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Autore: FairyCleo    29/01/2014    8 recensioni
Dal capitolo 1:"Erano trascorse tre settimane dall' ultima volta in cui aveva trascorso una giornata con la propria famiglia al completo. Erano trascorse tre settimane da quando aveva litigato per l' ennesima volta con Chichi.
Erano trascorse tre settimane da quando lei aveva preparato i bagagli, lasciando lui e Gohan soli in quella piccola, silenziosissima casa in cui non sarebbero mai più risuonati i passi leggeri della donna che Goku aveva sposato".
Dal capitolo 3: "Io non so se sei venuto a conoscenza degli avvenimenti che hanno segnato la mia famiglia nelle ultime settimane..."[...]"Vegeta, mio papà non ha preso bene la cosa... è stanco, spento, immotivato.[...]"So che il tuo più grande desiderio è quello di battere mio padre, è per questo che ti chiedo di aiutarlo. Allenati con lui Vegeta. Diventa il suo nuovo stimolo. E sono certo che diventerai anche tu un super sayan. Il super sayan più forte della storia".
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gohan, Goku, Un po' tutti, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quello che resta da fare
 
“Maledizione! Maledizione! MALEDIZIONE!”.
 
Junior aveva imprecato con tutto il fiato che aveva in gola mentre si era dato dell’idiota, dell’inetto, del buono a nulla per essersi fatto sfuggire dalle mani con una tale facilità quella serpe schifosa che rispondeva al nome di Paragas. Ma come aveva fatto? Come aveva potuto far sì che reperisse una navicella in così poco tempo, come? Avrebbe dovuto prevedere che quel verme schifoso avrebbe trovato il modo per fregarli, avrebbe dovuto prevederlo eccome! Invece, si era lasciato travolgere dagli eventi, perdendo la ragione come un novellino qualsiasi. Ma lui non era un novellino, lui era Junior, in lui albergavano colui che era stato il precedente Supremo del pianeta Terra e Nail, il più forte guerriero dalla pelle verde che il pianeta Namecc aveva visto nascere.
Avrebbe voluto mangiarsi le mani e avrebbe voluto farlo in quel preciso istante.
Paragas era la causa di tutto. Era colpa di quel folle se erano stati attaccati da Freezer, se Vegeta era stato rapito, se Broly era stato allevato come una bestia incapace anche solo lontanamente di placare i suoi istinti più selvaggi. Era solo colpa sua. Ed ora, quella specie di abominio l’aveva fatta franca.
Cosa dovevano fare? Cosa? Non avevano navicelle e, anche se le avessero avute, non avevano la più pallida idea di come poter fare per farle partire. Avevano sbagliato tutto, tutto! E a quel punto, solo il destino sapeva cosa ne sarebbe stato di Broly.
 
“E ci arrendiamo così? Lo lasciamo andare in questo modo?” – Crilin era furioso. Tanto grande era la sua ira da aver fatto sì che le sue orecchie fossero diventate rosse come braci ardenti. Non riusciva davvero a credere che potessero essere stati così idioti da fasi raggirare in quel modo e, soprattutto, non poteva credere che avessero le mani legate. Vegeta aveva affidato loro un compito, uno solo, e non erano stati capaci di portarlo a termine.
“Dimmi quali alternative abbiamo!” – aveva risposto bruscamente Yamcha – “Quel maledetto ce l’ha fatta sotto il naso!”.
“Temo che Yamcha abbia ragione, purtroppo…” – Rif aveva chinato il capo, afflitto. Non avrebbe potuto vendicare Tenshing, non avrebbe potuto vendicare Bulma, non avrebbe potuto vendicare proprio nessuno, e quella consapevolezza lo stava facendo sentire più inetto e inadeguato che mai.
Era stato un gesto istintivo quello di girarsi verso il piccolo Gohan ancora addormentato fra le braccia di Dende.
Avrebbe tanto voluto essere come lui, ignaro di quanto era accaduto e di quanto sarebbe successo di lì a breve. Sarebbe stato bello vederlo riaprire gli occhi alla fine di tutto. Già, ma quando sarebbe finito tutto?
“Dobbiamo occuparci del corpo di Bulma” – aveva improvvisamente detto Crilin, ormai rassegnato – “Credo che sia il caso di… Sì, ecco, di preservarla fino a quando non potremo richiamare Shenron e chiederle di tornare in vita.
“E Thensing? Dove sarà Tenshing?” – Rif aveva la voce rotta dall’emozione.
“Lo troveremo. E ti prometto che appena sarà possibile, faremo tornare in vita anche lui con le sfere di Namecc. Va bene?”.
“Certo che va bene!”.
 
