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Autore: Noisy    27/01/2014    6 recensioni
"Makarow, seduto su una parte di bancone ancora intatta, era immerso nei suoi pensieri. [...] Rifletté ancora un attimo su quella ragazza di cui non conosceva il nome: era una maga che usava la luce come potere magico, un po’ contraddittorio rispetto al tipo di gilda di cui faceva parte.
Usava la magia della luce, riusciva a leggere quel libro...
Forse nascondeva un gran segreto. Un segreto di cui nemmeno lei era a conoscenza."

-
Fairy Tail nasconde un importante segreto che interessa particolarmente una Gilda Oscura.
Una maga dovrà compiere la sua missione.
Pena: la sua vita.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RICORDI DI UN PASSATO TROPPO VICINO

 

 

 

 

 

-Mamma! Mamma! Guarda cosa ho trovato!- aprii la porta di casa spalancandola e corsi dentro, dimenticando di chiuderla alle mie spalle. Mia madre si trovava in cucina e stava preparando la cena, mescolando il contenuto di una grossa pentola che si trovava sul fuoco.

-Che c’è Michiko?- mi chiese, abbassandosi alla mia altezza; ero bassa, avevo solo dodici anni, speravo di diventare più alta in futuro.

-Guarda questa conchiglia! L’ho trovata in giardino!- esclamai porgendo il piccolo fossile a mia madre. Avevo passato gran parte del pomeriggio a giocare nel giardinetto che avevamo davanti a casa: la cosa che mi divertiva di più era prendere gli insetti. Loro erano veloci, tanto veloci, ma io ero veloce come la luce e riuscivo ad acchiappare qualsiasi cosa: mosche, zanzare, lucertole, farfalle. Nessuno mi poteva sfuggire.

-Che bella! Magari ce ne sono altre!- esclamò lei, sorridendomi. Mia madre aveva un bel sorriso. Si chiamava Dayla, aveva lunghi capelli sul blu chiaro che le arrivavano a metà schiena e gli occhi verde scuro. Era veramente bella, tutti la consideravano stupenda e io speravo con tutta me stessa di diventare come lei. Mia madre però, a differenza mia, non era una maga.

-Ho letto su un libro che quando si trovano conchiglie in posti del genere vuol dire che un tempo c’era il mare!- esclamai correndo verso la piccola libreria che avevamo in casa e afferrando velocemente il libro in questione.

Lo mostrai sorridente a mia madre, lei era felice del fatto che leggessi tanto e che mi facessi una gran cultura. Lei era felice per qualsiasi cosa che facevo.

-Allora vuol dire che noi abbiamo una casa sul mare!- esclamò,  prendendo il libro che avevo in mano e posandolo sul tavolo.

-Non è esattamente così…- sbuffai, mettendo un piccolo broncio.

-Però è bello pensarlo, no?- mi domandò sorridendo e io non potei far altro che sorridere, mi aveva convinto di nuovo.

Presi il libro che aveva posato e andai a rimetterlo a posto: tenevo i libri in perfetto ordine suddivisi in genere e alfabeticamente. Volevo che quell’angolo fosse perfetto.

Subito dopo sentii la porta di casa chiudersi, prima l’avevo dimenticata aperta. Mi girai di scatto e vidi la figura di mio padre che stava entrando.

-Papà!- urlai, saltandogli velocemente addosso. Lui mi prese al volo in braccio e mi spettinò i capelli, dandomi un bacio sulla guancia.

-Come stai piccola?- mi domandò, guardandomi sorridente. Adoravo mio padre tanto quanto adoravo mia madre, per me erano i genitori perfetti e per niente al mondo li avrei abbandonati.

-Sto bene!- risposi continuando a sorridere. Poi notai che aveva in mano un pacchettino.

-Cosa hai comprato?- domandai curiosa, cercando di strapparglielo dalle mani.

-Qualcosa… forse per te… ma dimmi, hai fatto la brava oggi?- mi domandò, facendo finta di niente e alzando il pacchettino fuori dalla mia portata.

-Certo che ho fatto la brava! Mamma diglielo anche tu!- urlai mettendo il broncio, e poi scivolai in piedi, cercando di prendere quel pacchetto che sapevo era per me.

