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Autore: Margaret24    30/01/2014    2 recensioni
"Dov'è Ninfadora?" chiese preoccupata. [...]
L'uomo trasse un profondo respiro, sentendo le lacrime salirgli di nuovo agli occhi. Guardò Andromeda, le labbra contratte, e scosse il capo.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Tonks, Famiglia Weasley, Remus Lupin, Teddy Lupin, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Erano circa le undici del mattino, e Teddy si era già svegliato piangendo. Remus l'aveva preso in braccio e ora lo stava dondolando per cercare di calmarlo, ma il piccolo continuava a piangere. Remus presumeva che avesse fame. Non aveva idea di cosa fare. Forse avrebbe dovuto comprargli del latte artificiale, ma finché Andromeda era via, lui non poteva muoversi da lì. La Materializzazione era fuori discussione, Teddy era troppo piccolo. Ora che Voldemort e i Mangiamorte erano stati finalmente sconfitti, però, Remus pensò che il bambino si meritasse un po' di aria fresca e nuova, al di fuori degli incantesimi protettivi... Non fece in tempo a terminare la frase nella sua testa, che qualcuno bussò alla porta, e i suoi nervi si tesero a fior di pelle. Sfoderò la bacchetta, mentre una profonda voce familiare proveniente dall'esterno diceva:
“Remus? Sono io, Kingsley!”
Si avvicinò all'uscio e sbirciò dallo spioncino. Scorse la figura deformata di un uomo alto di colore accanto a sua suocera. Emise un sospiro di sollievo e aprì.
“Kingsley” lo salutò. Poi posò lo sguardo su Andromeda.
“Oh no...” si lasciò sfuggire.
Andromeda tremava e singhiozzava, un fazzoletto in mano portato alla bocca, sorretta da Kingsley.
“L'avevo detto che non era una buona idea” disse Remus scuotendo il capo, e attento a non far cadere Teddy prese gentilmente una mano della suocera e la costrinse ad entrare.
“Prego, entra, King” disse cercando di suonare cordiale. Kingsley lo seguì.
“Ehi, Teddy” lo chiamò Remus, quando si furono seduti tutti e tre sul divano del piccolo salotto. “Guarda chi c'è. Nonna Andromeda è tornata, e ti ha portato lo zio Kingsley, sì?”
Mentre Remus posava un braccio attorno alle spalle di lei e le massaggiava i gomiti, inspiegabilmente il bambino smise di piangere e guardò Kingsley. I capelli e gli occhioni curiosi diventarono verdi.
“Gli piaci” disse Remus e, per la prima volta dopo tante ore, un debole sorriso spontaneo gli increspò le labbra.
“Ciao, piccolino” disse Kingsley, accazzandogli la guancetta col dorso della mano. Il bambino agitò le braccine verso di lui. “Vi somiglia molto. A tutti e due”