Doveva andare bene per forza. Crilin aveva davvero avuto una buona idea, tutto sommato. Un’idea che non li avrebbe fatti stare con le mani in mano e che avrebbe permesso loro di elaborare il momentaneo lutto.
 
Yamcha era diventato improvvisamente nervoso. Non doveva essere facile l’idea di trovarsi davanti al corpo senza vita della donna che adorava.
“Ci penso io… A lei” – aveva asserito, cominciando a camminare – “Andate pure, se volete. Io… Devo farlo io”.
Aveva ragione, era un compito che spettava a lui portare a termine. Per questa ragione nessuno aveva osato obiettare.
 
“Sì… Noi andremo ad occuparci di Thensing e della navicella… Credo che faremmo bene a far saltare in aria tutto prima che qualcuno si accorga di quello che è successo”.
In un primo momento, Crilin aveva pensato che avrebbero giocato il ruolo dei vermi che divorano ogni singola parte del cadavere, ma loro avrebbero dovuto eliminare anche le ossa, e questo li rendeva molto più simili al fuoco. Sì, sarebbero stati come il fuoco, distruttore e purificatore allo sesso tempo.
“Dende…”.
“Non devi preoccuparti, Crilin. Mi occuperò io di Gohan. L’ho promesso a voi e a Vegeta. Io… Sì, cercherò una stanza al Palazzo del Supremo… Al mio Palazzo, e lo metterò a letto. Non lo lascerò mai, mai. E gli impedirò con ogni mezzo di fare sciocchezze”.
Era deciso. Dopo tutto quello che aveva passato, era rincuorante vederlo così risoluto. Quante responsabilità si era accollato quel bambino? Troppe, forse. Ma di certo non lo avrebbero privato di quello che per lui non era solo un dovere, ma un autentico onore.
“Allora noi andiamo. E tu, Junior? Vieni con noi?”.
 
Il namecciano non aveva risposto immediatamente. Non aveva smesso di osservare per un solo istante il cielo, sperando di poter avvistare la navicella ormai lontana.
Il suo era un problema di orgoglio, un’autentica questione personale. Ma cosa si poteva fare, a quel punto? Niente, purtroppo e, anche se a malincuore, Junior avrebbe dovuto accettarlo.
 
“Vieni con noi o no?”.
 
La voce di Crilin lo aveva distolto dai suoi pensieri, riportandolo alla realtà. E, automaticamente, il suo sguardo si era posato sul bambino che giaceva addormentato in un abbraccio amorevole ma poco protettivo.
Doveva rimanere lì, a vegliare su di loro? C’era forse qualche altro pericolo che avrebbero potuto correre?
Dende sembrava abbastanza sereno, nonostante i momenti tragici che aveva dovuto sopportare ed affrontare come meglio poteva. Sereno, ma molto stanco. Eppure, allo stesso tempo, aveva dimostrato di possedere una decisione che gli faceva onore. Era cresciuto da un momento all’altro, non c’era che dire, e questo non faceva altro che rendere il nostro Junior più orgoglioso che mai.
 
“Prenditi cura di lui, va bene?” – gli aveva chiesto con una gentilezza che non gli apparteneva, girandosi poi verso un Crilin ancora in attesa – “Andiamo a recuperare gli ultimi scagnozzi di quel verme rimasti in vita e distruggiamo ogni segno del loro passaggio prima che qualcuno si renda conto di quello che è successo”.
“Che vuoi fare di loro, Junior?” – gli aveva chiesto Rif.
“Non lo so ancora. Decideremo al momento. Per ora, sbrighiamoci. Non vorrei che qualcuno di quegli sciocchi ci causasse problemi”.
“Giusto” – Crilin sembrava ansioso di partire e mettersi subito all’opera – “Dende, vuoi che ti portiamo al Palazzo del Supremo?”.
“Non preoccupatevi” – aveva ripetuto, mettendosi in piedi e caricandosi Gohan sulle spalle – “Ce la faccio da solo. Questo è compito mio, ve l’ho già detto. Andate, su, prima che sia troppo tardi. E mi raccomando. Date il meglio di voi”.
Junior non aveva potuto fare a meno di pensare che arrivati a quel punto, quell’incoraggiamento non servisse proprio a niente, ma non l’avrebbe mai detto ad alta voce. Forse, alla fine dei conti, quell’incoraggiamento sarebbe servito proprio a chi l’aveva proferito con tanta risolutezza. Forse, alla fine dei conti, quell’incoraggiamento sarebbe servito proprio a Dende stesso.
 
