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Autore: Swish_    29/01/2014    4 recensioni
Il protagonista in questa storia non è un assassino. Non è un mostro. Non è un quaderno né un Dio sovrannaturale annoiato. Il protagonista in questa storia è una lei, una ragazza normale e semplice che si ritroverà ad un faccia a faccia con la mente più geniale, cinica e calcolatrice dell'intero mondo.
Un caso investigativo avrà proprio lei come punto focale e a farle capire quanto quella situazione sia pericolosa per lei quanto per il resto del mondo, non sarà un'amica, un parente, o un ragazzo bello ricco e famoso. A farle fare la pazzia più grande della sua vita, a farla cambiare, a farla addirittura innamorare sarà un piccolo genio cresciuto nella solitudine di un ruolo ambito e irraggiungibile. Un ragazzo nelle cui mani sono passati i casi più difficili e irrisolvibili dell'intero globo, tra cui anche l'impossibile caso del Death Note, il quaderno della morte.
Ebbene sì, quel ragazzo sarà proprio L.
Lo stesso L che è riuscito a sopravvivere a Light. Lo stesso che è restato a guardare cosa poi gli sarebbe accaduto.
Come avrà fatto a sopravvivere?
E soprattutto come si comporterà di fronte ai nuovi problemi del caso, tra cui l'amore?
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Mello, Near
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Immagina... Di essere lì, in quel punto... - gli sentii dire, mentre indicava un punto lontano oltre le nuvole all'orizzonte.
- Immagina di poter essere lì, sentire il vento soffiarti contro senza insistenza, quasi come un lungo sospiro... - continuò, tenendo il braccio teso verso l'orizzonte.
Mello era alle mie spalle, e mi parlava a voce bassa e rassicurante appena sopra la mia spalla destra. Non lo vedevo, ma lo sentivo. Lo sentivo forte e chiaro.
- Noi non abbiamo davvero la capacità di volare, ma possiamo... Cadere con stile. Abbiamo una resistenza mille volte più resistente di un normale essere umano e per questo, saremmo capaci di cadere a migliaia di metri di distanza senza accusare il minimo fastidio. Per cui... devi assolutamente vincere questa assurda paura che hai dell'altezza. -
- Come fai a saperlo...? -
- L'ho visto quando mi hai domandato delle ringhiere... Avevi una faccia terribile, se mi permetti di essere sincero. -
- Grazie tante. -
- Era solo una constatazione. - cercò di difendersi lui.
Lo sentii sorridere ancora.
- Ad ogni modo... Ascoltami. Cerchiamo di affrontare una cosa alla volta. Okay? -
- Okay... - sospirai forte, per darmi forza.
- Sei pronta? -
Annuii flebilmente col capo, in silenzio.
- Bene... Ora, chiudi gli occhi. -
Lo feci.
- Fatto? -
- Sì... -
- Concentrati su quello che riesci a sentire. Concentrati su te stessa, Kanade. Cerca di focalizzarti esattamente dove i tuoi occhi pochi secondi fa ti hanno lasciato... -
Strinsi le palpebre per lo sforzo.
Mello attese giusto qualche secondo, poi continuò:
- Ci sei? -
Annuii ancora, in silenzio.
- Ora prova a concentrare tutta la tua attenzione su quello che il tuo corpo riesce a percepire... Tutto, ogni cosa. Qualsiasi cosa... Concentrati... -
Avevo le mani sudate e gli occhi serrati, tanto che mi sentivo agitata.
- Devi rilassarti... Rilassati, Kanade. Sta' tranquilla, tira un lungo respiro e rilassati. Qui non può accaderti nulla... Qui e in nessun altro posto, perché adesso sei uno Spector. Questo non dimenticarlo mai. -
Tirai un lungo respiro come Mello mi aveva appena consigliato e cercai di darmi una calmata.
Calmati Sofia, calmati... Calmati...
D'un tratto sentii i miei sensi come dilatarsi; il leggero alito di vento caldo di poco fa adesso sembrava un flusso d'acqua gelida, il silenzio assorto che mi aveva accolto su quel palco adesso era sostituito da leggeri rumori che si facevano sempre più sonori, sempre più chiassosi e insistenti. Tutti i miei sensi si amplificarono, e cose che prima non avevo nemmeno immaginato adesso diventavano mano a mano sempre più reali.