-Ha continuato ad acchiappare insetti in giardino, almeno non mangiano i fiori!- rise mia madre, mentre apparecchiava il tavolo, segno che la cena era quasi pronta.

-Bene, allora tieni, questi sono per te!- sorrise mio padre, porgendomi il pacchettino bianco.

Lo presi avidamente dalla sua mano e andai a sedermi a gambe incrociate sul divano. Lo aprii lentamente, pregustandomi la sorpresa e ci ritrovai tre braccialetti: uno magenta, uno giallo e uno ciano, i tre colori base.  Adoravo i braccialetti e i miei genitori lo sapevano bene, ne portavo tantissimi e loro me li regalavano in continuazione; più me ne regalavano più l’amore verso i miei genitori e i braccialetti aumentava, ero così felice.

-Mimì, come si dice?- mi rimproverò mia madre, mentre infilavo subito i braccialetti al polso destro.

-Grazie papà!- esclamai felice, guardandolo.

Lui mi sorrise ed io ero contenta. Mio padre aveva sposato mia madre all’età di soli vent’anni ed io ero nata poco dopo. Si chiamava Jared Vermillion, aveva i capelli biondo chiaro e gli occhi grigi, come i miei; era discendente di una potente maga che un tempo aveva dato origine ad una delle gilde più forti di Fiore, ma i miei genitori non mi avevano mai detto il suo nome. Aspettavano che io diventassi più grande. Il primo braccialetto che mi venne regalato fu proprio da mio padre, all’età di cinque anni: ricevetti in dono un grosso bracciale bianco, che mio padre mi disse discendere dalla sua famiglia. Ne restai affascinata, era il primo che ricevevo e sapendo che era una cosa che veniva tramandata di generazione in generazione non lo toglievo quasi mai. Per me era veramente importante.

Mio padre era un mago, ma uno di quelli che non aveva una magia vera e propria e nemmeno stava in una gilda. La magia di mio padre era quella di riuscire a scrivere incantesimi per gli altri maghi; chissà come ci riusciva. Era in grado di scrivere qualsiasi incantesimo per qualsiasi tipo di magia. Lavorava in un negozio di pozioni magiche e, molte volte, alcuni maghi particolarmente forti facevano affidamento su di lui per farsi ideare nuovi attacchi; riusciva a guadagnare veramente tanto in quei casi.

Mio padre scriveva pure le mie magie: fin da piccola lui aveva capito che io avevo un grosso potenziale magico e con il tempo aveva capito che il mio elemento era la luce. Cominciò per questo a scrivermi vari incantesimi, il primo dei quali mi servì ad imparare a spostarmi alla velocità della luce, con cui mi allenavo ogni giorno a dare la caccia agli insetti. Quando divenni più grande, invece, cominciò ad insegnarmi un incantesimo di attacco, la sfera di luce, e uno di difesa, lo scudo di luce. Teneva un libro dove scriveva tutti i miei incantesimi: ne aveva inventati altri per me, però mi disse che erano molto potenti e che li avrei imparati solo con il passare del tempo e ad una certa età. Era troppo pericoloso, secondo lui, che io li imparassi prima; potevo perdere il controllo. Lo ascoltai, sapendo che prima o poi avrei potuto leggerli tutti, e la cosa che mi affascinava di più era che mio padre avesse già scritto incantesimi per quando avrei compiuto diciotto anni quando io ne avevo solo dodici. La curiosità mi assaliva spesso e per questo mise pure un sigillo magico a quel libro, che si sarebbe sciolto solo quando avrei compiuto l’età desiderata.

-La cena è pronta!- mia madre mi ridestò dai miei pensieri, stavo ammirando il braccialetto bianco che indossavo da parecchi anni. Quella sera, prima di andare a letto, decisi di lucidarlo un pochino, doveva sempre essere perfettamente bianco e lo dovevo tenere con la massima cura. Era questo il patto che avevo fatto.

-Arriviamo!- rispose mio padre alzandosi dal divano e riponendo il libro che stava leggendo. Io mi alzai velocemente e con uno scatto ero già seduta. I miei genitori non volevano che io usassi gli scatti pure in casa; mia madre si spaventava certe volte, quando io comparivo all’improvviso, ma era divertente e spesso mi veniva quasi spontaneo!

