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Autore: Lost on Mars    31/01/2014    6 recensioni
Lily Evans è Caposcuola, la prima della classe, la studentessa perfetta ed è convinta che la sola esistenza di James Potter potrebbe portarla lentamente verso la pazzia. James Potter, d’altro canto, capitano della squadra di Quidditch, Caposcuola e indiscusso secondo in classifica tra i ragazzi più appetibili di Hogwarts, sostiene che quello che Lily prova nei suoi confronti non sia odio, ma qualcosa di indefinito che lui porterà ad essere qualcosa di molto importante, e soprattutto, qualcosa che non includa il venir picchiato con un tomo di Storia della Magia.
DAL PROLOGO:
Il giorno in cui Lily aveva ricevuto la sua lettera, al compimento dei suoi undici anni, si era sentita la persona più felice del mondo, come se avesse potuto spostare una montagna con un solo dito.
A sei anni e otto mesi da quel giorno, Lily Evans era arrivata alla conclusione che se avesse mai avuto nuovamente quell’adrenalina a scorrerle nelle vene, la montagna l’avrebbe spostata, magari per farla cadere addosso a James Potter.
E come si diceva tra i babbani? Se la montagna si muove e tu non sei Maometto…
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Lily/Severus, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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CAPITOLO 3 – IL NEMICO DEL MIO NEMICO È MIO AMICO.
 

 