Dopo pochi secondi, riuscii a distinguere persino i vari tipi di rumori che si differenziavano nel generale caos che riuscivo a sentire: clacson, grida di gioia, grida di rabbia, motori di motociclette, musica di autoradio, e addirittura... Sì, erano passi quelli che sentivo! I passi delle persone che camminavano a cinquanta piani di distanza da me! Li sentivo forte e chiaro, quasi fossi lì tra quella gente.
Anche il tatto si irradiò a metri e metri di distanza. Adesso riuscivo a sentire come delle sfere di calore, anche se molto lontane... ma le sentivo. Solo una sentivo infuocarmi la pelle, dalla vicinanza: era Mello, ancora fermo alle mie spalle. La sensazione che ebbi quando entrò nella mia stanza allora aveva davvero un senso: anche allora avevo chiuso gli occhi e mi ero concentrata su ciò che riuscivo a sentire, solo che adesso era tutto amplificato almeno cento volte di più. Ora quel leggero alone di calore che avevo sentito la prima volta era diventato una vera e propria sfera infuocata, che però non bruciava. Non mi dava fastidio. La avvertivo e nulla più, anzi quasi col tempo mi parve piacevole, differenziandosi da quegli getti d'aria, che era diventata improvvisamente così fredda e violenta. Eppure nemmeno quella mi dava poi così tanto fastidio.
Ero stupita, meravigliata, ma non più spaventata. Nonostante mi aspettassi una crisi di panico assicurata...
- Cosa senti? - gli sentii chiedere ad un certo punto, con appena un filo di voce.
- Te. - dissi di riflesso col sorriso sulle labbra, senza nemmeno pensarci su due volte.
- Curioso che la prima cosa che tu abbia fatto notare sia io... - gli sentii ancora dire con una nota di compiacimento nella voce.
- Cos'altro senti? - continuò, tornando serio.
- Tutto... -
- Mh, altrettanto interessante... - rispose, stavolta divertito.
- Ora apri di nuovo gli occhi... - mentre lo diceva sentii le sue mani afferrarmi entrambi i polsi con forza, senza però farmi davvero male.
- Perché mi hai preso i pols... Aaaaahh!! - non riuscii più a finire quella domanda, perché appena riaperti gli occhi accadde un'altra cosa del tutto inaspettata e, a mio parere, davvero spaventosa.
Appena riaprii quegli occhi, ciò che vidi non era più quello che avevo lasciato poco prima di richiuderli. Mi ero come catapultata a qualche decina di chilometri di distanza, lì in cielo fra le nuvole, proprio dove Mello mi aveva indicato poco prima. Fu come se i miei occhi fossero diventati un telescopio, e per qualche secondo mi parve davvero di essere lì, in aria, tra quelle nuvole sullo sfondo. Riuscii a vedere persino le particelle di cui quelle stesse nuvole erano formate, e tutta quella vista così all'improvviso... Sì, quella mi spaventò parecchio.
- Shh, shhh, calmati... - gli sentii dire come un sussurro.
Senza nemmeno rendermene conto mi ero precipitata su Mello e così mi ritrovai avvinghiata a lui, col capo poggiato sul suo petto. Era così piacevolmente caldo da darmi subito di nuovo un grande senso di conforto.
Nonostante ciò tenni ancora gli occhi serrati:
- Che cazzo è successo?! - dissi in preda al panico.
- Shhhh, calmati prima, okay? -
Non risposi. Mi resi conto di aver cominciato a tremare violentemente fra le sue braccia, che adesso mi tenevano ben stretta contro di lui come una barricata di protezione dal resto del mondo.
Cercai di annuire col capo, per quanto potevo, combattendo contro le convulsioni che sentivo sempre più invadere il mio corpo.
- Sei riuscita ad amplificare i tuoi sensi, Kanade. E la prima volta è sempre la peggiore... ma non preoccuparti, sei andata alla grande. Ti ho tenuto i polsi perché in quella situazione una reazione del genere era legittima, e adesso che hai i sensi completamente estesi, saresti stata capace di reagire con un balzo così forte da farti arrivare ad un paio di grattacieli più in là... O chissà dove. E non sarebbe stato il caso. Non trovi? -
- C... Che... Cosa... Cosa... Sono divent... diventata? -
- Ehi non prenderla così male, è una cosa fica! -
Continuavo a tremare convulsamente, ad occhi chiusi, e proprio non riuscivo più a fermarmi.
- Calmati, Kanade... Calmati, dai... -
All'improvviso mi sentii stretta ancora di più contro il suo petto. Mi stava stringendo a sé, con fare stranamente dolce e confortante. Cosa gli stava succedendo? Da dove arrivava tutta quella bontà d'animo improvvisa? In realtà non lo sapevo, e proprio non riuscivo ad immaginarmi una risposta plausibile, ma una cosa era certa: se il suo intento era quello di tranquillizzarmi, finalmente ci stava riuscendo.
