Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Judee    31/01/2014    1 recensioni
Vedo la curva del suo mento, i denti bianchi perfettamente allineati, le labbra sottili, pura ambrosia, esplosione di dolcezza, zucchero senza colpa, che ammaliano, e quando le guardi riesci solo a pensare a come deve essere baciarle, assaggiarle, sentirle su di te. Vedo la fessura tra di esse, il naso dritto, le guance morbide, le fossette. Due piccole incavature, che circondano il suo sorriso, aggiungendo nettare al miele. Sta sorridendo.
“Annie”
*******
Genere: Fantasy, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic




 




CAPITOLO SESTO 
- Una risata può essere una cosa molto potente. A volte, nella vita, è l'unica arma che ci rimane! - 




Rientrata a casa, questa volta dalla finestra della cucina, mi rendo conto che stare sveglia mi  è praticamente impossibile. La tensione nervosa che fino a poco prima mi aveva sorretto, è sparita con i baci di Finnick, ed ora mi ritrovo in piedi in mezzo alla cucina a sbadigliare. Non ho assolutamente voglia di andare in camera, così decido di uscire, per sdraiarmi sull’amaca. Nel frattempo, mentre la preparo aggiungendo cuscini e una leggera coperta, metto il bollitore sul fuoco e lascio che l’acqua si scaldi con calma. Quando è pronta, la verso in una di quelle tazze di a forma di conchiglia tipiche del nostro distretto, mettendo in infusione una bustina di the al limone. Sorreggendo la tazza con una mano apro la porta che dà sul giardino, e raggiungo l’amaca, dove mi sdraio. Il sole ormai ha spazzato via gli ultimi rimasugli della notte, e il cielo ha quel colore indistinto, un miscuglio di rosa, azzurro, viola e verde che rende le albe sul mare così belle. Sembra quasi che un pittore stia disegnando sopra le nostre teste un incanto di magia e bellezza. Sorseggiando il the, mi scopro malinconica, osservando il cielo pensando alla mia vita, a chi sono, a chi sarò. Cullata dalla risacca delle onde, mi addormento.