Alice Prewett era una ragazza apparentemente normale: aveva i capelli marroni, gli occhi azzurri e le lentiggini sul viso. O meglio, Alice Prewett aveva i capelli marroni, gli occhi azzurri, le lentiggini sul viso e una cotta colossale per Frank Paciok.
Non sapeva con esattezza quando e come era iniziato il tutto, forse alla fine del sesto anno, quando Frank l’aveva salutata con un bacio sulla guancia alla stazione; oppure quando, verso la metà di Luglio, le era arrivata una lettera da parte del ragazzo, che le chiedeva come stava passando le vacanze.
Insomma, c’erano così tanti fattori che avrebbero potuto essere considerati il motivo della cotta di Alice, ma più passavano i giorni, più la ragazza si rendeva conto che Frank le piaceva soprattutto perché lui era semplicemente Frank.
Non era un ragazzo popolare a scuola, giocava come riserva nella squadra, quindi non appariva nemmeno poi così tanto, durante le partite. Era solare e ottimista, con un gran sorriso sempre stampato in faccia.
Ogni volta che Alice ci parlava sembrava metterla a suo agio, e la rendeva allegra.
Come si dice? Il ragazzo perfetto deve saper farti ridere.
E, in effetti, Alice avrebbe riso ancor di più se fosse venuta a sapere una cosa in particolare su Frank, perché il tutto era talmente buffo da sembrare quasi inverosimile.
La verità, era, infatti, che Frank Paciok non aveva occhi che per Alice dal suo terzo anno, ovvero da quando lei lo aveva aiutato con un compito di Trasfigurazione che, a detta sua, a quell’epoca, era supermegaextradifficile.
In quel momento, e nei tre anni a seguire, era stato troppo timido per fare alcunché. Si era detto che non era nessuno di speciale, che forse Alice l’aveva aiutato solo perché lei era una persona incredibilmente buona e gentile, sempre disponibile per aiutare chi era in difficoltà. Perché era una persona fantastica.
Ma dall’ultimo giorno di scuola dell’anno prima, aveva deciso di darsi una mossa, perché poi ci sarebbero state le vacanze, e dopo ancora l’ultimo anno ad Hogwarts. E dopo chissà se l’avrebbe rivista ancora.
Ecco perché quel lunedì pomeriggio, proprio dopo la lezione di Storia della Magia, un Frank Paciok abbastanza assonnato chiese ad Alice di accompagnarlo a prendere delle cose ad Hogsmeade il sabato seguente. Ed ecco perché un’Alice Prewett  molto elettrizzata aveva accettato con fin troppo entusiasmo, forse, abbracciandolo forte, e stringendolo a sé come se il mondo dovesse finire da un momento all’altro.
Dopo quello, però, si era allontanata velocemente, e poiché era diventata tutta rossa in viso balbettò delle veloci scuse per poi dirigersi di corsa verso la Sala Comune.
«Frank ti ha chiesto di uscire?» Marlene era fin troppo su di giri, quella sera. Lei, Mary, Lily ed Alice erano sedute a gambe incrociate sul letto di quest’ultima, più o meno da quando Alice era entrata in dormitorio rivolgendo a tutte un sorriso a trentadue denti. E le tre, giustamente, avevano chiesto ad Alice il motivo della sua felicità. Anzi, sarebbe meglio dire che l’avevano quasi incatenata al proprio letto al costo di dire loro tutto.
«Sì, insomma… credo di sì.» Mormorò Alice. Non riusciva nemmeno a parlare normalmente tanto era emozionata.
«Che vuol dire “credo di sì”?» Chiese Mary all’improvviso.
«Vuol dire che mi ha solo chiesto di accompagnarlo a comprare delle cose, non di uscire.» Rispose Alice abbassando lo sguardo. Non ci capiva niente nemmeno lei, questo era poco ma sicuro. Ci fu un momento di preoccupante silenzio, durante il quale tutto fu un continuo guardarsi negli occhi senza una risposta precisa.
Anche perché, nessuna di loro conosceva effettivamente Frank. Non avrebbero potuto immaginare cosa gli passasse per testa.
«Alice, i ragazzi sono fatti così! Iniziano con una banale scusa ma poi, tra una cosa e l’altra, finiscono per portarti a letto. » Bofonchiò Marlene alzandosi di scatto dal letto. E fu piuttosto strano, perché Marlene aveva cambiato umore da un minuto all’altro, e non era mai successo prima d’allora.
«Marly…?» Chiese Lily , che fino a quel momento non aveva aperto bocca.
Adesso tutte fissavano la bionda che aveva raggiunto il suo letto e ci si era buttata sopra a pancia in su. Le tre si fissarono, Alice scosse il capo in direzione di Marlene, come per dire che di lei e Frank se ne sarebbe potuto parlare in un secondo momento.
