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Autore: valeriaspanu    26/01/2014    4 recensioni
"Si, questa è la mia vita… Non è perfetta e in parte è sempre incompleta ma, contando tutto ciò che ci è accaduto, devo ringraziare il cielo per avere Peeta e le sue braccia che mi stringono per farmi sentire il suo amore. Può essere questa la felicità dopo tutto ciò che abbiamo passato?"
La FIC si svolge 5 anni dopo la rivolta. Peeta e Katniss stanno insieme e cercano di lottare contro i propri incubi, ma una nuova minaccia creata da Capitol City incombe su di loro: riusciranno a superare le nuove prove?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Pov Jane

 

Avanzo con il fiatone, cercando di tirarmi dietro Matt.

Voglio sfuggire a quei pazzi assassini. Dobbiamo uscirne vivi.

Sono stata una stupida a buttarmi così nella Cornucopia ma, diamine, quell'arco era per me e doveva essere mio. E ora lo era ma solo grazie a Matt. Ed era grazie a lui che ero ancora viva e non già a casa, a Capitol, in una semplice cassa di legno ad essere pianta da nessuno.

Erano tutti morti.

-Lasciami qui, Jane.-

Mi giro, esasperata quasi. Matt è caduto in una sorta di shock così profondo che non riesco a risvegliarlo o a convincerlo a tornare da me. Ovviamente sono ancora più vulnerabile di prima. Ma meglio essere vulnerabile che morta, no?

-Ehi Matt. Guardami, guardami per favore.- dal momento che i suoi occhi color cioccolata sfuggono ancora ai miei, gli prendo il viso tra le mani e faccio incontrare i nostri sguardi - Stai con me. Dobbiamo essere noi a tornare. Hai capito? Matthew?-

-No... no, ho ucciso quel ragazzo...- mormora lui, perdendosi nei miei occhi celesti.

-Sì, certo. Perché lui stava per uccidere me... E fidati, non sarebbe stato così disperato. Perché voleva vivere. Per favore, andiamo. Dobbiamo trovare dell’acqua e un rifugio.-

Ma Matt si siede a terra a fissare il vuoto. Io sono tesa come un arco, ho paura che tra poco Rachel o Caleb arriveranno e ci uccideranno. Almeno sei di noi sono morti oggi, qualcosa mi dice che quest’ultima dannatissima edizione degli Hunger Games non la tirerà molto per le lunghe. Io e Matt siamo la seconda coppia dei favoriti… E Matthew è totalmente andato, perfetto. Mi chino su di lui. Sono arrabbiata adesso: arrabbiata perché mi sta lasciando sola a lottare contro tutto e tutti. La mia mano si alza e lo colpisco in piena faccia con uno schiaffo. Vedo che mi fissa inebetito. Beh, perlomeno ha reagito.

-Che cosa fai…?-

-Senti non è colpa tua, ok? Se quel ragazzo è morto, se tu hai ucciso è solo colpa mia perché sono io che ho disubbidito al piano. Non ho fatto quello che hai fatto tu: fuggire. Lo sai che io non fuggo mai, di fronte a nulla. Tu non sei un mostro, Matt. Quello lo posso fare benissimo io tra i due. E’ stata colpa mia, tu mi hai solo salvato la vita.-

-Ma…-

-Niente ma. Vuoi tornare a casa? Con me? O mi vuoi lasciare dannatamente da sola a finire questa follia?- vorrei che la mia voce stesse ferma, invece trema – Stai con me. Sennò sarei costretta a lasciarti qui e non me lo potrei mai perdonare. Ma non riesco davvero a trascinarti per tutta questa dannata foresta da sola.-

-Non sono un mostro?-

-No. E mai lo diventerai. Questi sono gli Hunger Games, devi uccidere se non vuoi essere ucciso.-

Mi prende una mano e si alza, cercando di trovare il coraggio per salvarsi. O per salvare me: conosco Matthew da così tanto tempo che so benissimo quanto tenga a me… quanto mi ami. Ho voglia di accarezzargli i suoi corti capelli neri ma non mi va al pensiero di tutta Capitol City che ci guarda. Sono cose da fare in privato… anche se sono sicura che Everdeen mi stia maledicendo in questo momento: dovrei attirare più sponsor, non fare la sostenuta. Inghiotto a vuoto e accarezzo velocemente i capelli di Matt. Molto diversamente dal solito. E lui sembra trovarlo alquanto divertente perché sorride e se ne esce con un:

-E questo cos’era? Un altro schiaffo?-

-una carezza…- mormoro, arrossendo di botto.