Lentamente i tremori si indebolirono, fino a scomparire.
Restai con la guancia poggiata sul suo petto ancora un po', cercando di capire se ero di nuovo pronta a riaprire gli occhi oppure no... E se l'avessi fatto, cosa mi sarei ritrovata stavolta?
- Okay, ora... Lentamente, riapri gli occhi. Non preoccuparti, sarà più facile adesso. -
Mi feci coraggio e seguii il suo consiglio. Li riaprii lentamente, e in effetti, l'impatto fu più delicato della volta precedente. Ora riuscivo a scorgere tutte le tonalità di arancio che vedevo schiarire tra le nuvole, alcuni uccelli appena poco più in là... Ed anche un aeroplano, ma tutto questo solo quando e come lo volevo io.
- Ora dì a te stessa quello che vuoi fare. Imponi il comando sul tuo nuovo corpo. E' una cosa prettamente mentale, una volta superata questa barriera psicologica il resto sarà un gioco da ragazzi. -
Feci come mi aveva detto, e col passare dei secondi sentii i miei poteri sottostare sempre di più a ciò che io volevo, fino ad eseguire quasi perfettamente i miei comandi.
- Credo di esserci riuscita... - dissi con tono incerto.
- Brava! -
Solo allora mi resi conto di essere ancora aggrappata a Mello, così con l'impulso di allontanarmi il prima possibile da lui, lo spintonai con forza... Forse con troppa forza.
Mello fu colto di sorpresa, e il mio spintone lo scaraventò a dieci metri di distanza. Lo vidi accovacciarsi a terra e poggiarsi con una sola mano, strisciandola sul cemento duro per rallentare la caduta, lasciando una scia scura e fumante davanti a sé. Tutto ciò lo fece con una grazia superiore a qualsiasi ballerino, roba che non avevo visto da nessuna parte. Il suo viso divenne improvvisamente serio e concentrato, ma non sembrava arrabbiato.
Si alzò con calma, si lisciò i vestiti con fare disinteressato, e in un paio di secondi fu di nuovo ad un passo da me. Alzò entrambe le mani in alto, esibendo un sorriso distorto:
- Colpa mia, mi sono lasciato distrarre. -
- Farò finta di non aver capito l'aspetto malizioso di questa tua frase, Mello, altrimenti la prossima volta potresti ritrovarti chissà in quale altra parte di New York... A quanto pare, mi basta poco. -
- Ecco lo sapevo, adesso è davvero finita! Comincia a prenderci gusto, la signorina... - scosse la testa con un sorriso, e poi mi voltò le spalle.
- Vieni, mettiamoci più al centro del palco. Adesso proveremo con un corpo a corpo. -
- La tua materia preferita, immagino... - dissi, di nuovo sicura di me.
Col passare dei minuti stavo realizzando sempre di più la situazione, e mano a mano che lo facevo, riuscivo a lasciarmi attrarre sempre di più dal fascino del mistero, dalla curiosità di vedere adesso fino a dove ero capace di arrivare... E tutto questo mi piaceva. Mi piaceva soprattutto l'idea di una grande nuova possibilità: allontanare la paura per sempre... Già, non provare più paura, quello sì che sarebbe stato un grande traguardo, e forse per raggiungerlo non mi mancava più poi così tanta strada.
Una volta appostati all'esatto centro del palco (sì, Mello era ufficialmente pignolo e fissato su tutto), ci disponemmo uno di fronte all'altro:
- Beh, diciamo che un anticipo l'hai già avuto, nella mia stanza... Hai fatto tesoro di quell'esperienza? -
- In realtà quella volta è accaduto tutto così velocemente che sono riuscita a capirci ben poco... -
- Non so se prenderlo come un complimento o un'offesa... -
Alzai gli occhi al cielo, cercando di mantenermi seria:
- Non devi vedere tutto sempre a doppio senso, sai Mello? -
- Suvvia, cercavo solo di sdrammatizzare... A quanto pare ti sei ripresa in fretta dallo shock iniziale, eh? -
- Faccio subito i calli. - mi limitai a rispondere, con un'alzata di spalle.
In verità riconobbi che Mello mi aveva aiutato parecchio, e che senza di lui probabilmente sarei rimasta lì per terra a tremare per chissà quanto altro tempo... ma forse anche lui nel suo profondo, lo sapeva.