*
 
“Che lurido cane bastardo. Che lurido, maledetto, cane bastardo”.
 
Non ci sarebbero state parole più adatte per descrivere quello che Junior e Crilin stavano guardando con un misto fra orrore e totale disgusto.
Quello che restava del nutrito gruppo di soldati e servitori al seguito di Paragas e di suo figlio non era che un mucchietto di cadaveri ancora caldi.
L’unica cosa a regnare era la desolazione. La desolazione e un silenzio sovrannaturale, un silenzio che non sarebbe dovuto appartenere ad un bosco, neppure ad uno scelto come pista di atterraggio improvvisato.
Sembrava quasi che la natura si fosse fermata per paura di essere distrutta a sua volta da una mano troppo crudele e meschina.
Come si poteva arrivare a tanto? Come si poteva arrivare al punto di uccidere i propri uomini pur di salvarsi?
Paragas non era un uomo. Era un essere ripugnante, un mostro, un’aberrazione della natura, e forse proprio per questo la natura stava protestando, rimanendo silenziosa, impassibile.
 
Junior non aveva potuto fare a meno di rimanere immobile per un lunghissimo istante, inorridito da una tale visione di morte. Egli stesso aveva privato della vita molti nemici, ma quello andava oltre ogni possibile comprensione. Era un orrore apparentemente senza fine, un orrore che avrebbe continuato a perpetrarsi fino a quando il suo artefice sarebbe rimasto in vita.
Paragas avrebbe dovuto morire di una morte atroce. Avrebbero dovuto catturarlo, imprigionarlo e torturarlo nei modi più fantasiosi, privandolo gradualmente della vita e della propria dignità, ammesso che conoscesse il significato di questo concetto. Forse, sarebbe stato per Junior un modo per ritornare ad essere il vecchio se stesso, il figlio di Al Satan, la creatura più spietata che avesse mai messo piede sul suolo terrestre.
Lo odiava. Junior aveva sviluppato nei suoi confronti un odio viscerale, un odio talmente radicato da impedirgli quasi di pensare lucidamente, un odio talmente radicato che a breve sarebbe esploso in uno scatto di improvvisa energia.
 
“Sbrighiamoci” – aveva praticamente ringhiato, stravolto – “Ripuliamo tutto, Crilin, tutto. Non voglio che resti una sola traccia di lui o di tutto quello che lo riguarda. Ah! Se solo lo avessi tra le mani! Se solo, se solo…”.
Ma non aveva finito la frase, scagliando contro un grosso pezzo di lamiera un’onda di energia di immane potenza che lo aveva polverizzato, iniziando così il lavoro per il quale avevano raggiunto ciò che rimaneva del luogo in cui erano stati prigionieri.
 
Crilin si era preso un attimo per pensare, osservando in silenzio l’ira del suo compagno di lotta e di vita. Junior aveva bisogno di sfogarsi per l’affronto subito, per essersi fatto sfuggire dalle mani Paragas in persona.
Non lo avrebbe fermato esattamente per questa ragione. Che si sfogasse pure, che liberasse tutto l’odio e la rabbia repressa che aveva in corpo. Se quello poteva aiutarlo a stare meglio, non di certo sarebbe stato lui a mettervi fine, o a provarci, almeno.
Non avevano più niente da perdere né tantomeno da fare, arrivati a quel punto.
Chissà come stavano proseguendo le cose sul pianeta Neo-Namecc… Chissà se Vegeta, alla fine, sarebbe riuscito a fermare Broly. Cosa avesse in mente il principe dei saiyan continuava a rimanere un autentico mistero, ma aveva scelto di fidarsi di lui e a quel punto non c’era altro da fare se non aspettare. Aspettare e fare pulizia, ovvio. Sperava solo di non dover attendere troppo a lungo.
 