“Gli occhi sono della mamma” disse Andromeda, asciugandosi le lacrime, “ma dal naso in giù ha preso tutto dal papà”
“Come ti senti?” chiese Remus preoccupato, ignorando volutamente il riferimento a Tonks. Andromeda fece un breve respiro.
“Meglio” rispose annuendo. “Grazie, signor Shacklebolt”
“Mi chiami Kingsley”
“Grazie, Kingsley. Scusate, io... ho bisogno del bagno”
Remus annuì distrattamente, e la strega si allontanò.
“Come stai, Remus?” chiese il mago. Remus si morse il labbro e scosse il capo.
“Devi concentrarti su tuo figlio, adesso” disse l'altro incoraggiante.
“Già” disse Remus guardando il piccolo che giocava con le dita dell'amico. “E' tutto ciò che mi rimane”
“Ce la farai” disse Kingsley, come se avesse letto nel suo sguardo tutti i dubbi e le paure che gli stavano rodendo l'anima. Remus annuì di nuovo, senza troppa convinzione. La realtà era che non lo sapeva nemmeno lui.
“Ti serve qualcosa?” chiese Kingsley.
“No, King, grazie. Immagino che tu abbia da fare...”
“Possono aspettare...”
Remus scosse di nuovo il capo, più deciso. “Non ti preoccupare” disse. “Me la caverò. Davvero”
Kingsley indugiò qualche secondo, poi si alzò.
“Ok. Non voglio insistere. Però promettimi che per qualsiasi cosa, qualsiasi, non esiterai a chiamarmi, d'accordo?”
Remus sorrise forzatamente. “D'accordo”
Lo accompagnò alla porta e si salutarono. Remus non attese che Kingsley si Smaterializzasse prima di chiudere la porta. Non appena lo ebbe fatto, Teddy ricominciò a piangere.
“Ma come, è già andato via?”
Andromeda era tornata.
“Purtroppo sì” rispose Remus. Non sapeva neanche lui cosa voleva: quando Kingsley era presente, voleva stare da solo; ora che se n'era andato, avrebbe voluto che fosse rimasto.
“Remus?” Andromeda interruppe il filo dei suoi pensieri. “Non è che potrei... Non... non me la sento di restare a casa, stanotte... Ti dispiace se resto qui?”
Remus la guardò, un po' spiazzato dalla domanda. Per lui era più che ovvio che restasse. Anzi, si rese conto di quanto avesse bisogno di lei in un periodo come quello.
“Ma certo che puoi restare, Andromeda” disse. “A proposito. Puoi occupartene tu per un po'?” chiese titubante, porgendole il bambino. “Devo andare a comprare il latte”
“Certo” rispose Andromeda, e per un attimo avvertì una specie di fastidio all'altezza dello stomaco, ripensando a quello che gli aveva detto prima di andarsene.
Remus indossò il mantello, prese un po' di denaro babbano dalla biscottiera, diede un bacio a Teddy sulla fronte e uscì di casa, Materializzandosi di fronte alla farmacia del paese vicino.