Si limitò ad annuire accennando appena un sorriso, poi divaricò le gambe tornando serio, e mi disse di fare altrettanto. Notai bene il sorriso malizioso che esibì mentre lo diceva, ma decisi di non dargli la soddisfazione di fargli capire che l'avevo notato, così me ne restai in silenzio e feci come mi aveva detto.
- Allora, come quella volta, quando ti trovi ad un faccia a faccia con qualcuno la scelta migliore è sempre attaccare alle spalle. Dimentica ogni tipo di morale sul combattimento, del tipo “alla schiena attaccano solo i vigliacchi”... Sono solo sciocche convenzioni medievali e decisamente lontane dall'aspetto pratico delle cose. Quando combatti è solo uno l'obbiettivo, e tutto diventa lecito pur di raggiungerlo: uccidere l'avversario. Non dimenticarlo mai Kanade, questo è importante. Se scegli di combattere, devi essere abbastanza forte da riuscire ad arrivare in fondo, perché si tratterà della tua vita, e se in quel caso salvarti significherebbe uccidere l'avversario, fallo. Non sentirti un'assassina, se sarai stata attaccata tu per prima, la tua sarà solo legittima difesa. Chiaro? -
- Sì... -
- Okay... - sospirò forte, tenendo lo sguardo dritto nei miei occhi.
- Ora, se io ti attacco dalla sinistra, volendoti tirare un bel pungo, tu... -
Trascorremmo forse un paio d'ore lì, al centro di un palco alto cinquanta piani, simulando ogni tipo di aggressione e di difesa, e con mia sorpresa Mello riuscì a mantenersi serio per tutto il tempo.
Quando avemmo finito tutto, tra corpo a corpo, qualche segreto e trucchetto per la vista, qualche aiuto su come gestire la mia nuova forza, rimase solo un ultimo punto interrogativo: la velocità.
- Per quest'ultima cosa, non preoccuparti... Avrai modo di provarla al momento. E sarà spettacolare, fidati. -
Decisi di non insistere e di lasciare che le cose andassero così come erano state decise... anche perché probabilmente non sarei riuscita nemmeno a modificarle più di tanto.

Quando rientrammo nell'ascensore, ormai era quasi inoltrata la serata...
- Il piano è questo... - mi disse Mello, mentre aspettavamo che l'ascensore arrivasse al mio appartamento.
- Dovrai raggiungere il decimo piano esattamente alle undici e mezza. Okay? -
Annuii, sorridendogli calorosamente.
Quel pomeriggio passato assieme a Mello mi fece cambiare idea su molti aspetti, e non solo riferenti alla mia nuova vita da Spector. Ora mi risultava tutto più facile, tutto quel gran macello che era esploso nella mia vita non mi spaventava più come una volta. Forse era normale, o forse era dovuto alla mia nuova presa di coscienza su ciò che ero diventata. Essere più forti, più agili, e avere la “supervista” e il “superudito” non era poi una sciocchezza. E poi...
Le porte dell'ascensore si riaprirono:
- Eccoci arrivati. - dissi con appena un filo di voce, quasi fra me e me. Feci un passo avanti per uscire, ma sentii afferrarmi un polso, bloccandomi.
- Aspetta. - gli sentii dire.
Mi voltai di nuovo verso Mello e lo guardai con aria interrogativa.
- So che ci sono vaghe possibilità che tu stia dalla parte di Bustri... ma, se così non fosse... - si fermò per qualche breve secondo.
- …Sappi che io non lascerò che ti accada qualcosa. -
...E poi, c'era Mello con me.
Restammo a fissarci per qualche istante, in silenzio.
Forse era vero quello che mi disse la notte prima nella sua stanza, forse gli piacevo davvero... Ma fu Mello stesso a dire per primo che insieme non saremmo mai andati da nessuna parte. E poi, io non ero davvero innamorata di lui. Forse, se non avessi mai incontrato Ryuzaki...
- Grazie, Mello. Di tutto. - istintivamente gli afferrai la mano e la strinsi con gentilezza, poi la lasciai ed uscii.
- A stasera. - gli sentii dire, poco prima che le porte si richiudessero alle mie spalle.
Che gran casino...” pensai, avanzando nel largo salone.
Qualche settimana fa ero una normale studentessa universitaria, e adesso invece... Uno Spector. Con tre detective alle calcagna. Anzi quattro, contando anche il misterioso L di cui tutti parlano... Ma come fa a gestire le indagini se non si fa vedere da nessuno?” arrivai alla mia stanza, mi spogliai di tutti i vestiti ormai madidi di sudore che indossavo e mi lasciai cadere sul materasso solo con l'intimo.
