovevo concentrare solo su di me, su
di noi. Devo
portarlo a casa. Perché anche se non lo voglio ammettere,
non riuscirei mai a
sopravvivere senza lui al mio fianco. Non dopo tutto quello che abbiamo
passato.
E lo
salverò, fosse l’ultima cosa che faccio.