Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Kengha    28/01/2014    11 recensioni
Chap 1: « Celarlo, domarlo, non mostrarlo ». Nascondendo il suo potere forse Elsa sarebbe stata in grado di fuggire dal suo destino? Entrambi ne dubitavano fortemente: prima o poi la profezia si sarebbe avverata e, in qualche modo, ormai era chiaro, la ragazza ne sarebbe rimasta coinvolta.
Chap 2: Le cose erano cambiate tanto velocemente quanto irrimediabilmente e lei era completamente impotente. Sia come regina, che come madre, non poteva fare altro che guardare una delle sue due amate bambine scivolare velocemente all'interno di un baratro.
Chap 3: Per la prima volta in tutta la sua vita, Anna si rese conto della drammaticità nascosta dietro la figura di Olaf. Non era mai stato solo un pupazzo di neve, questo lo aveva sempre saputo. Mai fino a quel momento, tuttavia, si era resa conto del dolore e delle disperate speranze che in realtà esso nascondesse.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Anna, Elsa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera a tutti, eccomi tornata col secondo capitolo di questa storiella, che devo dire è riuscita a sorprendermi! 
Non immaginavo potesse avere così tanto "successo", è stata una piacevolissima sorpresa. 
Certo, il sito mi ha fatto anche sclerare non poco. Qualche giorno fa, durante lo spostamento (che bello, abbiamo una sezione tutta nostra *^^*) l'introduzione di questa FF è andata completamente perduta e, non avendola appuntata da nessun altra parte, ho dovuto riscrivere di sana pianta gli "spezzoni" tratti dal secondo e dal terzo capitolo, cercando di non renderli troppo diversi da quelli originali.
Anyway, ecco a voi il secondo chappy che, come avevo già annunciato, verrà "narrato" -salvo l'ultimo paragrafo- dalla regina (che tipo ho realizzato solo l'altro ieri che lei e il marito sono Lilian e Walt Disney!), vi anticipo che la trama è un po' cambiata rispetto l'idea originale, non si soffermerà dunque molto sugli abbracci, bensì sul dolore in generale. :)
Ormai manca solo il capitolo di Anna all'appello! Vi prometto che non tarderà ad arrivare :3
Ringrazio di tutto cuore le persone che hanno recensito, inserito tra le seguite e tra le preferite la mia storia (vi ringrazierò uno per uno la prossima volta, promesso) e vi chiedo perdono per gli eventuali errori e/o sviste che troverete nel capitolo seguente.
Confesso di non essere pienamente soddisfatta dal capitolo, spero solo non sia troppo deludente! 

Besos 

PS: I dialoghi riportati sono la traduzione di quelli in lingua originale, potreste dunque trovarli leggermente diversi :)

 