«Tutto bene?» Le chiese Alice sedendosi accanto a lei. Marlene scosse la testa e sospirò tristemente, coprendosi il volto con le mani.
«Avete presente Gary, il mio vicino di casa babbano?» Chiese Marlene. Si alzò a sedere sul letto e  si portò le ginocchia al petto, e vi posò sopra la testa. Le tre annuirono. «Ecco, quando sono tornata a casa noi… ci siamo messi insieme.»
«TU TI SEI MESSA CON QUEL FIGO PAZZESCO E NON CI HAI MAI DETTO NIENTE?!» Mary era fuori di sé. Insomma, quello non era di certo il momento più adatto per cominciare a dare di matto in quel modo, anche perché Marlene era parsa parecchio triste – e soprattutto, era incazzata, avrebbe aggiunto Lily –, ma si sapeva com’era fatta Mary: diceva sempre quello che pensava, senza mettere freni alla lingua.
«Ve lo avrei detto se lui non si fosse comportato da perfetto stronzo!» Ribatté Marlene, forse urlando meno di Mary, ma comunque alzando la voce.
«Marly, calmati e spiegaci tutto dall’inizio, va bene? Magari possiamo aiutarti.» Intervenne Lily.
«Okay. Capitemi, sto cercando di rimuovere la sua faccia dalla mia testa.» Rispose Marlene, poi prese un gran bel respiro «è successo circa una settimana dopo il mio ritorno a casa: i miei non c’erano, e lui è venuto a casa mia per restituire un non-so-cosa a mio padre.
E allora io gli ho detto che poteva darlo a me – qualunque cosa fosse – e lui l’ha fatto. È uscito fuori che era un qualcosa da usare in giardino, figuriamoci, io non so maneggiare nemmeno delle forbici da cucina… Quindi, da brava idiota quale sono, quando l’ho preso mi ci sono tagliata e Gary ha cominciato a farsi prendere dal panico perché c’era sangue ovunque.»
«Non potevi usare un incantesimo?» Chiese Mary perplessa. Marlene era intelligente, certo, ma lei l’aveva sempre detto che mancava  sempre senso pratico.
«Gary è babbano.» Fece notare Lily.
«Oh, giusto. Continua, Marlene.» Disse Mary mordendosi il labbro inferiore.
«Be’, dopo siamo entrati in casa e mi ha fasciato la ferita – nel mio bagno, precisiamo, che è più piccolo dello sgabuzzino delle scope di Gazza –, e poi mi ha baciata.» Concluse Marlene.
Lily, Alice e Mary erano a bocca aperta, anche se sapevano che il peggio doveva ancora arrivare, tuttavia, Mary non riuscì a trattenersi: «OH MERLINO!» E per tutta risposta ottenne uno scappellotto da parte di Lily. Ultimamente le piaceva zittire al gente in quel modo, vedasi l’altra notte con James.
«E poi, sapete come funziona, un bacio tira l’altro e…»
«Marlene, sei andata a letto con Gary?» Chiese Alice chiaro e tondo, tant’è che le altre si stupirono quando la sentirono fare quella domanda. Alice non era così schietta, di solito. Era lei quella riservata e tremendamente timida, di solito.
«Ragazze, non ho idea di come sia successo! I miei non c’erano, lui era così bello e… faceva così caldo, il mio cervello non ragionava.» Rispose Marlene per giustificarsi, parlava di fretta, mangiandosi le parole e gesticolando. «Lo so che mi sono comportata come una... sì, insomma, avete capito, ma non doveva finire così. Lui mi piaceva da tre estati e io piacevo a lui...»
«E poi? Hai detto che ha fatto lo stronzo.» Disse Lily.
«Sì, ma molto poi. Mi spiego: per due mesi è stato carinissimo. Uscivamo, andavamo al cinema e mi portava a cena fuori, io credevo di essermi innamorata di lui.» Sospirò Marlene, fece una pausa nella quale non fu altro che silenzio, e poi ricominciò: «poi gli ho detto che come tutti gli anni sarei dovuta partire per andare a scuola, e a quel punto mi ha confessato che quella volta era stato tutto un errore, che non avrebbe dovuto baciarmi e… tutto il resto.»
«Marly…» Iniziò Mary «Mi dispiace tanto.» E allora l’abbracciò, poi si unirono anche Lily e Alice.
«Non so, credo di avere una specie di maledizione: tutti i ragazzi che mi piacciono si allontanano da me.» Mormorò la bionda.
«Troverai anche tu la persona giusta, Marly, tutti la troveremo, prima o poi.» Disse infine Lily.
Le altre annuirono, e Marlene si accoccolò sulla spalla della rossa sorridendo amaramente. Infine, decisero di prepararsi per andare a cena dato che Lily stava letteralmente morendo di fame.
Non aveva avuto ancora l’occasione di chiedere a Mary della famosa scappatella notturna per incontrare Sirius Black, ma si ripromise che la mattina dopo avrebbe cominciato a farle così tante di quelle domande che alla fine avrebbe ceduto sicuramente.
 