***

Era ormai il primo pomeriggio. Teddy aveva mangiato a sazietà e ora dormiva tranquillo. Anche Andromeda e Remus avevano provato a mandare giù qualcosa – Andromeda aveva insistito nel cucinare uova e bacon – ma nessuno dei due aveva molta fame. Dopo aver pulito le stoviglie a mano, Andromeda aveva sbadigliato e borbottato che avrebbe provato a dormire un po'.
Anche Remus cominciò ad avvertire la stanchezza. Non chiudeva occhio da ventinove ore, se non si contavano quei venti minuti sul tavolo della cucina. In verità parte di lui non voleva neanche farlo, come un capriccio infantile. Dormire significava avere gli incubi, e quello reale che stava vivendo gli bastava. Riconosceva, però, che era una primaria necessità.
Stava proprio per sdraiarsi sul divano, quando altri colpi alla porta attirarono la sua attenzione. Con un leggero sospiro, Remus andò ad aprire ad una delle persone che più desiderava incontrare, ma che non aveva avuto la forza di avvertire.
Lyall Lupin sorrideva mestamente allo sguardo incredulo del figlio.
“Ciao, Remus” disse. Quest'ultimo restò qualche secondo impalato sulla soglia, poi si gettò su di lui e lo abbracciò stretto. Restarono così per un po', in silenzio. Remus dovette lottare con se stesso per non piangere ancora. Una miriade di emozioni contrastanti lo travolsero, ma soprattutto il dolore per la sua perdita opposto alla gioia di rivedere suo padre.
“Vieni” disse Remus con voce roca, liberandolo dalla stretta ed indietreggiando verso l'interno. “Entra”
Lyall entrò e si guardò intorno. L'ingresso dava direttamente sulla cucina: era un locale semplice e modesto, ma ordinato e pulito, con tavolo, piano cottura, mensole e stipetti, una porta sulla destra che conduceva alle altre stanze. A separarla dal piccolo salotto sulla sinistra c'era solo un basso muretto decorato, che non arrivava da una parete all'altra. C'erano un caminetto spento, un divano giallo contro la parete, una poltroncina dello stesso colore e un basso mobile appoggiato alla parete opposta con sopra delle fotografie. Remus lo fece accomodare sul sofà. Non si vedevano da quasi un anno, dai due giorni prima del matrimonio, per la precisione. Tonks aveva insistito nel conoscere Lyall per ricevere almeno la sua benedizione prima di essere sposati, e Remus l'aveva accontentata, nonostante avesse temuto per l'incolumità del padre a causa della sua visita.
“Una tazza di tè?” chiese Remus a bassa voce. “Scusa, di là ci sono Teddy e la nonna che dormono”
“Volentieri” rispose Lyall. L'altro si spostò in cucina e mosse la bacchetta. Un bollitore si riempì d'acqua e dopo qualche secondo cominciò a fischiare. Una tazza uscì dalla credenza e si posò sul ripiano. Un altro pigro movimento del polso, e una delle bustine di tè che erano già lì si mise dentro la tazza. Remus prese il bollitore e vi versò l'acqua.
“Ecco” disse, porgendo la tazza a Lyall. Quest'ultimo ringraziò.
“So che è scontato chiedertelo ma... come stai, figliolo?”
Remus lo guardò. Lyall aveva i capelli corti, bianchi e lisci, il naso un po' grande e la bocca sottile. Remus ne aveva ripreso gli occhi chiari e il mento, per il resto aveva i lineamenti di sua madre. Una volta una ragazza gli aveva detto che se non fosse stato per le cicatrici – era convinta che fosse autolesionista – nel complesso era un bel giovane.
“Sto... sto male. Male” rispose sincero. Lyall sospirò e guardò fisso davanti a sé.
“Ci si sente... incompleti” disse piano. Remus tacque. Dopo un po' annuì. Chi poteva capirlo meglio dell'uomo che aveva accanto? Era suo padre, ed aveva perso sua moglie molti anni prima. Ciò che diceva aveva un senso, la parola che aveva usato racchiudeva tutta la sofferenza che provava. “Incompleto”. Era come se l'avessero privato di metà del suo corpo, braccia, cuore, polmoni, tutto era stato diviso in due, perfino la sua anima. Un dolore inimmaginabile.
“Quando persi tua madre” continuò Lyall, “era come se... come se... mi fosse crollato il mondo addosso”
Sorseggiò il tè.
“Mi chiedo” disse Remus, pur sapendo quanto fosse puerile e retorica la sua domanda, “se riuscirò mai ad essere di nuovo felice, papà. E se lo sarà anche mio figlio, senza sua madre”
Lyall gli rivolse uno sguardo compassionevole, poi posò la tazza sul tavolino e gli prese le mani.
