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Autore: bemyronald    28/01/2014    2 recensioni
Ma cosa diamine mi prende? Perché continuo a guardarla così direttamente negli occhi?
E perché lei risponde guardandomi in quel modo così... così unico?
E poi le nostre mani si sono semplicemente sfiorate, ma perché mi fa questo effetto?
~
I loro occhi si incontrarono e lei si perse completamente nell'immensità di quell'azzurro naturale. Erano così limpidi, così puri, così sinceri e soprattutto erano lo specchio dell'anima. C'era bontà, stupore, spensieratezza, dolcezza, insicurezza. In quegli occhi spesso ci aveva trovato il mondo, quegli occhi erano un po' la sua casa perché per qualche oscura ragione (anzi, la ragione non c'entrava un fico secco!) quasi le toglievano il fiato ed erano capaci di cancellare, anche solo per un breve istante, tutto ciò che di brutto c'era. Ed in quel momento capì. Capì molto più di quel che Ron lasciasse trapelare, guardandolo era come se gli leggesse dentro, erano così veri che non riuscivano a mentire neanche volendo. Riflettevano la sua anima, il suo essere ed era quasi certa di non essersi sbagliata. C'era qualcosa che lui ostentava a nasconderle. L'aveva capito. Lei capiva sempre.
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Non dissero nulla per una buona manciata di secondi, ma Ron notò che Hermione si stava trattenendo dal parlare per chissà quale motivo, poi distolse lo sguardo.

E ora che le dico? Che mi dispiace? Be', troppo semplice! Che è colpa mia? Ovvio che lo è! Se solo avessi resistito all'impulso di farlo a pezzi e se avessi ascoltato lei che mi teneva il braccio... oh be', sono stato uno stupido, non riesco proprio ad evitarlo. Si, questo potrei dirglielo e...

«Si può sapere che ti prende?» Hermione ruppè il filo dei suoi pensieri facendolo sobbalzare.
«È da ieri che sei di pessimo umore, eviti me e Harry, e quasi non parli! Ron, si trattava del professor Piton e, soprattutto, di Malfoy! Era ovvio che provasse a stuzzicarvi dopo quello che era successo a lezione!»
«Hermione...»
«...Credo che tu debba iniziare seriamente a controllarti, non dovresti rispondere alle istigazioni in quel modo. Hai fatto a botte, Ron!»
«Hermione, ma...»
«...È già un miracolo che non vi abbiano espulsi! Insomma, un po' di autocontrollo non ti farebbe male. Ti sei rotto solo il naso e anche questo è da considerarsi un miracolo! E l'hai vista la stazza Goyle? Non capisco come ti sia saltato in mente di...»
«Hermione, mi dispiace!»
La ragazza aveva azionato la sua inconfondibile parlantina, un po' come se fosse a lezione, non si era fermata un attimo, non aveva guardato Ron e solo il suo tono di voce, un po' più alto per richiamare la sua attenzione, era riuscito a frenarla.
«Mi dispiace, io... io non lo so cosa mi è preso. È che non posso sopportarlo...»
«Cosa?» Ron la guardò, indeciso se andare avanti o meno, ma tanto valeva dar voce ai pensieri.
«Io non sopporto quando ti chiama in quel modo, è come se ti schiaffasse in faccia tutto il suo disprezzo, è come se... se volesse umiliarti. Io... io, non riesco a trattenermi».
Non seppe nemmeno lui come gli uscirono quelle parole, sentiva le orecchie in fiamme e abbassò lo sguardo, fissandosi i piedi. Non vide la reazione di Hermione che se non fosse per il colorito rosso fuoco causato dalla fattura, sarebbe stato più che evidente il suo imbarazzo.
«Ron, hai... hai detto una bella cosa... grazie» fu tutto quello che riuscì a dire. Si sorprese per quelle parole. Ovviamente lei immaginava le motivazioni che spingessero Ron a reagire in tale modo, ma forse non avrebbe mai scommesso su una confessione così esplicita del ragazzo.
«Sono stato comunque uno stupido, io...»
«Oh, Ron, non dire così... io ho capito, volevo solo che tu comprendessi quan...»
«Hermione, ma guarda cosa ti ha fatto! Ed è solo colpa mia!» per la seconda volta, nel giro di pochi minuti, Ron si stupì delle sue stesse parole. Hermione era la sua migliore amica da quattro anni ormai, qualcosa di molto forte e quasi inspiegabile legava lui, lei ed Harry. Ron sentiva ribollire il sangue quando qualcuno toccava Harry, ancora era fresco il ricordo di quando al secondo anno tutti lo evitavano come la peste, e ancor più fresco era il ricordo di qualche settimana fa, quando si erano bruscamente allontanati, e nonostante ciò, si sentiva comunque toccato quando, durante il periodo antecedente alla prima Prova, Harry era sotto il mirino di tutti.
Ma con Hermione era diverso. Il disprezzo che percepiva nel termine "sanguesporco" rivolto all'amica, usato per ferirla e umiliarla, era come un pugno nello stomaco per lui, un pugno capace di risvegliare tutta la rabbia nascosta, quella rabbia paragonabile ad un vulcano in eruzione che era stato a riposo per un po'. Era come se toccassero qualcosa di troppo importante. Come se lo ferissero nel profondo.
Hermione sospirò, se fosse sorpresa o meno dalle sue parole Ron non seppe dirlo, teneva ancora lo sguardo basso e solo quando lo rialzò, il ragazzo si rese conto che aveva gli occhi lucidi. 
«Ron, io non volevo essere così dura, non voglio controllare né te, né Harry. Se ti ho detto quelle cose è perché ti voglio bene... e non voglio che ti accada qualcosa solo perché rispondi alle provocazioni e non riesci a controllarti per... per difendermi»
"Difendermi" quasi sussurrò l'ultimo verbo che Ron percepì appena, ma che era sicuro l'avesse detto.
Lei aveva capito. Aveva capito che avrebbe rischiato pur di difenderla anche da uno sgradevole insulto, che non avrebbe sopportato chiunque la trattasse con disdegno. Lei l'aveva già perdonato anche se aveva rischiato più di tutti. Aveva capito.
Lei capiva sempre.
«Non sei stata dura... e io, sì, lo so... insomma, anch'io... cioè, io e Harry, voglio dire... hai capito, no?» si sentì imbarazzato più che mai, quasi si maledisse per non averle semplicemente detto "anch'io ti voglio bene". Forse gli era mancato il coraggio proprio perché dietro quelle tre parole così semplici, comuni, ma così importanti per una persona, c'era qualcosa di più, qualcosa che teneva nascosto, che la ragione non accettava e che non riusciva a comprendere, si sentiva un bugiardo nei suoi confronti. Arrossì violentemente per quel pensiero a cui forse non avrebbe mai dato voce. Hermione non disse nulla ma sorrideva, si alzò, percorse la breve distanza che li separava, si chinò verso di lui e lo abbracciò. Era un abbraccio delicato eppure percepiva tanto di quel bene da sentirsi persino in pace con sé stesso, per una volta.
«Sì, ho capito... e lo so, Ron...»
Avrebbe voluto rispondere con altrettanto, se non di più, affetto. Avrebbe voluto stringerla ancor più forte perché voleva semplicemente dimostrarle che lui c'era, che anche se non era bravo con le parole, e se a volte gli morivano in gola, avrebbe comunque voluto dirle tante cose, così tante che forse non sarebbe bastato un giorno intero. Ma per qualche ignota ragione quell'abbraccio non riuscì a ricambiarlo come avrebbe voluto. Si sentiva debole, le braccia a stento si strinsero attorno a lei. Credeva che se dentro quell'abbraccio avesse messo tutte le sue emozioni, se si fosse lasciato andare e l'avrebbe stretta come desiderava, lei avrebbe capito.