 

All’età di quattordici anni imparai pure a volare, facendo crescere dietro la mia schiena delle sofisticate ali composte di luce. Mi piacevano parecchio, ero elegante e sembravo quasi una fata. La cosa che facevo più spesso era specchiarmi e farle crescere sulla schiena, mi piaceva vedere e rivedere quel momento all’infinito. Cominciai a notare che stavo diventando un po’ troppo vanitosa. Ma alla fine che importava? Un po’ tutte le ragazze della mia età lo saranno sicuramente state!

Stavo pulendo la casa insieme a mia madre quando sentimmo la porta aprirsi di scatto: mio padre era entrato furioso, tenendo in mano un mazzo di rose rosse.

-Io lo uccido, giuro che lo uccido!- esclamò buttando il mazzo a terra.

Mia madre guardò prima i fiori e poi mio padre.

-Jared, calmati, per favore…- sussurrò, facendo qualche passo verso di lui.

-Come posso stare calmo quando lui continua a mandarti dei fiori?!- esclamò, buttandosi sul divano e tenendosi la testa con le mani.

Mia madre lo guardò abbassando lo sguardo, era triste e stava male, forse stava pure per piangere. Vederli così mi faceva sempre rattristare, non stavano litigando però stavo male comunque; avrei voluto vederli sempre sorridenti.

-L’importante è che non si avvicini qua- disse poco dopo mia madre, sedendosi vicino a lui e tenendogli le mani, per farlo tranquillizzare.

-Se prova a farlo giuro che lo ammazzo!- esclamò mio padre, evitando di dire parolacce in mia presenza.

-Calmati, guarda che Mimì si spaventa- rise mia madre, guardando la mia faccia leggermente sconvolta, anche se sapevo benissimo ciò che stava succedendo da parecchio tempo. Lo avevo capito diventando più grande.

-Mamma, qua a casa ci sono sempre io e posso usare la magia! Ti difenderò da qualsiasi persona!- esclamai saltando in aria e facendo comparire le ali di luce, non c’entravano niente ma mi diedero maggiore maestosità per la frase che avevo detto.

I miei genitori mi sorrisero e mi invitarono ad andarmi a sedere vicino a loro. Mi posizionai in mezzo, tutti e due mi abbracciavano; stavo bene insieme a loro, ricevevo tanto calore, ero felice di essere amata in quel modo. Io li volevo vedere sempre felici ma purtroppo da qualche tempo, diventando più grande, avevo capito cosa disturbava l’armonia della mia casa.

Mia madre era una ragazza molto bella, lavorava in un negozio dove affittavano vestiti eleganti per tutti i tipi di occasioni. Anni prima, in quel negozio, si era presentato uno spregevole uomo pieno di soldi che aveva cominciato a fare la corte a mia madre, sapendo benissimo che era sposata e che aveva una figlia! Quest’uomo era un conte che viveva in una grande villa poco fuori il nostro paese; quasi tutte le settimane dava grandi feste in casa sua dove potevano entrare solo le persone a modo o chi riceveva uno dei suoi rari inviti. Incontrò mia madre passando per puro caso nel negozio, dicendo che voleva comprare dei vestiti per una grande occasione, ma subito aveva messo i suoi occhi avidi su di lei e da quel giorno non la lasciò più in pace. Le mandava sempre dei fiori a casa, la invitava a tutte le sue feste. Lei era stanca di tutte queste attenzioni, aveva paura ad uscire di casa e lo faceva solo in compagnia. Aveva smesso pure di lavorare da quando quell’uomo era diventato così insistente da presentarsi ogni giorno davanti al negozio. Ora continuava a mandarle dei fiori, almeno una volta a settimana, sperando in una risposta che mia madre non avrebbe mai dato.

 

Quando arrivai ai sedici anni sapevo già padroneggiare gli archi di luce: ero diventata abbastanza abile con la mia magia e speravo di entrare a far parte di una gilda di maghi un giorno. E se fossi stata fortunata, forse sarei riuscita addirittura ad entrare in quella che aveva fondato il mio antenato.

Ogni tanto compivo qualche missione di massimo un paio di giorni per conto di qualcuno del nostro villaggio, e il mio nome si era già fatto conoscere anche al di fuori di dove abitavo. Molte volte mi venivano richieste missioni pure abbastanza pericolose, ma io mi rifiutavo, prima di tutto su consiglio dei miei e poi perché non mi sentivo ancora in grado di svolgere determinate cose. Ero potente, sì, ma non fino ad un livello esagerato, almeno non ancora.