-Puoi fare di meglio, lo so.- dice lui, avvicinando le labbra al mio orecchio e non facendo altro che provocarmi ancora. Lo odio quando fa così.

Senza dire niente lo incito ad aprire il suo zaino per controllare il contenuto delle nostre provviste: alla fine siamo riusciti ad avere entrambi dei sacchi a pelo, un coltello, il mio arco con le mie 10 frecce e una dose generosa di gallette e carne essiccata. Dovrebbe durare per un po’, almeno spero che le capacità di caccia di Matthew possano migliorare nel tempo passato ad allenarsi con i nostri mentori.

Proseguiamo in silenzio la nostra marcia, totalmente distrutti dall’esperienza del primo giorno dei giochi e, riscendendo a valle, riusciamo a trovare un piccolo ed esile fiumiciattolo, la nostra fonte di salvezza dalla disidratazione. Subito beviamo assettati dal caldo della foresta e dalla stanchezza e ci laviamo il sangue dai nostri corpi. Non sapendo arrampicarci sugli alberi e volendo stare vicini decidiamo di fermarci lì e di fare i turni, assicurandoci così di essere il più sicuro possibile da un attacco.

-Farò io il primo turno, riposati.-

-No, sarai stanca anche tu. Mi hai trascinato per metà foresta.-

-Tu mi hai salvato la vita… quindi almeno questo fallo fare a me. Prometto che ti sveglio appena mi sarà impossibile tenere gli occhi aperti.-

Senza altre proteste, dal momento che dev’essere davvero esausto, Matt si addormenta nel suo sacco a pelo. Per fortuna che abbiamo preso due zaini, altrimenti staremmo morendo di freddo. In lontananza sento 10 colpi di cannone. I giochi stanno correndo… non penso che la tireranno per le lunghe: siamo rimasti in 14 e solo due tornano a casa. Devo uccidere altre 12 persone, quindi. Non mi interessa se io muoio. Basta che Matt sopravviva.  Comunque la gente mi odia: sarebbe quasi una beffa avere la nipote di Snow, l’unica ad essere sopravvissuta nella sua famiglia, come vincitrice degli Hunger Games. Gli strateghi non lo permetterebbero mai… O forse sì? Magari potrei uscire davvero viva da questa follia. Sbuffo: sto impazzendo e sto ondeggiando dal “devo vivere” al “ma sì, meglio salvare Matt visto che tanto mi uccideranno comunque”.  Mi mordicchio le unghie, tormentata da pensieri senza senso. Sento Matthew agitarsi nel sonno e subito sono su di lui ad accarezzargli i capelli per impedirgli di svegliarsi. I ricordi prendono sopravvento su di me e non posso fare a meno di pensare al nostro incontro, avvenuto ormai 7 anni fa.

**

Sono nella camera da letto a me assegnatami nel palazzo presidenziale. La casa di mio nonno: anche se definirla casa è sempre stato un po’ strano. A me, ragazzina di 9 anni, sembrava una grande prigione dorata in cui passavo ore e ore da sola, ad annoiarmi. Niente fratelli o sorelle per me. Mia madre faceva già un pessimo lavoro solo con me, figuriamoci con più figli. La porta si apre e, con mia grande sorpresa, vedo proprio quella donna bellissima ma gelida che si avvicina a me con un vestito celeste che dovrebbe arrivare a coprire appena le mie ginocchia. Non vedo mia madre da più o meno una settimana. Dev’essere che oggi succederà qualcosa di importante. Mi si avvicina e cerca di sorridermi, accarezzando i miei capelli castano scuro. Le sue mani sono gelide.

-Tesoro… arriveranno degli ospiti. Amici del nonno- Caro nonnino. – Vengono qui per te. Hanno un figlio che ha più o meno la tua stessa età. Forse un anno di più. Fatti vestire, adesso.-

Indietreggio- Posso vestirmi anche da sola. Me la cavo piuttosto bene anche senza di te.- mormoro, velenosa. Non la voglio, non voglio neanche conoscere questo pupillo di Capitol City, di sicuro un altro beota che tentano di rifilarmi come amico. Certo è …che mi annoio così tanto da sola. Mia madre non mi ascolta e mi veste facendo passare un nastro attorno alla mia vita.