Lei capiva sempre.

E lui non voleva, non voleva che lei percepisse qualcosa di più, un qualcosa che andava oltre quel sentimento semplice e puro che li legava. Non voleva che un sentimento più forte compromettesse la loro unione. Non avrebbe osato, non voleva rischiare. Forse avrebbe aspettato... o forse no.

Gli mancava il coraggio.



Hermione sciolse l'abbraccio, gli accarezzò goffamente la guancia e lui le fece un mezzo sorriso nella sua smorfia caratteristica. Non si pentì di quell'abbraccio spontaneo, e ringraziò per avere la faccia praticamente in fiamme che nascondeva il suo rossore naturale.
E poi accadde ciò che temeva di più. I loro occhi si incontrarono e lei si perse completamente nell'immensità di quell'azzurro naturale. Erano così limpidi, così puri, così sinceri e soprattutto erano lo specchio dell'anima. C'era bontà, stupore, spensieratezza, dolcezza, insicurezza. In quegli occhi spesso ci aveva trovato il mondo, quegli occhi erano un po' la sua casa perché per qualche oscura ragione (anzi, la ragione non c'entrava un fico secco!) quasi le toglievano il fiato ed erano capaci di cancellare, anche solo per un breve istante, tutto ciò che di brutto c'era.
Ed in quel momento capì.
Capì molto più di quel che Ron lasciasse trapelare, guardandolo era come se gli leggesse dentro, erano così veri che non riuscivano a mentire neanche volendo. Riflettevano la sua anima, il suo essere ed era quasi certa di non essersi sbagliata. C'era qualcosa che lui ostentava a nasconderle. L'aveva capito.
Lei capiva sempre.
Distolse lo sguardo e tornò a sedersi sul letto di fronte a quello di Ron. Per alcuni secondi non spiccicarono parola, poi Hermione fu colta da un pensiero, un vecchio ricordo di circa due anni fa.
«Ti ricordi l'incantesimo Mangialumache?»
«Accidenti, come dimenticarlo? Quella canaglia, quella sottospecie di cacca di Doxy, quella...»
«Ron!» entrambi risero a quel ricordo non proprio allegro, ma che Hermione custodiva con cura e, che sapeva, non avrebbe mai dimenticato. Era stata la prima volta che lui si era messo sul serio in gioco per lei. Era stato un gesto istintivo, dettato da quella strana e forte amicizia che li univa. Un gesto spontaneo dettato dall'istinto di... difenderla.
«Mi prometti una cosa?» Ron la fissava con curiosità.
«Non reagire più in quel modo agli insulti di nessuno...»
«Ma Hermione...»
«Aspetta, fammi finire. Io ti ho capito, Ron, e dico sul serio...»