 

Era un caldo pomeriggio d’estate, eravamo tutti in casa a fare un gioco da tavolo quando la porta si spalancò di colpo e fecero il suo ingresso due persone dall’aspetto lugubre.

-Chi siete voi?- urlò mio padre, alzandosi di scatto e mettendosi davanti a me e mia madre, che ci eravamo avvicinate impaurite.

-Non perdiamoci in chiacchiere, consegnatemi la ragazza!- urlò quello che sembrava essere il più vecchio, indicandomi. Aveva un cappuccio nero in testa che non lasciava vedere il volto.

-Io…?- sussurrai più a me stessa che a loro, cosa volevano da me? Avevo paura, tremavo sotto l’abbraccio di mia madre che cercava di proteggermi. Perché quelle persone mi cercavano? Cosa avevo fatto? Non avevo svolto missioni che potevano portarmi nemici o una brutta reputazione!

-Cosa volete da lei? Non vi lascerò prendere mia figlia!- esclamò mio padre, posizionandosi meglio davanti a me. Lui era un mago, certo, ma non sapeva fare incantesimi di attacco e di difesa.

-È una maga molto potente, ho sentito. Lasciate che si unisca alla mia gilda- gli rispose l’uomo incappucciato, facendo qualche passo verso di noi.

-Stai indietro!- urlò ancora mio padre, gettandosi sopra di lui per fare a botte, ma l’altra persona più vicina lo fermò subito, spingendolo da un’altra parte e ferendolo ad una mano.

-Papà!- esclamai spaventata correndo verso di lui, ma l’altra persona mi bloccò nella mia corsa. Notai che aveva la mano grondante di un liquido violaceo, ed ero così spaventata che nemmeno mi accorsi di aver cominciato a piangere.

-Questo è veleno, stai ferma, se non vuoi finire sfigurata…- mi sussurrò all’orecchio con una voce decisamente pungente. Mi si gelò il sangue a quelle parole, mentre vidi mia madre che si avvicinava a mio padre per constatare le sue condizioni. Sulla mano aveva una grossa bruciatura, che fosse stato veramente quel veleno che ora mi stava minacciando?

Rimasi ferma, non sapendo più che fare. Continuavo a piangere e basta, avevo paura, troppa, sia di quello che volevano fare a me che per i miei genitori.

-Lasciatela stare, per favore!- urlò mia madre piangendo, mentre aiutava mio padre ad alzarsi.

Che stava succedendo? Perché tutto questo in così poco tempo? Due minuti prima stavamo solo facendo un gioco da tavolo e ora si era scatenato l’inferno! Era colpa mia, tutta colpa mia, non sarei dovuta andare a svolgere missioni, avrei dovuto rimanere per sempre chiusa in casa! Perché tutto questo? Perché?

-Rufus, tienila ferma, è il momento di forgiare un po’ il carattere di questa ragazza- disse l’uomo incappucciato, scoprendo le sue mani e mostrano le sue lunghe dita, preparandosi ad usare una qualche magia.

Quello che aveva detto non mi era piaciuto per niente, non poteva farlo! Cercai di divincolarmi ma sentii la presa di quello che si chiamava Rufus sul mio corpo, sentii la pelle sotto le sue dita bruciare, stava usando il veleno su di me. Poi vidi ciò che una ragazza non avrebbe mai voluto vedere in vita sua.

Dalle dita dell’altro uomo comparvero una miriade di aghi appuntiti che si andarono a conficcare senza nessuna pietà contro i miei genitori. Mio padre si era messo davanti a mia madre, per proteggerla, ma gli aghi lo trapassarono da parte a parte e anche mia madre fu colpita.

-Diventa forte…- mi sussurrò mio padre prima di cadere a terra insieme a mia madre in un lago di sangue. Niente più abbracci, niente più parole, niente di niente.

Li vedevo lì, a terra, mentre sotto di loro il sangue rosso continuava a colare e si espandeva in una larga macchia che quasi stava per arrivare fino ai miei piedi. Gli aghi erano scomparsi e loro non davano segno di vita. Milioni di piccoli aghi li avevano trapassati, forando tutti gli organi vitali.