“Lascia che ti dica una cosa, Remus. Hai perso una delle persone più importanti della tua vita stanotte. E quello che provi, il dolore, la paura, l'incertezza e l'ignoto, è più che comprensibile. Ma sappi questo, anche se ora ti sembrerà impossibile” gli strinse le mani più forte. “Il tempo, figliolo, il tempo cicatrizza le ferite, anche le più gravi. Non si rimargineranno mai del tutto, ma imparerai a conviverci. E, sì, per quanto possa sembrare quasi assurdo, ci saranno cose per cui varrà la pena lottare. Quelle saranno le cose che ti renderanno felice. Sarà una felicità diversa, ma pur sempre felicità”
Fece una pausa, poi continuò:
“Quanto a Teddy” gli rivolse un timido sorriso, “non preoccuparti. Crescerà e sarà orgoglioso di sua madre. Ci sarà sempre un vuoto nella sua vita, certo, ma ci sarai tu a riempirlo, Remus. Tu e tutte le persone che vogliono già bene a quel bambino, e quelle che dovrà ancora incontrare”
Per un istante, Remus gli credette, ma, come il padre aveva predetto, la serenità era qualcosa di irraggiungibile al momento, qualcosa per cui non valeva la pena alzare un dito. Lyall riprese a bere il tè.
“Mi piaceva. Molto” disse. “Sempre allegra... Aveva un bellissimo sorriso”
“E'... era fantastica” concordò Remus, mentre sentiva la sua voce che tremava all'idea di usare il tempo passato. “Mi sono sempre chiesto che cosa avessi fatto per averla nella mia vita”
“Tu meriti più di quanto credi, Remus. Hai sempre avuto una scarsa autostima” sentenziò Lyall. Remus si passò una mano sulla fronte, tormentato.
“Non merito proprio niente” disse. Afferrò i capelli. “Non merito un accidente” sibilò con rabbia.
“Perché dici questo?”
“E' colpa mia, papà. Solo colpa mia. Non avrei mai dovuto prendere parte alla battaglia, ho preferito aiutare Harry piuttosto che stare vicino a mia moglie e a mio figlio, io... non merito neanche di vivere...”
“Remus” lo chiamò Lyall con fermezza, tirandolo via dal baratro in cui stava precipitando. “Non dirlo neanche per scherzo, è chiaro? Il tuo è stato coraggio, hai combattuto per tua moglie e tuo figlio, per sconfiggere Tu-Sai-Chi, per assicurare loro un mondo migliore. Devi essere solo fiero di te stesso. Non è stato un atto di eroismo, né ti sei messo a pensare a cosa fosse giusto fare. E' stato l'istinto più umano che hai, Remus: l'amore. E lo stesso ha fatto Tonks. Sono sicuro che, se fosse stato possibile, sareste rimasti vicino a Teddy. Ma a cosa sarebbe servito stanotte?”
“E a cosa è servito andare, papà?” lo interruppe Remus, lo sguardo duro. “Dimmelo, a cosa è servito?”
“A fare la differenza, figliolo” rispose Lyall. Remus sospirò esasperato.
“L'unica differenza che vedo è che adesso mia moglie non c'è più” sussurrò, tirando su col naso. Lyall tacque, poi disse piano:
“Come potevi saperlo, Remus? Dimmi, avresti potuto prevederlo?”
“Sì” disse subito lui.
“No” lo corresse l'altro. “Se l'avessi saputo, non ci saresti andato. E' questo quello che conta”
Remus non disse nulla. All'improvviso capì cosa intendeva il padre. Il macigno che portava nell'animo era leggermente rimpicciolito, anche se ormai il senso di colpa permeava il suo cervello come un gas velenoso.
Lyall finì il suo tè, poi disse:
“Sarai stanco. Forse è meglio che vada”
Per un fugace istante, a Remus venne in mente un ricordo di quando era bambino: i suoi genitori che vegliavano su di lui dopo una notte di luna piena, aspettando che lui si addormentasse. Lyall si alzò, e lui lo imitò.
“Grazie per... per essere venuto” disse. Lyall inarcò un sopracciglio.
“Sappi che tornerò” precisò. “Non ti azzardare a tagliarmi fuori dalla tua vita, questa volta”
Remus sorrise debolmente e scosse il capo. Aspettò che superasse gli incantesimi protettivi e lo guardò Smaterializzarsi, chiedendosi come avesse fatto ad attraversarli la prima volta. Si rese conto che, in fondo, lo aveva sempre aspettato.

 

 

 

Angolo autrice:
Ciao gente! Ecco un nuovo capitolo ^^ Date il benvenuto a Kingsley e Lyall!
Non ho niente da dire, tranne che spero che vi sia piaciuto e che lasciate qualche recensione :)

Come sempre, grazie mille a coloro che hanno letto, recensito o inserito la storia tra le seguite, preferite o ricordate ^^
Meg

  
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