***

Quando mia madre mi urla di alzarmi, il sole è già alto nel cielo, ed ho le gambe informicolate per la posizione scomoda in cui mi sono ritrovata a dormire. Lo stomaco emette un rumore che potrebbe terrorizzare persino gli squali che ogni tanto compaiono sulla costa, così accetto i dolci che mia madre mi offre gentilmente quando rientro in casa. Tamata, ancora in pigiama, sta finendo la sua tazza di latte, immobile. La scruto, ma sul suo viso non c’è un solo accenno a quello che è successo ieri sera, ma è meglio così: le parlerò dopo, in privato. Mia madre, il viso segnato da una vita accanto al mare, pulisce i fornelli, i capelli scuri che le ricadono sulle spalle. È ancora bella, nonostante l’età. A volte, quando la guardo mentre ride, riesco a scorgere la fanciulla che un tempo deve essere stata, quando felice si divertiva sulle spiagge del Distretto Quattro. Ora, non saprei dire perché, una sottile coltre di tristezza è scesa su di lei, su di noi, come se improvvisamente qualcosa fosse venuto a mancare. Forse è la sicurezza: una volta passati i diciannove anni sei immune alla Mietitura, ma se poi hai dei figli… questo forse è l’unico motivo per cui non vorrei mai diventare madre. Voglio dire, essere costretti a programmare la morte dei propri figli una volta all’anno dev’essere terribile, no? D’altro canto… stringere tra le proprie braccia una meravigliosa creaturina che dipende solo da te, un piccolo corpicino a cui narrare favole, cantare ninna nanne… cosa può esistere di più bello al mondo? Cosa può essere più meraviglioso della propria vita trasmessa in un altro corpo? Ma come ho già detto, vivo a Panem. I miei figli potrebbero morire ogni giorno… all’improvviso, mio padre mi accarezza la spalla. È un tocco freddo, distante, che mi riscuote dai pensieri.
“Oggi è il gran giorno!” sorride come l’ho visto fare in pochi altri giorni. Casualmente, tutte Mietiture.
“Eh già” dico impacciata, trattenendo l’istinto di fargli uscire il bulbo oculare dalla nuca con uno sputo.
“Sono certo che quest’anno toccherà finalmente ad una di voi! Annie, spero in te… tra poco sarai troppo grande!”
“Un gran peccato”
“Oh si! Ma se anche pescassero Tamata – e qui bisogna essere davvero ciechi per non notare il terrore sul suo volto – sarei  molto felice! Una delle mie figlie avrebbe l’opportunità di dimostrare quanto vale, e questo mi basterebbe!”
Ora mi sono veramente arrabbiata. Voglio dire, perché cavolo non gli interessano i risultati scolastici? O le gare di pesca distrettuali? Molto meglio una gara mortale organizzata da persone sado-masochiste con dei seri problemi psicologici! Ma certo!
“Scusatemi, devo andare” mi alzo dal tavolo di scatto, strisciando la sedia sul pavimento, ed esco prima ancora di avere ottenuto una risposta. Vado in camera, ma la rabbia verso mio padre che parla a sproposito e mia madre che asseconda tutto ciò che dice o fa non sbollisce. Così decido di infilarmi nella vasca, anche perché sono ancora piena del sale del mare. Lascio scaldare l’acqua – mi piace bella calda -  mentre preparo i vestiti che indosserò dopo: un semplice abito verde smeraldo, simile al colore dei miei occhi, e i sandali di cuoio delle grandi occasioni. Quando la vasca è pronta, mi ci infilo con calma. Rimango distesa sotto al pelo dell’acqua fino a quando non diventa fredda. Gioco con i capelli che galleggiano, con i piedi schizzo sul muro. A questo punto si sarà capito che l’acqua è esattamente il mio elemento. Quando esco dalla vasca, i capelli gocciolano sul pavimento creando pozze che risplendono sulle piastrelle scure del bagno. Prendo un asciugamano e li avvolgo in una specie di turbante; poi vado in camera e indosso il vestito. È, ovviamente, diverso da quello della Mietitura precedente: mio padre ce ne compra uno nuovo ogni volta. L’anno scorso ne avevo uno blu, l’anno prima giallo, quest’anno verde. Almeno si abbina ai miei occhi. Credo. Mentre lo infilo, noto con piacere che la mia figura è magra, ma non emaciata come quella di alcune altre ragazza che si vedono per strada. Mio padre è un pescatore abbastanza famoso e bravo, e questo ci dà diritto a porzioni di pesce extra, ogni tanto. O almeno a tre pasti sicuri al giorno. Finalmente vestita, sistemo il bagno e la camera, mentre sotto sento mia madre iniziare ad armeggiare con pentole e padelle in vista del pranzo. Mia sorella le starà dando di sicuro una mano, mentre mio padre starà impartendo ordini dalla sua poltrona in salotto, ovviamente senza alzare un solo dito. Tipico. Decido di scendere per farmi ammirare – si fa per dire – nel mio vestito nuovo di zecca. Magari distraggo mio padre dalle sue manie di controllo e comando. Non appena metto il piede nel salotto mio padre si alza in piedi e comincia a farmi piroettare, lodandomi. Chiama mia madre e le chiede – ovvero le ordina – di sistemarmi i capelli di modo che ricadano in morbide onde sulle mie spalle. Poi convoca Tamata e le impone di andarsi a lavare e prepararsi. Io invece devo andarmi a cambiare per non sporcare il mio meraviglioso abito – citazione di mio padre. Tamata ed io saliamo le scale insieme, senza una parola: solo prima che entri in camera mi stringe l’avambraccio, chiedendomi silenziosamente di seguirla. Una volta entrate, ci sediamo sul letto, senza nemmeno guardarci.
“Grazie per ieri sera” È Tamata a rompere il silenzio.
“Non… non c’è di che”
“No, davvero. Se non fossi venuta tu sarei andata a buttarmi in mare”
Rabbrividisco. È esattamente quello che ho fatto io.
“Meglio di no – sorrido, stringendole la mano – Ma l’importante è che ora tu sia più tranquilla”
“Si, certo. Non ci pescheranno”
“No! È impossibile!”
Tamata mi guarda scettica.
“Andiamo! – le dico, ripetendo le parole che Finnick ha rivolto a me poche ore fa – Abbiamo solo i bigliettini che ci spettano per l’età! Mai preso tessere, no? E poi ci sono i ragazzi del Gymansium!”
“Dici? Si offriranno?” chiede, con gli occhi quasi supplicanti.
“Ma certo! Non c’è quella ragazza, la cugina della tua amica… come sei chiama?”
“Meredith Gray?”
“Si, esatto! Proprio lei! Dicono che sia una tosta, che non veda l’ora di offrirsi!”
“Se lo dici tu…”
“Ma certo! Ora mettiti il vestito, che ti starà di sicuro una favola!”
Ora Tamata sorride per davvero.
“Speriamo! Mai bene quanto te, in ogni caso…”
“Ma se io sono una specie di aliena, in questo distretto!”
“Ma sei eterea!”
“Sono un cadavere! Dai, vai che poi ti sistemo io”
Mentre Tamata apre l’armadio, tiro un sospiro di sollievo: almeno ora è tranquilla.