In quel momento urlai, urlai tanto, piansi, non riuscivo più a capire niente, sentivo la pelle bruciare, avrei voluto che uccidessero anche me, all’istante. Se solo mi avessero lasciato andare mi sarei uccisa pure da sola. Non potevo sopportare quella vista, quell’orrore e tutto quel dolore.

-Procediamo con la Lacryma- sentii dire da uno dei due, e poi ci fu il vuoto.

 

Michiko si svegliò di scatto, sbarrò gli occhi e si tirò su a sedere. Si guardò intorno e poi si passò una mano sulla fronte: era sudata, completamente sudata.

Il cielo si stava scurendo, segno che ormai la notte stava arrivando. Si ritrovò all’ombra di un grosso albero con sopra una coperta per tenerla riparata. Chi l’aveva portata lì? Cosa era successo? C’erano le sue cose e pure quelle di Freed, ma dov’era lui?

Si guardò intorno impaurita. Le erano tornati tutti i ricordi, aveva rivisto nella sua mente tutta la sua vita prima di entrare a far parte di Black Eye. Le venne un senso di malinconia ripensare a quei momenti, erano così belli e così tristi che forse sarebbe stato meglio se non avesse mai ricordato niente. La morte dei suoi genitori era stata straziante, non l’aveva mai vissuta del tutto; l’avevano subito colpita e quando si era svegliata non ricordava già più niente.

Aveva voglia di piangere, di urlare ancora come quella volta, di uccidere il Master e Rufus: erano stati loro a portarglieli via, le avevano portato via la sua vita. Strinse il pugno destro per terra, strappando i fili d’erba e lanciandoli altrove, gli occhi stavano diventando lentamente rossi e lucidi, segno che avrebbe pianto tra poco.

-Michiko! Ti sei svegliata!- esclamò Freed che stava tornando dal fiume con una bacinella piena d’acqua.

-Freed…- sussurrò lei, tirando su con il naso e trattenendo le lacrime. Non voleva farsi vedere piangere, non un’altra volta.

-Come stai?- domandò il mago, andandosi a sedere vicino a lei.

-Più che altro dovrei chiedere a te cosa è successo…- rispose la maga della luce, abbassando lo sguardo, notando che nella sua mano destra era rimasta appiccicata dell’erba.

-Quando ti ho tolto la Lacryma hai cominciato a star male, mi hai detto di aver ricordato tutto e poi sei svenuta, stai dormendo da almeno tre ore- le rispose Freed, attendendo ora una risposta della maga.

-È vero, ho ricordato tutto…- sussurrò lei, tenendo gli occhi bassi.

-Michiko… ti va di raccontarlo?- le domandò, sfiorandole il braccio con una mano.

La ragazza prese un lungo sospiro e alzò lentamente lo sguardo; gli occhi erano lucidi, la mente piena di pensieri, provò a parlare ma la voce uscì incrinata dal dolore. Ma doveva farlo, doveva condividere queste cose con qualcuno, qualcuno che la potesse aiutare, che poteva starle vicino in un momento come questo; e vicino a lei, ora, c’era solo Freed.

Gli raccontò tutto e pianse tanto quando dovette rivivere ancora, forse per la terza volta, la morte dei suoi genitori. Non si era mai sfogata abbastanza, non aveva pianto abbastanza la prima volta e lo fece tutto in quel momento, accucciata contro il mago delle rune che la teneva stretta e che le accarezzava la schiena per consolarla. Pianse più di quanto non aveva mai fatto per quello che le faceva Rufus.

Questo era un dolore ancora più grande.

 

-Cos’è successo, poi, quando ti sei svegliata?- domandò Freed, tenendo sempre stretta la ragazza che sembrava essersi un pochino calmata.

-Ecco… mi sono ritrovata a Black Eye, in un letto, ricordo che ero fasciata alle braccia- rispose, tenendo sempre lo sguardo basso e restando appoggiata al mago, con la testa sul suo petto; se rimaneva ad ascoltare poteva sentire il suo cuore battere contro il suo orecchio.

-Cosa ti hanno detto?- le chiese ancora, guardandola in viso.