*
 
Aveva il cuore in gola. Le mani erano sudate e tremanti. Gocce di sudore gelido scorrevano lungo la sua schiena, facendolo rabbrividire.
Non avrebbe mai pensato di dover portare a termine una simile missione. Mai, nella sua vita, Yamcha avrebbe pensato di doversi occupare di lei in quel modo, di dover giungere da lei solo per dover… Per dover… Non riusciva neppure a pensare a quello che avrebbe dovuto fare. Lei avrebbe dovuto trovarsi al sicuro. Lei, con quei suoi occhi così belli e luminosi, con tutta la sua fierezza, con la sua intelligenza e la sua scaltrezza, avrebbe dovuto trovarsi in un luogo molto lontano da lì, in un luogo protetto, in un luogo che sarebbe stato riempito di risate, di attente riflessioni fatte ad alta voce, di pianti isterici e di parole piene di conforto per chiunque le si trovasse accanto, parole che gli aveva sempre rivolto, anche quando era stato crudele, anche quando l’aveva fatta soffrire fino al punto di spezzarle il cuore.
 
Dove avrebbe dovuto cercarla? Quello stabile che conosceva come le sue tasche, quella casa, era diventata improvvisamente un luogo sconosciuto. Così silenzioso, così cupo, non era neanche lontanamente simile all’ambiente in cui aveva trascorso così tanti giorni e così tante notti da quando lei era entrata nella sua vita, aiutandolo a cambiare. Eppure, era certo che lei non sarebbe stata per niente orgogliosa dell’uomo che era diventato. Certo, era un uomo che non si tirava indietro davanti al pericolo, che lo affrontava pur conoscendo i propri limiti, ma che non era stato capace di salvarla, che non era stato capace di salvare la donna che avrebbe desiderato avere accanto per tutto il resto della sua vita.
Non sapeva se aveva abbastanza coraggio. Non sapeva più niente, ormai. Sapeva solo che non poteva fermarsi, che avrebbe continuato a cercarla finché le gambe lo avrebbero retto e anche oltre.
Lo avrebbe fatto per lei, avrebbe cercato il suo corpo e lo avrebbe preservato fino al giorno in cui uno dei due draghi non le avrebbe concesso nuovamente il dono della vita. Perché lei sarebbe tornata. Sarebbe tornata e a quel punto neppure gli dei avrebbero potuto strapparla via dalle sue braccia.
 
Ed eccola lì, la sua Bulma. Eccolo lì, il fiore di cui avrebbe dovuto prendersi cura, la preziosa rosa che avrebbe dovuto proteggere a costo della vita. Ma poteva essere lei? Poteva davvero essere il suo quel cadavere deturpato, devastato, distrutto?
Era stato il colore dei suoi capelli macchiati di sangue raggrumato e materia grigia ad avergli dato conferma di quanto temuto. Era stata la bellezza di quelle membra così familiari, così meravigliose anche nella morte a fargli capire che fosse davvero lei.
 
Era crollato in ginocchio, Yamcha. Alla fine era crollato, abbandonandosi al più triste dei pianti, al più doloroso dei singhiozzi. Forse, se fosse stato forte come Goku, avrebbe potuto fare qualcosa per lei. Forse, se fosse stato forte come Goku, avrebbe potuto salvare la donna che amava.
 
*
 
L’aveva trovato in una radura, finendo travolto da un’esplosione di sentimenti talmente contrastanti da portarlo sul punto di perdere i sensi, di perdere se stesso.
Era certo che il suo cuoricino si fosse fermato, o che in alternativa fosse esploso in mille piccoli pezzi, conducendolo alla morte, all’amica che lo avrebbe portato dall’unico fratello che avesse mai avuto.
 
Mai avrebbe creduto che la crudeltà di Freezer potesse aver raggiunto un simile apice, che il suo sadismo, il suo odio, la sua sete di potere e vendetta, lo avrebbero portato ad accanirsi così tanto su di lui, a decidere di infliggere una morte così ingiusta e ingloriosa al povero Tenshing.
 