Lost Childhood
Lost in the Darkness


Quando Pabbie aveva predetto il futuro di Elsa e dei suoi poteri, la bambina era corsa ad abbracciare il padre, terrorizzata. La regina era rimasta ferma, tra le braccia stringeva ancora la piccola Anna, profondamente addormentata.
Dopo quella notte, le cose erano cambiate tanto velocemente quanto irrimediabilmente e lei si era ritrovata completamente impotente. Sia come regina, che come madre, non aveva potuto fare altro che guardare una delle sue due amate bambine scivolare velocemente all'interno di un baratro.
Col senno di poi, avrebbe voluto avere la forza di reagire.
Elsa era sempre stata molto obbediente e, conseguenza del suo isolamento, era diventata anche molto matura.
Troppo, per avere soltanto otto anni.
Aveva iniziato ad uscire solamente per i pasti, poi, dopo qualche mese, nemmeno più per quello, ormai era la regina stessa a portarle i vassoi durante le ore di pranzo e di cena.
Come sovrana, doveva essere forte per la sua famiglia e, di conseguenza, il suo regno. Come madre, soffriva ogni volta che vedeva la piccola Anna seduta fuori dalla porta della sorella maggiore, sempre rigorosamente chiusa.
« Anna, perché non vai a giocare? ». Provò cautamente, accennando un sorriso stanco, celando il dolore.
« E’ brutto giocare senza Elsa ». Sbuffò la bambina, lanciando alla porta un’occhiata truce, come se fosse la colpevole di tutto.
« Credo sia arrabbiata con me ». Aggiunse poco dopo la principessina, un’ombra scura le attraversò il viso lentigginoso.
La donna sospirò amaramente e posò il vassoio su un tavolino vicino, prima di chinarsi per essere alla stessa altezza di sua figlia. Le posò entrambe le mani sulle spalle e si sforzò di sorridere, ottenendo come risultato solo una smorfia triste.
« Anna ». Sospirò, prima di pronunciare parole difficili che non sarebbero potute essere spiegate, che sarebbero suonate così false. « Tua sorella non è arrabbiata con te. Mai, in tutta la tua vita, devi pensare una cosa del genere ».
La bambina, chiaramente, non era convinta e con un adorabile broncio e la voce tremante ribatté:
« Ma allora, se non è arrabbiata, perché non viene a giocare con me? »
La donna si rimise in piedi e si sforzò di ricacciare indietro le lacrime. Non poteva spiegarle e, soprattutto, non poteva cedere. Doveva resistere per la sua piccola Elsa.
Riprese il vassoio, sperando che occupando le mani quest’ultime smettessero di tremare, infilò lentamente la chiave nella toppa e fece scattare la serratura -non che ci fosse un reale bisogno di chiudere a chiave la figlia: la bambina era troppo ubbidiente e, soprattutto, spaventata per uscire. Più che altro, il re e la regina erano preoccupati da Anna, che pur di raggiungere la sorella avrebbe potuto fare di tutto-.
La principessina, infatti, non perse tempo e cercò di guardare all’interno della stanza della sorella, la visuale le fu prontamente coperta dalla regina.
« Tua sorella è cresciuta, Anna ». Sussurrò, con un groppo in gola, la verità di quelle sue stesse parole la schiaffeggiò brutalmente. Elsa non era cresciuta, era stata costretta a crescere.
Non ebbe il coraggio di aggiungere altro, il timore di distruggere anche i sogni e le speranze di Anna era troppo forte.
Si chiuse la porta alle spalle e si affrettò ad asciugarsi una lacrima prima che Elsa potesse vederla piangere. In un secondo mutò espressione -ormai era così abituata a farlo- e messa nuovamente su la solita facciata di sorrisi si rivolse finalmente alla figlia maggiore.
« Elsa, ti ho portato il pran- ». S’interruppe bruscamente, il vassoio cadde a terra e la ciotola col cibo s’infranse con un tonfo sordo. Una vera e propria bufera di neve turbinava nella stanza, la principessa era rannicchiata in un angolo, in preda alle lacrime e alla disperazione.
La regina si addentrò nella camera a passo svelto, schermandosi il volto con un braccio. Il vento e la neve le sferzavano il viso, tuttavia non le impedirono di raggiungere sua figlia e di stringerla in un forte e caldo abbraccio.
« Tesoro, calmati! Sono qui, va tutto bene ». Riuscì a dire e, lentamente, tra le braccia materne e accoglienti, Elsa smise di piangere e la tormenta diminuì fino a cessare completamente.
« Anna crede che io la odi, madre! » Esclamò, il dolore chiaro ed evidente nelle sue taglienti parole. Si staccò dall’abbraccio della madre e dopo essere indietreggiata di un paio di passi guardò alle sue mani con disprezzo, gli occhi azzurri erano ardenti e l’espressione profondamente contrariata. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito, incapace di formulare una frase senza veleno. La regina sospirò e deglutì amaramente, tutto quello era troppo per lei. Si fece avanti e decise di parlare con la maturità che Elsa meritava.
« Tua sorella ti ha vista scomparire improvvisamente dalla sua vita, è soltanto molto triste. Quando tutto questo sarà risolto, finalmente capirà quanto in realtà tu la ami ».
La bambina scosse la testa, la frangetta argentea le dondolò sulla fronte e un filo di voce uscì dalla sua bocca:  « Non cambierà mai nulla ».
La donna si sforzò di ricacciare indietro le lacrime e, questa volta, lo ritrovò davvero difficile, a soli nove anni sua figlia aveva già perso ogni speranza, si era arresa.
Elsa non viveva più, sopravviveva e basta.
Camminò lentamente verso la specchiera che era al lato della stanza e raccolse la spazzola che vi era posata sopra, avvicinò al mobile una sedia e vi batté sopra la mano libera un paio di volte.
« Vieni, ti pettino i capelli ».
La principessa obbedì e, senza dire una parola, si accomodò davanti la madre, che iniziò a passare dolcemente la spazzola tra le sue lunghe ciocche argentee.
La regina canticchiò una vecchia ninna nanna che la balia di corte era solita cantare a lei e a sua sorella quando erano bambine, sperando di riuscire a distrarre almeno un poco la piccola Elsa.
Sperando di riuscire a distrarre sé stessa.
Non poté fare a meno di sentirsi egoista: sua figlia non aveva bisogno di essere pettinata, o di ascoltare canzoni che le facevano promesse completamente prive di significato.
Elsa aveva bisogno di qualcuno di forte sempre accanto a lei, qualcuno in grado di trasmetterle coraggio e di darle amore nei suoi momenti più cupi, qualcuno pronto ad abbracciarla e a tirarla fuori dai suoi incubi, qualcuno che l’avrebbe amata sempre ed incondizionatamente.
Sia lei, che il re suo marito, avevano provato ad aiutarla in quegli ultimi mesi, ma la bambina era troppo persa e troppo distante persino per i suoi stessi genitori.