-Ricordo che sono venuti davanti a me il Master e Ryoko, hanno detto che ero tornata da una missione e avevo riportato alcune ferite, mi dissero pure che mi avevano colpito alla testa e che avevo perso la memoria, l’unica cosa che potei fare era credere a loro…- spiegò, poi prese un lungo respiro -Avevo pure la mia camera, i vestiti nell’armadio e tanti bracciali, mi hanno convinto bene a stare con loro, probabilmente avevano preso tutte le mie cose per rendersi credibili…-

-Ora che hai ricordato tutto, secondo te, perché ti hanno voluta nella gilda?- domandò Freed.

-A quel tempo, come ti dissi, svolgevo tante missioni e il mio nome si era fatto conoscere, soprattutto perché ero una maga della luce, probabilmente volevano solo il mio potere- rispose, e il mago delle rune annuì; anche lui aveva pensato a quel motivo.

I due restarono in silenzio per qualche secondo poi Michiko si rese conto di una cosa importante e arrossì di colpo.

-Scusami! Non mi ero accorta…- disse, tirandosi a sedere dritta, completamente rossa in volto. Stava così bene accanto a lui che non si era nemmeno accorta di come era posizionata.

-Ah, non ti preoccupare!- rispose lui, leggermente imbarazzato e sorridendo, spostando il suo sguardo e fissando l’erba a terra.

Michiko abbassò lo sguardo, cercando di contenere il rossore sulle guance.

-Beh, comunque ti ringrazio…- sussurrò poi, tenendo gli occhi bassi e torturandosi le mani.

Freed sorrise e si girò lentamente verso di lei, ricordandosi una cosa importante.

-Senti, nel tuo racconto hai parlato del libro che scriveva tuo padre con le tue magie; quello non l’hai più visto?- le domandò e Michiko tirò su la testa di scatto, con una nuova luce negli occhi.

-No, ora che ci penso no, non l’hanno messo tra le mie cose. Deve ancora essere da qualche parte, alla mia vecchia casa!- esclamò, dimenticandosi qualsiasi cosa in quegli istanti.

-Forse ci possono essere dei nuovi incantesimi per te…- le disse il mago, felice di quell’euforia da parte della ragazza.

-Mio padre aveva scritto gli ultimi incantesimi, il sigillo si sarebbe aperto al mio diciottesimo compleanno, a Black Eye mi hanno portato quando ne avevo sedici!- esclamò Michiko, felice di poter forse leggere quegli incantesimi.

-Ehm… quindi potresti leggerli ora o no?- le domandò Freed, non conoscendo la reale età della ragazza di fronte a lui.

Michiko, a quella domanda, si girò a guardarlo con gli occhi pieni di rabbia.

-Ho diciannove anni! Non sono una bambina!- ringhiò corrucciando la fronte.

-Scusa…- sussurrò lui, che gliene avrebbe dati almeno un paio in meno.

-Beh, dobbiamo andare a riprendere quel libro, assolutamente!- esclamò la ragazza, mettendosi in piedi.

-Michiko, stai calma, ora è sera e poi è in corso la sfida- le ricordò Freed, alzandosi anche lui.

-Ah già… la sfida…- si ricordò lei, diventando pensierosa. Voleva concludere e vincere, però desiderava anche ritrovare quel libro al più presto.

-Senti, a me non importa più di tanto mettermi in mostra in questa sfida, se vuoi ci ritiriamo- le disse Freed, mettendole una mano sulla spalla.

-Hai sentito il Master, no? Non possiamo ritirarci…- sbuffò Michiko, che voleva a tutti i costi avere quel libro tra le mani.

-Glielo spiegheremo, per una cosa del genere capirà sicuramente, non ti preoccupare- disse ancora il mago, cercando di tirarle su il morale.

-Io non so, vorrei fare tutte e due le cose- sospirò lei, guardandosi intorno indecisa.

-Ascolta, ormai è sera, andiamo a dormire e sicuramente la notte ti porterà consiglio, ok?- le sorrise Freed, mentre si risiedevano a terra.

-Ok… scusa ancora una cosa, tu che farai nel caso in cui mi ritirassi per andare a prendere il libro? Verresti con me?- domandò Michiko, sperando in una risposta affermativa da parte del mago. Non se la sentiva di tornare in quei vecchi posti, pieni di ricordi, da sola. Aveva bisogno di qualcuno su cui fare affidamento se fosse crollata di nuovo.