Il leggero cotone delle lenzuola a contatto con la mia pelle sembrava quasi erba di prato. Ora riuscivo a sentire ogni singola filatura, ogni singolo intreccio...
Avevo passato tutta la mia vita cercando qualcosa che mi facesse sentire davvero viva, e solo allora mi accorsi che tutto quello che dovevo aspettare in fin dei conti era la mia morte. Lì, dov'ero nata, non facevo altro che sentirmi sempre più estraniata, sempre più diversa rispetto a quel mondo banale e noioso che ero costretta a vivere, così che l'esasperazione arrivò a tal punto da farmi compiere la pazzia di scappare, di scappare via da quel piccolo paesino di provincia per rincorrere il sogno che nutrivo ogni giorno: vivere davvero la vita. Così scappai, e mi stabilii a Roma, nella capitale. E cosa cambiò?
Alla fin fine, dopo un anno, mi accorsi che anche lì era cambiato ben poco. Il lavoro e lo studio divoravano tutta la mia vita, ed io non potevo farci proprio niente.
Poi arrivò quel famoso giorno... In cui Bustri mi uccise, e mi rapì. E da allora... Le cose erano decisamente cambiate. Avrei dovuto sentirmi sola, perché in fin dei conti in quel posto ero davvero sola, eppure... Non mi ero mai sentita così bene. Non mi ero mai sentita così viva.
Avevo passato un'intera vita desiderando qualcosa di diverso, desiderando che il mondo intorno a me cambiasse, senza accorgermi che la prima a cambiare dovevo essere io.

Alle undici e mezza esatte, presi l'ascensore per raggiungere il decimo piano. Indossavo il completo scuro che Mello mi indicò qualche ora prima.
- Il secondo cassetto nell'armadio, aprilo... Vedrai un completo di cuoio scuro. Metti quello stasera, è stato appositamente creato per noi Spector. In verità non è fatto di vero e proprio cuoio, ma è ancora più resistente e soprattutto comodo... è l'ideale, credimi. -
Visto che sotto sotto sapevo di non avere tante possibilità di scelta, decisi di indossarlo.
Era molto, molto, molto aderente. Quasi divenne un'unica cosa con la mia pelle, una volta indossato. Ci misi un po' per capire come sistemarlo per bene, ma dopo un quarto d'ora di sofferenza ci riuscii. Raggiunsi il lungo specchio a muro che c'era appena poco più in là dell'armadio, e mi osservai. In effetti restai lì ad osservarmi per un po' di tempo, forse anche una buona mezz'ora.
Un'altra nuova cosa con cui dovevo fare in conti era sicuramente il mio nuovo aspetto.
I miei occhi erano ancora dorati e luminescenti, e ancora avevo difficoltà ad abituarmici. Ma un aspetto nuovo di me stessa che non avevo ancora notato prima di allora, era il mio fisico. Forse era il completo che avevo indossato, così aderente, che mi faceva sembrare un'attraente supereroina della Marvel, ma il fattore altezza non potevo giustificarlo. Ero più alta. E più snella. Certo prima non ero poi così male, comunque cercavo di mantenermi in forma, ma non ero mai riuscita a raggiungere quei livelli di bellezza. Sono sempre stata una ragazza formosa, ma non sempre nei punti giusti, e invece adesso ero formosa e basta, ai punti giusti.
Il completo in fin dei conti mi stava d'incanto, ed era anche uno stile che mi piaceva, con quel cuoio (o quello che era) scuro che mi fasciava ogni curva e la valorizzava... Sì, la nuova Sofia continuava a piacermi sempre di più. Forse, tutto sommato, avrei dovuto anche ringraziarlo, quell'uomo di merda di Bustri.
L'idea di poterlo incontrare quella stessa sera mi fece salire l'adrenalina a mille. Ero nervosa, ansiosa, ma allo stesso tempo non aspettavo altro. Fremevo dalla voglia di vederlo per mostrargli quello che ero diventata... per mostrargli che aveva ragione a dire che sarei stata forte, ma non seguendo i suoi metodi. E soprattutto, fremevo dalla voglia di rompergli il culo.
Come ultima cosa indossai gli anfibi, anch'essi di pelle, e raggiunsi l'ascensore.
Così rieccomi lì, in quella scatoletta di metallo che non faceva altro che andare su e giù ogni giorno, chissà quante volte.