 
***

Quando sento il primo schianto, è notte. Mi alzo di scatto: questo non è un suono che si sente nella prigione di Capitol City. Ci deve essere qualcosa sotto. Il secondo schianto, più vicino, è seguito da un terzo, poi da un quarto. Nel frattempo, sento i prigionieri urlare, mentre le armi delle guardie cominciano a far fuoco. Altre voci si sovrappongono alle altre, e c’è talmente tanto rumore che non riesco a capire nulla. Tirando le catene che mi stringono i polsi, mi avvicino alla grata che mi impedisci di uscire dalla cella, ma c’è solo buio.
“Karèn! – chiamo – Karèn!”
“Annie!” mi risponde la donna che occupa la cella accanto alla mia.
“Che succede?” le chiedo, cercando di sovrastare il rumore. Ma devo ripetere tre volte la frase, prima che mi senta.
“Ho sentito dire che ci sono i ribelli!”
“I ribelli?”
“Sì!”
All’improvviso, una figura si materializza davanti alle nostre celle: è un ragazzo alto, muscoloso, che indossa una tuta scura.
“VIA! SPOSTATEVI!”
Faccio appena in tempo ad abbassarmi, quando una raffica di proiettili abbattono la grata. Il ragazzo entra e taglia le catene che mi legano i polsi e le caviglie, e mi porta via di peso.
“Karèn! – urlo, mentre mi trascinano via – Karèn!”
“Annie! Non lasciarmi qui!”
“Karèn! Fermati! FERMATI!”
Mi agito, scalcio, ma il ragazzo non si ferma. Gli tiro calci, pugni, ma non riesco a fare nulla. Il ragazzo non si ferma.
“ANNIE!”
La voce della mia amica continua a levarsi alta, fino a quando una raffica di proiettili non la fanno zittire.
“KARÈN!”
Se n’è andata anche lei.
Intorno a noi volano spari, proiettili, calcinacci. Il ragazzo continua a farmi scudo col suo corpo, proteggendomi perché non muoia. Incredibilmente, ho più paura di morire adesso di quando non ero sotto al giogo di Capitol City. Perché ormai è chiaro che il ragazzo viene dai distretti. Ha su di sé odore di fame e di paura. Avanziamo ancora, fino a quando non vengo fatta sedere in una specie di scatola di latta poco più grande di me. Sento degli ingranaggi che girano, e improvvisamente mi alzo in volo. Oscillo, ma non cado. La scatola mi protegge. I proiettili le rimbalzano sopra, lasciando solo qualche graffio. Mi rannicchio sul fondo, coprendomi le orecchie con le mani. Se non sento, tutti questi urli forse spariranno. Per distrarmi comincio ad elencare tutti i nomi dei pesci che nel distretto possono distruggere le nostre barche, come quando da bambina non riuscivo a dormire… Squalo, pesce cane, orca… sono alla balena, quando un alito di vento mi scompiglia i capelli. Non è possibile! Mi alzo, e il sole mi colpisce in tutto il suo splendore. Devo chiudere gli occhi, perché è da così tanto tempo che non vedo il sole che mi sono quasi dimenticata come sia. Ed è… caldo. Bello. Luminoso. Abbagliante. Piacevole. Mi scalda la pelle, e i riflessi ramati dei capelli iniziano a risplendere. La scatola continua a tirarmi su, e sopra di me vedo uno degli hovercraft che potrebbe appartenere a Capitol City, se non fosse che il simbolo è stato cancellato. Sopra capeggia una Ghiandaia Imitatrice. Sono i ribelli. Sono qui per salvarmi. Volando nei cieli, guardo la prigione allontanarsi, piangendo in silenzio.








*******************************************************************************
Author's Corner 

Halo! Come va? Benissimo, ora che ho aggiornato, no? Non c'è bisogno che mi diciate quanto con ansia attendiate i miei aggiornamenti... 
Ok, basta. 
Il capitolo, come vedete, è più lunghetto rispetto ai precedenti: ma anche in questo caso non credevo fosse scindibile in due, non trovate? In ogni caso, stavo pensando di spezzare la Annie giovane e la Annie adulta: ormai stanno acquisendo entrambe sempre più importanza, e meritano uno spazio "tutto loro"... Mi spiego? Rimetto a voi la scelta: preferite il paragone tra le due nello stesso capitolo o due storie che seguono due corsi separati? Fatemi sapere :)
In questo capitolo volevo che Tamata si dotasse di un minino di spessore: non è un personaggio insipido, solo un po' timoroso... credo. 
E ora, i ringraziamenti! 
Per le recensioni: SweetieOwl, aui_everdeen_love e Yvaine_
Per le ricordate: thehurtlocker (non so se tu abbia aggiunto la storia dopo lo scorso capitolo... se così fosse, mi scuso per il ritardo nel segnalarti!)
Per le seguite: Rumple is my hero, nutelladipendenti, stelena998 (stesso discorso di sopra!)


Ora vi lascio... Spero vi piaccia il capitolo! Vi invito a recensire :)

Bacissssssimi

Judee


P.S.: secondo voi da dove viene il titolo? Try to think :)

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Judee