« La stiamo perdendo! » Urlò la regina tra le lacrime, appoggiandosi stancamente e disperatamente contro il grande armadio in mogano che era nella sua camera da letto. Il re era a pochi passi da lei, in piedi, immobile e completamente incapace di consolarla.
Elsa aveva ora undici anni e della bambina allegra e spensierata che era stata fino a pochi anni prima non era rimasta neanche la più debole traccia, passava la giornata sui libri nel disperato tentativo di ignorare Anna, che continuava instancabilmente a chiederle di giocare, a bussare alla sua porta. In quei tre anni di isolamento, la ragazzina non aveva fatto ancora l’abitudine ad una sola cosa: dover dire sempre di no alla sua sorellina.
Il re e la regina passavano da lei tutti i giorni… ed ogni giorno la trovavano un po’ più distante e un po’ più sola. La luce che aveva emanato da bambina si era spenta quasi del tutto, il suo diamante si era opacizzato e lei si stava smarrendo nell’oscurità e nella paura. Quando le parlavano rispondeva a malapena, gli occhi azzurri erano ormai privi di emozione ed era esitante ad ogni manifestazione di affetto.
Le lacrime, però, non solcavano più il suo volto da parecchio. Aveva smesso di piangere da tempo, ormai.
« Io n-non posso rimanere ferma a guardarla morire in questo modo! Non posso! » Urlò ancora la donna, i singhiozzi la facevano balbettare, gli occhi le bruciavano da ore.
Il re le si avvicinò lentamente e non poté fare altro che avvolgerla in un abbraccio. Le parole non servivano più, ma tentò ugualmente.
« Domani andremo a parlarle, cercheremo di risolvere tutto questo. Non l’abbandoneremo, te lo prometto ».
La porta alle loro spalle cigolò e i sovrani si voltarono con un sussulto, notando Anna in piedi sulla soglia.
« M-mamma… stai piangendo? » Balbettò con voce tremante la bambina, fissando gli occhi chiari in quelli ancora bagnati della regina.
Questa si ricompose rapidamente e scosse la testa, asciugandosi le lacrime con una mano.
« Sono solo molto stanca ». La rassicurò, avvicinandosi per stringerla in un abbraccio necessario, che la bambina non esitò a ricambiare.
« Tesoro, perché sei sveglia a quest’ora? » Domandò il re posando una mano sulla spalla della figlia minore, la voce dolce leggermente preoccupata. Da quanto tempo Anna li stava ascoltando?
« Ho fatto un incubo ». Biascicò la principessa, tenendo la testolina rossa ancora stretta sulla spalla di sua madre.
« Stavo cadendo nel vuoto, di nuovo ».
Il re e la regina si lanciarono furtivamente un’occhiata eloquente. Erano passati tre anni, ma Anna sognava ancora molto spesso di cadere.
« Era solo un brutto sogno, nessuno ti farà mai del male ». La rassicurò il padre, sorridendole calorosamente. La piccola ricambiò il sorriso e si staccò lentamente e controvoglia dall’abbraccio di sua madre, iniziando a guardare il pavimento nervosamente, il volto paonazzo.
« L-lo so… ma… ecco, magari per questa notte… se non vi sta bene anche solo per qualche ora… insomma, so che ormai sono grande e…»
« Anna ». La richiamò dolcemente il re, la bambina alzò lo sguardo e trovò entrambi i genitori a sorriderle.
« Sì, puoi dormire con noi questa notte ». Asserì, togliendo la figlia dall’imbarazzante situazione.
« Davvero? » Domandò allegra, gli occhi scintillanti e un sorriso luminoso sul suo volto.
« Davvero ». Confermò la regina che, dopo aver raggiunto il grande letto a baldacchino, alzò un lembo della coperta per lasciare a sua figlia lo spazio necessario per sgattaiolare dentro.
Quante volte, negli ultimi anni, Elsa si era svegliata nel cuore della notte in preda ad un incubo? Quante volte aveva dovuto sopprimere la voglia di gridare, consapevole che non sarebbe potuta correre dai suoi genitori?
Con un sospiro colmo di dolore, sia lei, che il marito, imitarono quasi immediatamente la figlia e si misero al letto. La bambina non perse tempo ad accoccolarsi contro il petto della madre, beandosi del suo calore e del suo profumo famigliare e rassicurante.
La regina ringraziò il Signore per quel dono, perché le stava ricordando che aveva ancora qualcuno da proteggere,  perché le stava dicendo che c’era ancora qualcuno in quel castello ad aver bisogno di lei.
Perché aveva ancora Anna.
Un singhiozzo le morì in gola quando realizzò che sua sorella Primrose, a Corona, non aveva più nemmeno una figlia da consolare.