Stavolta ignorai le mura a specchio... per la prima volta. Il cambiamento di me stessa continuava, correva e andava a mille, e io lo lasciavo fare. Basta soffermarsi e piagnucolare su ogni novità. Dovevo reagire anch'io alla vita, adesso potevo farlo, adesso avevo la forza che mi serviva.

Le ante si riaprirono ed io avanzai con passo sicuro nella plateale stanza. All'appello c'erano tutti: Mello, anche lui in completo, Near, come sempre accovacciato sul pavimento che giocherellava con dei walkie talkie ed altre cianfrusaglie, e poi c'era Ryuzaki, di fianco a Mello, e Smithers, più qualche agente in giacca e cravatta.
Appena sentirono il suono acustico dell'ascensore, tutti, e dico tutti, interruppero quello che stavano facendo e alzarono lo sguardo su di me, che intanto avanzavo verso di loro. Riuscii a fissare ognuno di loro dritto negli occhi, ignorando il silenzio glaciale che si era formato. L'unico rumore che si sentiva era quello dei tacchi dei miei anfibi che ticchettavano sul pavimento liscio, mentre camminavo sicura di me verso di loro.
Il primo che guardai fu Mello, che restò a fissarmi con aria incantata per chissà quanto tempo, con tanto di bocca dischiusa. Appena si accorse che lo stavo guardando, mi fece l'occhiolino e sorrise, ed io ricambiai con appena un accenno in silenzio. Il secondo che guardai fu Near, che dal canto suo non sembrava affatto sorpreso. In effetti non sembrava niente, mi fissava forse con appena un accenno di noia negli occhi, ma non trasmetteva nient'altro. Poi passai a Smithers, che a sua volta mi sorrideva, e ancora lentamente passai a tutti gli agenti, dalla curiosità stampata in volto di alcuni alla semplice meraviglia di altri.
Solo alla fine, quasi arrivata di fronte a loro, voltai lo sguardo su Ryuzaki.
La sua fu l'espressione più complessa di tutte, forse la più complessa in generale. La prima sfumatura che riuscii a notargli in volto fu quella rabbiosa. Quasi sembrava furibondo da come teneva le labbra ristrette in una linea sottile; eppure gli occhi mi fissavano diversamente... Mi squadrò dall'alto in basso, spogliandomi con gli occhi in modo spassionato, quasi famelico. Non credevo fosse mai possibile una cosa del genere.
Forse non ero l'unica che stava cambiando.
- Beh? - esordii, incrociando le braccia in petto.
- Cosa sono quelle facce? -
Distolsi lo sguardo da Ryuzaki e lo portai su Near:
- Che si fa? -
Near sospirò, ancora con aria disinteressata, prima di rispondere:
- Devi indossare alcune cose... Sulla tua tenuta c'è una cinta con degli agganci, dovrai metterci varie cose... Comincia a prendere questo... - disse, porgendomi un walkie talkie.
Pensavo fosse un giocattolo...
Mi limitai ad un'alzata di spalle appena accennata, e m'inchinai per afferrarlo.
- Il resto lo trovi sulla scrivania alle mie spalle. Ci sono armi più qualcos'altro... -
- Armi? - chiesi, confusa.
- Il combattimento corpo a corpo usala come ultima risorsa... - sentii rispondermi da Mello.
- Qualche precauzione in più non guasta mai. - concluse, mantenendosi serio e professionale.
Annuii appena e senza dire altro mi diressi verso la scrivania che Near mi aveva appena indicato. Lì sopra, vi trovai coltelli di ogni genere e dimensione, più qualche pistola. Riconobbi anche qualche revolver, ma quella che più attirò la mia attenzione fu un'altra, una pistola dalla linea sinuosa e completamente dorata. La afferrai per osservarla meglio.
- ...E' una Taurus. -
Mi voltai di scatto, allarmata: era Ryuzaki.
Mi fissai subito attorno circospetta: erano tutti di nuovo impegnati in qualcosa. Gli agenti erano tornati alle sue scrivanie, e Mello era intento a discutere con Near e Smithers sulle dinamiche del piano. Nessuno ci stava osservando.
- Ti ho spaventata? -
Sospirai, tornando a guardare la pistola che avevo tra le mani.
- Un po'. -
- Scusa. -
- Per così poco... - tastai il ferro della Taurus, alla ricerca dei proiettili. Era piena. Misi la sicura e la infilai in un primo aggancio della cintura.