 

***

 

 
«Mocciosus.» James aveva scelto davvero un ottimo posto per aspettare Severus Piton: la biblioteca. Non che James frequentasse molto quel posto, ma se voleva essere sicuro di trovarlo, avrebbe dovuto fare un piccolo sacrificio.
«Lasciami stare, Potter.» Borbottò Severus cercando di ignorarlo. Lo superò, e James non lo trattenne in alcun modo, semplicemente, si limitò a tirare fuori il suo punto debole. Forse quello di entrambi.
«Voglio parlarti di Lily.» Disse James, e solamente il nome di lei spinse Severus a non continuare a camminare verso i Sotterranei. Era Lily che lo teneva ancorato lì, sotto gli occhi di James Potter.
Allora di voltò lentamente incitandolo a parlare.
«È triste.»
«E tu che ne sai? Non mi pare che tu sia il suo confidente numero uno.» Sputò Severus guardando male James.
«Non lo sei nemmeno tu, se è per questo.» Disse James, sospirò, cercando le parole da dire, ma queste si dissolvevano sempre, e prendevano la forma del viso di Lily. «Sembra che stia bene, ma in realtà è molto infelice.»
«Mi hai già portato via Lily, adesso sei qui in qualità di mia coscienza per farmelo pesare o cosa?» Disse brusco Severus, aveva il libro di Pozioni sottobraccio e i capelli in disordine. Parecchio in disordine. «Immagino che tu sia soddisfatto ora, Potter.»
«Chiariamo subito una cosa: io non ti ho portato via nessuno. Sei tu che hai incasinato tutto, come ti sei permesso di dirle una cosa del genere? Tu meglio di tutti avresti dovuto sapere quanto è fragile Lily, ma giustamente te ne sei fregato!» James alzò la voce e di conseguenza uscì velocemente dalla biblioteca per evitare che gli arrivasse un libro in testa. Severus lo seguì, perché ormai ci era dentro fino al collo, e l’ultima cosa che voleva era tirarsi indietro.
«Se l’ho fatto è stato esclusivamente per colpa tua. Perché tu ti stavi prendendo gioco di me, perché tu avevi deciso di farmi sembrare un idiota agli occhi di Lily, perché tu… sei un… colossale stronzo, Potter.» Gli gridò contro Piton. Non era preoccupato di attirare l’attenzione, era ora di cena, per questo non c’erano molte persone in giro per i corridoi.
«Non sono io ad aver chiamato la mia migliore amica “Sporca Mezzosangue”. Oh, aspetta, Lily non è più la tua migliore amica, sbaglio? Lei non è più niente per te, adesso. E tu non sei più niente per lei. Accettalo.» Disse ancora James. Le mani in tasca e lo stomaco che brontolava ferocemente. Ma lui l’aveva vista Lily, l’altra notte, quando lo aveva nominato.
Aveva visto la sua espressione triste e aveva ascoltato la sua supplica, che gli chiedeva di non parlare di Severus, che gli chiedeva di non ricordarglielo, che voleva solamente dimenticare quello che era successo.
Perché James non aveva mai perso un amico così caro, e per quanto potesse odiare Piton, doveva ammettere che era stato – e che forse era tuttora – una persona importante per Lily.
E malgrado lei avesse dei risentimenti nei confronti di lui, allo stesso tempo gli voleva ancora bene, perché era stato un compagno di vita, un fratello, un amico fidato, e a dirgli addio per sempre, proprio non ci riusciva.
Non ci sarebbe mai riuscita.
«Senti, picchiami e falla finita. Devo posare i libri e andare a cena, non ho voglia di perdere tempo con te.» Lo provocò Severus.
«No, oggi sono particolarmente magnanimo e non propenso alla violenza.» Rispose James strafottente, era incredibile di come riuscisse a trovare una frase – più o meno – ironica per ogni situazione. Erano quelli i momenti in cui James Potter si compiaceva e stupiva di se stesso.
«Oh, giusto. Non ci sono i tuoi amichetti nascosti da qualche parte e pronti ad aiutarti. Da solo sei un codardo, non è vero, Potter?» Continuò Severus alzando la voce. Per tutta risposta James gli si avvicinò pericolosamente e lo prese per il colletto della camicia.
«Ascoltami, Piton, se c’è un codardo tra noi due, quello sei tu. Sono stato chiaro? Sei una serpe viscida, e come tale ti limiti a strisciare lontano dai guai, te la svigni sempre, fallo anche adesso, te ne do la possibilità.» Gli disse lentamente, i due si guardarono negli occhi, come se volessero sfidarsi, e Severus aveva già portato la mano alla tasca dove teneva la bacchetta, quando James finì la frase: «Uno come te non la merita.»
«Perché, uno come te sì? Uno come te meriterebbe Lily?» Chiese il Serpeverde spavaldo. «Sei solo un pallone gonfiato che pensa di poter fare tutto, ma lei ti odia. A lei non piacciono questi tipi persone, non le piacciono gli sbruffoni come te.»
«Toglitela dalla testa, perché Lily sta male per colpa tua, e tornerà a sorridere solo ed unicamente grazie a me.»
«Vuoi un premio, adesso? Siamo vicini alla Sala dei Trofei, Potter, se vuoi te lo vado a prendere.»
«No,» Rispose James soffocando una risata. «mi basta vedere la consapevolezza di aver perso Lily per sempre sulla tua faccia da schiaffi, Mocciosus.»
 

 

***

 