Per un lungo, lunghissimo attimo, non era stato in grado di distogliere lo sguardo dal suo viso immobilizzato al momento della morte, su quell’istantanea divenuta permanente, su quegli occhi vitrei e quella bocca spalancata, bocca dalla quale non sarebbero più uscite parole di incoraggiamento e di affetto, per molto, troppo tempo.
 
Non sarebbe dovuta andare in quel modo. Non avrebbe dovuto lasciarlo andare, e anche se fossero morti entrambi, almeno Tenshing non sarebbe morto da solo. Sopravvivere a lui si era rivelato molto più doloroso che soccombere, e neppure il pensiero del suo prossimo ritorno era stato in grado di lenire quella sofferenza.
Tenshing sarebbe tornato in un solo caso: sarebbe tornato se Vegeta fosse riuscito nel suo intento, qualunque esso fosse. Ma poteva ancora sperare? Arrivati a quel punto, poteva davvero farlo?
Solo il tempo gli avrebbe concesso una risposta.
 
*
 
Lo aveva messo a letto e non in uno qualunque, ma nel letto più grande e confortevole che il suo Palazzo poteva offrire al più grande piccolo eroe che l’universo interno avesse mai visto nascere.
Non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe riposato, sperava solo che fosse tanto, davvero tanto, e che il suo risveglio potesse rivelarsi migliore del più bello tra i sogni mai fatti.
 
Avrebbe tanto voluto rimanere lì, al suo fianco, con lui, a stringergli la mano e ad aspettare quel momento, ma c’era una cosa che doveva fare, c’era una cosa che doveva sapere, e poteva farla e scoprirla solo accostandosi al bordo tondeggiante della piazza pavimentata di bianco e sollevando il capo verso il cielo.
Era quello il momento di capire quanto in là potesse spingersi, quante e quali fossero realmente le sue possibilità. Era quello il momento di chiudere gli occhi per poter realmente vedere, per poter capire come stavano le cose, per poter constatare se giustizia sarebbe stata fatta.
Per questa ragione, e solo per questo, Dende aveva lasciato il capezzale di Gohan. Doveva sapere a quale destino li avrebbe condotti l’esito dello scontro che sarebbe presto avvenuto sul pianeta Neo-Namecc.
 
Continua…
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Salve!
Allora, inutile che inizio con tre milioni di mea culpa, perché non ci sono scuse per giustificare questo ritardo. Se volete uccidermi, fate pure! Avete il mio permesso!
Che dire? Sono agitata da morire perché in questo momento stanno operando la mia coniglietta per sterilizzarla, e l’ansia sta salendo.
Quindi, meglio parlare del capitolo. So che vi aspettavate uno scritto dedicato a Vegeta e alla sua battaglia con Broly, ma ho preferito mettervi al corrente di quello che, a mio avviso, avrebbero potuto provare i nostri amici adesso che hanno le mani legate, adesso che non possono fare altro se non insabbiare ogni cosa e aspettare in un angolo il ritorno di Goku e Vegeta.
Paragas è un osceno, orribile bastardo. Lo odio a morte. Deve fare una fine terribile. E la farà.
Vi lascio con questa certezza, augurandomi che il capitolo non vi abbia annoiati.
A presto!
 
Ps: in tutto questo, volevo raccontarvi di una sogno che ho fatto qualche giorno fa. In sostanza mi trovavo nel bosco in cui abita Goku, e insieme a tutti i guerrieri Z (Trunks, Goten e Bra erano già “adulti”) stavo facendo il bagno nel lago (orrore). In sostanza, le ragazze cominciano a dire a Goku che Vegeta è innamorato di lui e non so chi tira fuori dal costume da bagno una lettera d’amore scritta su di una carta gialla con un pennarello nero con su scritto “Kaharot” con tanto di cuoricini attorno al nome e la consegnano al suddetto che non riesce a credere che Vegeta possa aver fatto una cosa del genere. Poco dopo arriva il povero principe in compagnia dei figli adulti. Era vestito completamente di verde in uno stile simile a quello del Trunks di GT, e sapeva quello che era accaduto prima del suo arrivo, ovvero che Goku e tutti gli altri sapevano del suo “amore” per lui. E poi mi sono svegliata dopo un lungo sospiro affranto fatto da Vegeta.
Ora, se non mi sentirete mai più è perché il principe è venuto ad uccidermi.
XD
Scappo che è meglio!
Un bacino
Cleo

 
   
 
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