- No, intendo dire scusa per oggi... -
- Oh... - cercai di non guardarlo negli occhi, concentrandomi ora su un pugnale di media taglia con il manico intagliato da motivi floreali, che risalivano fin sulla base della lama... Era davvero carino e con un certo stile. Per un attimo mi domandai fra me e me come si fossero ricavati tutte quelle armi così particolari...
Ryuzaki si avvicinò ancora di più a me; lo sentii. Sentivo il calore del suo corpo mettermi in perenne allerta fin sotto la pelle.
- Beh, il contenuto era più che giusto, non cambio il mio pensiero. Ma forse avrei dovuto usare dei modi più gentili. -
- Te ne sei accorto, allora. - sbottai, cercando di mantenermi indifferente. Rinfilai il pugnale nella sua fodera e agganciai anche quello alla cintura.
- Metti questo... - disse, porgendomi un auricolare microscopico. Lo afferrai, stranita.
- Indossalo bene, devi infilarlo tutto dentro l'orecchio... Sarà l'unica via di comunicazione tra me e te. Ti osserverò via satellite, più quest'altro oggetto... -
Con l'altra mano mi porse una scatolina bianca. La aprii, e vi trovai due lenti a contatto trasparenti.
Mi decisi a guardarlo di nuovo, ancor più confusa. Mi rispose con una semplice alzata di spalle:
- Se le indossi, riuscirò a vedere esattamente quello che vedrai tu. Sono ordigni di ultimissima generazione, sta' attenta. -
- Non ho mai messo le lenti a contatto... -
Afferrò la scatolina e la portò via dalle mie mani, con fare gentile.
- Mi permetti? - chiese, inaspettatamente garbato .
- Oh, ehm. Certo. -
- Guarda in su... -
- Ahia... -
- Suvvia, non dirmi che ti fanno male, perché è impossibile... -
La prima lente fu messa. In effetti già non la sentivo più.
- No, solo che... E' strano. -
- Non piagnucolare, dai... - gli sentii dire ancora, mentre avvicinava l'altra lente al mio secondo occhio.
Stavolta cercai di contenermi, così mi limitai a mugolare infastidita giusto per qualche secondo...
- Ecco fatto. -
Sbattei le palpebre più e più volte, finché anche la seconda non si stabilizzò.
Ryuzaki mi guardò con uno strano senso di... cos'era, affetto?
Nah.
Mi sorrise. Io ricambiai.
- Non credere però che non sia ancora arrabbiato con te. Lo sono, eccome. -
- Ah sì? -
- Sì. - rispose, di nuovo serio.
- Ho solo scelto di starti comunque accanto. - continuò, con aria sofferente.
- Cosa c'è, Ryuzaki? -
- No, niente... Solo... - scosse il capo.
- Ehi... - istintivamente poggiai le dita sul suo polso, in senso di conforto.
- ...Niente, è solo che non riesco più a capirmi. - concluse poi, con aria perplessa.
Quella frase m'intenerì. Era confuso, disorientato da se stesso. E tutto questo per colpa mia.
Allontanai di nuovo la mano dal suo braccio.
- Riguardo a quello che è successo oggi... Volevo chiederti se hai parlato ad L di quello che ho intenzione di fare. -
- Non parlerà con te, Kanade. - rispose lui, di nuovo con aria terribilmente severa.
- E non te ne andrai. Non si discute. -
- Ryuzaki, insomma! Avrò almeno il diritto di parola? -
- No, quando si tratta di un caso investigativo così importante non ce l'hai. -
- Come se poi riguardasse davvero il caso! - esclamai, irritata.
Ryuzaki inarcò un sopracciglio.
- E' inutile che fingi di non capire, sai bene a cosa mi riferisco! - continuai, sempre più sgomenta.
- Tu sei innamorato di me, Ryuzaki. Ammettilo. -
- Non dire idiozie, Kanade. E soprattutto, abbassa la voce. - rispose, incenerendomi con lo sguardo.
- Puoi nasconderlo a te stesso, Ryuzaki, ma non al mondo intero! Lo so che mi ami... So che è vero, che sei innamorato di me. Come io... - mi bloccai. Stavo andando troppo oltre, e quello non era affatto il momento giusto, né il luogo giusto.
- Come tu...? - disse lui, accigliato.
- Non possiamo parlarne un'altra volta? - dissi, sbuffando esasperata.
- Kanade, forse non ti rendi conto della gravità della situazione... Da questa operazione non potresti più tornare. - disse con appena un filo di voce.
Lo fissai con occhi sgranati, presa completamente alla sprovvista. Non l'avevo mai vista sotto questo aspetto.