Era l’alba quando Anna venne svegliata a causa di un grido proveniente dalla camera di sua sorella. I suoi genitori dovevano già essersi alzati da un po’, lasciandola profondamente addormentata nel loro letto.
Da quando non giocava più con Elsa aveva smesso di svegliarsi assieme al cielo.
La bambina saltò giù dal letto e spalancò la porta, volando nel corridoio, i suoi piedini scalzi sul tappeto non erano l’unico rumore di passi che poteva udire.
Il re e la regina stavano correndo su per le scale, con la chiave della camera di Elsa già tra le mani e dei volti terrorizzati. La madre trasalì quando notò la minore delle sue figlie proprio davanti a loro, lo sguardo ancora assonnato ma l’espressione preoccupata.
« Anna, va’ in camera tua ». Riuscì a dirle, sperando di essere convincente.
« Ma io voglio sapere che succede ». Protestò la bambina, incerta « Perché Elsa ha urlato? » Chiese, il labbro tremante preannunciavano già il fatto che fosse sull’orlo delle lacrime.
« Tesoro, per favore, ubbidisci a tua madre. Qui è tutto apposto ». Insisté il padre, non sapendo nemmeno lui quali altre parole dire ad una bambina di otto anni. Non riuscendo ad immaginare ciò che avrebbe potuto trovare una volta aperta la porta della stanza della sua figlia maggiore.
Un altro rumore e un secondo gridolino di Elsa gli fecero capire che il tempo era scaduto, non potevano rimanere lì fuori un secondo di più. Il re girò la chiave nella toppa, ignorando Anna che era ancora lì fuori a fissarli, aprì la porta con forza e si precipitò dentro, chiamando a gran voce la figlia.
« Torna in camera tua, Anna ».
Concluse la regina, lanciandole uno sguardo addolorato, prima di seguire suo marito e chiudersi la porta alle spalle.
La bambina si arrese e si allontanò dal corridoio, incamminandosi verso il salone del castello. Si buttò a terra senza forze e prese a fissare il grande orologio a pendolo, afflitta.
« Ho paura! Sta diventando più forte! » Esclamò Elsa, indietreggiando, lanciando un’occhiata spaventata al muro ghiacciato alle sue spalle.
« Reagire in questo modo peggiorerà solo le cose, calmati ». Azzardò il re, allungando le braccia in direzione di Elsa, avvicinandosi lentamente. La regina era poco dietro di lui, osservava la scena in silenzio, non sapendo bene cosa fare.
« No! »
E quando Elsa respinse suo marito, tutto ciò che riuscì a fare fu portarsi le mani sul volto, sgranando gli occhi colmi di lacrime.
« Non toccatemi, per favore. Non voglio farvi del male ». Biascicò la bambina, la voce spezzata mentre si portava le mani guantate al petto. Spaventata da una nuova probabile ricaduta.
La regina vide il re rimanere immobile, la testa ancora leggermente chinata in direzione della figlia, spiazzato dalla sua reazione drastica e inaspettata. Si avvicinò a lui lentamente e gli posò una mano sulla spalla, intendendo che non ci fosse più nulla che potessero fare.
Rivolse a sua figlia un’ultima lunga occhiata colma di dolore, Elsa era ancora rannicchiata contro il muro ghiacciato, tremante e con gli occhi azzurri spalancati, la copia esatta di un animale spaventato.
Avevano aspettato troppo. L’avevano già persa.

Anna chiese per diversi mesi cosa fosse accaduto, alla fine si arrese al fatto che non avrebbe mai avuto una vera risposta.
Elsa, dal canto suo, non si fece più toccare da nessuno a partire da quel giorno.