Ti ho capito più di quanto tu creda.

«...Ma non ne vale la pena. Non mi importa di oggi, delle conseguenze...» si fermò e sospirò «A me importa che tu riesca ad esercitare un autocontrollo, mi importa che tu non finisca nei guai a causa mia»

Mi importa di te.

«Non è per causa tua, Hermione, io...»
«Promettimelo» Hermione lo fissava con determinazione.
«Va bene, forse potrei...»
«Ron, ho detto...»
«Sì... sì, va bene, ho capito! Cercherò di resistere all'istinto di spaccargli la faccia» borbottò. Hermione sorrise, pensò che le faceva tenerezza il suo modo di porsi e di arrossire se azzardava a buttare lì un semplice apprezzamento, e in qualche modo dovette fermare l'impulso di abbracciarlo per la seconda volta. Madama Chips irruppe nell'infermeria e si diresse subito verso Ron, constatato che il naso del ragazzo aveva ormai smesso di sanguinare, gli diede il permesso di lasciare l'infermeria. Ron fece un cenno ad Hermione e si dileguò.


Hermione si sentiva strana. Non seppe dare un aggettivo preciso al suo stato d'animo, e forse "strana" era proprio il termine giusto. Quel pomeriggio, una marea di emozioni l'avevano travolta: spavento, rabbia, compassione, sorpresa, affetto e quel pizzico di gioia che le strappava un sorriso anche ora che era da sola in infermeria.

"È che non posso sopportarlo.
Non riesco a trattenermi."


Quelle parole continuavano a rimbombarle in testa. Lei non ci badava quasi più a quel genere di insulti, eppure Ron si ostinava a rispondere a quelle provocazioni che avevano l'intento di demoralizzarla, come se toccassero qualche membro della sua famiglia. 
Sì, è così, perchè siamo amici da molto ed è come se fossimo fratello e sorella, si ritrovò a riflettere la ragazza. È sicuramente questa la motivazione.
Ma erano quegli occhi che ogni volta la fregavano, che la confondevano, che le impedivano di trovare il lume della ragione persino in una ragazza razionale come lei. Parlavano e dicevano molto più di quel che Ron dicesse o avrebbe voluto dirle.

E se davvero fosse...

No, è perchè mi vede come una sorella, tutto qui, è semplicemente istinto fraterno.

Lei capiva sempre... o quasi.




Ron uscì dall'infermeria e si chiuse la porta alle spalle. Si sentiva stordito, probabilmente se qualcuno in quel momento gli avesse chiesto che giorno fosse, avrebbe balbettato e chissà che cosa. Forse perfino il malumore che l'aveva accompagnato in quei giorni, si era volatilizzato. Aveva la bocca asciutta e camminava lentamente, cercando di mettere a fuoco nella sua mente ciò che era successo.
Hermione l'aveva abbracciato. Non si stupì dell'abbraccio in sé, ma delle sensazioni che gli aveva lasciato. Solo in quel momento si rese veramente conto di aver resistito volontariamente all'impulso di ricambiare con eguale affetto.

Non dovevo, non volevo. Ma è stato necessario.
Io non voglio che lei capisca, non potrei sopportare un rifiuto e un successivo allontanamento. 


Ma quell'abbraccio era stato così vero e spontaneo che forse, per un attimo di follia, Ron aveva pensato che potesse esserci racchiuso qualcosa di più forte. Aveva ancora quella sensazione di sicurezza ed incoraggiamento che le aveva trasmesso, pensò che, probabilmente, non l'avrebbe mai dimenticato.

No, smettila, Ronald, non è così.
È tua amica e tra amici ci si abbraccia, tutto qui.
E agli amici certe cose vanno nascoste, non tutto può essere confessato.



Gli mancava il coraggio.



Allora, che ve ne pare?
Ammetto che questo capitolo mi piaciucchia più degli altri, forse perché è quello centrale o forse perché c'è taaanto romione!:)
Ho voluto dar voce ai loro pensieri e alle loro emozioni. Ron che inizia a comprendere e cerca di combattere questo sentimento che va oltre l'amicizia e non vuole per alcun motivo che venga percepito. Ma, ragà, Hermione è Hermione, lei capisce sempre :P Anche se, come avrete potuto notare, pure la strega più brillante della sua età comincia ad avere dei dubbi, nonostante fosse quasi sicura di non essersi sbagliata. Ma d'altronde l'amore è strano, no? Soprattutto se cuore e ragione cominciano a fare a cazzotti!
Alla prossima! :)
   
 
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