 
Quel martedì mattina, dopo la lezione di Incantesimi con i Corvonero, Remus Lupin era dell’ idea che l’intera storia dell’umanità – e la sua vita in quel preciso istante – avrebbe potuto essere riassunta in una semplice frase  di sole otto parole, ovvero: il nemico del mio nemico è mio amico.
Era arrivato tardi a lezione, quella mattina, cosa che già di per sé era abbastanza strana, perché Remus non arrivava mai in ritardo, soprattutto se si trattava di lezioni.
Magari gli capitava di tardare a cena, o pranzo, oppure a qualche appuntamento con amici e non – anche se per colpa di un certo Black quest’ultimo punto era trascurato parecchio – ma mai, mai arrivava tardi alle lezioni.
Era incredibilmente preciso, e anche abbastanza pignolo. Non si sapeva spiegare come mai si era svegliato tardi, sapeva solo che il dormitorio era vuoto quando si era alzato dal letto, e per trovare il suo dormitorio vuoto doveva essere veramente tardi.
Non aveva fatto nemmeno colazione, e la fame si fece sentire non appena varcò la soglia dell’aula di Incantesimi, provocandogli un fastidioso formicolio all’altezza dello stomaco.
Sicuro sia solo fame, Remus?
Ah, già. Come se non bastasse, dalla sera prima aveva quella fastidiosa vocina a ronzargli nella testa, come… una sorta di coscienza, ecco. E talvolta Remus le rispondeva pure, magari quando nessuno l’ascoltava, perché non voleva sembrare uno scemo.
Si scusò velocemente con il professor Vitious e prese posto vicino ad un Corvonero, perché tutti gli altri erano già occupati.
Che razza di amici.
James infatti era seduto vicino a Sirius – il quale minacciava di addormentarsi sul banco da un momento all’altro –, erano all’ultimo banco della fila centrale, vicino a quello dove era seduto Peter, vicino a Marlene; quattro banchi più avanti c’erano Lily e Mary, e accanto a loro l’unico posto vuoto.
Il suddetto posto era vicino – come detto prima – ad un Corvonero: ricci capelli neri e occhi azzurri, fissava Remus da quando era entrato. Fissava pericolosamente Remus da quando era entrato.
E Remus non avrebbe potuto fare altrimenti, quindi sospirò e si trascinò al primo banco. Proprio quello davanti alla cattedra, logico.
La lezione si era svolta in silenzio, il Corvonero non aveva aperto bocca e aveva seguito – e riportato minuziosamente su una pergamena – la lezione del professor Vitious, non si era lasciato scappare una parola o un esempio, e già questo lo rendeva strano.
Poi, quando mancarono ormai solo cinque minuti, il ragazzo in questione parlò, e Remus sobbalzò sulla propria sedia per lo spavento. Si rese conto di non aver mai sentito la voce del ragazzo, che era stranamente fine e soffice.
«Piacere, Austin. Krueger. Tu sei?» Gli chiese allora.
«R-emus. Remus Lupin.» Si accorse di avere la voce roca, e se la schiarì con un colpo di tosse. Scosse la testa e tornò a concentrarsi sul libro.
«È strano che non ci siamo mai visti prima, vero?» Chiese Austin riponendo le pergamene dentro a cartella.
«Stranissimo.» Si limitò a dire Remus. Quella situazione non gli piaceva affatto, aveva un terribile presentimento e una paura matta di verificare se fosse vero o meno.
La lezione giunse al termine, tutti si alzarono e alcuni uscirono a mo’ di fulmine dall’aula. Remus si accorse di essere ancora seduto quando Lily e Mary gli passarono davanti, e lui riuscì a sentire una domanda della rossa.
«Mary, non hai mai parlato con Black prima d’ora, perché avevi un appuntamento con lui l’altra notte?» Aveva detto Lily, e Remus si era lasciato prendere un’altra volta dalla gelosia.
Dannazione.
«Che lezione hai adesso?» La voce di Austin lo riportò alla realtà, facendogli dimenticare Mary e Sirius per un momento.
«Divinazione.» Rispose Remus alzandosi.
«Oh, io ho un’ora libera, se ti va ti accompagno fino alla Torre dei Corvonero, tanto devi passarci comunque per andare a Divinazione.» Disse raggiante Austin.
Sì, Remus aveva decisamente un brutto presentimento, e ogni minuto che passava l’idea che aveva in testa sembrava prendere sempre più forma. Ma, dopotutto, sarebbe stato scortese rifiutare, magari Remus si era fatto solo mille seghe mentali, magari quell’Austin era solamente un ragazzo che cercava di fare amicizia, magari era del tutto innocuo.
E quando mai Remus Lupin aveva ragione su qualcosa?
«Allora, amico, qual è il tuo problema?» Chiese Austin mentre uscivano dalla classe.
«Io non ho nessun problema.» Borbottò Remus, sperò di arrivare davanti la Sala Comune del Corvonero in fretta, perché si stava già pentendo di aver accettato lo strano invito di quel tipo.
«Tutti abbiamo dei problemi, e nel tuo caso ce lo hai scritto in faccia.» Disse di rimando il ragazzo moro.
«E va bene…» Sbuffò Remus «c’è una persona che… mi piace, ma sta uscendo con un’altra persona.» Disse Remus, come ci era arrivato così in basso? A farsi dare pareri da uno conosciuto da pochissimo tempo? Bah.
«Ti capisco, sono nella tua stessa situazione.» Disse Austin. «Lei è carina?»
Remus deglutì, istintivamente avrebbe risposto con “Sì, Sirius è bellissimo”, ma non si fidava ancora abbastanza di Austin da rivelargli il fatto che gli piacessero i ragazzi, e poi, quel tipo sembrava etero al cento percento.
Anzi, al centodue percento, tanto per essere sicuri.
«Abbastanza.» Rispose infine Remus.
«Guarda, io non so come ci si comporti con le ragazze, ma credo che questo ragionamento valga per tutti gli esseri umani.» Disse Austin. Remus si bloccò: aveva capito male, oppure quell’Austin Krueger gli aveva appena fatto capire di essere gay? Insomma, in genere Remus non sbagliava mai, ma quella volta l’idea non l’aveva neppure sfiorato. Nemmeno un po’.
E, cosa più importante, i suoi terribili presentimenti erano veri.
«Immagino di sì.»
«Chi è?»
Merda.
«Ehm… Mary McDonald.» Remus disse il primo nome che gli venne in mente, anche perché dire che Mary c’entrasse qualcosa in tutto quel casino non era comunque una bugia, era una mezza verità, ecco.
Con la differenza che era Mary quella da eliminare, non Sirius.
«Remus, sei a cavallo.» Gli disse Austin, aveva stampato in faccia un sorriso a trentadue denti.
«E perché?» Gli chiese Remus, adesso era parecchio confuso, invece. «Non  capisco cosa tu abbia in mente.»
«Ascolta e impara, Remus Lupin.» Iniziò Austin, si schiarì la voce e continuò: «A te piace Mary, che sta uscendo con il tuo migliore amico, quindi, per farla ingelosire devi uscire con la sua migliore amica.»
Primo, come faceva Austin a sapere che Sirius era il suo migliore amico? E, secondo, avrebbe davvero dovuto far finta di uscire con una delle migliori amiche di Mary, con una ragazza?!
«Lily?» Chiese Remus, Austin svoltò a sinistra.
«Oh, no! La Evans è troppo presa da Potter per accettare di uscire con te.» Rispose Austin. «Marlene McKinnon.»
«Ma…»
«Ascolta, abbiamo un obiettivo comune, noi: allontanare Sirius Black e Mary McDonald, ci sei?» Chiese Austin bloccandosi a metà delle scale, guardò Remus.
«No, non ci sono.» Disse sinceramente Remus, erano quasi arrivati alla Sala Comune Corvonero, c’erano mezza rampa di scale e qualche corridoio a separarli. Si maledì per non aver camminato più velocemente.
«Se si mollano, tu avrai Mary e io Sirius, non è così difficile da capire.» Ecco, più semplice di così Austin non avrebbe potuto farla. E a Remus venne voglia di spaccargli la faccia. E diventò più geloso di quanto non lo fosse quella mattina, perché adesso erano in due a fare la gara per Sirius.
E allora, dopo aver scaricato con non molta grazia Austin davanti la sua Sala Comune, Remus si allontanò velocemente, anzi iniziò proprio a correre verso la Torre Nord, augurandosi di non avere allucinazioni che gli avrebbero fatto vedere il volto di Austin Krueger ovunque perché avrebbe preso tutti a pugni, e davvero non ci teneva a mandare mezza Hogwarts in  Infermeria.
Sarà anche vero che il nemico del mio nemico è mio amico, ma quando il nemico del mio nemico è a sua volta un mio nemico, a questo punto che succede?
 