- Kanade? - era Mello, che mi chiamava.
Mi voltai verso di lui, ancora con aria scioccata.
- Hai preso tutto? - mi chiese, con una nuova tonalità di voce... fredda, quasi gelida.
- Oh... -
Girai di nuovo lo sguardo sulle armi: afferrai un altro paio di pugnali ed una revolver, infilai tutto in fretta nella cinta mentre arrancavo un:
- Un attimo! -, e quando ebbi finito, prima di raggiungerlo, mi voltai di nuovo verso Ryuzaki, che mi stava ancora fissando con un'espressione indecifrabile.
- Giurami che se torno... Guarderai la realtà per quella che è. - gli sussurrai.
Lui non rispose.
- Andiamo? E' già quasi la mezza! - sentii gridare dall'altra parte della stanza. Mello era già arrivato all'ascensore.
Non attesi un attimo di più, così con un sospiro distolsi lo sguardo dai suoi occhi scuri e mi decisi a raggiungere Mello.
Una volta raggiunto, Mello chiamò l'ascensore e le ante si aprirono quasi subito.
- Su, andiamo...- disse, con una nota di nervosismo nella voce.
- Kanade... - mi voltai verso Ryuzaki, che mi aveva appena chiamato.
- Se tornerai, giuro che farò quello ed altro ancora. - disse, con sguardo profondo.
Non risposi nulla, mi limitai a seguire Mello all'interno dell'ascensore sforzando tutte le energie che avevo per contenere il sorriso che sentivo crescere sempre di più sulle mie labbra.


L'ascensore ci portò di nuovo al palco, che io e Mello avevamo lasciato solo poche ore prima.
- Perché non siamo scesi invece di salire? - gli chiesi perplessa.
- Perché è da lì che arriveremo al Central Park. - rispose, mantenendosi serio e distaccato.
- Ehi cos'è tutta questa freddezza? - mi decisi a chiedergli, fermandomi di botto per guardarlo dritto negli occhi.
Lui avanzò ancora di qualche passo, poi si voltò verso di me e mi lanciò un altro di quei suoi sguardi profondi e sofferenti.
- Ho sentito tutto, prima. -
- Oh... -
- Lascia stare. Tu non hai voluto dare ascolto a quello che ti ho detto su te e Ryuzaki? Va bene, ma lasciami almeno il diritto di non essere d'accordo. -
- Mello, io... non posso controllare quello che sento. -
- Già, e purtroppo non posso farlo nemmeno io. - disse ancora, voltandomi di nuovo le spalle e riprendendo a camminare verso il bordo del palco.
- Cosa intendi dire? - gli chiesi confusa, correndogli dietro.
Si fermò ancora, senza però voltarsi. Mi fermai anch'io, appena dietro di lui. Osservai la sua postura rigida, le spalle dritte e le sue mani chiuse a pugno.
- Intendo dire che anch'io non posso decidere di chi innamorarmi. Quindi scusa, se ti amo. -

Spalancai bocca e occhi per la sorpresa. Mi aveva davvero detto “ti amo”!?
- Mello, io... non so che dirti. -
- Non devi dirmi niente. - rispose, continuando a guardare avanti verso l'orizzonte, ormai tetro e scuro, della notte.
- Non è un problema. Stasera dovremo essere al massimo delle nostre capacità e non intendo lasciarmi soggiogare da queste stronzate dei sentimenti. Posso farne a meno della persona che amo. -
Quando si ama non si può fare a meno di quella persona, Mello...” gli avrei tanto voluto rispondere. Ma in fondo lui cosa poteva saperne, se prima di allora non aveva mai amato nessuno?
Così non risposi, mi limitai a seguirlo e a raggiungere il bordo appena dietro di lui in silenzio. Una volta arrivati, mi decisi a dirgli quanto meno una sola cosa.
- Mello... -
Guardammo entrambi verso il basso. Oltre i cinquanta piani, correva una lunga strada ormai desolata.
- Mh? -
- Se può valere qualcosa... Neanch'io lascerò che ti accada qualcosa. Potrei morirne. -
Tornò a guardarmi, con appena un accenno di meraviglia negli occhi. Ricambiai il suo sguardo con inaspettato affetto.
- Conta più di quanto tu possa credere. - rispose.



ANGOLO AUTRICE
Beh spero vi stia continuando a piacere la storia... A me sta piacendo più di quanto mi aspettassi, ma forse il mio giudizio non vale per niente xD
Fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie ancora per la vostra attenzione. <3

   
 
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