-Certamente, non ti lascio andare da sola! Sei una combinaguai!- esclamò ridendo il mago, facendola irritare ancora.

-Ma non è vero!- esclamò lei in risposta, sbuffando e avvolgendosi la coperta intorno alle spalle.

-Senti, comincio a preparare qualcosa per cena, tu riposati ancora, ok?- disse Freed mentre si alzava e andava verso i loro zaini.

-Va bene- rispose la ragazza, sorridendo.

 

Michiko passò una notte molto movimentata, piena di incubi e di brutte visioni: continuava a vedere i suoi genitori morire e si svegliò parecchie volte, sudata e con gli occhi pieni di lacrime. Freed l’aiutò parecchio, cercando di tranquillizzarla, e finirono poi per addormentarsi ormai all’alba, quando il sole stava già sorgendo.

Si svegliarono in tarda mattinata, e Michiko aveva preso una decisione.

-Ascolta, chiamiamo il Master, gli spieghiamo tutto e ci ritiriamo- decise, mentre riponeva le sue cose nello zaino.

-Ne sei sicura?- domandò Freed, scrutandola attentamente.

-Si, e poi posso sempre far valere la mia supremazia alla gilda, non mi serve una gara!- esclamò lei.

Freed rise, vedendola veramente convinta. Prese il Lacryma e contattò il Master.

-Freed, Michiko, so già cosa volete dirmi- intervenne il Master, senza nemmeno salutare.

-Come fa a saperlo?- domandò Michiko a Freed, ma Makarow la sentì e rispose al posto del mago.

-Dimenticate i miei Lacryma Vision che seguono le coppie, posso vedere quello che fate o dite in qualsiasi momento!- esclamò, mentre sorrideva di gusto, rendendosi fortunato del fatto che non lo potevano vedere.

-Cioè, ha visto proprio tutto?- si stupì Michiko con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata, leggermente rossa sulle guance. Questo voleva dire che aveva visto pure quella cosa? Quando lei aveva donato il bacio sulla guancia a Freed?

-Qualsiasi cosa dite o fate posso vedere, non mi è sfuggito nulla- rispose lui, ridendo.

Michiko si girò verso Freed che la guardava completamente imbarazzato, non ci poteva credere nemmeno lui. Il Master aveva visto tutto e sicuramente era stato uno spettacolo per i suoi occhi, conoscendolo.

-Beh, tornando a noi, so già cosa volete chiedermi- intervenne Makarow, facendosi improvvisamente serio.

-Ecco, non ci aspettavamo una cosa del genere… possiamo andarlo a recuperare ritirandoci dalla gara?- domandò la ragazza, con un filo di paura nella sua voce. Non voleva sentirsi dare una risposta negativa.

-Potete, ma ad una condizione!- rispose maledettamente serio nella voce. Michiko e Freed si guardarono dubbiosi, la maga della luce era impaurita. che condizione poteva mai esserci?

-Quale?- prese parola Freed, vedendo che Michiko non se la sentiva di chiedere.

-Michiko, dovrai riprenderti quel libro e tutte le cose che ti sono state portate via. Il tuo passato è una cosa importante, riprenditelo tutto!- esclamò, con una nota di felicità nella voce.

Michiko sorrise, in fondo non era niente di grave, si era spaventata inutilmente e quello che le aveva detto il Master era già una cosa che si era prefissata di fare.

-Lo farò! Niente mi può fermare ora che ricordo tutto!- esclamò lei, sorridendo.

Il Master si complimentò con lei per la sua grande vivacità e poi chiuse il dialogo. Michiko e Freed sarebbero partiti all’istante, verso quel posto che un tempo era la casa della maga della luce. Un posto pieno di ricordi, dove ritrovarne tanti altri.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'Autrice:

Buon pomeriggio a tutti! Ecco spiegato in questo capitolo tutto il passato della ragazza e del perchè aveva la Lacryma. Spero che la storia del libro vi piaccia e che non sia troppo banale. Ora vi saluto e ci si rivede la prossima settimana con il nuovo aggiornamento!

Grazie come sempre a tutti quelli che leggono e recensiscono e soprattutto alla mia beta che ogni settimana corregge i miei capitoli!

Un grosso saluto! ^^

 

_Michiko_

 

 

  
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