 

 
 

 

 

 

NdA: Saaaalve a tutti! Il tempo che ci metto ad aggiornare si accorcia, l'altra volta erano dodici giorni oggi sono undici *le tirano pomodori in testa* *ci fa il sugo* *le viene fame*
Okay, lasciate perdere. Ecco qui il terzo capitolo! Personalmente, è uno dei miei preferiti fino a questo momento, c'è l'apparizione di Austin Krueger, primo dei pochissimi OC che ci saranno in questa storia che avranno un ruolo abbastanza fondamentale (insomma, uno dei pochi OC che arriverà fino alla fine della storia, o forse no... muahahaha). Proprio su Austin voglio conoscere i vostri pareri, cosa ne pensate? ^^
E, invece, parlando del capitolo, quali sono state le vostre impressioni? Mh, so che qui di Jily ce n'è veramente poco, ma ho deciso di dare spazio agli altri personaggi e alle altre coppie visto che non sono pochi, mi incasinerò di brutto, me lo sento. xD Per farmi perdonare vi assicuro che il prossimo capitolo sarà quasi interamente dedicato a James e Lily :3 Ringrazio tutti quelli che recensiscono e seguono/preferiscono/ricordano la storia ♥
Ora sparisco, vi auguro biona giornata e.. recensite!
Marianne

 

 

   
 
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