Il re e la regina sarebbero partiti a breve, ormai. Il giorno del quindicesimo compleanno di Rapunzel era arrivato e quest’anno anche loro avevano deciso di prendere parte alla cerimonia e di lanciare le lanterne al fianco dei sovrani di Corona. Le ragazze erano ormai abbastanza grandi per essere lasciate da sole un paio di settimane.
Il cielo era tinto di rosa e i sovrani di Arendelle stavano finendo di mettere le ultime cose in valigia quando un uragano con due lunghe trecce fulve si precipitò nella stanza per abbracciarli calorosamente.
La regina la strinse tra le sue braccia prima ancora che Anna si fermasse, il re allargò le proprie avvolgendo sia la figlia che la moglie.
« Ci vediamo tra due settimane! » Esclamò la ragazza con un sorriso che venne immediatamente ricambiato da entrambi i genitori. La solarità della ragazza era contagiosa ed era stata una vera e propria ancora di salvezza per i sovrani, in quegli ultimi anni.
Quando scesero le scale, pochi minuti dopo, trovarono Elsa ad accoglierli con un dolce inchino. Entrambi si fermarono ad un paio di passi da lei e le rivolsero un sorriso.
Avevano imparato a rispettare i suoi desideri –per quanto dolorosi-, glielo dovevano dopo ciò che le avevano fatto.
Da quell’ultimo incidente nella stanza della ragazza, non era passato un solo giorno senza che il re o la regina non si fossero sentiti in colpa per essere stati la causa principale della trasformazione drastica della loro figlia maggiore.
La regina, in particolare, era riuscita ad adattare il proprio carattere e a dimostrare il suo affetto ad Anna e ad Elsa nel modo esatto in cui le due figlie desideravano. Rispettare gli spazi di Elsa era doloroso, vederla sola in quel baratro di desolazione era anche peggio, ma la distanza era tutto ciò che la ragazza avesse mai chiesto loro.
« E’ necessario che voi andiate? » Azzardò la platinata, guardandoli con rispetto dal basso verso l’alto, la voce tremolante anche in quelle poche parole.
La paura era ormai il suo carattere distintivo.
« Starai bene, Elsa ». Le promise il re, guardandola con un dolce sorriso.
La ragazza rimase a guardarli andar via dalla finestra della sua stanza, assisté in silenzio mentre la nave si allontanava dal fiordo e prendeva il largo.

Il vascello non arrivò mai a Corona.
Quando al castello giunse l’annuncio del decesso dei sovrani di Arendelle –i cui cadaveri erano stati da poco ritrovati su una spiaggia poco distante, una mano del re a stringere ancora quella della regina, per via di un pessimo scherzo del destino-, Elsa non riuscì a dire nulla, strinse tra le mani la pietra preziosa* che sua madre era solita portare al collo e che i soldati erano riusciti a riportare indietro e si trascinò nelle sue stanze. Sedette in silenzio ad un angolo del letto e rimase immobile, in meditazione, finché non sentì sua sorella urlare e scoppiare a piangere.
Doveva aver saputo.
I singhiozzi di Anna, le sue grida disperate, investirono Elsa come una doccia fredda e, finalmente, riuscì ad elaborare le notizie che aveva ricevuto in quella giornata.
Tutto divenne improvvisamente reale.
Furente e fuori di sé non si preoccupò più di celare e di non mostrare il suo potere, anzi, lo scatenò in tutta la sua irruenza, gelando ogni cosa nella sua stanza, sentendosi impotente e improvvisamente responsabile sia del regno, sia della sorellina che non avrebbe mai potuto confortare con un abbraccio.
Alla quale non avrebbe potuto neppure dire “Sono qui, per te”.
Si accanì brutalmente contro il grande dipinto dei suoi genitori attaccato alla parete e colpì entrambi i sovrani più volte sul petto, sul volto, fino a quando il ghiaccio non squarciò completamente la tela.

Diverse ore più tardi, la ragazza si lasciò cadere in ginocchio, stremata, le lacrime che aveva per anni trattenuto si riversarono sul suo candido volto come un fiume in piena. Con un ultimo grande sforzo lanciò un’occhiata colma di rancore alla figura sfigurata di suo padre.
« Avevi promesso che sarei stata bene ».


 

*Pietra preziosa: Ho notato che Elsa e sua madre indossano la stessa spilla (?) sotto il collo. La prima la usa per tenere il mantello, la seconda probabilmente solo come abbellimento. Quando il re e la regina sono salpati da Arendelle per l'ultima volta, la donna aveva quella spilla sul petto. Quella che usa Elsa il giorno dell'incoronazione, in questa storia, è la stessa che aveva usato sua madre per anni.
   
 
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