-Ah, se solo fossi esile come me alla tua età. Ma assomigli in tutto e per tutto a tuo padre.-

Cerco di trattenermi e di non piangere davanti a lei.

Non farle vedere le tue emozioni, Jane. Non farle capire quanto ti faccia male.

Cerco di fare un po’ di conversazione anche se mi sembra sciocco.

-Ci sarai anche tu?-

-Oh no, sarete da soli ma il nonno ti accompagnerà al salone, giusto per scambiare qualche chiacchera con i suoi genitori, poi dovranno discutere di affari tra grandi e sarete liberi di fare quello che volete, come sempre.-

Sì, come sempre. Libera sino a quando non si deve mettere un piede fuori da questa dannatissima casa/prigione. La sento posare la sua mano sulla mia testa e darci su una pacca: sono un cane, adesso? La sento chiudere la porta dietro di se e sospiro per il sollievo. E’ sempre imbarazzante stare nella stessa stanza. Ho sentito che Finnick Odair viene in città stasera… almeno so con chi tradisce mio padre.

Non mi sposerò mai.

Sento bussare alla mia porta e, appena la apro, vedo mio nonno in persona che mi abbraccia. L’odore di sangue è forte. Non so come comportarmi con lui… E’ così…incute timore, mettiamola così. So che odora sempre di sangue perché è malato ma non capisco il perché. Nessuno me lo vuole dire.

-Andiamo su, tesoro.-

Con una sua mano sulla spalla mi dirige verso il salone e così vedo lo strano trio che si erge davanti a me. Non degno quasi di uno sguardo gli adulti. La mia attenzione è per quel ragazzino dagli occhi color nocciola che mi sorride timidamente. I riccioli neri sembrano essere totalmente allo sbaraglio, nonostante il gel che è stato applicato con generosità. Mio nonno mi da un colpetto e mi manda avanti e lui protende la mano e prende la mia, stringendola.

-Piacere, Matthew. Ma tu mi puoi anche chiamare Matt.-

**

Da quel momento in poi, io e Matt fummo inseparabili.

Ci volle un po’ di tempo perché io mi innamorassi di lui.

Per essere più precisi, mi ci volle la rivoluzione. E poi la morte della mia famiglia.

Non sopravvissi per grazia dei ribelli: sopravvissi perché Matthew mi nascose nella cantina di una vecchia casa abbandonata alle porte di Capitol City. Non potevo dirmi dispiaciuta per la morte di mia madre. Ma ero piuttosto confusa e spaurita per la morte di mio padre e di mio nonno. Non si poteva dire che lo ammirassi…ma…era mio nonno. Il giorno della sua morte, due ragazzini di appena 12 anni si dettero il primo “bacio”. Quella che seguì fu un’amicizia che poi si trasformò in amore… solo all’età di 14 anni, quando ormai le acque si erano apparentemente calmate, riuscii ad uscire di nuovo allo scoperto e grazie all’aiuto di Matt e della sua famiglia, risparmiata perché non così importanti per gli affari della vecchia dittatura, mi potei comprare un piccolo appartamento accanto a loro.

Ma non ho mai dimenticato ciò che Katniss Everdeen ha fatto alla mia famiglia.

Più che altro ciò che ha fatto alla mia persona: vengo odiata perché, per tutta Panem, io rappresento il simbolo di ciò che mio nonno ha fatto. Vorrei tanto togliermi di dosso questa immagine. Io non c’entro niente. Io non ho fatto niente. Ammiravo Katniss Everdeen per quel suo amore così straordinario e per essere riuscita a portare anche il suo amato in salvo.

Lei era un’eroina per me.

O forse lo era ancora, non lo so.

Ma adesso mi dovevo concentrare solo su di me, su di noi. Devo portarlo a casa. Perché anche se non lo voglio ammettere, non riuscirei mai a sopravvivere senza lui al mio fianco. Non dopo tutto quello che abbiamo passato.

E lo salverò, fosse l’ultima cosa che faccio.

  
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